Ci sono anche gli avversari.
La cultura sportiva (al di là del tifo) andrebbe coltivata un po’ di più.
Chi segue il ciclismo - ad esempio - sempre ieri ha assistito ad una impresa clamorosa e, al tempo stesso, ad una sconfitta catastrofica.
Perdere il Giro all’ultima tappa in quel modo sa di disfatta.
Vincerlo in quel modo sa di impresa storica.
Entrambe le prospettive sono corrette.
Bisogna saper perdere per saper vincere.
Luis Enrique ha applaudito i ragazzi che hanno assistito fino alla fine alla premiazione del PSG. Negli anni passati gli sconfitti erano andati diretti sotto la doccia. Tanti si erano già tolti la medaglia appena dopo averla ricevuta. Ieri i ragazzi sono rimasti ad applaudire il PSG che ha dominato la finale.
Ci sta.
Il 5-0 è figlio di 240 milioni di calcio mercato contro 20 milioni.
La proporzione è la stessa.
Ha vinto la squadra che ha fatto giocare i 2006.
Ha vinto la squadra che ha preparato la finale per un mese e mezzo, avendo vinto lo scudetto già a fine aprile.
Inzaghi con i suoi vecchietti e i parametri zero é arrivato dove tutti avrebbero voluto essere ma non ci sono arrivati. Ci sono squadre che hanno speso 200 milioni e non hanno passato i gironi di qualificazione.
Se non si riconosce il merito di questo risultato si finisce nella banalità dello sfottò e si perde di vista l’impresa sportiva di un gruppo che ha fatto i miracoli, così come si perde di vista, si rende più dolce, il fallimento di chi quella finale (ma anche gli ottavi, i quarti, la semifinale) l’ha vista solo dal divano.
Onore a Inzaghi, buona fortuna ovunque andrà, speriamo che la ricostruzione porti a cambiamenti positivi, ad un allenatore moderno, al ringiovanimento della rosa, al piacere di vedere giocare i ragazzi nei prossimi anni.
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Mi è rimasta una Vespa 150 Sprint del 1969
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