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Vecchio 15-07-2017, 22:44   #7
Fagòt
Il TRANS africano 2
 
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26° giorno: Savez – Tabriz 584 km.

Cielo grigio con pioggerellina fitta fitta. Parto bardato di tutto punto per affrontare l’acqua ma quello che è peggio sono i 3 gradi di temperatura esterna e l’altopiano che mi aspetta prima delle ultime montagne dell’Iran. Dopo cento km. sono già fermo con il freddo e l’umidità che mi è arrivata nelle ossa. In un distributore i gestori mi offrono chai bollente e una stufetta dove fare asciugare un pochino la giacca che pesa ormai una tonnellata. Per sicurezza ci aggiungono anche pane, formaggio e marmellata. Ringrazio di cuore e riparto con la pancia calda, altri 200 km. così con la temperatura che però prende a salire leggermente quando scendo verso l’autostrada. A mezzogiorno il peggio sembra passato, sono in terra armena ed anche se i tratti somatici sono cambiati, l’ospitalità e la cordialità sono sempre gli stessi. Recupero energie con un pasto caldo e faccio quattro chiacchiere con il ragazzo dell’autogrill. Fuori mentre fumo una sigaretta è il solito concorso di selfie e foto alla moto… Possiamo? Da dove vieni? Quali città hai visto? Ti piace il nostro paese? Servirebbe un taccuino enorme per raccogliere tutti i numeri di telefono che vorrebbero darti in caso ti possa servire qualcosa.
7, 9, a 12° ho quasi caldo e il timido sole che cerca di forare le nuvole sembra averla vinta, ma dura poco solo una 50a di km. poi la pioggia ricomincia mentre l’altimetro prende a salire. In poco tempo la pioggia diventa ghiacciata e si trasforma in una nevicata man mano che salgo verso il passo: la maschera si copre così velocemente che devo continuamente pulirla con il guanto sinistro, dentro ovviamente non vedo quasi più nulla per la condensa poi, di fronte a me, una macchia azzurra che avanza lentamente ai 60/70 orari. Mi metto dietro il pick-up sgangherato mentre arriviamo ai 2.100 mt del punto più alto con la neve che si trasforma in migliaia di aghi pronti a colpire gli unici centimetri liberi della mia pelle. Il naso.
Affronto la discesa cercando di non perdere la mia guida, quella macchia indefinita di azzurro, finchè sulla destra dopo parecchi km. compaiono delle costruzioni dall'aspetto invitante. Un ristorante con una stufa in legna che caccia un calore fantastico: due chai e oltre mezzora prima di tornare a sentire il sangue defluire nelle estremità più remote del mio corpo.



Alla fine della discesa la strada torna a salire fino ad una galleria dove riprendo fiato dalla pioggia che è tornata a tratti, poi in uscita, come spesso accade su taluni valichi il sole spunta ormai prossimo al tramonto verso la città di Tabriz che con i suoi 7° mi sembra un enorme isola di calore.
Il bazar è già in chiusura e non ci provo nemmeno a vedere se qualcuno dei negozianti ha ancora la bottega aperta. Ho solo voglia di togliermi gli indumenti fradici e di una lunghissima doccia bollente. Fuori tira un vento gelido, forse domani troverò tutto il cielo spazzato dalle nuvole.
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Abbi cura del tuo ospite che dio veglierà su di te nel deserto.

F 800 GS - Fotty
T700 - Tenery
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