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Quelli che amano guardare il Panorama In questo forum si parla di MOTOTURISMO è dedicato a chi ama viaggiare e macinare km su km per visitare il mondo


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Vecchio 27-01-2012, 12:22   #1
Enri&Co
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predefinito Il mare d'inverno

30 Dicembre

Il gelo delle scorse settimane non si è attenuato, ma almeno c’è il sole, perché per arrivare all’imbarco di Napoli, in un modo o nell’altro, l’appennino andava attraversato. Pochissima neve a bordo strada attraversando Roccaraso, ma il freddo è intenso. L’aria gelata che ci avvolge ti fa godere ancor di più del calduccio trasmesso dalle imbottiture termiche dell’abbigliamento tecnico. Siamo partiti. Non sarà l’elefantentreffen, ma è pur sempre il 30 di dicembre e gli sguardi dietro i finestrini della auto che, con gli sci sul tetto, ci sorpassano, sono tutto un programma. Appena si comincia a salire, dopo Sulmona, il termometro del cruscotto lampeggia fisso tra 0 e -4 gradi.

Rapidamente passo dall’Adriatico al Tirreno, Napoli è caotica come sempre, in queste ore che precedono il capodanno ancor di più. Il traghetto invece, bello placido, ci aspetta in banchina, con la pancia aperta. Entriamo, il personale ci allunga delle cime sudicie per legare la moto, in cambio di un euro per ‘o café. Scarico i bagagli. Pochi minuti dopo le 20 lasciamo il porto, il Vesuvio appena spolverato di neve e le luci della città si allontanano velocemente, il mare e la notte si fondono nello stesso colore plumbeo, avvolgendoci. In coperta fa un bel freddo, meglio rientrare. Ceniamo, ci ficchiamo in cabina e buonanotte al secchio.



E’ l’alba del 31 dicembre, eccoci a Palermo, alle 7 di mattina fa ancora un bel freschino. La giornata sarà lunga, il programma che abbiamo previsto, intenso. Per strada non c’è quasi nessuno. Decidiamo di salire a Monte Pellegrino e a seguire visitiamo Monreale. Intanto è uscito un bel sole. Torniamo a Palermo.



Lasciamo la moto in garage e trascorriamo il resto della giornata in giro a piedi per la città. Palazzi maestosi e piazze monumentali si mescolano a vicoli sporchi e case quasi diroccate. Contrasti fortissimi. Nei mercati grida caratteristiche e confusione. Pranziamo con mandarini, arance vaniglia, cazzilli e panelle. La frutta comprata al ballarò, il resto in un panificio nei paraggi, tenuto con un concetto di pulizia abbastanza approssimativo, ma il buon odore di forno, ed il fatto che ci fosse la fila di donne e ragazzini è un buon segno. Un salto in albergo per una doccia e poi di nuovo per strada per aspettare il capodanno, ma siamo così stanchi che ceniamo con arancini di riso e ragù ed un bicchiere di prosecco. Alle 10e30 siamo già a dormire. Buon anno.



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Vecchio 27-01-2012, 12:28   #2
Enri&Co
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I° gennaio.

Non possiedo un navigatore, ne credo lo comprerò mai. In tanti anni ho acquisito un discreto senso dell’orientamento, e poi mi piace, se occorre, fermarmi e chiedere alla gente del posto le indicazioni necessarie. Questa delle informazioni sarà una simpatica costante del viaggio.

Usciamo da Palermo direzione la costa di Sud/Ovest. Inattesa una forte emozione ci prende, nei pressi di Capaci, trovandoci a passare in mezzo a due colonne piramidali, alte una decina di metri, con in cima lo stemma della repubblica Italiana e segnati a rilievo i nomi di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. In un lampo nella mente riaffiora il dolore del dramma. Ricordo che piansi quel 23 maggio del 1992, ed anche ora un groppo alla gola preme sul cinghino del casco.

Proseguiamo lungo la costa, quindi prendiamo per Alcamo e Calatafimi/Segesta, prima tappa di giornata. Visita al tempio greco.



Poi via verso Trapani. La parte più vecchia della città è costruita su di un lembo di terra che si incunea nel mediterraneo, così che alcuni palazzi si affacciano sia da un lato che dall’altro, sul mare. Saliamo ad Erice, la strada è bellissima e il panorama su Trapani emozionante, il sole va e viene e questo da alla luce un tocco di magia, con i raggi luminosi che filtrano, illuminando a macchie il panorama. Scesi di nuovo verso il mare ci perdiamo affascinati a percorrere le decine di lembi di terra che dividono le vasche naturali della Riserva delle Saline.



Lo scenario è difficile da poter descrivere a parole. E’ il primo dell’anno, sembra che tutta l’isola stia ancora dormendo e a parte un camper di turisti olandesi con cui scambio poche parole, non c’è assolutamente nessuno, solo uccelli di tantissime specie che si alzano in volo al rumore del nostro passaggio. Lontano un piccolo stormo di fenicotteri. Il sole comincia a calare tra le nuvole, a malincuore ripartiamo.



Evito volutamente la superstrada. Da Marsala a Sciacca, dove ci aspettano per la notte, attraversiamo, ormai col buio, una campagna aspra e isolata. Apparentemente senza segni di vita. Senza una luce, un lampione. Senza un casolare illuminato. Senza un rumore. Niente, il buio più totale e nessuna, ma proprio nessuna indicazione. In una settantina di chilometri non incrociamo più di tre/quattro auto. Il pensiero di doversi fermare per un qualsiasi inconveniente mette un po’ d’ansia. Guido con prudenza, non so nemmeno se stiamo andando nella direzione giusta, fino a che non scorgo un segnale talmente vecchio e scolorito da essere praticamente invisibile che indica la Palermo/Sciacca, siamo molto lontani da dove pensavo di essere, ma seguiamo quell’unica indicazione per arrivare ad una specie di quadrivio con le strade che si perdono nel nulla. Ci fermiamo. Non si scorge niente e nessuno fin dove si vede. Per tentativi imbocchiamo per qualche chilometro le strade che partono dall’incrocio in cerca qualche indicazione, tornando ogni volta al quadrivio, unico punto di riferimento nella sera che ci pare, ad ogni minuto che passa, sempre più scura. Il metodo viene premiato, perché alla fine troviamo finalmente la via giusta fino ad intravvedere laggiù in fondo le luci della costa e di Sciacca. Ci fermiamo in una piazzetta e chiediamo della nostra locanda.

In prima battuta, i siciliani mi sono parsi molto riservati, avevo notato che al nostro passaggio ci osservavano tutti, ma con discrezione, ad occhi bassi, quasi di nascosto, se però ti fermi e gli dai a parlare diventano dei simpaticissimi chiacchieroni senza freno. Ogni volta che abbiamo chiesto informazioni è stato un teatrino, ogni volta andrebbe raccontata per filo e per segno, perché se il primo non sa rispondere, chiede ad un secondo che passa, poi ad un terzo, insomma dopo poco c’è attorno a noi un capannello di persone che discute. Vi racconto solo questa: in una occasione, mentre siamo fermi con già tre/quattro persone attorno, un altro, da lontano, che non era ancora stato interpellato grida : “cu vann cercann cui cu motore” (cosa stanno cercando quelli con la moto) ..



Troviamo la locanda, parcheggio la moto in un cortile e ce ne andiamo a dormire.

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Vecchio 27-01-2012, 13:21   #3
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2 gennaio.

Siamo diretti, prima di arrivare a Modica, tappa e pernotto successivo, a Porto Palo di Capo Passero, il punto più meridionale d’Italia, persino più a sud del parallelo di Tunisi, i chilometri non sono tanti, pensiamo di esserci per mezzogiorno. Sulla strada visitiamo i resti dell’anfiteatro greco di Eraclea Minoa; purtroppo non molto è rimasto e la visita non varrebbe la pena se non fosse che la strada per arrivarci è da favola, scavata nella pietra di tufo bianco e a picco sul mare. Ho pensato, mentre la percorrevo, agli amici marchigiani, compagni di scorribande, e a come si sarebbero divertiti con quelle scatolette di moto che si ritrovano a saltare su e giù, come dei grilli, su quel terreno compatto e soffice allo stesso tempo. Come sempre nessuno intorno, solo noi e la moto. Il mare di fronte ed un silenzio quasi irreale.

Attraversiamo un altro mare, ma di aranceti questa volta. A perdita d’occhio alberi verdissimi stracolmi di palle arancioni. Un grande cartello spiega: “state attraversando Ribera, la città delle arance”. Il profumo intenso degli agrumeti entra prepotente nel casco a invadere tutti i sensi. A seguire, poco prima di Agrigento sono invece i fichi d’india a farla da padroni. Anche qui distese immense di cactus, grandi come alberi, carichi di frutti gialli, porpora e verde chiaro.

Lasciamo la costa puntando Piazza Armerina, sulla carta avevo visto una strada interna, da imboccare subito prima di Caltanissetta, indicata dalla mappa come panoramica che passando per Pietraperzia (si pronuncia come farmacia) e Barrafranca ci avrebbe condotti a Piazza Armerina. Indovinate: cartelli stradali zero. Abbiamo chiesto e richiesto. Abbiamo girato intorno a Caltanissetta per sei o sette volte e alla fine abbiamo rinunciato. Pietraperzia non siamo riusciti a trovarla, siamo però passati per Enna, splendida nel cielo d’inverno dall’alto dei suoi 930 metri s.l.m. e dove non ci siamo fermati che pochi minuti, giusto il tempo di un giro veloce, primo: perché faceva davvero molto freddo, secondo: perché per cercare la strada che avevo in mente di fare stavamo sballando con la tabella di marcia. Una sosta veloce a Piazza Armerina ed ai mosaici di Villa Romana del Casale,



che avrebbero meritato più tempo, quindi giù di nuovo verso Gela e la costa. Vittoria, Comiso, Ragusa, Scicli, Ispica, Pachino, la città del pomodoro omonimo, e finalmente, anche se molto in ritardo: Capo Passero.

Il buio a gennaio purtroppo arriva in fretta e in fretta ripartiamo dopo aver fatto qualche foto. Il mare è di un blu brillante e profondo. Il paese, quattro case a malapena, probabilmente in attesa della resurrezione estiva, in uno stato di abbandono che non mi so spiegare. Il contrasto tra la natura bella e selvaggia e gli insediamenti civili, orribili e disordinati fino a pochi metri dal mare, stupisce e disorienta.



La delusione è forte, ma sparisce in un attimo perché arrivare a Modica all’imbrunire è invece uno spettacolo emozionante.

Siamo nella Val di Noto, e tutta la zona è stata dichiarato dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Modica, oltre ad essere conosciuta per la cioccolata lavorata a freddo, ancora con lo stesso metodo utilizzato dagli Atzechi, è davvero una pietra preziosa incastonata tra due pareti di roccia che sembrano verticali, con le case appiccicate al monte e le viuzze strette che salgono e scendono collegate tra un livello e l’altro da scalette di pietra talmente ripide che a farle ti viene il fiatone. Modica mi ha affascinato e conquistato, se potessi ci tornerei domani. Scoprirla e visitarla, da sola, è valsa tutta la strada che abbiamo fatto. Estasiati ci regaliamo una cena coi fiocchi in un osteria indicata dalla gentilissima ragazza al ricevimento dell’albergo. Antipasti di arancini, ricotta, olive condite, melanzane, pomodori, panelle. Poi zuppa di patate e zuppa di fave; bollito con le erbe e coniglio con le verdure (che erbe! che verdure!) Tutto allungato con una bella bottiglia di Frappato* di Vittoria. E’ l’ultima notte che dormiremo in terra di Sicilia. Ce lo siamo meritati. Tutto è stato perfetto.



*FRAPPATO
Vino dalle origini incerte, viene descritto da Sestini (1760) nelle sue memorie sui vini di Vittoria, luogo in cui ancora oggi è coltivato. Presente soprattutto nella provincia di Ragusa e di Siracusa generalmente in consociazione con il Nero d'Avola, risulta poco diffuso nelle altre province siciliane.
Caratteristiche del vitigno: Pianta mediamente vigorosa, foglia grande, grappolo da medio a grande, cilindrico o piramidale, alato, compatto, acini medi, sferoidali o ellissoidali, buccia pruinosa, spessa e coriacea, di colore blu-violaceo.
Caratteristiche del vino: Le uve vinificate in purezza danno un ottimo vino di colore rosso rubino poco carico e brillante, elevati sentori vinosi, fruttati e floreali, mediamente corposo, tannino equilibrato, al gusto fresco e morbido, molto armonico.


Cin Cin.

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Vecchio 27-01-2012, 13:31   #4
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3 gennaio.

D’abitudine, quando organizzo un viaggio, il programma dell’ultimo giorno lo tengo molto leggero, le ragioni sono diverse. Un giorno “quasi libero” ti consente di recuperare eventuali ritardi accumulati, per qualsiasi motivo, nelle tappe precedenti. Non hai la fretta di dover arrivare “a tutti i costi” ad un eventuale appuntamento (in questo caso col traghetto che ci riporterà sul continente). Dopo tanto girare fuori casa si è più stanchi, meglio non essere pressati, si riducono possibili rischi.

Così il programma prevede la rinomata Noto e la costa in tutta tranquillità da Avola fino a Messina, porto d’imbarco per il ritorno via nave su Salerno. Circa a metà percorso passeremo sotto l’Etna. Di noi due, uno voleva assolutamente salirci, l’altro, manco morto, ma eravamo d’accordo che una volta lì sotto, viste le condizioni meteo, visto l’orario, vista la situazione generale, avremo deciso sul da farsi.

Noto, a parer mio, non merita la fama che ha, troppo perfetta, troppo pulita, troppo tutta uguale a se stessa. E’ la massima espressione del barocco siciliano ma suona come una moneta falsa. Mi sono piaciute molto di più Modica, sopra tutte, ma anche Scicli, Ispica, Piazza Armerina e tanti altri piccoli centri, anch’essi tutti ricostruiti in modo simile dopo il terremoto del 1693 che rase al suolo tutta questa porzione di Sicilia. Ogni centro con la sua cattedrale in pietra calcarea bianco/giallastra, la piazza, le scalinate, i vicoli; ma al contrario di Noto, vivi e vissuti, con i panni stesi alle finestre e le facciate delle case e delle chiese rigate dallo scorrere della pioggia.



Di nuovo sulla costa superiamo Avola, Siracusa, Augusta ed arriviamo nei pressi di Catania, ai piedi dell’Etna. Ci fermiamo ad una area di servizio e chiedo ad una guardia privata quanto tempo occorre per salire la Montagna.

La cima è parzialmente coperta di nuvole, si intravede la neve ed un pennacchio di vapore che sale da uno dei crateri sempre attivi. Che spettacolo, un diametro di 45 chilometri ed una altezza di 3400 metri sono solo numeri che non rendono bene l’idea della maestosità di Mongibeddu, come lo chiamano da queste parti.

<Se invece di seguire le indicazioni turistiche, vai per Nicolosi, in un’ora e mezza sali e scendi comodo, mi risponde il ragazzo della Mondialpol>

Il tempo è buono, siamo in anticipo sugli orari previsti, dopo qualche “vai tu, io ti aspetto qua”, saliamo. Trovare le indicazioni per Nicolosi sembrava facile, ma come ormai abbiamo imparato, facile non lo è per niente, comunque saliamo e di parecchio anche, finchè troviamo e superiamo Nicolosi. Fa proprio freddo, non c’è un’anima, nessuna indicazione di quota o di quanto manchi al rifugio Sapienza. Non piove, ma indosso, sopra la giacca imbottita, anche la cerata per proteggermi ancora un poco di più dal freddo che punge maligno, ma quando la strada scompare tra le nuvole ed il nevischio portato dal vento, mi avvolge, decido di non andare oltre. Fermo la moto, scatto tre foto, due per noi e una per ‘u motore e ce ne torniamo a livello del mare.

Tutto il resto è normale cronaca di un rientro previsto. Saliamo un attimo a Taormina per un the con qualche dolcetto ed a passo più che turistico ci facciamo tutto il lungomare fino a Messina. In una pizzetteria affollata di giovinastri che ci guardano come se fossimo degli astronauti, facciamo passare un po’ di tempo in attesa dell’imbarco. Mentre siamo dentro un piccolo scroscio bagna le strade e la moto, uniche gocce di pioggia di tutto il viaggio. Alle 23 siamo al porto, tecnici in tuta bianca stanno lavorando al portellone del traghetto. Dovranno sostituire un cavo d’acciaio. Partiremo alle 2e30 con più di due ore di ritardo. Ci svegliamo a Salerno. Troviamo di nuovo molto freddo valicando l’appennino, ma alla fine siamo a casa.

Avevo già visitato la Sicilia, diversi anni fa, ma era estate. Non mi aveva entusiasmato. Caldo, confusione, traffico. Questo viaggio invece è stato una piccola avventura. L’interno della Sicilia in questo periodo, mi è parso straordinario. La sensazione è di avere visitato un paese completamente diverso da quello che ricordavo. Diversi i colori dell’inverno. Intensi gli odori di frutta, di spezie e di mare. Indescrivibile il silenzio e la vastità di zone attraversate apparentemente deserte. Magari gennaio non è il mese migliore per visitare la Sicilia in moto, ma certo ci ha permesso di assaporare e godere di atmosfere uniche, lontani dal clamore dei flussi turistici e forse scoprire l’isola per quello che è veramente, coglierne l’essenza, viverne, per certi aspetti, la difficile realtà.




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Vecchio 27-01-2012, 13:39   #5
ciccio bmw
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bel racconto, fai proprio venire voglia di andarci.
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Caspita, quest'anno è la 30° volta che compio 33 anni!!
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Vecchio 27-01-2012, 14:28   #6
positivo
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...Bello, complimenti
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Vecchio 27-01-2012, 15:29   #7
GS3NO
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bel viaggio nelle zone dei miei suoceri

in ogni modo il navigatore non scartarlo a priori. anch'io credo di avere un buon senso dell'orientamento.

il navigatore in moto ha un utilizzo ben più tecnico di quello che se fa in auto. normalmente in auto lo si usa chiedendo di portatci al paese X nella via Y numero Z. Questo è un modo primitivo di utilizzo. ben più sofisticato invece è la pianificazioni di itinerari, navigazione in zone aperte con piste appena tracciate, registrazione della traccia per riutilizzo in futuro, mappatura altimetrica, mezzo per la gestione del telefono e degli mp3

non scartarlo a priori ha il suo perchè
__________________
Un viaggio raccontato diventa la bussola per altri viaggiatori
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Vecchio 28-01-2012, 10:03   #8
saveriomaraia
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Grande Enrico!
Farò leggere il report alla mia compagna, se riesce a convincerla a venire in sicilia in moto vinci una cena di pesce!!

P.S. maledetto: è sabato mattina, c'è il sole e mi hai tenuto inchiodato qui a leggere tutto d'un fiato il bellissimo racconto. Mo vado, la moto aspetta!! ;-)
__________________
Quando schiaccio un pulsante magico io divento un ipergalattico.

GS 1200 07
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Vecchio 01-03-2016, 19:14   #9
saveriomaraia
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ubicazione: alba adriatica (TE)
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Ok, dopo 4 anni finalmente Sicilia. Salvo imprevisti fra tre settimane siamo lì.
Intendiamo replicare il giro ma accettiamo ogni sorta di suggerimenti, tipo per esempio: zona migliore di palermo dove cercare albergo per uscire a piedi?
__________________
Quando schiaccio un pulsante magico io divento un ipergalattico.

GS 1200 07
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