Visualizza la versione completa : Il mio Iran in moto
alemanga
02-11-2013, 14:25
Premessa
Come previsto, un paio di giorni prima di partire mi vengono i dubbi e mi domando perché lo sto facendo. Il problema sembra essere il fatto che parto solo: in effetti il problema è quello.
Perché allora, quando avevo scoperto che, contrariamente a quanto programmato, dovevo partire solo, non mi era passato neanche un attimo per la testa l’idea di lasciar perdere? Perché, quando tutte le persone che mi stanno vicino e non solo quelle mi sconsigliavano di fare un viaggio nello stato canaglia per eccellenza e per di più da solo, io non le ascoltavo affatto e con la più grande determinazione possibile le rassicuravo che si trattava solo di preconcetti e cattiva informazione, che nel nostro paese ci si occupa pochissimo di politica estera e abbiamo un’idea distorta dell’Iran, che ho letto di tanti viaggi svolti senza alcun problema, ecc ecc? Dov’era finito il desiderio di raggiungere in moto la meta che sogno da sempre?
La risposta è semplice: si trattava solo di un po’agitazione prima della partenza, tutto qui, dovuta ai tanti dubbi che normalmente ti creano un po’ d’ansia prima di un viaggio cosi lungo. Mi riferisco per esempio al fatto che non ho alcuna dimestichezza con la meccanica e in caso di rotture del mezzo non saprei dove mettere le mani; o alla possibilità di avere incidenti in luoghi sperduti dove non passa mai nessuno o problemi di salute come purtroppo mi è già successo in passato proprio in quelle zone.
Perché l’Iran? Per me è la meta del viaggio in moto per eccellenza, ne sono attratto da quando ho cominciato a viaggiare. È la terra dei persiani, della storia e della cultura, dei grandi imperi dell’antichità; è un paese che non ha nulla a che vedere con le nazioni con cui confina; non si parla l’arabo ma il farsi; non cambia nulla dalla rivoluzione che ha destituito lo scià ed allo stesso tempo è il secondo paese al mondo per ricchezza di petrolio; rimane un paese a cui si guarda sempre con qualche sospetto.
E poi ci sono le motivazioni più intime, quelle che mi portano a viaggiare in solitaria proprio in Iran. Mi riferisco alla sfida, il fatto di mettermi il casco ed essere faccia a faccia con me stesso e quindi con le mie paure o insicurezze, senza scuse o possibilità di girare la moto per ritornare velocemente in Italia. Dovrò contare sempre e solo su me stesso di fronte a ogni tipo di difficoltà, fisica o mentale. Questo significherà passere da momenti di gioia a quelli di preoccupazione, sentirsi leone e pecora; spetterà solo alle mie forze mantenere l’equilibrio. Da esperienze simili si esce più ricchi e per me è un’occasione per guardarmi dentro ed avere più coscienza di me.
Una grossa mano me la dà il lavoro: la data delle partenza prevista per il 3 agosto slitta di qualche giorno e l’attenzione tutta rivolta lì non mi fa pensare al viaggio. D’altronde è tutto pronto da giorni, devo solo caricare la moto. Dei documenti necessari all’ingresso in Iran, solo il carnet mi ha procurato qualche fastidio, perché nessuna compagnia sembrava disposta a stipulare la fidejussione: la risposta più gettonata era che ormai quel tipo di polizze non le fa più nessuno e che rappresentano solo una seccatura per le compagnie, siano esse banche o assicurazioni. Dopo averle provate tutte, alla fine sarà la mia banca a concedermela e a caro prezzo. Visto ottenuto rapidamente, patente internazionale alla fine non l’ho fatta.
L’itinerario che ho in mente è definito: attraversare velocemente i Balcani e la Turchia per poi entrare in Iran sul confine di Bazargan; percorrere il confine con Azerbaigian e Armenia, per poi cominciare la discesa verso sud e toccare le città più importanti, lasciando fuori Teheran (l’unica città senza storia) e proseguire attraversando altopiani e catene montuose, fino a Shiraz, dove punterò il muso della moto verso nord per vedere il Kurdistan e rientrare in Turchia attraverso lo stesso confine dell’andata. Dispongo di carte geografiche e mappe su navigatore. Non è un itinerario a tappe, mi concedo la possibilità di decidere cosa fare giorno per giorno, in base a come procede il viaggio. Il preventivo dei chilometri da percorrere è di circa 12500 km, i giorni a disposizione 25. nessun pezzo di ricambio, solo il kit anti foratura. Cibi liofilizzati e tenda per le emergenze.
Martedi 6 agosto è il giorno dedicato alla preparazione della partenza: purtroppo al lavoro finisco tardi, non ce la farò mai penso. Invece si.
I
Parto mercoledi 7. Sono le 8 del mattino. Padova è avvolta in una foschia che ti fa pensare all’autunno: non smetterà mai di stupirmi questo schifo di clima padano! Il traffico è inesistente, ce ne siamo andati tutti.
Entro in autostrada. Il viaggio prende abbrivio e scorre bene nonostante il gran caldo che mi avvolge dopo aver abbandonato le colline slovene. Il fascino esotico che curiosamente esercita su di me da anni l’amata Slovenia scompare: il fatto di transitarci per andare in Iran la fa apparire come l’attraversamento del quartiere dietro casa.
Caldo caldo ed ancora caldo. E tutto inesorabilmente dritto. Pochi pensieri: bisogna stare concentrati sulla guida; questo infatti è periodo di rientro verso il proprio paese d’origine di migliaia di stranieri che lavorano in Europa: turchi e romeni in prevalenza, nonostante le targhe della auto francesi, tedesche e spagnole.
Mi sforzo di fissare le idee di questo viaggio: sarà una prova per me, e non dovrò cedere nella tentazione di ottenere le cose facilmente e con esse cadere nella trappola della superficialità. Devo prendere il ritmo del viaggiare cambiando letto ogni sera, e non diventare io stesso la mia gabbia, spostandomi con la mente aperta.
Arrivo velocemente a Nis, in Serbia. Mi fermo nello stesso albergo dove dormii due anni fa nel viaggio verso il Caucaso (a proposito di gabbie…). Scopro senza stupirmi che ha ottenuto diversi riconoscimenti per la qualità dell’accoglienza. Birra e sento diversi amici: alcuni sono tranquilli in vacanza, qualcuno è rimasto a Padova in attesa, appassionato e vicino a me in questo viaggio. Nis è un villaggio cresciuto in fretta, la gente la sera va serena a piedi verso il centro circondato da mura e pieno di locali. Ceno e mi stravacco ebbro di birra serba e aspettative su una sdraio a guardare la gente che passa: mi vorrei unire a loro ma sono davvero stanco. Oggi ho fatto più di mille chilometri. Domani vedrò il cartello “welcome in Asia” sul Bosforo. Assaporo quello che sta per venire.
II
La mattina mi avvio con un bel fresco, quasi freddo! Direzione verso le gole che segnano il confine con la Bulgaria. La strada è bellissima, tutta curve e in mezzo ad un canyon scavato dal fiume. Il traffico è ridotto e procedo spedito. Il passaggio attraverso le frontiere richiede un’oretta. Entro in Bulgaria bello sereno, i pensieri cominciano a diradarsi, Padova è più lontana non solo per il chilometri: incomincio a prendere il ritmo. La frontiera turca arriva di colpo, dopo aver attraversato le terribili statali bulgare. Non mi dispiace per niente uscire: peccato solo per quelle montagne che si vedono lungo la strada e che ogni tanto si avvicinano, quasi a sussurrarti all’orecchio: guarda che siamo piene di gioielli da farti vedere…siamo i monti Rodopi, non ricordi?…Vabbè, sono anni che voglio fare enduro da voi…verrà il vostro turno prima o poi!
Attraverso anche un paio di tratti in quota con pinete piene di profumo di campeggio.
Entro facilmente in Turchia cantando a squarciagola dentro il casco (è davvero curioso: superati i 500 km di strada mi prende inesorabilmente la voglia di cantare sempre e solo le canzoni napoletane più famose…bah!). Non fa troppo caldo, in compenso mi fa male il culo. Passo la centrale nucleare e lotto contro il vento fino ad Istanbul. Attraversarla è sempre impressionante, già 30km prima è un delirio di palazzi nuovi, uffici e appartamenti, alcuni molto belli. Si percepisce nettamente la potenza economica di questa nazione in forte cambiamento, economico ma anche sociale, con una nuova classe media che vuole diventare protagonista del futuro ma allo stesso tempo si trova a dover fare i conti con le sue tradizioni e con un governo non più laico.
Mi fermo a Izmit per la notte, la Nicomedia dei romani. Hotel in centro, sul mare. È la festa dello zucchero, secondo giorno di festeggiamenti dopo la fine del Ramadan. In giro è pieno di gente, parlo con diverse persone che riconoscono il turista e si avvicinano curiosi. Mangio in un ristorantino sulla strada, sperando di non avere sorprese.
III
Oggi tutta una tirata nel mezzo della Turchia verso il confine iraniano. Giornata fresca fin dal mattino, quando, abbandonata Izmit, comincia una lunga e quasi impercettibile salita verso gli altopiani centrali.
Attraverso panorami diversi, la moto va da sola, finalmente niente più autostrada e comincia pure qualche tratto di curve.
I pensieri corrono. Ci pensa il vento a riportarmi al viaggio e alla realtà: in certi momenti mi butta quasi a terra.
Zone collinari e montuose, colori e opere maestose in costruzione: ennesima dimostrazione della potenza di questa nazione sono i lavori per nuove infrastrutture, soprattutto le dighe, con corsi d’acqua artificiali, che corrono tra recinzioni e avvisi di tutela militare.
Percorro lunghi tratti completamente assorto nei pensieri, la moto è come un arto che muovo d’istinto, senza la coscienza del controllo. Comincio a prendere confidenza con il fatto di essere solo, nel senso che ne percepisco la dimensione nel viaggio: niente di negativo, anzi. La voglia di togliermi il casco e buttarmi in mezzo alla gente è molto forte, è tre giorni che sono in moto.
Dormo ad Erzinkan, a 450 km da Dogubayazit.
Mi stupisce la sensazione di famigliarità nel vivere queste terre d’oriente: mangiare in mezzo a donne velate, passeggiare nel casino di Izmit e farsi trascinare dall’onda umana della loro festa…mi sembra tutto normale, è normale!
Sono le nove e fuori il vento corre tra le vie della città, non soddisfatto di aver corso con me per 800 km. La città non comunica granché, ma è circondata da montagne stupende: dobbiamo essere alti, perché fa davvero fresco. Ceno in un ristorantino segnalato dai ragazzi dell’hotel. Pieno di simboli religiosi alle pareti, non ha birra: è talmente pulito che si potrebbe mangiare sul pavimento. Nessuno mi degna, sono come trasparente: allora mi siedo e genero il panico. Arriva un cameriere ma non parla inglese. Allora viene chiamato il cuoco, che esce dalla cucina con un viso aperto e simpatico, mi stringe la mano e con due parole mi assicuro la cena. Cosi come a Izmit, mangio in apnea per la fifa di un remake del problema avuto qualche anno fa. Una volta finito, faccio due passi. In un negozietto che vende tabacchi e snack chiedo dell’acqua. Quando chiedo se hanno anche la birra, tolgono le bottiglie d’acqua dalla busta bianca di plastica e le mettono con la birra in una busta nera perché nessuna la veda mentre passeggio. Recepito il messaggio.
IV
Erzincan Ezrerum, strada magnifica. Parto verso le 8.30 dall’hotel Meta: un po’ di ritardo causato dalla colazione pronta non alle sette come mi avevano detto. In pratica quando scendo trovo i ragazzi che mi avevano accolto ieri mentre dormono sui divani dell’ingresso. Meno male che uno dei due si sveglia da solo e attacca a preparare. Saluto con strette di mano, un ciao Alessandro mi da l’avvio e parto.
Molto fresco anche oggi. Tanti panorami bellissimi, subito fuori dalla città incomincia una vallata incantata che sembra l’eden biblico. La strada percorre un paesaggio colorato di montagne, corsi d’acqua, villaggi di contadini e pastori e strade sterrate che salgono e scompaiono velocemente dietro le alture. Che meraviglia. Altitudine, aria tersa e splendida giornata creano colori e suggestioni da favola. Sono felice!
Raccordo una curva con l’altra, non c’è nessuno, forzo un po’ il ritmo fino a quando mi ferma la polizia. Mi hanno beccato per eccesso di velocità inquadrandomi con il loro tele laser da molto distante….provo una difesa disperata, ma il video con la velocità in evidenza mi inchioda. Circa 70 euro da pagare entro 2 settimane, vabbè.
Passo Ezrurum dopo aver attraversato un corteo di macchine strombazzanti per qualche festa: la prima della fila è ricoperta di festoni, piena di gente che canta e che rischia il tamponamento per guardarmi ed invitarmi a suonare il clacson e cantare con loro.
Il panorama cambia ancora: ora sono colline e rocce vulcaniche, in un delizioso saliscendi in mezzo a colori caldissimi. Villaggi curdi a qualche centinaio di metri dalla strada, uomini e donne che lavorano nei campi. Mi fermo per cercare di raggiungerne uno, percorro una sterrata fino all’ingresso del gruppo di case di fango e mattoni, ma non riesco a proseguire, giro la moto. Come faccio a fermarmi in mezzo a quella semplicità e tirare fuori la macchina fotografica? mi sentirei un po’ fuori luogo (sono partito da troppo poco...). Decido di tornare sulla statale, per rifermarmi dopo un’oretta a mangiare pistacchi lungo una sterrata che porta verso l’ennesimo villaggio curdo. Mi tolgo il casco immerso nelle scene bucoliche del paesaggio che mi circonda. Ogni tanto butto l’occhio verso il villaggio: case di fango, piramidi di sterco che verrà utilizzato per riscaldare le case durante l’inverno (che qua deve essere bello rigido). Noto un bambino in bici all’ingresso del paese, un paio di volte parte di gran carriera per venire nella mia direzione: chissà da quanto tempo era li che mi guardava da distante. Fatti un centinaio di metri la pedalata si spegne fino a fermarsi, gira la bici e riparte veloce per rifugiarsi al sicuro nel suo villaggio. La scena si ripete un paio di volte. Rido di gusto: due mondi che si guardano incuriositi, da distanza di sicurezza e nessuno dei due ha il coraggio di avvicinarsi.
Riparto. Ormai non manca tanto a Dogubayazit…comincio a cercare l’Ararat. Caspita dovrei vederlo, ma niente. Superata una vallata finalmente eccolo! E’ ricoperto di nuvole come spesso accade. Peccato! Continua l’incantesimo: sono riuscito a vederlo bene solo dall’Armenia…ma forse è giusto cosi, è il loro Monte. Arrivo alla porta dell’Iran. La città è come la ricordavo: un paese piccolo ma caotico, con macchine e ogni tipo di furgoni che corrono sollevando grandi nuvole di polvere. Trovo un albergo e mi sbrigo a raggiungere il palazzo del sultano, con cui ho un conto aperto da quando non sono riuscito a vedere che il parcheggio tra una vomitata e l’altra. Si tratta di un vero gioiello, costruito agli inizi del 1100. Posto sulle pendici del monte, domina tutta la spianata ed è uno scrigno pieno di tesori. Ci sono diversi turisti turchi, tutti presi a farsi fotografare da amici e parenti. Mi stupisce che il palazzo fosse in passato circondato dal villaggio che ora non esiste più, se non per qualche metro di mura qua e la. Scatto diverse foto. Finita la visita sul tramonto, mi godo la vista dall’alto con dei ragazzini rumorosi che mi tormentano di domande sulla moto. Raggiunto l’albergo entro nella mia stanza tripla e saluto la ventina di mosche che avevo lasciato. Si sentono arrivare da fuori ogni genere di versi di animali. Non ho il coraggio di guardare di cosa si tratta, perché non appena apro le finestre entrano decine di mosche. Che scandalo per 8 euro compresa la colazione!
Ci sono 4 giovani tedeschi presi dalla lettura nella hall, probabilmente escursionisti. Una giovane bionda, triste e pensierosa si aggira come un leone in gabbia, deve avere una bella bega che non riesce a risolvere. Oggi nessun contatto con l’Italia, domani è il grande giorno. Sono curiosissimo di varcare la frontiera turca ed entrare nello stato che desidero visitare da sempre. Finalmente caleranno i chilometri da fare ogni giorno e mi godrò il viaggio dopo 3500km in tre giorni e mezzo.
Foto 11 - 65
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alemanga
02-11-2013, 14:53
V
Alle 8 mi fiondo fuori dall’hotel delle mosche dopo aver consumato il tipo di colazione che mi accompagnerà per tutto il resto del viaggio, anche se ancora lo ignoro: pomodori, formaggio di capra, uova e cetrioli. 40 km mi dividono dalla frontiera. Giornata splendida e tersa, la strada è vuota, sono emozionatissimo, l’Ararat con la sua imponenza mi scorta fino al confine. Sono praticamente solo, qualche camion in attesa.
Passo due check, ho il timbro sul passaporto: al terzo e ultimo passaggio, mentre guardo le foto degli onnipresenti ayatollah iraniani al di là dei cancelli che dividono le frontiere, mi mandano a un controllo ulteriore. Non capisco cosa stia succedendo: faccio notare che ho già il timbro, ho fretta e voglia di entrare in Iran, il cancello è a qualche metro. Niente da fare, mi dicono che devo fare un controllo a 2 km da li. Non riesco a capire, faccio un po’ di sceneggiata rifiutandomi di andare, alla fine un doganiere sale con me in moto e incitandomi a correre più velocemente possibile mi porta a fare il controllo dei bagagli e del mezzo che si trovano effettivamente un po’ lontani da li: il controllo consiste nel far scannerizzare la moto da uno strumento in un capannone enorme, di solito destinato al controllo dei camion. Mi fanno togliere tutti i bagagli dalla moto, staccare le valigie in alluminio e tutto quello che è possibile togliere dalla moto. I doganieri non sono il massimo della simpatia: si domandano cosa mi spinga a venire in quei posti dove non c’è niente da vedere, mi dicono che agli iraniani non piacciono i turisti italiani e cazzate del genere. Sorrido e finalmente rimonto tutto per tornare al cancello di prima. Quando si apre, un soldato in mimetica chiara mi saluta con un “welcome in Iran”. Sono davvero al settimo cielo, ma devo stare coi piedi per terra, ne ho lette di tutti i colori su questo confine.
Incomincia la trafila. Mi si affianca subito uno dei tanti individui che si guadagna da vivere alle frontiere aiutando i turisti a sbrigare tutte le pratiche dell’ingresso. E meno male perché gli uffici sono un gran casino e ed è pieno di gente che cerca di entrare in Turchia. Ha un viso molto simpatico e la voce bassa e calma. Tra un passaggio e l’altro noto in mezzo alla gente un tizio vestito come me, mi avvicino: è un motociclista italiano, non ha il carnet de passage, è li da due giorni e spera che lo facciano entrare lo stesso…auguri!
Finita la danza tra i vari uffici il simpaticone mi chiede trenta euro per il servizio: gli faccio notare che la sua richiesta mi sembra un po’ eccessiva e lui si lancia nella trattativa con passione. Gli propongo 15 euro che accetta immediatamente, mentre io mi sento un po’ mona a non avergli chiesto subito il prezzo del suo servizio. Mi consegna il documento da esibire dopo qualche centinaio di metri ad un posto di blocco.
È finita, penso. Beh, molto più veloce del previsto. Invece no.
Arrivato al posto di polizia mi chiedono si il foglio, ma con un timbro che non c’è e non mi dicono dove è possibile ottenerlo. Nel frattempo vengo accerchiato da una decina di persone che mi ululano addosso offrendo aiuto e cambio di valuta: io sono ancora un po’ seccato per i 15 euro che ho lasciato a quello di prima e assolutamente intenzionato a sbrigarmela da solo, senza l’aiuto di nessuno. Il poliziotto continua ad ignorare la mia richiesta di informazioni sul timbro, probabilmente perché vuol favorire i postulanti che mi stanno addosso e questo mi fa un po’ innervosire. Lascio li la moto e comincio a guardarmi intorno. Mi dirigo verso un paio di uffici, seguito dal più insistente dei postulanti che imperterrito continua a tallonarmi. Entro in una stanza con la scritta insurrance: il tizio non parla inglese e mi fa sedere, cerco di spiegargli che ho già l’assicurazione per il viaggio, stipulata proprio all’ambasciata iraniana in Italia, nella speranza che sia proprio quello il documento che serve ad ottenere il timbro. Ma questo non parla inglese e continua a riferirsi alla mia guida non ufficiale a cui faccio notare che non sgancerò un centesimo e che voglio fare da solo…. ma niente! Il funzionario comincia a compilare una pratica con i miei dati, ignorandomi. A quel punto perdo la calma ed alzo la voce: l’impiegato si spaventa e mi fa cenno di calmarmi, il postulante mi chiede se tutti gli italiani sono nervosi come me e dopo la mia risposta si zittisce definitivamente. Prendo i documenti e mi dirigo verso il secondo ufficio, una specie di vespasiano col condizionatore, dove esibendo il documento ottengo il timbro senza dire una parola. Finalmente esco dalla zona del confine e mi dirigo alla ricerca di una banca per cambiare i soldi.
In Iran infatti, a causa dell’embargo, non è possibile utilizzare le carte di credito, essendo tutti i circuiti internazionali in mano agli americani: questo significa doversi portare i soldi in contanti. Inoltre, fluttuando spesso il valore della moneta, è meglio non cambiare tutto subito ma se possibile farlo più volte durante il viaggio. Sulla LP avevo letto che solo nelle cosiddette “melli bank” fanno il servizio cambio per i turisti: pieno di entusiasmo anche se un po’ innervosito per quello che era appena successo mi metto in cerca di queste melli bank.
Ne trovo due e dribblando decine di persone per strada che si propongono di cambiarmi i soldi, scopro che in nessuna delle due è possibile cambiare denaro!! Evidentemente la regola delle melli bank che descriveva la Lonly non vale per i turisti, perché le banche sono piene di iraniani con i soldi in mano.
Risultato: per un qualche motivo che non mi vogliono dire, l’unica banca che cambia soldi ai turisti in città è quella del confine. Mi sento un po’ preso in giro, nessuno mi spiega il perché di questo fatto e sono visibilmente seccati dalla mie richieste di spiegazioni. Dopo aver mandato a quel paese tutto il sistema bancario iraniano, i suoi impiegati e tutte quelle persone che continuano ad offrirmi il cambio per strada sono costretto a tornare verso il confine: ai postulanti non par vero rivedermi e si ributtano su di me con il doppio della foga! Superata la prima linea mi dirigo verso la banca, stazione ufficiale di tutti i postulanti, dove vengo assalito! Non mi tolgo nemmeno il casco per non dover parlare con nessuno, entro in banca e faccio una scoperta che ha dell’incredibile: la banca pratica un tasso di cambio superiore a quello offerto dalla gente per strada. Incredulo penso di aver capito male: prendo un postulante, mi faccio dire davanti all’impiegato il suo prezzo e chiedo altrettanto all’impiegato. Avevo capito bene…contratto un po’ e cambio i soldi con il “privato”. Per la seconda volta nella mattinata mi sento un mona: avessi avuto un atteggiamento meno “occidentale che vuole capire tutto” sarei già per strada da tre ore.
Infatti sono quasi le tredici, anche per il fuso orario avanti di un’ora e mezza rispetto alla Turchia. Esco velocemente dal paese e finalmente comincio a realizzare che sono in Iran e che sta cominciando la prima tappa del mio viaggio! La tensione si allenta.
Mi guardo in giro avidamente, i camionisti mi salutano con i clacson. Mi trovo nella zona azera dell’Iran.
L’itinerario prevede infatti di percorrere il confine tra Iran e Turchia prima, con Azerbaigian ed Armenia poi: di fatto è il confine segnato dal fiume Aras, il biblico Ghion, zona zeppa di storia e via di scambio per secoli. Ho deciso di seguire questa via perché quando due anni fa mi affacciai a questa valle dal confine armeno, rimasi colpito dalla sua bellezza. La scelta è stata azzeccata: la strada è davvero splendida e scenografica. Montagne imponenti e aguzze, coloratissime, canyon tormentati dalle acque dell’Aras e delimitati da un verde intenso che contrasta con le pareti di roccia. Lungo la strada mi fermo in un hammam ottimamente restaurato.
Poco prima della deviazione per la chiesa armena di Karrisa Darreh Sham, ad un posto di blocco vengo accolto dall’unico gendarme con un calore che mi commuove. Ero passato senza fermarmi, poi, sentito il suo urlo, ho arrestato la moto per tornare indietro. Ma il gendarme non voleva controllare nulla semmai cercava la scusa per fare la mia conoscenza. Sarà il primo di una serie infinita di incontri con questa splendida gente, totalmente diversa da come viene descritta e dai preconcetti che tutti più o meno abbiamo. Mi ha offerto da mangiare, chiesto da dove venivo e cosa volere visitare in quella zona, il tutto con sorrisi e un calore umano che mi hanno stupefatto: ero ancora ad inizio del viaggio, non conoscevo ancora il popolo iraniano! Salutato il gendarme mi dirigo verso la chiesa. Immersa in un boschetto su un’altura, la chiesa armena è davvero un gioiello. Nonostante ne avessi viste a manciate due anni fa, rimango ancora colpito dalla pace del posto e dalla semplice bellezza dei luoghi di culto armeni. Peccato per i lavori di ristrutturazione in corso e per la fortificazione che ha subito nei secoli. Il sito è pieno di gente che fa il picnic all’ombra sui prati: tra questi ci sono un gruppetto di ragazzine che quando sanno che vengo dall’Italia in moto si mettono a strillare emozionate come se fossi una rockstar. Sono davvero felici di poter parlare con me ed io sono altrettanto imbarazzato di fronte alla loro schiettezza e semplicità.
Lascio la chiesa consapevole che questo sarà un grande viaggio, ma fatto di persone oltre che di luoghi.
Raggiungo Jolfa, sul confine azero. Dormo all’hotel Aras. Altri incontri segneranno la giornata: una famiglia che alloggia in hotel, con cui parlerò a lungo e che si dimostra realmente dispiaciuta quando gli rivelo che non ho intenzione visitare la loro città, Teheran; il gestore del ristorante dove ceno la sera, dove sarò l’attrazione della serata, al punto che saranno in tanti a chiedermi di fare delle foto con le loro famiglie e mi verrà chiesto di lasciare una dedica su un quaderno, vergato in tante lingue e anche da caratteri giapponesi.
Vado a nanna contento.
Foto 65 -122
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alemanga
02-11-2013, 14:53
VI
Purtroppo mi sveglio con la febbre e qualcos’altro. Sarà una giornata di solo trasferimento. Chiudo il giro lungo il confine iraniano con l’Armenia, per poi tagliare le montagne e puntare a sud est.
Prima di girare verso l’interno faccio una deviazione verso un villaggio che avevo visto su google earth. Attraverso una stradina tutta curve e saliscendi, entro in un mondo di 1000 anni fa, con case arroccate sul monte e attaccate l’una all’altra: si tratta di un paese letteralmente nascosto dietro la montagna, poco distante dalla via che per secoli è stata battuta da ogni genere di viaggiatori e mercanti. Passo lungo l’unica strada del paese, tutte le altre sono solo impossibili da percorrere: troppo strette e ripide. I bambini mi guardano a bocca aperta, i genitori mi salutano e stringono la mano. In Iran sono vietate le moto di cilindrata superiore ai 200cc, per cui, a prescindere, suscito l’attenzione di tutti ovunque vada.
Superate le montagne, alla prima cittadina cambio i soldi e compro qualcosa da mangiare. In questo paese farò due scoperte che mi serviranno nel corso del viaggio. La prima è che se avrò bisogno di cambiare soldi non dovrò mai rivolgermi alle melli bank, ma solo ai negozi che vendono oro e gioielli; la seconda è che anche in Iran ci sono i gay e che abbordano volentieri i turisti (mi succederà diverse volte).
Arrivo ad Ardabil: vista l’ora e il mio stato di salute, mi piange il cuore ma non me la sento di fermarmi a visitare la città e preferisco proseguire. La destinazione sarà Saraeyn, centro termale ai piedi del monte Salaban, un bel 4800m. La cittadina è piccola ma stracolma di gente, tutti attirati dalle nuove strutture che ospitano piscine e offrono cure miracolose sfruttando le sorgenti calde. Ci sono molti alberghi, alcuni anche lussuosi, la sera è un viavai continuo di gente tra i negozi e dentro i bazar. Mangio in un ristorantino vuoto (non sono neanche le 8) seduto su un tappeto: sono stravolto e non vedo l’ora di stendermi. Passo un paio di volte di fronte alla vecchia stazione termale di Gavmish Goli, speranzoso, ma niente da fare: c’è sempre una coda lunghissima. Vado a nanna presto: domani ho in programma di percorrere una strada sterrata molto lunga ed impegnativa che mi porterà prima in quota poi verso la costa del mar Caspio attraversando zone desolate e (per me) affascinanti.
VII
Sto meglio, la febbre è sparita ma mi sento un po’debole, per cui abbandono l’idea di raggiungere Zanjan attraverso il percorso sterrato. Colazione a base di uova e cetrioli, con una specialità del luogo: una crema di formaggio di capra squisita, accompagnata da miele naturale servito in un pezzo di alveare: una prelibatezza. Uscendo dalla città, ai lati della strada lungo i marciapiedi o tra le macchine, mi stupisce vedere una lunga serie di tende da campeggio moderne e colorate, da cui escono persone di tutte le età dopo aver passato la notte: incredibile!
Abbandonate le strade un po’ solitarie e desolate di questi primi giorni, scopro la guida iraniana e la sua grande pericolosità: imparo velocemente le loro regole e mi adeguo.
Arrivo a Zanjan verso le 14. All’uscita dell’autostrada il casellante mi accoglie come fossi suo fratello: mi da il benvenuto nella sua città e mi ripete una frase già sentita: italian and iranian people are brothers! ci diamo una stretta di mano fraterna e dentro il casco quasi mi commuovo per tanta ospitalità.
Prendo l’hotel in centro, parcheggio la moto: cetriolo fresco di benvenuto (non mi è mai piaciuto, ma dopo questo viaggio lo mangio spesso!), doccia e finalmente mi butto dentro la città. Sono in viaggio da 6 giorni e sento ormai il bisogno fisico di camminare lasciandomi guidare dalla gente, dalle emozioni, dai profumi, dagli edifici: se cerchi la vita è per strada che la devi cercare in oriente.
È talmente tanto il desiderio di viaggiare senza il casco, che esco dall’hotel in pantaloni corti! Le occhiate della gente mi fanno capire subito che c’è qualcosa che non va e saranno due uomini che incrocio quasi subito ad aiutarmi a capire meglio: sono a rischio arresto da parte della polizia turistica se non mi cambio subito coprendo le gambe.
Torno in albergo: se sulle prime mi sono sentito privato della mia libertà e quasi costretto a subire una violenza, dopo un po’ comprendo la mia leggerezza.
Zanjan ha secondo me il bazar più bello dell’Iran. Nonostante sia piccolo e semplice, è davvero suggestivo e mi ha letteralmente stregato, al punto da passarci tutto il pomeriggio. Scopro che un bazar lo puoi visitare in due modi: camminare guardando tutti i negozi che si affacciano lungo il percorso, ma anche deviare lungo i vicoli bui per scoprire un altro mondo fatto di moschee antiche, caravanserragli, depositi di merce, magazzini abbandonati. Il tutto avvolto in un atmosfera magica che mi affascina letteralmente e che speravo intimamente di incontrare. Mi siedo diverse volte insieme ai commercianti di fronte ai loro negozi, parlo e bevo il tè con loro e con i loro amici. Hanno tutti una grande attenzione verso il turista e fanno a gara a chiederti cosa pensi dell’iran, dove andrai e cos’hai visto: la lista delle città e dei luoghi s’allungherà durante il viaggio fino a diventare una filastrocca negli ultimi giorni. Percepisco la loro curiosità e voglia di confrontarsi con l’esterno, di cui hanno una visione scolastica. Molti parlano un inglese decisamente migliore del mio. Entro finalmente a contatto con la realtà dell’Iran.
È quasi sera quando incontro un gruppo di quattro italiani che vagano nel bazar. Sono un gruppo eterogeneo come provenienza e molto simpatici. Li rivedrò nel ristorante suggerito dalla LP, dove decideremo di mangiare insieme. Dopo una cena davvero squisita, passeggeremo ancora insieme: la città è ancora piena di vita. Peccato per i lavori di ristrutturazione della moschea Rasul-Ullah, che impediscono la vista delle splendide piastrelle colorate che ne decorano gli esterni.
Vado a letto soddisfatto per tutto quello che ho visto. La grande finestra della piccola stanza riflette le luci della notte. Si sta calmando dentro di me il desiderio a tratti violento di divorare avidamente ogni cosa che viaggio. È il segno che aspettavo: sto prendendo il ritmo.
Foto 124 - 184
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alemanga
02-11-2013, 14:54
VIII
La mattina a colazione prendo coscienza che con i cetrioli dovrò scendere a compromessi, cosi come del fatto che in Iran in questo periodo è pieno di famiglie in viaggio: noto che i ragazzi continuano a viaggiare con i genitori anche quando sono grandicelli e che c’è grande educazione nei rapporti.
Esco da Zajan per dirigermi verso il maestoso mausoleo di Soltaniyeh, famoso per le sue dimensioni e la sua cupola in mattoni: anche qui i lavori impediscono di apprezzarlo appieno.
Direzione Kashan. Trasferimento di 500km che percorro velocemente tagliando lungo una traccia studiata su google earth in Italia. Arrivo nel primo pomeriggio, quando le strade sono deserte per il caldo e cerco subito la casa tradizionale ristrutturata nel centro tanto decantata dalla LP. La trovo facilmente, infilandomi in una via stretta tra i muri di mattoni e fango: è un posto splendido, arredato con gran gusto, con mobili e accessori in stile, nel cortile noto delle ragazze bionde che hanno tutta l’aria di essere delle turiste del nord Europa. Purtroppo non c’è una stanza libera e la signora della reception mi indirizza verso un’altra casa antica, dall’altra parte della strada…e quando nota che continuo a buttare l’occhio verso il cortile mi rassicura che sarò loro ospite per cena. Me ne vado un po’ deluso, sarà difficile trovare un posto bello come questo…invece mi sbagliavo. La casa è altrettanto bella, meno appariscente ma altrettanto affascinante. Si tratta di una struttura su due piani: al piano terra la cucina, un cortile con una vasca e piante, attorno una serie di sedute in legno con tappeti e cuscini. Al piano superiore le camere per i turisti, davvero deliziose! Non rimpiango nemmeno le bionde: la casa è un concentrato di culture diverse. Spagnoli, svizzeri, giapponesi, francesi ed olandesi. Il ragazzo che mi da il benvenuto e mi porta alla camera mi spiega che stasera mangeremo i piatti tipici della zona, tutti insieme. Sono certo che tutti i turisti in visita a Kashan siano in queste due case! La mia camera è davvero bella, non c’è un letto ma solo un materasso da stendere nel centro che si rivelerà davvero comodo. Faccio la doccia nel bagno in comune e mi fiondo per strada.
Comincio a girovagare, fino a quando lungo la strada non vedo la classica entrata del bazar, che come un buco nero mi attrae e trascina in un’altra dimensione. Anche qui, come a Zanjan il giorno prima, sono rapito dalle luci, dai profumi, dai sorrisi della gente, dalle donne velate che in gruppo assediano i negozietti che si offrono a chi cammina. Sale da te, caravanserragli e vecchie moschee che trasudano secoli di storie: un universo di persone e culture, sempre uguali da sempre, in cui letteralmente mi abbandono facendomi trasportare dalla corrente della folla e dell’anima che lo attraversa. Passo due ore a bere tè seduto su una pila di tappeti in vendita, all’interno del cortile coperto di un antico caravanserraglio dentro il bazar; parlo con diverse persone, in particolare con un ragazzo, l’ennesimo che si avvicina e con la scusa di fare due chiacchiere si esercita con l’inglese. Ha una cultura superiore, come tanti che incontrerò, parla diverse lingue, mi chiede di consigliargli una città europea dove trasferirsi per fare l’università. Non posso non provare tenerezza per lui, dopo un po’ che parliamo capisco che si sente in gabbia, che difficilmente potrà abbandonare l’Iran visto che ha altri fratelli che i genitori devono mantenere. Forse mi sbaglio ma credo che ci sia molta depressione nei giovani di questo paese: tutto è sotto controllo, internet giornali e tv, nonostante ci sia la possibilità di studiare ed istruirti, alla fine vivi comunque racchiuso tra confini; cambiano i presidenti, uno sorride, l’altro mostra i muscoli, ma tutto è sempre inesorabilmente uguale. Esempio di questo paese è anche il ragazzo che mi accompagna fuori dal bazar e alla fine fino a casa: ciarliero e simpatico, si scalda mano a mano che parla del suo paese e di certi aspetti in particolare della sua vita, fino a pronunciare frasi piene di odio. Certo, mi faccio una risata, ma non riesco a non pensare alla possibilità che possa essere un provocatore della polizia turistica quando cerca consenso ed approvazione in me, e se anche non lo è, come faccio a non pensare alla condizione in cui si trova visto che pure lui mi confida che mai nella vita con quello che guadagna riuscirà ad uscire dal suo paese se non cambierà qualcosa.
La cena sarà una grande festa! A parte il cibo eccellente, niente baldoria, alcool o canti: solo parole, uno scambio continuo e ricchissimo di storie ed esperienze di viaggio su questo ed altri paesi, che alla fine mi ubriacano. Tirerò notte con una coppia di svizzeri e uno spagnolo, parlando di viaggi e di vita, di politica, di Europa e Asia…alla fine andrò a letto portando con me pensieri e racconti che valgono come diamanti e che mi accompagneranno ancora a lungo. La chiacchierata durerà anche la mattina come se la notte non fosse esistita e la colazione finirà verso mezzogiorno. Lo spagnolo andrà a Teheran per volare in patria, gli svizzeri tornano ad immergersi nel bazar: tempo ne hanno, sono in viaggio da aprile e devono raggiungere la Cina entro ottobre…del 2014! Saluti calorosi e scambi di mail. Sono persone che mi rimarranno nel cuore.
Foto 198 - 258
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alemanga
02-11-2013, 14:55
IX
Parto per Isfahan puntando verso le montagne che s’intravedono appena fuori Kashan: la strada migliore sarebbe un’altra, più veloce e dritta, ma decido per una strada tracciata da casa, che attraversa una catena montuosa, tutta curve e passi.
Purtroppo dura poco e dopo aver attraversato piccoli villaggi dove si coltivano i datteri e scollinato circondato da montagne colorate, mi dirigo verso la città che tanti descrivono come la più bella dell’Iran, al punto che da secoli è definita “l’altra metà del mondo”. Dopo averci passato tre giorni non posso che essere d’accordo: visitarla sarà un’esperienza culturale ed estetica unica. La città è un vero capolavoro. Arrivo verso metà pomeriggio, mi fermo in un hotel centralissimo e decisamente lussuoso rispetto ai miei parametri: spenderò la bellezza di 24 euro a notte, una follia visto che le notti precedenti non avevo mai speso più di 8 euro. Doccia, un’oretta di sonno e mi immergo nella città.
Isfahan è una città grande e molto popolata, decisamente la più turistica di quanto visitato fino ad ora. Trovo gruppi di turisti di diverse nazionalità, anche arabi ed iracheni. La LP la definisce gioiello del mondo islamico e perla dell’antica Persia, una Roma d’Oriente, sito Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità. Difficile non rimanere colpiti dal fascino che emana o indifferenti di fronte alla maestosità delle sue moschee o della enorme piazza dell’Imam, vero simbolo nei miei pensieri dell’Iran. Comprendo perfettamente quanto scrive Robert Byron, quando definì la città come “uno di quei rari luoghi, come Roma o Atene, dove l’umanità trova comune sollievo”
Da vedere assolutamente in più giorni, diventa famigliare già dopo 24 ore. Al momento di lasciarla certe vie o angoli mi erano già cari.
Ho cercato di viverla il più possibile e non solo da turista, cercando i ritmi dei suoi abitanti e confondendomi tra loro anche nei luoghi meno famosi.
Tantissime le cose da vedere, tra cui alcune imperdibili: la moschea del Jameh, museo a cielo aperto e compendio di tanti stili; Imam Square, il giardino della città e suo cuore pulsante, che la sera diventa un’enorme prato da picnic; le due moschee che vi si affacciano, in particolare quella soprannominata “delle Donne”; il palazzo Ali Qapu, sempre sulla Imam Square. Da vedere anche i ponti antichi, disposti su più livelli e altro simbolo della città: luogo di aggregazione ed incontro degli abitanti di Isfahan, sono davvero unici per la loro bellezza.
Cammino a lungo per i vicoli attorno alla piazza dell’Imam, perdendomi nel suo bazar e facendo incontri di ogni tipo con questa meravigliosa gente. Passo molto tempo nelle moschee, seduto sui tappeti appoggiato al muro, rapito dalla bellezza della loro architettura e delle decorazioni colorate di un azzurro intenso, scintillante sia di giorno sotto il sole e che la sera illuminato dalla luna.
L’ultima sera vengo invitato a bere il tè da una ragazza sulla trentina e siamo in piazza Imam. Dopo una corsa in taxi di ritorno dal quartiere armeno, sto passeggiando in piazza godendomi le luci del tramonto, quando, dopo essermi seduto al limite del prato, una ragazza mi propone un tè. Inizialmente rifiuto, ma poi accetto. E’ molto carina, il marito sta pregando rivolto alla mecca, e io e lei cominciamo a parlare. Arrivano i genitori e il fratello. È un’usanza diffusa in Iran quella di mangiare all’aria aperta, sopra una coperta distesa sull’erba, tutti insieme, più generazioni in armonia che chiacchierano e mangiano serenamente e senza mai alzare la voce. Parliamo a lungo, tra le varie cose mi chiede se credo in un dio, di fronte alla mia risposta si rattrista. Com’è possibile non avere un dio dentro il tuo cuore? Come non sentire il desiderio di pregare quando arriva il buio, in un posto come questo? Quando sarai vecchio sentirai il bisogno di un dio, mi dice. È realmente colpita della mia laicità, i suoi occhi sono profondi e sono pieni di spirito, nessuna ipocrisia. Il marito ha un viso aperto e occhi intelligenti, cosi come i genitori ed il fratello: mangerò con loro sull’erba, tra risate e momenti molto intensi. Ogni tanto lei butta l’occhio intorno quando parliamo, teme la polizia turistica: non è consentito alle donne parlare ai turisti. È l’ultima sera per me, e quando le spiego il mio itinerario per domani insiste che devo assolutamente vedere un posto nelle montagne dove mi sto dirigendo; scrive un biglietto da mostrare all’ultimo villaggio prima che la strada salga verso i passi più alti: la gente mi spiegherà come arrivare. Quando arriva il momento dei saluti è un peccato non poterla baciare ne stringerle la mano, il marito è una persona fortunata penso.
Mentre torno in albergo incontro ancora gente che va verso la piazza con coperte e cibo per passare la serata (sarà almeno mezzanotte). Mi dispiace molto lasciare questa città, questo gigantesco banchetto serale di una comunità di cui mi sento parte. Capisco perché nella guida turistica ci siano le istruzioni per il prolungamento del visto proprio ad Isfhan.
Questa città ti strega, stringendoti a sé e abbracciando per tre giorni il suo parente italiano venuto ad omaggiarla.
Foto 271 – 478
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alemanga
02-11-2013, 14:56
X
La mattina saluto Isfahan e le sue coppie che sorridono dentro le macchine scassate, le donne che ti guardano dritto in faccia indossando veli colorati e più stretti e che fasciano il corpo in modo più femminile. Punto verso i monti Zagros, in particolare verso una zona molto selvaggia nei pressi di Chelger. Lungo la strada, superate le cittadine, s’incontrano villaggi di nomadi, si sale fino al punto in cui s’intravedono le nevi sulle cime. Montagne cosi possenti le ho viste solo nel Caucaso.
Qualche brivido quando mi fermo a chiedere informazioni a un soldato di fronte ad una caserma. Questo in tutta risposta mi chiede il passaporto e se ne va dentro. Dopo trenta minuti di domande a cui non ho risposte, fotografie intorno alla moto per tutti i soldati che nel frattempo sono usciti a curiosare, risate e prese per il culo, finalmente quando cominciavo a preoccuparmi sul serio, sbuca il passaporto.
Riparto direzione Shiraz. Purtroppo la LP mi frega: pensavo si attraversare i Zagros in strade deserte e isolate, mentre invece percorro si una strada splendida ma piena di traffico pesante e auto che corrono come pazzi. Non riesco ad arrivare a destinazione e sono costretto a fermarmi, anche a causa della pioggia che comincia a cadere, a Yasui (l’asfalto iraniano con la pioggia è terribile, come correre sul sapone!). La cittadina non sembra molto invitante. Circondata dalle montagne, ha una traffico terrificante nel centro, impiego molto tempo e fatica a percorre la strada principale, incastrato tra le macchine: rischio la pelle in continuazione. Decido di allontanarmi e raggiungere un hotel fuori città su di una altura, di cui ho inserito waypoint sul GPS. Finisco nella catena degli hotel gestiti dallo stato, il Tourist Inn. Mettono a disposizione delle villette bifamigliari molto spaziose, disposte su due livelli e dotate di aria condizionata. Tra le villette la reception e un ristorante enorme. L’aria nell’insieme è un po’ sinistra, stile hotel di “Shining”. Appena entro il guardiano mi ferma e scorta verso la reception. Qui trovo un vero fenomeno, che appena mi vede alza gli occhi al cielo e dice che non parla inglese! A parte questa frase non spiaccica una parola! Avrà una trentina d’anni, viso simpaticissimo: incredibile che faccia quel mestiere senza la conoscenza dell’inglese. Comincia una faticosa pantomina di gesti, foglietti, scenette e prove d’attore varie, il tutto, dopo il mio stupore iniziale, condito da risate da lacrime agli occhi, pacche sulle spalle e abbracci: è davvero uno fuso di testa! La temperatura è fresca, la doccia pure e la cena terribile, soprattutto dopo aver avuto la brillante idea di visitare le cucine per indicare cosa volevo mangiare. Li trovo il cuoco e il cameriere, cioè i due tizi che stavano stravaccati sull’erba quando sono entrato nel parcheggio.
L’amico della reception mi molla solo per la doccia, tutto il resto del tempo mi sta addosso, fino a presentarsi a cena con un libro in mano, dal titolo Inglese per Turisti. Risate fino a tardi.
La mattina dopo colazione vado a ritirare il passaporto prima di partire e non trovo il mio compagno della serata ma una ragazza molto carina e sveglia. A forza di chiacchiere parto con la chiave della camera in tasca: ora è parte dei cimeli di viaggio.
Foto 485 - 525
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alemanga
02-11-2013, 14:56
XI
Shiraz. Ovviamente prendo la strada vecchia che si arrampica sulle montagne, per scoprire purtroppo che è stata pesantemente modificata e ammodernata. Duplico il chilometraggio per niente. Arrivo nel primo pomeriggio, la città è un caos di traffico, prendo un hotel centrale lungo una strada secondaria, non ho voglia di cercare altro: l’hotel è davvero molto bello, parcheggio interno e servizio di lavanderia che sfrutto alla grande. Noto subito che è molto frequentato da arabi. Docciato e riposato mi inoltro nella città. Grande e ricca di parchi, Shiraz offre molto da vedere, ma la lascerò senza averne carpito l’anima: avrei dovuto fermarmi di più. Comincio dall’edificio fortificato attorno a cui si estende la città vecchia: all’interno un delizioso cortile con un giardino di alberi di agrumi e diverse vasche. È un posto molto tranquillo, qualcuno dorme disteso sulle panchine nascoste dagli alberi. Attorno al giardino si affacciano i padiglioni del palazzo, riccamente decorati e l’hammam restaurato. All’interno del palazzo un’esposizione di vecchie foto di Shiraz davvero interessanti. È poi la volta del bazar: pieno di negozi e un po’ turistico, non riesce ad affascinarmi come quelli visti nei primi giorni. Moschee, chiese e giardini completano la lunga passeggiata. Provo a mangiare quello che quasi tutte le persone che passeggiano hanno in mano: gelato alla panna immerso nel succo di carota. Cena in ristorante tradizionale, con l’ormai solito spettacolo di famiglie sorridenti, tavoli con tutte le generazioni riunite: nel locale un gruppo locale suona e canta canzoni tipiche, è davvero un piacere ascoltarli.
Foto 541 - 647
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XII
Yazdt. La città che avevo inizialmente scartato per paura del caldo torrido che la sua posizione affacciata al deserto prometteva è rientrata alla grande nell’itinerario dopo che tutte le persone con cui mi confrontavo mi davano del pazzo a non visitarla. E meno male.
Il trasferimento è stato un po’ duro per via del caldo: niente di impossibile, il caldo in realtà non si soffre molto se si è attrezzati. Viaggiato sempre a casco chiuso: aprire la visiera significava avere un phon puntato sul viso: impossibile tenere la visiera aperta per più di qualche secondo. Però è un caldo secco: l’unica accortezza che ho seguito era bere molto dal camelbag riempito per l’occasione di acqua con sali minerali e integratori.
La strada corre lungo distese piatte e desertiche, mi sembra di essere in Africa. Un unico attraversamento di una catena montuosa rompe la monotonia del paesaggio: le montagne hanno colori splendidi sullo sfondo del cielo azzurrissimo. Imbocco una strada sterrata per scattare delle foto alle montagne e mi avvicino ad un accampamento di nomadi. Mi avvicino sempre di più fino a quando ottengo un invito a bere il tè con loro. Sono nomadi iraniani, tra i pochi rimasti dopo l’urbanizzazione. Alla fine starò con loro diverse ore e sarà dura andarmene senza accettare l’invito a cena e a dormire nel loro campo. Sotto la tenda tre generazioni e in tutto il tempo trascorso con loro non ho visto mai una donna a parte le bambine. Incontro davvero speciale, mille pensieri nella testa.
Arrivo a Yazd nel tardo pomeriggio e rimango a bocca aperta dalla sua bellezza. Un motorino con tre ragazzi sorridenti a bordo mi si affianca e facciamo due parole nel traffico: quello che guida mi fa cenno che abbiamo entrambi gli occhi azzurri e che questo ci unisce come fossimo fratelli.
Riesco a dribblare un invito in hotel da parte di un passante che dice di avere un parente che lavora in Italia: insiste che vuole farmi parlare con lui e non molla finchè non me lo passa al telefono; in un perfetto italiano vengo accolto nella sua città via cellulare e mi invita ad andare nell’hotel dei suoi amici. Io cerco di spiegare anche a lui che non serve: nella LP si parla di un paio di hotel per viaggiatori con zaino in spalla ricavati da ristrutturazioni di vecchie case tipiche ed è esattamente là e solo là che voglio andare. Alla fine riesco a liberarmi e a prendere possesso di una stanza nel Silk Road Motel.
Finalmente riesco a inoltrarmi e perdermi nei vicoli della città vecchia, fino a notte fonda. Patrimonio dell’Unesco, questo reticolato di viuzze e case di mattoni di fango seccati al sole è davvero incantevole; dietro le porte di legno decorato si nascondono i cortili e le abitazioni. Yazd è famosa anche per le sue torri del vento, che garantiscono la ventilazione e la temperatura fresca delle case anche nel periodo estivo e per essere la città della religione del Zoroastrismo. Le cose da vedere sono tantissime, anche fuori città, e mi fermerò anche il giorno successivo. Ciò che mi colpisce maggiormente di questo luogo è l’atmosfera rilassata che infonde.
Foto 664 – 831
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XIII
Giornata di trasferimento verso Qazvin. Domani intendo visitare le valli dell’Alamut. 800 km verso nord, fino a lambire i confini di Teheran e risalire ancora.
Caldo davvero intenso ma non sembro soffrirlo troppo. Mentre corro lungo l’autostrada, quasi a Teheran, sotto il sole delle due del pomeriggio, mi si affianca una macchina, da cui esce un braccio che si allunga per darmi una lattina di succo di frutta, dico di no sorridendo sotto il casco, il ragazzo me la offre nuovamente. Staremo andando a 100km/h, il ragazzo mi sorride tranquillo mentre afferro la lattina e mi saluta rituffandosi in quell’inferno di calore. Anche se sono giorni che vivo a fianco a questa gente, la generosità del suo gesto non può non stupirmi.
Arrivo a Qazvin bello cotto e prendo la prima camera che trovo vicino al centro. Doccia e fuori in mezzo alla gente, a scoprire la vita di strada.
XIV
Stanotte è nato Pietro!
Parto presto e punto verso le montagne: direzione i cosiddetti castelli degli Assassini, non ne vedrò nemmeno uno dei 50 di cui parla la LP. La strada è bellissima, c’è un bel fresco mentre salgo verso il passo. Anche l’asfalto è buono e vado spedito piegando nelle curve come non faccio da giorni. Mentre scollino trovo una fitta nebbia che mi accompagna per un po’ mentre inizia la discesa. Il paesaggio da aspro e brullo diventa verde: si aprono grandi vallate piene di corsi d’acqua e di colori intensi, tra montagne possenti.
Percorro strade che attraversano villaggi pieni di vita. La giornata è splendida.
La LP indica una deviazione verso un paese di nome Andaj, descritta come amena e dai canyon spettacolari. Faccio fatica a trovarla, mi aiutano nonno e nipote in motorino portandomi fino all’imbocco della strada.
Entro in una zona incantata, qualche casetta semplice circondata da giardini, tanto verde sulle pendici di montagne. Ed ecco anche i canyon. Torrenti d’acqua limpidissima accendono i colori del verde. Salgo sempre di più, comincio a vedere i tetti delle case dei villaggi dall’alto, sembrano capre attaccate une alle altre per combattere il freddo. Percorro la strada imbambolato dalla bellezza di questa natura intatta. Raggiungo il paese indicato dalla LP, ma la strada non finisce come descritto nella guida. Vado avanti senza il conforto del GPS.
La strada sale parecchio e diventa sterrata. Attraverso diverse frane e non incontro nessuno per un’ora. Finalmente la pendenza della strada vince l’istinto della scoperta e mi convince ad ascoltare la voce della prudenza che già da un pezzo mi urlava di girare la moto. Torno verso la strada principale e dopo aver percorso la valle fino alla fine, in serata raggiungo Zanjan. Torno con gli occhi pieni di meraviglia per l’ennesimo regalo di questa nazione.
Foto 846 - 901
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XV
Parto la mattina presto, ho in programma di raggiungere Tacht e Solimein attraversando le montagne lungo una strada panoramica che porta a Dandy, per poi dirigermi verso Tabriz dove vorrei fermarmi un paio di giorni prima di tornare in Italia. Purtroppo dopo circa 60 km da Zanjan la moto si ammutolisce e non ne vuole sapere di riavviarsi. Capisco subito che non ripartirà.
XVI
Scrivo sul letto in un albergo ad Erzurum in Turchia. La rottura della moto mi ha costretto al rientro: da quel momento però è iniziato un viaggio nel viaggio, fatto di tanti incontri. Cerco di descrivere velocemente il ritorno fino ad ora e le persone che ho incontrato, anche se da soli questi giorni meriterebbero un resoconto a se.
Una volta fermo lungo la strada con la moto che non da segni di vita, comprendo che l’unica soluzione è riportarla a Zanjan, tornare nell’albergo dove ho dormito e da li organizzarmi chiedendo supporto al direttore che avevo conosciuto prima di partire, quando mi aveva invitato ad andare a trascorrere qualche giorno nella sua casa sul mar Caspio.
I primi a darmi una mano sono 5 ragazzi che si fermano vedendomi trafficare sulla moto. Mi offrono subito aiuto contattando sia l’hotel da cui ero partito (le sim europee non funzionano in Iran), sia un loro amico dotato di pick up dove caricheremo la moto per tornare a Zanjan: uno di loro mi dice che è campione di lotta e che ha rappresentato il suo paese a tante gare internazionali. Arrivato all’hotel, con l’aiuto del direttore, partirò con un altro furgone verso Maku in direzione confine. Durante la preparazione del trasferimento conoscerò Rameza, un ragazzo iraniano che gioca in una squadra di basket per persone in sedia a rotelle: è senza una gamba, ma è una vera forza della natura! Ha giocato due anni a Milano e quindi parla un ottimo italiano, ora vive e gioca in Spagna: impossibile dimenticare lo spirito e la carica umana di questa splendida persona! Parto nel tardo pomeriggio per 8 ore di viaggio destinazione Maku a 30 km dal confine con la Turchia. Mi accompagna un personaggio che non parla una parola d’inglese ma con cui la mattina successiva ci saluteremo con un lungo abbraccio fraterno. Prima di partire contatto il concessionario in Italia: descrivo la situazione e ho la conferma che la moto deve essere assistita in una rete ufficiale. L’unica è andare ad Ankara in Turchia. A Maku incontro una splendida ragazza che parla un ottimo inglese e che mi aiuterà alla frontiera rinunciando al suo giorno di ferie: ci salutiamo ripromettendoci di vedere insieme Venezia un giorno. Superata a spinta la frontiera, una volta in Turchia saranno in tanti a cercare di aiutarmi, anche allettati dalla possibilità di fare qualche soldo. In una delle tappe tra i vari uffici della dogana conosco Michele, un iraniano con residenza in Italia che sta tornando con la sua macchina a Roma: siamo diventati subito amici, ora è nella camera a fianco alla mia. È con me da quando ci siamo incontrati, mi ha dato una mano in tutte le situazioni che si sono presentate lungo il ritorno. Al confine turco abbiamo caricato la moto sull’ennesimo furgone aperto per raggiungere Ezrurum, distante circa 400 km, da dove intendo proseguire il viaggio verso Ankara sul treno. Seduto in macchina con Michele, seguiamo il furgone ed arriviamo a tarda sera dirigendoci subito alla stazione; non c’è nessuno, solo un funzionario che ci accoglie un po’ bruscamente e che solo dopo qualche insistenza si è ammorbidito consentendomi di lasciare la moto in stazione per la notte (spingerla dall’hotel sarebbe stata dura….): è Zeki, l’unico curdo che lavora in stazione e che domani sarà determinante.
La mattina andiamo subito in stazione per fare il biglietto e scopro che la moto non può essere trasportata: il bigliettaio è irremovibile, l’unico biglietto che può staccare è il mio, la moto sta giù.
Il pensiero di trovare un altro sistema di trasporto per Ankara mi abbatte. Mi aiuta Zeki, che nel frattempo rinuncia a tornare a casa nonostante abbia passato il turno di notte in stazione e mi rassicura che tutti mi aiuteranno sia a prendere il biglietto sia a issare la mia bestia da 270kg sul treno. E cosi è stato. La stazione comincia ad animarsi e nel giro di poco tutti conoscono la mia situazione e divento l’attrazione: solito carosello di conoscenze, tè e conversazioni che vengono tradotte dall’unico ragazzo che parla inglese e che è anche motociclista. Passo il tempo che mi separa dalla partenza nel circolo dove si riuniscono i ferrovieri. È un posto davvero bello e tenuto in modo impeccabile: mi spiegano che li casca e si rifà un governo almeno tre volte al giorno. Pago direttamente il capotreno: alla fine 1000km per me e la moto mi sono costati 40 euro!
A mezzogiorno carichiamo in due minuti la moto sul vagone cargo del treno: mentre ancora la sto assicurando alle pareti, il treno parte e ho appena il tempo di salutare e ringraziare tutti, mentre Michele (che non c’è stato verso di convincere a proseguire il suo viaggio) continuerà a scortarmi fino a che non avrò risolto il problema e farà la strada per Ankara in macchina.
XVII
Il viaggio in treno è stata un’esperienza indimenticabile. Per tutto il percorso il treno ha viaggiato con i portelloni aperti e ho potuto godermi il paesaggio seduto con le gambe a penzoloni (con un paio di brividi cause piante poco potate…). Posso solo dire che non abbiamo fatto un rettilineo in 24 ore per spiegare la meraviglia e l’emozione di questo lungo e tortuoso trasferimento. Il treno percorre naturalmente il territorio, senza gallerie o ponti: quindi salite, discese, curve disegnate attorno a colline e montagne. Villaggi sperduti, campagne gialle infinite, fermate in borghi con qualche anima che vaga attorno al treno che letteralmente entra tra le case, canyon, valli, passi, altopiani. In alcuni tratti embra di essere in un film western. Il panorama è selvaggio e primordiale ed io dentro questi paesaggi desolati mi sento a casa, perché li ho dentro da sempre. La notte ho dormito in sacco a pelo vicino alla moto. Pranzo colazione e cena con qualche biscotto e un filone di pane acquistato prima di partire: fiumi di thè offerti dai controllori che venivano a fumare dentro il cargo (ecco il perché dei portelloni aperti…).
Alle 12 arriviamo a Ankara e tra lo stupore generale tiro giù la moto. Daniele (il papà di Pietro), che mi assiste dall’Italia, ha procurato il trasporto verso il concessionario e allertato il capomeccanico che trovo li ad aspettarmi. La diagnosi è rottura della pompa della benzina: non ne hanno un’altra simile e farla venire dalla Germania significa aspettare troppi giorni. Si parte verso una zona industriale dove mi spiega il meccanico (non ricordo il nome mannaggia!) troveremo sicuramente qualcosa da mettere dentro la moto che svolga il compito della pompa! Passano pomeriggio e serata. Tè e chiacchiere con miriadi di persone, tutte che prendono a cuore il mio problema abbandonando quello che stavano facendo. A mezzanotte raggiungo l’albergo vicino al concessionario in moto!
La mattina alle 8 parto e dopo 48 ore sono in Italia.
Foto 940
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Bellissimo report! Mi piace molto la tua prosa scorrevole... Grazie di avere condiviso la tua esperienza davvero unica e complimenti per aver deciso di viaggiare da solo in luoghi così remoti. Giù il cappello! 👍👍😀
Sent from my sofa...
stratocaster
02-11-2013, 15:43
Letto tutto d'un fiato! :!: :!:
bellissimo report :D
Divorato e complimenti !
Gran bella esperienza.
Mitico! Ce l'hai fatta a farti l'Iran! Tacci tua, quante foto hai messo, mi hai impallato il computer :)
A quanti km ti ha mollato la pompa benza?
fastmirko
02-11-2013, 18:11
Letto con sana invidia.Dispiace per il problema alla moto ma da quel momento é iniziata un'altra avventura in questo bellissimo viaggio.
Non capisco ancora se le parole rendono più delle immagini o viceversa Complimenti di cuore.
Be che dire scrivi magnificamente e non ti mancano le p...e. Complimenti.
Ma quindi, se non ho letto male, hai trovato una pompa benzina non originale e sei ripartito ?
Se è così, Grande !!!
Aggiungo che anche se il guasto non ti ha permesso di godere fino a fondo "in moto" il tuo viaggio, hai comunque fatto una bellissima esperienza e con lo spirito che traspare dal tuo report, sono certo che l'hai affrontata al meglio.
Bravo, davvero molto bravo soprattutto nella scelta degli itinerari.
Più di uno di noi sarebbe interessato ad una mappa o un tracciato Garmin, solo se ti va, naturalmente !!!
Un grande saluto
ma solo io non vedo le foto?
Alcuni link aprono solo comunicazioni di Imageskack.
ivanuccio
02-11-2013, 21:48
Bravo!Bel giro.Pure a noi insistevano xchè andassimo a dormire a casa loro.Se torno in Iran lascio perdere le citta.Via di villaggi.Ospite a ufo!!!
caro concittadino... bellissimo!
vertical
02-11-2013, 22:00
complimenti per il viaggio,perchè eri in solitaria,per come lo hai descritto,per le foto,e per lo spirito da vero viaggiatore che hai saputo vivere in toto e cioè l'importante non è la meta,ma il viaggio.
yankee66
02-11-2013, 22:01
Bellissima esperienza! Letto il report tutto d'un fiato! Bravo e complimenti :D
cardano62
02-11-2013, 22:10
letto tutto in apnea
gran bel viaggio
Bravo!! Hai colto nel segno!
La gente dell'Iran è di una ospitalità e simpatia che commuovono. E lo dico perchè ho passato diverso tempo in Iran per lavoro e ho ancora molti amici con cui ci teniamo in contatto pur con tutte le difficoltà della loro situazione politica.
Hai detto che le SIM italiane non funzionano in Iran? A Teheran e nelle grandi città non ho avuto mai problemi se non la lentezza del contatto.
Comunque grazie ancora perchè ho rivissuto delle bellissime sensazioni leggendo il tuo bel report. ciao
Complimenti e grazie del bellissimo racconto.
vastomediale
03-11-2013, 00:37
ciao è possibile che ci siamo incontratati e salutati la mattina presto a Dogubayazit mentre io caricavo la moto e tu passavi diretto verso il confine???
:lol::lol::lol:
alemanga
03-11-2013, 00:55
Certo che ero io! Avevi un GS giallo...piccolo il mondo!
La pompa della benzina si è rotta alla fine del giro.
Quanto alle SIM non sono mai riuscito ne a mandare sms ne a fare chiamate.
vastomediale
03-11-2013, 01:23
esatto!!!! mi ha fatto piacere leggere il tuo report... a volte si fanno degli incontri veloci e poi ognuno va per il proprio destino senza sapere mai più niente... invece!!! fantastico!
complimenti
Boxer Born
03-11-2013, 09:36
Fantastico alemagna.
Il tuo passaggio al border Iraniano mi ha ricordato un mio analogo al tuo e so a quale carico emotivo si è sottoposti; quando ne esci sei stremato anche nel fisico.
Io però sono stato più fortunato in quanto potevo contare sui miei due compagni di viaggio anche se, per le prime due ore, l'assalto di quelli che tu chiami postulanti (io li chiamavo cimici/pidocchi) ci ha letteralmente annichilito.
Tra un paio d'anni mi troverò a passare da quelle parti e farò tesoro del tuo racconto.
Complimenti! :D
Mi è piaciuto leggerti. Molto.
Ho trovato nelle tue parole la ricerca delle persone più che dei luoghi, ancorché spettacolari e pieni di fascino. Secondo me viaggiare da soli verso mete similari rappresenta l'intensa ricerca di qualcosa, ogni viaggiatore ha la sua. Spero, e in realtà credo sia così, che tu abbia trovato la tua. Complimenti.
Paolo Grandi
03-11-2013, 11:12
Bellissima esperienza. Bellissimo racconto.
Complimenti :!:
Però, almeno i ricambi più importanti potevi portarteli dietro...:lol:
samarcanda
03-11-2013, 11:56
ciao Ale sei il solito tutto arrosto che parte e va senza tanti preamboli :D:D
come ti sei regolato per visto e carnet de passage?
ho giusto una mezza ideuccia per il 2014 e adesso comincio a raccogliere un po' di info :lol:
alemanga
03-11-2013, 12:05
Visto chiesto e ottenuto in 15 giorni all'ambasciata di Milano.
Carnet fatto dalla mia banca.
skotfoss
03-11-2013, 12:20
Complimenti per il bellissimo report e le splendide foto!
Mi hai fatto rivivere le emozioni provate durante il mio centralasiatour2012.
Gli iraniani sono davvero persone splendide ed ospitali che non meritano la pessima nomea che hanno a causa dei loro governanti.
Vedo che anche tu hai avuto problemi con la moto, risolti con l'aiuto di sconosciuti che si sono fatti in quattro per aiutarti.
E' accaduto anche a me in Mongolia ( rottura dell'ammortizzatire posteriore) ma ho trovato anch'io persone che mi hanno aiutato. Quando si è soli ( io ero con la mia compagna) e nei guai, alla fine si trovano sempre i cosiddetti " sconosciuti gentili" che aiutano ad uscire da situazioni d'emergenza!
Skotfoss
Bel viaggio e stupendo reportage.
Complimenti!!!!
Zeuss with iPhone 5
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Ora le foto si vedono bene e sono uno spettacolo !
Hai sicuramente un futuro da scrittore, la narrazione è fluida e scorrevole ( e prende molto ). Un mondo di complimenti per come hai affrontato il viaggio e come e lo hai narrato, susciti invidia in tutti noi. Hai raccontato il "cuore" della gente. Grande rispetto per te e per tutte le persone che hai incontrato.
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samarcanda
03-11-2013, 18:20
Visto chiesto e ottenuto in 15 giorni all'ambasciata di Milano.
Carnet fatto dalla mia banca.
puoi dirmi indicativamente i costi per favore :!:
ivanuccio
03-11-2013, 18:24
La banca ti avra fatto la fideussione.Il carnet l ho rilascia l Aci.
Complimenti per tutto!
La frase "Si sta calmando dentro di me il desiderio a tratti violento di divorare avidamente ogni cosa che viaggio"
mi è piaciuta molto.
Bellissimo il viaggio, meravigliose le foto.
I complimenti però vanno al tuo racconto, uno dei più belli e piacevoli che abbia mai letto.
Bravo alemanga, bravo davvero.
.:D.
francogs
03-11-2013, 20:28
il sogno si è realizzato un bel racconto letto con avidità e le meravigliose persone che hai conosciuto.
(il nostro paese lo chiamano civilizzato, avrei molti dubbi, dopo il tuo racconto)
alemanga
03-11-2013, 20:35
Grazie davvero a TUTTI per i vostri commenti!
Il visto l'ho pagato 50 euro più 80 per l'invito (ha velocizzato di molto).
Il carnet 400, l'Aci 150.
Li non ho mai speso più di 25 euro al giorno tutto compreso (la benzina costa 0,20)
In una brutta domenica padana,grazie a te ed al tuo stupendo racconto ,anch'io sono riuscito a farmi un gran bel giro!!!!Complimenti sia x il viaggio che x il racconto,ti sei sicuramente guadagnato un posto nella mia mente fra "i grandi viaggiatori",e ti assicuro che non sono molti.Ciao e grazie ancora
Attentatore
03-11-2013, 20:49
grande...molto bello..ti invidio...
i postulanti al confine...comuni in quelle zone.
li rivedo nel tuo racconto,bellissimo.
la gente in generale in quei posti è magnifica.
complimenti.
elikantropo
03-11-2013, 21:14
Complimenti per viaggio e racconto, maledetta pompa della benzina.
Complimenti per il report e le bellissime foto
briscola
03-11-2013, 21:17
Bella esperienza e bel racconto
e te lo dice uno che ha viaggiato in lungo e in largo
mi sono guardato la cartina ed ho seguito tutte le tue tappe
complimenti vivissimi
hai seguito le orme di Alessandro Magno 2300 dopo
racconti poco della moto e molto del viaggio e delle tue sensazioni
ma è giusto così hai usato la moto com mezzo di trasporto
ma il tuo viaggio è continuato fossi su un furgone o sul treno
e poi hai ragione in solitaria si fanno le esperienze più belle
a cominciare da quella con se stessi!
ettore61
03-11-2013, 21:40
letto tutto.
mi accodo ai complimenti.
big_paul
03-11-2013, 22:28
Nonostante la tua disavventura / avventura hai viaggiato e splendidamente raccontato un sogno per molti di noi... grazie
Fantastico!! Grande stima!!!
GATTOFELIX
04-11-2013, 09:45
Che dire?... Fantastico! Complimenti, hai tutta la mia ammirazione.
Complimenti, sia per il viaggio, sia per il racconto e ....acnhe per le foto.
Tutto meraviglioso. Ti posso fare una domanda: con i rifornimenti di carburante era assolutamente necessario l'adv e a vresti avuto problemi con un gs std ??
alemanga
04-11-2013, 12:14
Se intendi come autonomia no
...si scusami, intendevo come autonomia. Quindi trovare il carburante non è mai stato un problema?
Grazie del tuo racconto mi sono emozionato, era un po' di tempo che non mi succedeva ed è stato appassionante.
Ancora grazie
alemanga
04-11-2013, 14:42
No Pit non è mai stato un problema
Elsentenza
04-11-2013, 14:47
Meraviglioso giro! Grande rispetto,
ci sto pensando da tempo.
Antonio Tempora
04-11-2013, 15:51
Complimenti per il viaggio, lo spirito e la prosa.
Spero di scriverne uno altrettanto bello il prossimo anno
Grazie
pele1970
04-11-2013, 15:51
è stato emozionante leggerti, leggere delle tue paure dovute al confronto con te stesso, cosa che non è mai facile per nessuno. La tua voglia di mescolarti e lasciare "inquinare" la tua occidentalità dall'umanità estremamente sana dei popoli che hai incontrato.
Detto questo, mi spiace per la tua ghisona. Leggevo un 3d dove si disquisiva della solita diatriba ghisona-plasticona. Chi diceva che con la ghisona, se ti succede qualcosa, riparti sempre, eccolo (purtroppo aggiungo io) accontentato.
Spero un giorno di saper affrontare me stesso e un viaggio come hai fatto tu
Pelè
Sinusoid
04-11-2013, 22:24
bellisimo viaggio
e ottima narrazione
solo tanta invidia
:D
gran bel racconto di un'esperienza unica...
E' stato un piacere leggerlo!
Fragolino
05-11-2013, 12:22
sei un grande FRATELLO ... complimenti per tutto !!!
Spero di rivederti e di ritornare a girare con te al più presto ...
:-)
fortirex
05-11-2013, 18:15
Che meraviglia!!!!!!!!!!!!!!!!!
Bellissimo racconto di un bellissimo viaggio....
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Mamma mia che bel viaggio.:rolleyes:
E soprattutto come l'hai saputo raccontare!;) É banale anche farti i complimenti.
Solo un viaggio in solitaria puó regalare un simile contatto con luoghi e gente.
L'Iran é anche un mio sogno che spero di realizzare, prima o poi.
:arrow:
Caro Ale, sei davvero un viaggiatore e uno scrittore fantastico! Un racconto da cui si fatica a staccarsi
ho letto tutto d'un fiato il tuo racconto e , inutile dirlo, ne sono entusiasta.
Sana invidia per la capacita' di raccontare e evocare atmosfere incontri emozioni tanto che mi hai riacceso il sogno/ mito di Persepoli.
Ora sto già pensando al viaggio- io d'inverno sogno i viaggi possibili guardando la moto ferma per neve- cosi vorrei chiederti se è percorribile il confine tra Armenia e Iran (ho cercato su un paio di siti ma non mi è chiaro) e come mai non hai pensato all'assistenza stradale, o forse nessuno compagnia la prevede?
Grazie ancora per averci regalato le tue emozioni.
vez A
alemanga
14-12-2013, 10:32
Ciao Aldo
Penso sia percorribile, ma ti consiglio di dedicare un viaggio o all'Armenia o all'Iran.
Soccorso stradale in Iran non esiste
Grazie Alemanga,
sto programmando 3 settimane elastiche con "outlook" sulla IV !!
vez A
Crash5wv297
14-12-2013, 22:10
Letto tutto d'un fiato, ma ho già deciso di rileggerlo per poterlo apprezzare in ogni particolare e guardare le foto con più calma. Bellissimo tutto. Ciao
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Godo.....
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Fantatronik
15-12-2013, 23:26
Complimenti Alemagna, gran bel giro! Questo sì che si chiama viaggiare..
calimero73
16-12-2013, 12:44
Complimenti per la scrittura, emozionante e fluida, per le splendide foto e per avermi fatto vivere in parte il tuo splendido viaggio.
Mr. Black
20-12-2013, 07:15
Le parole scivolano veloci e l'emozione che mi hai trasferito è stata così grande ed intensa che, a volte, ho dovuto bere un sorso d'acqua per il coinvolgimento del racconto...
THE BEAK
23-01-2014, 12:52
Che spettacolo
Stappatalkato con la
grandissimo racconto per un viaggio che lascia il segno!
I rodopi ad ogni modo sono interssanti come tutta la bulgaria!
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