Visualizza la versione completa : Giu, fino a Dakar
Boxer Born
02-10-2011, 23:24
Io ed un paio di amici, ci stiamo accingendo ad organizzare un viaggio che attraverserà Marocco, Mauritania e Senegal. La partenza è prevista per i primi di gennaio e così, prima di riunirci e decidere su come muoverci, abbiamo deciso che ognuno cercasse di raccogliere più informazioni possibili.
Per questo motivo ho iniziato questa discussione al fine di utilizzare al meglio questo formidabile mezzo che è il nostro forum Qde.
Ringrazio anticipatamente chiunque di voi mi darà informazioni, pareri, consigli ed avvertimenti; insomma chi sà, parli !! :!:
FrankGS1200ADV
02-10-2011, 23:27
In bocca al lupo e complimenti per il viaggio !!!
alebacci......
http://www.alessandrobacci.it
é da qualche tempo che mi frulla in testa la stessa idea, pensavo tra dicembre e gennaio..
Anche a me, stesso periodo.
Ilmazza, potremmo approffondire la cosa :)
Powercanso
03-10-2011, 11:08
la cosa mi alletta ma per ora sono ancora una cellula dormiente :rolleyes:
le mie ricerche sono subito partite per macinare meno km possibili in autostrada e il risultato è stato trovare dei bei traghetti che da Genova e Livorno arrivano direttamente a Tangeri!!! (passeggero + moto a/r con 315 euri)
non male no?
bravi, bravi, bravi
Powercanso
03-10-2011, 11:10
http://www.sempreinmoto.it/
Anche io volevo andare, ovviamente, in traghetto!
Anche a me, stesso periodo.
Ilmazza, potremmo approffondire la cosa :)
Ci si può pensare :) il traghetto costa una cifra ragionevole ma è lunga, una tratta Mi piacerebbe farla via terra, però devo capire tempi, km e clima delle zone da attraversare...
Inviato dal mio Desire HD usando Tapatalk
giulioadventure
03-10-2011, 14:24
ecco un'altro bellissimo viaggio da fare!!!!vi seguo chissa'...
barbablu
03-10-2011, 14:24
..sono 2 anni che desidero farla un esperienza del genere anche se parlato con chi l'aha fatto mi dice che dakar non è poi una gran bellezza ma è il viaggio in se che lo rende unico
tempi previsti? con quali moto avete intenzione di andare ?
rientro in container o di nuovo su strada?
Hyppo e gio956... (http://www.quellidellelica.com/vbforum/showthread.php?t=171295&highlight=dakar)
;)
Magari ci si vede per strada. Io parto dopo Natale.
http://www.threepercenters.it/wp/?p=898
Boxer Born
04-10-2011, 14:24
@ uastasi
Grazie infinite per il link; ottimo reportage pieno di notizie da cui prendere spunto.
Purtroppo è un pò datato (2007) e come si sà, da quelle parti le cose evolvono molto velocemente ed è per questo che avrei bisogno di notizie più fresche.
Via, continuiamo....
barbablu
04-10-2011, 14:28
se ti puo' interessare sul sito club tenrè italia c'è un tipo con il nick fourxt che praticamente scende tutti gli anni in solitaria se vuoi gli giro la richesta e la incollo anche qui ammesso che i moderatori me lo permettano
barbablu
04-10-2011, 14:51
ECCO RIPORTATO UN SUO INTERVENTO :
Come gia' indicato anche con qualche foto nella sezione SOGNI ho fatto il mio secondo viaggio in mauritania-senegal nel'agostol 2010 ed in quel momento la situazione era leggermente migliore di oggi anche alla luce del rapimento di stramieri di varie nazionalita'.Il primo viaggio nel 2001 e' stato di una difficolta' estrema soprattutto per chi viaggiava sena auto di appoggio.
A)Visto mauritano si puo' prenedere tranquillamente a rabat anche in giornata ed a miglior prezzo che in italia,io ho tra laltro riscontrato di persona che si poteva prendere anche in dogana in quanto non trovandolo nel passaporto mi dissero di accomodarmi per regolarizzare la situazione.E' ovvio che una robusta conoscenza del francese e' molto piu' inportante di molte cose in africa occidentale.Carnet non necessario perche' annotano su un foglio a parte i dati del mezzo con impegno d'onore a non rivenderla.per il senegal niente visto ne' carnet anche se mi hanno contestato la mancanza di quest'ultimo sanata con un portachiavi del Milan e 10 euro.
B)fermi restando gli innumerevoli controlli da tarfaya a dahla circa 20 dove vi chiederanno sempre le solite menate nel sahara ex spagnolo restando sulla litoranea non ci sono problemi io ho provato ad andare all'interno da Layoune a Geltat zemmour ma all'altezza di Boukra mi hanno fatto tornare indietro di forza perche' a loro avviso c'erano attacchi del polisario in corso nella zona....L'unico reale problema susssiste nel caso di tempeste marine perche' il fortissimo vento fa viaggiare inclinati per km e km.confermo temperature intorno ai 50 g.altro grande problema la carenza di benzina poiche' spesso sono provvisti solo di gasolio ,percio' c'e' assoluta necessita' di taniche supplementari.arrivati a dahla fino allo scorso anno si viaggiava senza convoglio fino al confine,la strada e quasi tutta nell'interno con rischio serio di tempeste di sabbia.dahla e' un posto stupendo anche per gli stupendi plateau vicini al mare,il problema e' che essendo una zona molto umida il rischio di sfondare e' alto,e comunque e' l'ultimo posto dove si mangia decentemente.Il problema del convoglio e' serio perche' se e'come il 2001 parte a giorni alternati.c'e' una bolgia infernale alla partenza e dovrebbe impiegare 2 giorni pieni per arriavare anche perche' i mezzi sono variegati ,si passa dalle fuoriserie rubate in europa a della carrette con 5 persone a bordo e 10 ql di materiale sul tetto
C) l'uscita dal marocco deve avvenire entro sera perche' di notte e' chiusa,tra le 2 frontiere c'e' una zona di nessuno dove si e' soli con le proprie forze.Sono circa 3/4 km di zona off road non segnalata,se possibile seguite qualcuno che vi precede altrimenti buttarsi subito sulla sinistra e vedere dove sono i relitti di vecchie auto.L'ingresso mauritano e' molto variopinto ma sostanzialmente corretto a parte qualche leggera regalia che e' sempre meglio fare,se esagerano irrigiditevi perche ad un turista europeo piu' di tanto non possono fare ,anche se stare 3/4 ore a 50 g. fermo non e' ilmassimo.per il cambio cambiate poco ma un minimo di sicuro perche' fino a Nouadibhou non trovate ,ovviamente nel corso del viaggio troverete cambi migliori dappertutto senza andare in banca,il famigerato controllo del denaro che feci nel 2001 non viene piu' fatto.
D) Nouadhibou e' una citta' dove si trova un po' di tutto ed il viaggio per la capitale e con una nuova strada che si sta sgretolando con le temperature terribili continue,anche in questo caso occhio al carburante.Nel 2001 arrivai a Nouackott sulla riva del mare viaggiando con la bassa marea ed impiegai circa 2 giorni e mezzo ma fui agevolato perche' caricai il bagaglio in un furgoncino di tagliagole liberiani che con me furono corretti, al ritorno feci la via del deserto e le bestemmie che tirai sono ancora nell'aria.Se oggi come ho sentito c'e' necessita' di scorta i tempi non riesco a prevederli,in condizioni di liberta' e' un percorso che io ho fatto in un giorno
E)la capitale e' da utilizzare per eventuali visti per l'africa nera ed al limite per riparazioni di vario tipo,c'e' un quartiere popolare pieno di artigiani dalle capacita' incredibili,io ho fatto risaldare il portapacchi che purtroppo mi ha quasi abbandonato del tutto in senegal.Io sono partito per l'interno e fino ad atar non ci sono problemi,li ho scaricato la moto in un albergo pieno di pulci e ho fatto fuoripista su terreno duro fino a chinguetti che e' diventato un posto turistico del cazzo,ben diverso dal mio primo viaggio,turisti con viaggi organizzati arrivano a frotte al punto che non vedi l'ora di scappare.Ritornato alla capitale mi dirigo verso il senegal velocemente,sconsiglio assolutamente rosso ma dirigersi verso Keur massene ed entrare in Senegal attraverso la diga,essendo un posto fuori mano da raggiungere dalla moltitudine di africani spesso a piedi o con mezzi di fortuna le possibilita' di passarlo velocemente sono molte anche se la polizia senegalese e' quanto di peggio si possa trovare.la strada da rosso e segnata regolrmente ma spesso e' non asfaltata e in periodo di pioggia i canyon che si formano sono oceani....io ho avuto fortuna perche' il 2009 fu eccezionalmente secco ma tenere presente che di questi periodi il rischio di bloccarsi per giorni non e' raro .
E)io purtroppo sono stato mollato completamente dal portapacchi e mi sono dovuto fermare a Saint Louis dove ho aspettato fino a trovare un camper di olandesi settantenni che mi ha ricaricato il bagaglio fino a Nouackott dove sono tornato adl vecchio fabbro che me lo ha rimesso in sesto alla meglio.Mancava poco per dakar ma non si puo' avere tutto,il senegal e' il piu' brutto dei paesi africani visitati,continua richiesta di soldi dalla polizia,molte persone europeizzate nel senso peggiore del termine...comunque fondamentalmente grossi problemi non ce ne sono...
F)a livello medico serve la vaccinazione per la febbre gialla ,per la malaria ho utilizzato il lariam che e' pur sempre quello con minori effeti collaterali,quanto al resto si devono seguire le normali regole comuni per un europeo nei paesi africani,ovviamente consiglio una polizza tipo elvia.....
G)per la moto consiglio una gomma enduro non estrema,io ambedue le volte ho viaggiato con le tassellate perche' ho fatto spesso del fuoristrada ,diversamente non lo consiglio.....naturalmente camere d'aria di scorta e buona volonta' non devono mancare,come gia' scritto si arriva oramai a dakar in camper percio' non mi spaventerei troppo.
Io sto valutando un viaggio in liberia,Sierra Leone eGuinea nell'estate 2011 anche se i rischi di piogge torrenziali e strade bloccate in quel periodo sono reali.Puo' darsi dunque che un po' di strada insieme si possa fare.
a disposizione per tutti i chiarimenti auguro agli amici teneristi di portare a compimento il loro sogno perche ' come dico sempre"I GRANDI SOGNATORI NON DORMONO MAI"
FOURXT
Dai un'occhiata anche su sahara.it
Aggiornato e pieno di gente esperta.
indianlopa
04-10-2011, 21:19
scrissi qualcosa ...http://www.quellidellelica.com/vbforum/showthread.php?t=103378 ma dakar la eviterei come la peste....ma sono mie considerazioni, ho raggiunto cape town in moto e le grandi città africane .....se posso le evito.
Il Conte 76
05-10-2011, 11:39
Che invidia.......
Boxer Born
05-10-2011, 16:16
Ha Ha Ha, Indianlopa... " scrissi qualcosa"...:lol:
Quello che hai scritto è un'opera d'arte per noi motociclisti, è quella cosa che tutti noi,
prima o poi, speriamo di intraprendere e che purtroppo a pochi è dato di fare.
Ho divorato tutto il tuo "qualcosa" fino a notte fonda e devo dire che alcune mie sicurezze ora vacillano un pò ma è proprio quello che cercavo aprendo questa discussione: Qualcuno che mi toglie dal mondo incantato dei viaggi per parlarmi di cose concrete.
Grazie tante Lapo e se ti và, mandami in MP il n° cell....
avrò tante cose da chiederti. Ripeto, solo se ti và altrimenti, capirò.
indianlopa
05-10-2011, 19:39
non c'è problema x il tel 329 2282258 ma sono su in olanda se hai bisogno scrivi qui che la sera o la mattina presto ti rispondo...c'è anche un altro trd in cui parlavo insieme ad altri di viaggiare in africa occidentale poi degenerò....ora lo cerco e grazie x i complimenti ....
indianlopa
05-10-2011, 19:47
http://www.quellidellelica.com/vbforum/showthread.php?t=137090&highlight=indianlopa&langid=1
eccolo ...fai una cosa tirali su tutti e due che ogni tanto tornan comodi ....
yankee66
06-10-2011, 11:31
scrissi qualcosa ...http://www.quellidellelica.com/vbforum/showthread.php?t=103378
Letto tutto ieri sera/notte tutto d'un fiato!! Non sapevo della sua esistenza...
Solo due parole: COMPLIMENTI e GRAZIE! :D:!::!::!:
Marcello Carucci
06-10-2011, 20:38
Ciao io ci sono stato nel 2005 , puoi leggere il mio diario di viaggio e vedere alcune foto
Se hai bisogno di consigli puoi contattarmi o sul forum o privatamente a info@marcellocarucci.it , come meglio credi
Tanto per comunicarti ti sconsiglio di entrare dal confine Rosso troppo caotico , vi verranno civili e militari come sciacalli prendendovi il passaporto e chiedendo soldi ....e già lo stress aumenta ..Poi vi consiglio a seguito taniche per la benzina in Mauritania non si trova l'ultimo posto è in Marocco a Dakla e poi ci sarebbero da dire tante cose
Ricordate di proteggere il blocchetto di accensione io avevo messo una bottiglietta di plastica , la sabbia entra dappertutto , proteggete anche macchine fotografiche , se volete potete anche chiamarmi i contatti li trovate sul sito
Dakar grande esperienza per un viaggiatore
ciao
Marcello Carucci
06-10-2011, 20:46
Ho letto più cose sul conto di Dakar , armatevi di coraggio e partite anche a me mi prendevono per folle e l'ho fatta con una hayabusa nel mese di agosto , segnava 60 gradi al suolo
Precauzioni, preparazione e via ricordatevi carnet de passage , quindi fare una fideiussione, vaccinazione obbligatoria febbre gialla , tanta preparazione fisica e psichica con spirito di adattamento , la polizia l'ho trovata splendida a differenza di quello che leggo e un poliziotto mi ha aiutato per 2 giorni a trovare una gomma comunque leggete il mio diario e le foto e per eventuali consigli scriveteeeeeeeeeeeeeeee
indianlopa
06-10-2011, 21:41
Marcello con tutto il rispetto il carnet non serve. Sono arrivato ad abdjian come a lome, come in benin ......senza. Non confondiamo le idee.
Boxer Born
06-10-2011, 22:40
Grazie Marcello, i tuoi diari di viaggio sono molto interessanti; anche tu non scherzi!!
@ indianlopa : Grazie per avermi confermato che le carnet du passage il n'est pas
nécessaire.
Parliamo un pò di Profilassi? Che serve ?
Bene,proprio stamane abbiamo deciso di farlo nel periodo natalizio.
Noi siamo una moto, in 2.
Se qualcuno è interessato ad andare a fare tangeri-dakar in quel periodo sarei interessato a far il viaggio con al massimo altre 2 moto oltre alla mia.
Nel fine settimana ci leggeremo racconti vari, cercheremo cartine e ci faremo un itinerario di massima.
alessandrobacci
18-10-2011, 16:49
io rimango a disposizione per eventuali info, tutti i miei contatti sono sul sito
stamani un amico che sta girando in mauritania mi ha mandato un sms, il benzinaio tra Nouadhibou e Nouakchott effettua il pieno con il mio cappello da pompiere, inoltre dentro il bazar, dove troverete tutto il necessario per uno spuntino, ha una mia foto appesa come un santino.
in quella stazione di servizio abbiamo organizzato una partita di pallone, turisti contro locali. andate a nome mio avrete uno sconto :lol:
Le taniche per la benzina sono come il carnet, non servono a nulla
alessandrobacci
18-10-2011, 16:52
profilassi.......
io ho una pellaccia dura e qualche vaccino.
sconsiglio vivamente i medicinali antimalarici, vi fanno solamente star male, rischiate anche di dover smettere di prenderli, se non di rinunciare a guidare, gli effetti collaterali sono micidiali, più della zanzara..... io se mi ammalo di malaria mi curo.
Boxer Born
18-10-2011, 17:30
Si ale,
da più parti ho sentito dire la stessa cosa in riguardo al Malarone o all'altro medicinale del quale non ricordo il nome ma che ha effetti collaterali ancor più fastidiosi del primo.
Credo proprio che non esguirò la profilassi antimalarica come invece consigliata dal mio medico e mi chiedo: può essere utile una rete zanzariera? Considera che non dormirò nei campeggi ( purtroppo non piace a tutti ).
Sono già vaccinato per Epatite A / B, Febbre Gialla e Antitifica oltre ovviamente la normale Antitetanica in corso di validità; insomma da questo punto di vista penso di essere a posto.
Per quanto riguarda le lattine per carburante : me lo dici ora che le ho ordinate ?? :lol:
Trovate nel sito Nautiplus con dimensioni praticamente introvabili L 30X H 30 x P 7 cm
( ne ho prese due !!) ma davvero non servono?
Pensa che lo scorso anno, un mio amico in avvicinamento alla Mauritania è rimasto a secco a causa di un distributore senza "essence"; meglio averle, n'si sà mai!
Se mi dai più precisione circa il benzinaio tra Nouadhibou e Nouakchott, sarò felice di portargli i tuoi saluti; sarò da quelle parti circa la seconda metà di gennaio per poi proseguire fino in fondo al Senegal nella regione della Casamance, sempre che le condizioni di sicurezza lo permettano.
Se ti vengono in mente altre dritte come quella delle lattine... non dirmele!!! :lol: :lol: :lol:
A proposito: Imbuto con filtro ? Adittivo per ottani ?
Ciao Alebacci.
alessandrobacci
18-10-2011, 21:20
io mi sono trascinato le taniche piene fino in niger, rimanere a secco è quasi impossibile, tra distributori e locali che vendono bottiglie di benzina.
il benzinaio amico lo trovi sicuramente, il posto si chaima Gare du Nord, è famoso e frequentato da viaggiatori, moto,jeep,camper, autostoppisti, impossibile non vederlo, poi se non lo vedi e lo salti dovrai ricorrere alle tue taniche :lol: :lol: :lol:, visto che si tratta dell'unico tra le due città.
Io non ho filtrato mai nulla, mi porto dietro dei collant da donna, se non li usi al limite li puoi scambiare con delle donzelle :eek:
ti consiglio di procurarti un imbuto da carrozziere, quelli che usano per filtrare la vernice.
nessun additivo di ottani.
Boxer Born
18-10-2011, 22:13
...Io non ho filtrato mai nulla, mi porto dietro dei collant da donna, se non li usi al limite li puoi scambiare con delle donzelle :eek:...
Scusa Ale, non ho capito...
ma i collant li usi per la benzina o li indossi/scambi con le donzelle??? :lol: :lol: :lol:
Boxer Born
21-10-2011, 08:58
Ah, mi serve un'altra info molto importante:
Con il telefono, come siamo messi?
Qualcuno sà come comunicare a casa senza svenarsi con il roming?
In Marocco sò che non ci sono problemi ma per la Mauritania e il Senegal,
come funziona?
alessandrobacci
21-10-2011, 12:38
io ho comprato una schedina che funzionava in tutto il centro africa, internet compreso ;)
la stessa sim se la usavo qui in italia spendevo meno che con i nostri operatori, questo vuol dire se una compagnia africana è più conveniente delle nostre, che tra tim,vodafone,3,wind ci stanno prendendo per lo scarico.....
non metterti a cercare un centro telefonico basta che ti fermi e arrivano i venditori
indianlopa
21-10-2011, 17:27
Io compro sempre schede locali.....le vendono ovunque anche x la strada... Costan nulla ....
Boxer Born
05-11-2011, 00:31
I preparativi stanno andando avanti e la moto, stà venendo proprio bene, quasi non riconosco la mia vecchia Bessy; magari a lavoro finito posto qualche foto.
Anche la maggior parte dei documenti necessari sono pronti e ora ho bisogno di voi per un consiglio sull'assicurazione.
La cerco che oltre alla copertura personale che più o meno offrono tutti, mi garantisca il rimpatrio della moto (sgrat, sgrat! ) in caso di problemi.
Cosa mi consigliate?
indianlopa
05-11-2011, 09:56
Cerca ivana dotti o fuorirotta su google, è la persona giusta, ha un ag di viaggi ma è la + esperta x africa. Digli che te l ho detto io (lapo) buon viaggio , io giovedi parto x il kenya e starò giu un paio di mesi.....
Boxer Born
05-11-2011, 14:34
Grazie Lapo,
lunedì proverò senzaltro a contattarli.
Kenia...ma vai per lavoro o per turismo? ( ...un paio di mesi...!!! )
Se ti riesce cerca di postare qualche immagine così che il tempo che mi separa dalla mia partenza sia più interessante e piacevole.
Grazie per la dritta e...Buona Strada
un up per il BB che non sta nella pelle... mi raccomando la digitale e le batterie cariche nnnsisamai
sergio escape
17-12-2011, 18:39
io mi sono trascinato le taniche piene fino in niger, rimanere a secco è quasi impossibile, tra distributori e locali che vendono bottiglie di benzina.
.
Anch'io lo stesso fino in asia centrale, mai usate. Dakar è la meta a cui stiamo pensando per il prossimo " Escape 5" andremo in maggio ancora non abbiamo programmato. Aspetto il vostro rientro per le info importantissime. in bocca al lupo se
Boxer Born
17-12-2011, 21:01
Grazie a tutti,
Fino all'ultimo accetto consigli e indicazioni da chi ci è stato e non.
@ pv1200
Questa sarà l'occasione per provare la mia nuovissima Drift HD
Evita la dogana di Rosso e prendi la pista per Djema.
@Boxer Born....in bocchissima al lupo........vi seguo... con il cuore !!
Boxer Born
17-12-2011, 22:42
@ Moretto
Crepi il lupo,
La tua partenza è molto vicina; voi siete pronti? La Tunisia è stupenda, io non vedo l'ora di tornarci! Si stà ragionando su una bella iniziativa con ruote tassellate per la Tunisia...
Ancora è prematuro parlarne ma, vi assicuro, ci sarà da smaialare e soprattutto da divertirsi. Appena avrò notizie + certe, vi dirò.
si...si...quasi tutto pronto...beh diciamo che i preparativi per la Tunisia sono un pochino....più semplici dei tuoi :)
PS: sei di Fano!!...porca zozza...col bel tempo un caffè ce lo prendiamo ;)
Boxer Born
17-12-2011, 23:20
Puoi contarci moretto!!
Cosi ci scambieremo le impressioni dei nostri fantastici viaggi...
Magari davanti ad un bel piatto di spaghetti allo scoglio.
Buon viaggio B B io se riesco vado a Dakar in Aprile con il mitico Ciocio Cavallo, anzi chi si vuole aggregare è ben accetto;)
PS in pvt chi volesse spedisco il programma
barbablu
20-12-2011, 08:24
zagor mi invii il programma magari ad aprile ci posso fare un pensierino
SingleMax GS
20-12-2011, 08:48
con il mitico Ciocio Cavallo............AHAHAHAHAHAH...
SICURO DI QUESTO?????????????
ciao e se vai, Buon Viaggio!
Marcello Carucci
20-12-2011, 22:47
Quando andai io serviva il carnet ..., per qualunque consiglio potete contattarmi
www.marcellocarucci.it
facebook Marcello Carucci
Buon viaggio
indianlopa
21-12-2011, 05:37
Marcello ....dal 1998 non serve più. ed anche prima era possibile fare come in mauritania .....un permesso in dogana.....valevole un paio di mesi , ma all epoca con una bottiglia di whisky e qualche medicina ...si passava che era un piacere...
?????????:confused:
con il mitico Ciocio Cavallo............AHAHAHAHAHAH...
SICURO DI QUESTO?????????????
ciao e se vai, Buon Viaggio!
Boxer Born
26-12-2011, 20:03
Il 24 è partito fagot, oggi il conto al rovescio del nostro amico moretto, che stà navigando verso la Tunisia, è terminato e auguro ad entrambi tanto bel divertimento.
Ora, in modo ufficiale, faccio partire il mio count-down e quindi dico :
- 11 !!
Alla fine andate??che spettacolo! Io andrò in Tunisia, perché non ho trovato nessun compagno di viaggio per andare a Dakar :(
Boxer Born
27-12-2011, 18:50
Si lolly,
partirò il 7 come da programma. Mi dispiace che non hai trovato nessuno da aggregarti; potevi farlo con noi. Comunque sono contento che vai in Tunisia: è stupenda!
Io ora posso senzaltro dire :
- 10 !!
samarcanda
27-12-2011, 19:08
grande Boxer fatti onore per tutti noi che rimaniamo a casa con una sana invidia per il vs stupendo viaggio, in bocca al lupo e divertitevi :D
Boxer Born
28-12-2011, 16:42
Heilà Giuliano !!
Te l'avevo detto che avrei portato le nostre alu a Dakar!
Ora ho solo un problema: Il tempo che non passa mai!!!!!!
Questi giorni stò anche provando a lavorare ma non ci sono con la testa così, non combino niente di buono. La moto è praticamente pronta e oggi, nella frustrazione dell'attesa, ho montato sul manubrio un accumulatore a celle solari....
Adesso, più che pronta per il viaggio, mi sembra attrezzata per lo sbarco su Marte :lol::lol:
- 9
max800gs
28-12-2011, 21:50
Hola , boxer non ti dimenticare il fornellino a gas , se no il caffe te lo scordi , come si chiamava ( chiamavano erano 2)il robottino che e' andato su marte , Spirit mi sembra e' ora che ribattezzi la giallona , invece di vecchia bessie , spirit .... tra poco -8 .
auguroni
Boxer Born
29-12-2011, 18:02
Hei Max, vecchia baldr.h, che piacere trovarti quà!
Forse ti è sfuggito ma recentemente la mia Vecchia Bessy ha cambiato nome; ora si chiama Tigre e, tu che l'hai vista, sai che c'ha il suo perchè. Per quanto riguarda Spirit, mi è giunta proprio per l'occasione di questo viaggio, una bottiglia di "Acqua Santa" direttamente dal Kosovo... Ti ricordi in Tunisia?
Grazie per avermi ricordato del fornelletto del caffè; quasi me lo stavo dimenticando.
Tu invece non dimenticarti di venirmi a salutare il giorno della partenza...:lol: :lol:
- 8 !!
samarcanda
30-12-2011, 09:38
meno sette BOXER dai che fra poco ammazzi tutte le :arrow::arrow:
Boxer Born
30-12-2011, 17:12
Ciao samarcanda,
spero che sia come dici tu, altrimenti saranno le scimmie ad ammazzare me...
Già non riesco più a dormire!!!
Ho appena finito di sottoscrivere la polizza assicurativa sanitaria alla Columbus Direct;
pacchetto standard molto completo a 47 €: non male.
Ho stampato 50 copie della "Fiches de passage" e spero che bastino! Da ultime notizie di chi è passato da quelle parti il mese di novembre, c'è stato qualcuno che ne ha consumate 52!!! Ci sono un sacco di controlli e spero che non ci creino problemi anche se sò già che ci faranno perdere un sacco di tempo.
Mi rimane quindi il bollo del passaporto dopo di chè, con i documenti, sono a posto.
MENO SETTE !!
Boxer Born
31-12-2011, 13:49
Colgo l'occasione di fare i miei migliori auguri di Buon Anno a tutti i sognatori, a tutti quelli che la strada più bella era 2 km più in là da dove sono dovuti tornati indietro,
a tutti quelli che per buona parte dell'anno pensano al prossimo viaggio e che hanno un brivido ricordando quello appena compiuto, a tutti quelli che la moto fà rima con libertà e che grazie alla moto e ai viaggi, hanno una visione completamente diversa della vita.
Un pensiero particolare và oggi al nostro amico moretto che come forse saprete, ha dovuto interrompere il suo viaggio in Tunisia; riresco appena ad immaginare la sua delusione e stò male per lui. Forza moretto in fondo è andata bene e per fortuna c'era l'amico Brag con te; che il 2012 ti sia di buon auspicio per la possima partenza perchè se a volte il corpo stà fermo, la mente viaggia... sempre.
Infine un caldo augurio di Buona Vita a tutti gli amici del forum e a quelli che condividono con me, in questo thread, l'emozione degli ultimi giorni dalla mia partenza.
BUON ANNO A TUTTI !!!
- SEI -
samarcanda
31-12-2011, 14:56
tantissimi auguri anche a te Robert e direi che nel tuo caso il 2012 non può iniziare meglio di così :eek:
Boxer Born
01-01-2012, 18:49
Domani iniziano i preparativi veri e propri.
In questi ultimi mesi, ho accatastato dentro un armadio tutto quello che mi serviva in questo viaggio e adesso, devo tirare fuori il tutto e cominciare a organizzarmi per dividere e caricare in base all'esigenza. Attrezzatura varia, medicinali, pronto soccorso,
utilità e amennicoli elettronici vari con la loro selva di cavetti e caricatori vari, cominciare a ragionare su quale abbigliamento portare e non da ultimo un pò di scorte alimentari per i primi giorni che dovremo passare in nave (per esperienza sò che tre cene e due pranzi nelle mense navali sono deleterie). Ora come ora ho una gran confusione in testa quindi ho deciso che domani darò una lavata alla moto e così comincerò a mettere le cose in fila. Per me il viaggio inizia già da domani...
- 5 !!
Scusa, volevo chiederti ma torni indietro in moto o la spedisci?
Boxer Born
02-01-2012, 22:38
@ ZAGOR
Andata e ritorno rigorosamente in moto; non riesco ad immaginarmelo diversamente un viaggio del genere. Ho letto e sentito di gente che arrivata alla meta è ritornata in aereo...Non lo sò... non che sia sbagliato ma...mi sembra troppo facile; in fondo i kilometri non sono così tanti e poi ne faccio più una ragione di rispetto verso una terra cosi aspra e dura e diversamente, mi sembrerebbe di non essere riuscito in qualche modo a dominarla, non avrei messo alla prova me stesso fino in fondo e soprattutto potrei un giorno avere il rammarico di pensare di non aver compiuto pienamente questa avventura.
Ad esempio, tra i viaggi che devo assolutamente fare, c'è il centro/sud America e la Namibia/Sud Africa e allora, in questi tipi di viaggio, trovo che il rientro (ma in questi 2 casi anche l'andata) sia necessariamente da fare con l'ausilio del container e dell'aereo anche perchè non ho a disposizione 3 mesi di tempo per attraversare quei territori sterminati! Poi tutto dipende dalle persone e sò che spesso chi sceglie di fare solo l'andata, non è certo un mollaccione.
Oggi, dopo aver lavato la moto, mi sono dedicato al carico dell'attrezzatura d'emergenza e altre utilità da viaggio. E' incredibile quanto materiale si possa stipare dentro la valigetta porta-attrezzi della Gs Emotion ma spero solo di non doverla aprire mai; ho fatto il gioco del Tetris per almeno mezz'ora. :lol:
Ho pensato bene di fare il doppio fondo alla allu di sinistra perchè, da fumatore (purtroppo) non riesco a fare a meno delle mie maledette bionde e non vorrei doverle dare in beneficenza ogni volta che la milizia o la police ci fermerà e state certi che lo faranno spesso in quanto faremo per lo più asfalto et similia quindi, ho messo al riparo le mie tre stecche di MS rosse e una buona bottiglietta di grappa Kosovara...
Che dite; protrebbero scambiarlo per contrabbando ?? :lol::lol:
- 4!!
:D :D :D
evvaiii ! ! !
e mi raccomando se ti è possibile aggiornaci!!
un grandissimo " in bocca al lupo"
Boxer Born
02-01-2012, 23:03
Huella moretto !!
Ho appena finito di rispondere nel tuo Thread!!!
Riguardo agli aggiornamenti non credo che sarà possibile in quanto ho già deciso da tempo di non portarmi dietro il pc per evitare la routine che mi distrarrebbe dai posti e dalle persone che incontrerò; voglio il più possibile passare un mese e vivere come loro, semplicemente.
Spero di poter comunicare con l'amico max800gs a cui lascio l'incombenza di continuare questa discussione fino al mio rientro e darvi così qualche notizia...
Boxer Born
04-01-2012, 01:22
Oggi mi sono occupato della farmacia da viaggio;
Tempo fà ho comperato da Touratech un kit di pronto soccorso di media grandezza e aprendolo, mi sono reso conto che è davvero molto completo: cerotti di ogni tipo e grandezza, alcuni non li avevo neanche mai visti come ad esempio quello per le nocche delle dita o un'altro in morbido gel per le vesciche ai piedi,
anche la dotazione di garze è completa e comprende anche quelle antiaderenti per le scottature e addirittura un bendaggio sospensorio per le braccia nonchè forbici , termometro, un mini bisturi, coperta alluminata e tanto altro ancora. Insomma un acquisto davvero soddisfacente ed è evidente che chi lo ha assemblato è un esperto viaggiatore. Per quanto riguarda i farmaci, il dottore della medicina del viaggiatore mi ha prescritto un antibiotico a largo spettro, un disinfettante intestinale, una pomata cortisonica, un antipiretico, un antidiarroico e dei sali minerali; tutto questo in caso di necessità. Come solitamente faccio un paio di giorni prima di partire, inizio a prendere una fiala al giorno di Enterogermina fino alla fine del viaggio e devo dire che non ho mai avuto problemi seri di scagazzamento.:lol:
Tutte le vaccinazioni del caso le ho fatte a tempo debito ma l'unica cosa che ho deciso di non fare è la profilassi antimalarica perchè, da come ho sentito dire, rende la vita assai difficile con i suoi effetti collaterali e, non dovendo risiedere in zona endemica per molto tempo, il consiglio dei più è stato quello di prendere le dovute precauzioni contro le punture di insetti; anche qui Touratech mi è stata di aiuto con il Deet, che sembra essere il miglior repellente per zanzare in commercio.
Domani dovrò disinfettare il Camel-bag e così, anche la parte "sanitaria" sarà conclusa.
Quella del disinfettare la sacca potrebbe sembrare una esagerazione ma, dopo che un mio compagno di viaggio si è preso una fastidiosissima infezione fungina per una proliferazione batterica nella camel-bag, ho imparato a non trascurare anche i dettagli.
Preparare un viaggio di questo tipo è più impegnativo di quanto si possa pensare ma aiuta a far scorrere in fretta gli ultimi giorni...
- 3 !!
Boxer Born
04-01-2012, 18:18
Tutto l'abbilgliamento necessario è steso sopra il tavolo della zona pranzo con buona pace di mia moglie che mi guarda storto per avergli messo a ferro e fuoco l'armadio alla ricerca di abiti estivi. :)
Adesso stò rivedendo il tutto ed entro domani, dovrò decidere come configurare il carico.
Oltre alle allu ho delle borse di diverse misure e devo capire quale sia quella migliore; ho una fissazione particolare per il carico perchè mi piace che tutto sia al suo posto e raggiungibile al momento giusto così, mi arrovello a pensare a tutte le possibili situazioni che si potrebbero presentare cambiando continuamente la sequenza di carico :-o
Alla fine però, sono sempre riuscito ad organizzarmi bene e non è mai successo di dover stravolgere tutto durante il viaggio; soprattutto in situazioni critiche tipo doganieri troppo zelanti!
Domani, mi occuperò della cambusa e qui, spero che qualcuno di voi mi dia qualche buona idea. La situazione è questa: 3 cene, 2 pranzi, 3 colazioni.
Lo spazio a disposizione è poco. Voi come vi organizzereste?
- 2 !!
Io ho comperato uno zainetto molto capiente che si ripiega come i vecchi Kway e diventa un 20 cm X 20 Cm in modo tale da portare la roba che traslochi momentaneamente dalla moto alla nave vedi : Beuty, mutande ecc.. e poi riponi di nuovo nelle borse e lo zainetto richiuso sta ovunque ;)
Una tecnica che ho adottato da un mio caro amico ... non ridere ma è le mutande e le calze a strappo, in pratica compero calze di spugna e mutande nei discount a buon prezzo, e la sera le getto via :lol:
Sembrera' una cazzata ma ogni giorno alleggerisci il carico e non devi portare dietro roba sporca per poi lavare, se vuoi puoi adottare lo stesso con le vecchie T-shirt che hai nell'armadio, e poi non portarne molte che tanto le compri per strada imho
:cool:
...anche io ho fatto come Zagor quest'estate...calzini da 2,50€ x 3 paia e slip da 1,99....e al mattino , dopo la doccia li buttavo!!
@Boxer Born... io prenderei quei grossi sandwich, già preparati e imbustati sotto vuoto...così non devi impazzire, occupano poco e sono igenici. Io li trovo al supermercato tra le piadine ed i formaggi.Oppure te li prepari e te li fai mettere sottovuoto.
Io quando faccio un viaggio con molta strada e tanto tempo, ovunque vado in visita, cerco sempre di lasciare la moto leggera e libera quanto possibile da ogni cosa, nella borsa al serbatoio la D300 e relative ottiche dunque inseparabili da me!
Poi bisogna pensare che al ritorno ad esempio passando in Marocco è indispensabile tornare a casa con almeno qualche sacchetto di Zafferano piuttosto che una tela acquistata in Senegal o chissache' ti hanno voluto vendere per strada e sara' il piu' bel ricordo che ti rimarra' impresse in casa!!!
Se riesci vai a visitare le oasi in Mauritania di Chinguetti e Ouadane dicono siano uno spettacolo, tanto il tempo ce l'hai ;)
Lampsss
Boxer Born
05-01-2012, 22:26
Grazie ragazzi, i vostri consigli sono stati preziosi.
Così anche la cambusa è pronta ma per quanto ho cercato di contenere il volume, non sono riuscito a ridurlo a meno di uno zaino: Un pane pugliese 850gr, 4 confezioni sotto-vuoto di affettati, un salamino, un barattolo di cetrioli sotto aceto, un barattolo di Nutella, 8 confezioni mono-uso di marmellata, 8 brick da 1/2 lt di vino rosso, 6 bottigliette da 1/2 lt di acqua, 2 barattoli di caffè con relativo fornello e bomboletta, l'immancabile bottiglia di grappa, mezzo rotolo di scottex e la scatolina con le posate.
Ha, dimenticavo; un sasso porta fortuna trovato al mare e regalatomi per l'occasione da mio figlio! ( ci mancava solo quello! :wink:)
Insomma uno zaino bello tondo e pesante...Per fortuna che ho una Ortlieb da 90 lt nel quale ho già caricato del materiale didattico e vestiti per bambini da portare giù.
Domani finirò di caricare tutto il resto ma il nervosismo comincia a farsi sentire perchè queste ultime due settimane sono state davvero snervanti e se potessi, partirei anche in questo istante.
Ancora un giorno di "agonia"....
- 1 !!
Boxer Born
06-01-2012, 20:25
Oggi giornata tranquilla passata con la famiglia e qualche amico; siamo stati talmente bene che sono addirittura riuscito, per qualche momento, a non pensare al viaggio.
In questo momento un velo di tristezza mi assale al pensiero di lasciare la mia famiglia ma, la storia deve fare il suo corso ed io mi sento pronto.
La mia testa è piena di interrogativi e di aspettative per questo lungo viaggio e ogni tanto mi balenano in mente paesaggi, visi e profumi dei precedenti e l'emozione torna a far battere forte il cuore. Devo ancora finire di completare il carico e mi conosco; non avrò terminato fino a notte inoltrata.
Le previsioni del tempo dicono che domani ci sarà una bellissima giornata e questo è di buon auspicio per affrontare la prima tappa: Coast to coast Fano-Livorno.
Purtroppo il meteo del mare non dà notizie altrettanto confortanti in quanto sono previsti mari molto ma molto grossi a causa di quella casso di perturbazione che i giorni scorsi ha spazzato le coste dell'Inghilterra e del nord Europa. Insomma si ballerà parecchio e mi immagino già le litigate che dovrò fare per legare la moto come dico io sulla nave dove di solito ti danno un paio di insulse cordicelle... IO LA VOGLIO ANCORATA AL PAVIMENTO.
La nave è stracolma e sembra che non ci sia libero neanche una poltrona ma per fortuna, ho prenotato una cuccetta con l'oblò e se l'aria diventa troppo malsana mi rintanerò nel mio nido a leggere un libro.
Ora finisco i preparativi chè il tempo rimasto è terminato....
- 0 !!
samarcanda
06-01-2012, 21:11
invece del solito in bocca la lupo ti dico IN CULO ALLA BALENA :lol::lol:
sarà sicuramente un bellissimo viaggio :D
barbablu
07-01-2012, 18:21
ragazzi vi seguo con tanta invidia :(
In bocca al lupo e ci risentiamo al rientro
seguo con interesse anche perche' sono di Orciano . ciao ciao
..... nessuna notizia?????
...behhh...la polizia marocchina non dovrebbe incasinarli più di tanto...la Mauritania, quella è tosta!!! OTTIMO...QUINDI TUTTO OK.. tra poco entrano nel Sahara occidentale...
alvaruccio
14-01-2012, 21:48
anche per me, tanta tanta ividia e vogli adi esserci!!!!
semmai, quando tornate e avrete smaltito il viaggio sarei felice di avere un pò di info, non solo sui posti ma anche organizzative (es. costi).
buona strada a chi parte.
Boxer Born
15-01-2012, 00:40
Eccomi quà,
finalmente sono riuscito a trovare una connessione.
Questa sera, dopo tanta strada e tanto caldo, siamo finalmente arrivati a Nauodhibou; città situata subito dopo il confine e appena arrivati mi è sembrato di entrare in un girone dantesco; il traffico è caotico e sembra che tutti i vecchi Mercedes 190 della terra siano stati portati in questo posto e molte di queste sfidano qualsiasi legge fisica e meccanica. Il primo approccio con la Mauritania non è stato dei più semplici; la polizia è piuttosto sbrigativa e scontrosa ma il difficile é stato tenere a bada nugoli di "aiutanti" che si offrivano ovviamente a pagamento, per la qualsiasi. Cosi mi sono fatto una bella sudata anche perché la temperatura stà a 34 gradi e affrontare la "terra di nessuno" è stato abbastanza facile. Domani proseguiremo per la capitale e i prossimi giorni saremo a Chinguetti a visitare le oasi di montagna.
I giorni passati in Marocco sono stati stupendi e Marrakhes di sera alla Grand Place è difficilmente descrivibile con la sua moltitudine di persone, di spettacoli, di cose da vedere e da mangiare, i suoi mendicanti e truffatori, i turisti da tutte le parti del mondo...
Insomma un crogiuolo di umanità varia che ti fà pensare che fino ad ora, del mondo non hai visto e capito proprio nulla.
Dopo esserci fermati a Guelmin, dove dovevamo consegnare del materiale didattico e dell'abbigliamento per bambini, ci siamo diretti a Dhakla; altra perla del Marocco con le sue spiagge di sabbia bianca e il pittoresco porto dei pescatori. Pensate che ho incontrato anche parecchi italiani con il camper; per lo piu' pensionati che passano qui' l'inverno a 29/30 gradi fissi e con quello che risparmiano di metano a casa, si fanno qualche mese quà e chiamali scemi.
Per quello che riguarda il mangiare non ci sono problemi: si mangia benissimo e trà una arrostita, un Tajine, e pesce di tutti i tipi penso di essere ingrassato di un kilo. Altro discorso é per il caffé ma si bevono dei thé alla menta alla loro maniera tradizionale che il caffé quasi te lo dimentichi. Qui, in Mauritania, la benza costa 0.76 e fare il pieno torna ad essere piacevole; le strade sono molto ben tenute e il livello qualitativo é quello delle nostre autostrade anche se ovviamente sono piu' strette. Il sogno continua ed é davvero bellissimo.....
:D
felici di leggerti
:D
il sito di viaggiare sicuri x la Mauritania non porta nessuna novità...se non le solite raccomandazioni !!
BUON PROSEGUIMENTO !! :!:
alessandrobacci
15-01-2012, 21:09
boxer, quando ti fermi a far benzina, alla gare du nord, sulla strada verso nouakchott, troverai il benzinaio con il mio cappello da pompiere, salutamelo!!!!!
siete dei grandi!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!fateci sapere.....belli i tuoi racconti ..bello bello bello tanta invidia!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
alvaruccio
22-01-2012, 11:05
miticooooooooooo!!!
max800gs
24-01-2012, 20:59
Finalmente il nostro amico boxer born si e' fatto vivo e riporto i suoi sms del 20.01 e del 21.01 ( i piu recenti).
Arrivato a nouatchott citta fuori di testa , siamo alla spiaggia a vedere i pescatori che tornano con i loro barconi pieni di enormi pesci questa meravigliosa vista ci ripaga della sabbia e polvere patita per arrivare fino a li , poi viaggio da Atara fino all 'oasi di chinguetti percorsa pista di terra rossa e pave' , mi sono sdraiato con il mio GS ma senza conseguenze di sorta tutto ha reto alla perfezione ..siamo in mezzo alla Mauritania .
Altra tappa del viaggio ...Fermi a st.louis siamo entrati in senegal dall rosso citta' infernale , esperienza molto difficile ma ne siamo usciti grazie anche ad un po di fortuna ,
max800gs
24-01-2012, 21:03
Sms del 21.01
Senegal
Siamo scesi sotto a mbour , adesso siamo in un picoolo villaggio Nianing che per un po sara' la nostra base , savana e paesaggio africano finalmente ci siamo lasciati alle spalle la polvere , Avvoltoi ed enormi Baobab ci ricordano che siamo in AFRICA .
Un saluto a tutti boxer born
...porca vacca.... che goduria leggerti!!!!
Una...sdraiata senza conseguenze ci sta!! Ma vedi che sia ...l'unica ;)
Baobab....avvoltoi....deserto..... CHE ROBA!!!
BUONA STRADA!!
max800gs
29-01-2012, 18:00
Brutta notizia oggi avuta da boxer born , una delle 3 bmw , per la precisione la gs1150 con quasi 200.000 km all'attivo e' KO , dovra essere lasciata a dhacla dove e' stata portata con un autocarro e distrutta per poterla smarcare dal passaporto , in quanto sia il trasporto fino a Tangeri o la riparazione supera il valore della moto .
Ora inizia il viaggio di ritorno ,
Gs1150 R.I.P
indianlopa
29-01-2012, 18:03
bah...io me la son portata da dhacla fino a tangeri sul pulman.
porca vacca.... :( .... i soliti imprevisti!!
Vabbè...comunque loro, gli umani, tutto ok?? Quello è importante!!
Max800gs...quando li senti digli che facciamo il tifo per un BUON RIENTRO!!
ma che guaio ha avuto il gs 1150
max800gs
30-01-2012, 17:46
FERMI TUTTI! boxer poche ore fa mi ha detto che non era il cambio rotto come pensavano ma il giunto cardanico della trasmissione finale , moto gia smontata a dachla e in attesa del ricambio che dovrebbe arrivare al piu presto per via aerea , come si dice dopo la sfortuna un po di fortuna ci vuole!!
in bocca al lupo ragazzi . the show must go on!! come diceva freddy ..
Alessio gs
30-01-2012, 18:52
Bene e l'avventura continua....ciao...
bene!!! :D
ci fa piacere.....ero un poco triste sapendo che un 1150 gs riposava in quelle terre sconsacrate.....dalla BMW chiaramente ehhehheee!! LAMPEGGIO!!!!
:D
...notizie?? Uhmmm...con questo tempo in Italia.....fateci sapere
max800gs
05-02-2012, 11:26
Le ultime notizie danno boxer Born ad algesiras in Spagna , visto che la mala suerte colpisce sempre due volte il tragh. Previsto da tangheri e stato annullato , penso che prenderanno il tragh. Per Livorno il giorno 7 in partenza da Barcellona .
Appena ho notizie fresche vi aggiorno , intanto godiamoci la neve c on il mio subaru
Lampss a tutti
yellowblu
06-02-2012, 23:28
spero che non si spaventino per 2 fiocchi di neve appena arrivati.........
max800gs
09-02-2012, 14:38
Bentornato Boxer , un uccellino ti ha visto rientrare stamane e mi ha mandato un msg .
Ci racconterai la tua esperienza vissuta spero , mettiti giu' e scrivi che vogliamo sapere del viaggio !!!
yellowblu
09-02-2012, 16:17
bentornato
...benissimoooo!!!! sei a casa....:D
infreddolito???? se aspettavi ancora per ritrovare casa avevi bisogno di un cane anti-valanga !!
Tutto bene?? Raccontaaaa....raccontaaaa!!!
Alessio gs
09-02-2012, 17:28
Adesso urge report...ciao...
alvaruccio
10-02-2012, 00:08
dall'Africa alla neve! :-o
aspettiamo il racconto.
complimenti! :!:
Boxer Born
10-02-2012, 15:48
Ciao a tutti !!!!
Ci sono riuscito, sono tornato... Ma chi l'avrebbe mai detto che mi sarei dovuto preoccupare più degli ultimi 350 km che dei precedenti 10mila???
Sbarco a Livorno, con 8 ore di ritardo, alle 3.20 del mattino e non essendoci assolutamente nulla nel porto in cui aspettare o ripararsi, decidiamo di partire visto che la temperatura non è cosi male come avevo sentito dire: 2/3 gradi. All'ingresso dell'autostrada ci dividiamo in quanto l'equipaggio di Spoleto prende verso sud ed io mi accingo a fare la Firenze/Bologna che dalle notizie in televisione sulla nave danno per libera. Mano mano che accumulo km il freddo si fà sempre più intenso così come il traffico di camion che, spinti dall'arrivo di una nuova e più cruenta perturbazione, cercano di superare l'appennino. La temperatura si stabilizza a -6° e sottili e sparsi strati di ghiaccio mi costringono a rallentare la mia andatura a 60 km/h e per un pò vado avanti così. A un certo punto i camion che mi sorpassano diventano veramente troppi e comincio a sentire un freddo bestiale che mi intorpidisce le braccia e la schiena; ad ogni sorpasso una sventata e le mie gomme sfinite tendono a scivolare....Guardo la strumentazione e... - 14°!!! ; una ventata mentre attraverso un viadotto nei pressi di Pian del Voglio mi fà sbandare paurosamente con conseguente suonar di trombe dei camionisti che sicuramente penseranno: ma dove casso và questo deficente?!
Ormai il freddo e il panico mi hanno fatto perdere la lucidità e commetto diversi altri errori di traiettoria quando per fortuna, riesco ad arrivare in un piccolo autogrill semi-sommerso dalla neve e con notevoli problemi di acqua e corrente. Il riscaldamento per fortuna funziona ancora e così decido di aspettare lì l'arrivo del giorno. Mi è andata bene.
Proseguo il viaggio a -8° fino a Cesena poi, gradualmente, la temperatura continua a salire fino ad arrivare a casa, sfinito e dopo innumerevoli soste per riscaldarmi.
Ancora sono un pò stravolto ma questo viaggio è stata un'avventura pazzesca che non saprei come raccontare; mi tornano in mente sorrisi, strette di mano e abbracci con sconosciuti che sono entrati per qualche istante nella mia vita e che difficilmente riuscirò a dimenticare, polvere e sudore, l'odore di spezie e quello dell'immondizia, i colori e la bellezza struggente dei tramonti, le miriadi di bambini vocianti e i pescatori in Senegal con le loro coloratissime barche, le dune e i colori della terra, la povertà estrema di certi posti che comunque non riesce a togliere il sorriso e la speranza delle persone che vi abitano, i momenti di stanchezza e di tensione per il fatto di dover prendere troppe decisioni in pochi istanti ma questa è l'Africa, e se si accetta e si cerca di capire le enormi e in qualche caso incolmabili differenze che ci dividono, questa ti entra nell'anima invitandoti ad entrare ancor più in profondità nel suo modo di essere e in breve, ti accorgi che se ti lasci andare abbandonando le paure e la diffidenza, tutto diventa facile e piacevole....
Alessio gs
10-02-2012, 23:21
welcome back to the jungle...compliments...ciao...
Boxer Born
11-02-2012, 11:28
La 3° moto è riuscita a ricevere, dopo varie peripezie, la trasmissione del Gs 1100 e così ieri mattina molto presto, è partito da Dahkla ed in serata è riuscito ad arrivare a Guelmin facendo un tappone di 960 km. Oggi starà certamente viaggiando verso Marrakhesc con l'intento di arrivare a Tanger Med entro domani per intercettare la GNV verso Genova; anche per lui prevedo un rientro molto complicato...
Ciao Boxer sono contento che sei rientrato a casa anche se con qlche imprevista difficoltà un grande bravo e congratulazioni vivissime da parte mia
samarcanda
11-02-2012, 19:15
bentornato Boxer e super complimenti per il vs viaggio :D
Ben Arrivato Boxer ,essendo di orciano spero di sentire i tuoi racconti davanti a una buona birra......naturalmente pago io
stratocaster
12-02-2012, 01:16
Bentornato Boxer! Viaggio epico. Dai, racconta...
Boxer Born
12-02-2012, 14:28
E' stato un viaggio così lungo e affascinante che non saprei da che parte cominciare.
La strada è davvero tanto lunga e ci sono stati dei giorni in cui il vento è stata una costante. Tirava così forte che la tappa percorsa all'andata che parte da Tam Tam Plage fino a Dhakla è stata davvero estenuante costringendoci per tutta la giornata a viaggare" in piega"; alla fine della giornata la parte anteriore sinistra delle nostre moto era praticamente sabbiata!! Ma poco male; in un viaggio del genere si devono mettere nel conto queste cose e non ci si deve deprimere per un graffio.
Le strade sono mooolto diritte ma in compenso sono in ottimo stato e la moto corre che è un piacere considerando anche il prezzo della benzina che attualmente stà a 0,73 €/lt.
A Dhakla il clima è stupendo: 32° di giorno e 16° di notte e questa situazione la si trova per tutto l'anno. Da queste parti il deserto del Sahara si tuffa direttamente nel mare e c'è un posto chiamato La Duna Blanca che toglie il fiato....
URL=http://imageshack.us/photo/my-images/263/africa2012351.jpg/]http://img263.imageshack.us/img263/9893/africa2012351.jpg[/URL]
http://img840.imageshack.us/img840/6161/africa2012353.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/840/africa2012353.jpg/)
http://img441.imageshack.us/img441/8458/africa2012365.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/441/africa2012365.jpg/)
http://img213.imageshack.us/img213/415/africa2012354.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/213/africa2012354.jpg/)
Boxer Born
12-02-2012, 19:39
Dalle tempeste di sabbia a quelle di neve il passo è stato breve,...anche troppo !!
Quì si sposta la neve, mentre laggiù spostano le dune che pigramente transitano noncuranti del fatto che lungo la loro traiettoria si trovino strade o villaggi; così capita di incontrare, in mezzo al nulla, qualcuno con un'enorme ruspa che "aiuta" la duna ad attraversare la strada e resterà li per diversi giorni fino a che non avrà finito il lavoro e qualcuno non venga a riprendere con un camion lui e la ruspa. L' ultima che mi ricordo di aver visto si trovava nel sahel Mauritano a 300 km dal primo posto abitato sia a nord che a sud dell'unica strada!! Quella gente è davvero eccezionale e riescono ad adattarsi alle situazioni più estreme restando isolati per giorni senza alcun problema; più di una volta ho visto gente passare la notte dormendo sotto il camion. La Mauritania è un paese estremamente povero e le grandi città come Nouadibou o la capitale Nouakchott, sono un agglomerato di baracche fatiscenti che tuttavia coprono estensioni superiori a 15 km quadrati con strade perennemente affollate da macchine scassate ( molto più di quanto si possa immaginare), animali che vagolano sulle strade e sui marciapiedi, persone a piedi intente a schivare animali morti, l'immondizia e la sabbia che si accumula ovunque e che nessuno mai raccoglie; ho visto asini e capre che brucano i sacchetti di plastica verde credendo che sia erba...In queste città, per quanto gli spazi circostanti siano immensi e il vento spiri quotidianamente con una certa forza, l'aria è praticamente irrespirabile e dopo un'ora in moto per spostarsi da una parte all'altra in mezzo al traffico infernale, ci si ferma quasi intossicati dallo smog che forma una cappa grigiastra capace di appannare anche il sole. Quì la desertificazione che avanza è davvero un problema e me ne sono reso conto guardando il continuo movimento di ruspe (anche di notte) per mantenere libera la pista dell'aeroporto nella capitale. Anche la famosa Chinguetti soffre di questo problema tanto che quella attuale è la terza città, la prima, quella antica, è già sepolta da secoli e la seconda è completamente abbandonata e diroccata ma molto bella da visitare. La gente di Chinguetti non se la passa tanto bene in quanto in questi ultimi 2 anni il flusso di turisti, per lo più francesi, si è interrotto. Arrivavano da Atar con l'aereo direttamente da Parigi, salivano su un pulman scassato, per un paio d'ore facevano acquisti di artigianato locale, passavano la notte e il giorno successivo, dopo pranzo se ne andavano...Così tutti i fine settimana. Questo tipo di turismo a letteralmente sputtanato questa piccola cittadina e la gente si era abituata a questo tanto che tutti vendono tutto e ora che il turismo non c'è più, muoiono letteralmente di fame. Peccato perchè questo sito ha una storia millenaria essendo da sempre il crocevia delle carovane provenienti dal Mali e da tutta la zona sub-Sahariana; per centinaia di anni lo scambio di merci e di culture differenti davano lustro e importanza a questo sito e lo dimostrano l'enorme quantità di libri antichissimi accatastati alla belle e meglio nella fatiscente biblioteca della città vecchia dove chiunque, nonostante il custode, può mettere le mani e non dubito che molte pagine riccamente scritte e decorate siano state trafugate proprio da quel turismo mordi e fuggi. Arrivare a Chinguetti non è facile anche se fino ad Atar la strada è asfaltata e ben tenuta; il problema sono le distanze. A un certo punto, circa 180 km da Atar siamo rimasti a corto di benzina e l'unico villaggio che abbiamo incontrato aveva il distributore con solo gasolio. Intanto intorno a noi si era radunata una piccola folla di persone curiose ma con facce poco raccomandabili ( in Africa la diffidenza è un problema ) e dopo un pò ho trovato un tipo che era disposto a portarmi da una persona che la vendeva di contrabbando; dovevo salire in macchina con lui...
Non avevamo scelta e preso coraggio, lascio gli amici e le moto disposte a triangolo per cercare di proteggerle dalle mani rapaci del nugolo di ragazzini che nel frattempo si era aggiunta alla piccola folla. Salgo sulla Mercedes 200 sfondata con la radio che canta versetti coranici (in verità molto belli) e la tensione alle stelle. In un dedalo di viuzze piene di buche e di immancabile immondizia, arriviamo davanti ad un muro alto con una porticina in ferro sgangherata; sono le 2 del pomeriggio, il sole picchia forte e l'abbigliamento da moto non aiuta...Entriamo....Dietro al muro c'è un piccolo spazio e la vista dei fusti rossi e gialli in un angolo mi rincuora non poco!!
Contratto per 20 litri di benzina e forse ho tirato un pò troppo sul prezzo tanto che il tipo smette di parlare lo stentato francese e inizia a parlare nel suo dialetto con fare sprezzante così decido di non provocare ulteriormente lui e la fortuna e pago i 20 litri con un'abbondante mancia; lui sorride e mi abbraccia augurandomi buon viaggio.
Ritorno al distributore dopo un a buona mezz'ora e i miei compagni mi accolgono con un sospiro di sollievo; si riparte....
...continua quando puoi.... leggere ed immaginare i luoghi che avete visto....le situazioni che avete vissuto.... è veramente emozionante. Aspetto con curiosità.
Ciao
Boxer Born
13-02-2012, 19:37
Dopo centinaia di km di piatta assoluta, avvicinandosi ad Atar il paesaggio inizia a cambiare; le dune si fanno sempre più alte e in lontananza si cominciano a vedere le prime alture rocciose e spero vivamente che la strada si inerpichi lassù.
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Dopo 3000 km di rettilinei ho proprio voglia di qualche curva ma nella calura pomeridiana mi sembra che più strada faccio e più le montagne si allontanano. Comunque arriviamo ad Atar e dopo aver riempito di nuovo i serbatoi e le taniche, chiediamo qualche informazione sulla pista che porta a Cinguettì. Parlando con un militare scopro che la pista è in buono stato e che la parte con i tornanti che sale sulla montagna per raggiungere l'altopiano è asfaltata; arrivati in cima ricomincia la pista che prosegue fino al Mali e oltre. Sono già le 5 del pomeriggio ed affrontare la pista è forse un pò azzardato con il rischio di percorrere l'ultimo tratto al buio ma, in ogni caso, decidiamo di proseguire. Appena finito il centro abitato di Atar, inizia la pista che è piuttosto larga ma molto polverosa e da quì si comincia anche a salire; non siamo molto avvezzi all'off-road percui andiamo piuttosto lentamente per assuefarci al nuovo tipo di fondo che a tratti è molto morbido e in altri la toule ondulee ci smonta la moto. I primi 25 km scorrono con un pò di tensione perchè le moto sono stracariche e le occasioni per cadere sono tante ma arriviamo di nuovo all'asfalto che ci porterà in cima all'altopiano. Qui il paesaggio è molto aspro con le sue rocce basaltiche e di porfido rosso scuro con le quali la natura si è divertita a conferire un'aspetto primordiale con quei picchi aguzzi e massi enormi che sembrano essere stati scagliati da forze inimmaginabili. Ci divertiamo un mondo sui tornanti e a un certo punto sembra di essere sul TA GA DA; dall'altopiano scendono una quindicina di piccoli ruscelli ora in secca e la strada non è provvista di ponti. Infatti si sale e si scende repentinamente dentro l'alveo dei ruscelli e più di una volta abbiamo staccato da terra le due ruote. Arriviamo in cima all'altopiano e ci fermiamo ad ammirare il panorama che con la luce radente del tramonto, diventa magico. Tutto intorno rocce e terra nera tagliate dalla pista di terra rossa come il fuoco, alla nostra sinistra sprofondano stretti canion e alla destra....l'infinito....
Riprendiamo la pista e questa volta, decido di andare più veloce per evitare che la toule ondulee mi smonti e effettivamente, tra gli 80 e i 90 sembra quasi di andare sulla strada a parte le repentine scodate e qualche imbardata dell'anteriore. Gli altri continuano con il passo consueto e così mi avvantaggio quel tanto che basta per godermi il tramonto in quel silenzio assoluto.
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max800gs
13-02-2012, 21:39
Bellissime robi , complimenti
Potresti mettere una foto dei serbatoi aggiuntivi ?
Qualche info ?
Grazie
Boxer Born
14-02-2012, 19:17
Ormai è buio completo e così accendo tutta la fanaleria che ho a disposizione ma, nonostante i faretti e lo xenon ( ottimo quello comperato dal nostro amico forumista rostafrobbi ), sono costretto a diminuire un pò la velocità soffrendo non poco le ondulazioni della pista. Continuiamo così per un'altra ora e ad un tratto vedo davanti a me una piccola salita che preannuncia l'ennesimo ouadi ma appena scavallo mi accordo che in fondo, a causa di un'enorme masso la pista si restringe e fà una esse....Panico; faccio la prima curva alla belle e meglio ma la seconda finisco con l'anteriore sulla terra morbida e prima che me ne rendessi conto stavo scivolando sulla schiena con la mano sinistra ancora attaccata al manubrio. Lascio la moto che continua a scivolare mentre io faccio un paio di giravolte sul fianco e mi fermo di fianco alla moto che borbotta, ancora accesa e con la marcia inserita. Nel polverone impenetrabile allungo la mano e spengo il motore; rimango ancora un pò sdraiato ansimante e arrabbiato con me stesso per non aver rallentato prima del dosso. Provo a muovermi ed è tutto ok, niente di rotto e nessun dolore particolare a parte qualche contusione e nel cielo vedo così tante stelle che sembra si possano prendere con la mano, inoltre sono tanto splendendi che ora capisco perchè tante persone del posto guidano nella notte a fari spenti: si vede molto meglio che con i loro fanali scassati. Sono in piedi davanti alla moto e con la forza della volontà la rimetto in piedi in pochi secondi e mi accingo a verificare i danni : nessun danno!! Le allu hanno fatto il loro dovere aiutate dai serbatoi supplementari anteriori che hanno retto egregiamente all'urto a 80 km/h... Questo sì che è stato un crash test per i miei Tank !!
Si è appena graffiato il Tank sinistro e il tubo paramotore; il manubrio non ha praticamente toccato terra. Rimetto in moto e torno indietro quel tanto che basta per avvisare del pericolo i miei compagni che dopo un paio di minuti mi raggiungono preoccupati per il fatto che in lontananza non si vedono ancora le luci di Cinguettì. Proseguiamo ed a un certo punto la pista fà una biforcazione; noi prendiamo a destra come consigliatoci dal militare ad Atar ma dopo altri 40 minuti di strada non vediamo ancora niente all'orizzonte e comincia ad insinuarsi il dubbio di aver sbagliato pista perchè secondo i calcoli e i Km percorsi, dovevamo essere arrivati ed infatti non eravamo così lontani solo che il villaggio si trova più in basso e lo si poteva vedere solo imboccando l'ultimo tratto in discesa di pochi chilometri. Arriviamo al villaggio alle 10.30 stremati e con gli occhi fuori dalla testa e cerchiamo un alloggio ma già diverse persone stanno litigando contendendosi la nostra presenza. In pochi minuti si accordano anche perchè stanchi di aspettare entriamo in un cortile sabbioso cinto da alte mura con sopra la scritta Auberge. Con la luce del giorno mi rendo conto di essere capitato in in posto bellissimo anche se polveroso e in stato di semi abbandono.
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Alla fine scopro anche che il posto è gestito da Riccardo (per chi frequenta Sahara.it è Ombra64 ) insieme a Ya-ya, un locale molto disponibile. Sono arrivati anche una coppia di milanesi con un pik-up; li avevamo conosciuti qualche giorno addietro ed è stato bello ritrovarci in un posto così sperduto. Passeremo quà un paio di giorni.
samarcanda
14-02-2012, 21:22
hai testato anche tu i tuoi allu laterali è :lol:
sono o non sono gagliardi ;)
ti leggo con molto interesse BOXER
Pipponi a due mani leggendo il tutto sono permessi?? AHHAHAAH
grandiosi!
le gomme sulla GS le ho anch'io e mi trovo bene... bagnato escluso
Boxer Born
15-02-2012, 15:24
A cena decidiamo di rimanere un giorno e due notti a Cinguettì, al ritorno passremo un'altra notte a Nouakchott per poi ripartire di buon ora verso il famigerato confine con il Senegal: Rosso...
Salendo sul tetto a terrazza del nostro alloggio, mi accordo che da un lato, fuori dalle mura c'è un cimitero con larte di pietra conficcate nella sabbia in modo piuttosto casuale; dall'altro la moltitudine di baracche dove nonostante l'alba sia arrivata da poco, si aggirano già numerose persone, capre, asini e qualche bambino che si stirano e sbadigliano infreddoliti e ancora sonnecchianti facendo pipì per strada. Sul lato rivolto a nord c'è una larga distesa sabbiosa creata da uno uadi e divide la "nuova" città da quella vecchia edificata diverse centinaia di anni fà ed ora abbandonata a causa dell'insabbiamento e dei crolli. Chiedo informazioni a un passante che mi informa della possibilità di eseguire un giro guidato nella città vecchia e inoltre, chiacchierando in attesa della colazione, mi racconta che lo scorso anno lo uadi si è notevolmente riempito di acqua a causa di anomali forti pioggie e lo straripamento a ridosso delle due città ha decimato il palmeto e si è portato dietro una bella fetta di cimitero che infatti ora confina con una scarpata sbreccata a ridosso dello uadi. Durante la colazione ci accordiamo con Ya-ya per il giro guidato e ci dice con orgoglio di essere anche il custode della biblioteca con testi antichissimi percui, usciamo dalle mura e ci incamminiamo a piedi sul letto sabbioso e asciutto dello uadi....
Il cimitero :
http://img849.imageshack.us/img849/2328/africa2012114.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/849/africa2012114.jpg/)
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Attraversiamo lo uadi in secca :
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Il cuore della città vecchia con il suo minareto; è l'unica cosa restaurata e ancora in funzione :
http://img15.imageshack.us/img15/73/africa2012122.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/15/africa2012122.jpg/)
La biblioteca con i suoi testi antichissimi :
http://img138.imageshack.us/img138/3011/africa2012126.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/138/africa2012126.jpg/)
http://img94.imageshack.us/img94/5924/africa2012129.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/94/africa2012129.jpg/)
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In queste tavolette i bambini scrivono e imparano il corano; dopo averlo scritto e letto diverse volte per memorizzarlo, la tavoletta viene lavata con un pò d'acqua che poi viene bevuta dall'alunno in modo che ciò che ha imparato, diventi parte di se stesso :
http://img85.imageshack.us/img85/2859/africa2012133.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/85/africa2012133.jpg/)
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Una delle tante stradine della "nuova" città :
http://img263.imageshack.us/img263/5498/africa2012147.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/263/africa2012147.jpg/)
http://img207.imageshack.us/img207/9498/africa2012148.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/207/africa2012148.jpg/)
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Al ritorno ci fermiamo a prendere un tè con Riccardo che ci conferma la situazione poco felice che questo villaggio sperduto stà vivendo. Il drastico calo del turismo a causa della primavera araba stà diventando pesante anche per lui e infatti, l'anno passato ha portato sulle piste soltanto quattro gruppi di 4x4. Un tempo proprio da quelle parti passava la Parigi-Dakar e la situazione era nettamente diversa; tra viveri, acqua e benzina tutti avevano di chè sopravvivere quasi per un anno ma questo, succedeva tanto, tanto tempo fà...
mi hai fatto venire voglia di partire
yellowblu
15-02-2012, 23:24
a chi lo dici.........tra lui e Fagot,partirei domani mattina
Altra puntataaa.......altra puntataaaa!!!!
Boxer Born
16-02-2012, 22:09
Come da programma lasciamo Cinguettì di buon mattino e rifare i 90 km di pista con la luce del mattino e riposati è davvero divertente tanto da non sapere se concentrarmi in una guida più sportiva con derapate o nell'ammirare il paesaggio di una bellezza commovente. La discesa dall'altopiano con i tornanti asfaltati, se in salita sembrano il Ta-Ga-Da, in discesa danno la sensazione delle montagne russe: prima c'è il vuoto d'aria e quando si è nel fondo dello uadi c'è la compressione pazzesca che manda a fine corsa la forcella e prima che questa possa di nuovo distendersi si è già dalla parte opposta e di nuovo giuuuu... poi una curva o un tornante e via di nuovo. Arrivati in fondo ti senti come ubriaco e vorresti risalire per farlo ancora ma poi, prevale il buon senso e i quasi 600 km per tornare a Nouakchott. Questa volta calcoliamo meglio la quantità necessaria di benza e per sicurezza, riempiamo un ulteriore tanichetta che un tempo era un contenitore per l'olio motore. Ci fermiamo per strada a mangiare le provviste all'ombra di un'Acacia stentata e poi più avanti per farci un caffè; l'unica cosa ormai che ci lega all'Europa: il fornelletto a gas prestatomi dall'amico Max, la moca Bialetti e il barattolo di Illy Caffè. Arriviamo nel tardo pomeriggio stanchi ma siamo molto allegri e stiamo bene.
In Mauritania è veramente difficile trovare degli alcolici e fatichiamo non poco a trovare un pò di vino e lo paghiamo una bella cifra ma ci aspetta un "Cous-cous a la viande" eccezionale ed inoltre, domani passeremo in Senegal; si deve festeggiare.
Boxer Born
17-02-2012, 21:38
Finalmente anche la 3° moto, quella con il cardano a pezzi, quella che l'aereo da Milano verso Casablanca non è partito a causa della 1° ondata di neve, quella che lo spedizioniere ha sbagliato qualche cosa e così il materiale è rimasto bloccato in dogana, quella che per questo ha dovuto prendere un volo interno per sbloccare la situazione e tornare indietro a Dhakla con i pezzi, quella che per mancanza di attrezzi il cardano non è stato rimontato un gran chè bene costringendolo a rientrare a velocità ridotta, quella che...insomma dopo varie sfighe e 8 gg di ritardo è riuscito a rientrare via Genova e quando è sbarcato, alla vista della neve, è riuscito soltanto a dire: "...caz-zo...!!"
Tutto è bene quel che finisce bene anche se la storia della trasmissione ci ha un pò sconvolto il programma degli ultimi giorni. E pensare che la mukkona 1100 ha soltanto 210.000 Km ! Comunque un'avvisaglia ce l'aveva data rumoreggiando un paio di volte proprio il giorno che passavamo dalla Mauritania in Senegal. Quel mattino partiamo abbastanza presto e già un bel venticello teso ci accompagna fino ad una ventina di km fuori dalla capitale Nouakchott per poi mano mano trasformarsi in una vera e propria tempesta di sabbia ed a un certo punto la visibilità è così ridotta che ci costringe a rallentare ma essendo inutile fermarsi, proseguiamo soffrendo e stando attenti alle lingue di sabbia spessa che invadono la strada. Il peggio è quando incroci i lunghi bilici a cella frigorifera pieni di pesce che procedento a velocità sostenuta; dapprima interrompono di colpo il vento laterale che ti costringe a procedere con un asssetto inclinato facendoti quindi sbandare poi, il successivo ed improvviso colpo d'aria carico di sabbia del rimorchio che fà sbandare dalla parte opposta con un sinistro rumore da Sabbiatrice sul cupolino e sul casco; poi di nuovo il flusso del vento e vi assicuro che non è affatto divertente guidare per diverse ore in queste condizioni anche per il fatto che di questi camion citati ne viaggiano veramente tanti. Sembra infatti che la maggior parte dell'economia si basi sulla pesca e non dobbiamo dimenticare che parliamo dei mari tra i più pescosi al mondo anche se come il solito, anche quì vale la legge del più furbo: I pescatori locali con le loro belle barchette colorate non possono spingersi oltre le 25 miglia marine e possono pescare soltanto sardine e altre specie di poco valore. Se malauguratamente vengono "pescati" con un polpo a bordo, li ammazzano di multe...Oltre le 25 miglia invece, imperversa la flotta cinese che fà ciò che vuole con quelle enormi barche che semprano dei paesi galleggianti e stendono kilometri su kilometri di reti in barba alle leggi internazionali.
Come contentino lasciano ai villaggi di pescatori qualche rete in acciaio inox per essicare il pesce e hanno anche la faccia tosta di marcarle con la scritta " regalo della repubblica popolare cinese". Il pesce grosso mangia quello piccolo.
Avvicinandoci al confine con il Senegal il paesaggio continua a mutare cambiando da arido deserto piatto di pietraie, in deserto con molte piccole dune ma la cosa più significativa è la presenza di sempre più fitti cespugli che ad un certo punto diventano rade acacie e proseguendo ancora, le acacie diventano sempre più verdi e fitte fino al punto di trasformarsi in piccole boscaglie sotto le quali vivono in tende di stracci o baracche di fortuna una moltitudine di persone e mi sono più volte chiesto che cavolo ci fanno lì. Ogni tanto si incontrano ai bordi della strada degli enormi "cuscini" in plastica pesante azzurra o bianca della dimensione tipo 3 x 5 ml e in seguito vengo a sapere che sono le riserve d'acqua per loro e per i loro animali e che vengono regolarmente rifornite da autocisterne provenienti da centinaia di kilometri di distanza. Provate ad immaginarvi cosa può essere quell'acqua in quei sacchi di plastica, quando in estate le temperature superano i 50°... Anche l'asfalto cambia parecchio e se fino a questo punto del viaggio è stato ineccepibile, ora è tutto screpolato; grosse placche irregolari di asfalto dai bordi talmente arricciati che fanno sbandare o saltare la moto in funzione del caso che siano trasversali o longitudinali. Arriviamo al confine che ormai gli alberi ci accompagnano per tutto il percorso e dietro ai cespugli si cominciano a vedere i primi canali di acqua stagnante ad avvisarci che il fiume Senegal è vicino. Infatti poco dopo ci troviamo a sorpassare una lunga fila di camion stracarichi, vecchie Renault 18 anch'esse cariche all'inverosimile di persone e di cose, lunghe file di persone a piedi, con asini e carretti, mandrie di cammelli, mucche dalle lunghissime corna e capre e pecore e agnelli con le gambe legate sui carretti e...un alto cancello di lamiera piena presidiato da diversi militari;
Il Confine.....
Boxer Born
19-02-2012, 11:23
Affrontare il confine di Rosso per la prima volta, è una cosa difficilmente spiegabile e anche riguardando qualche immagine che sono riuscito a rubare in quel posto, non dà neanche lontanamente l'idea del carico psicologico a cui chi passa di lì è sottoposto.
Non parlo solo di noi europei ma anche della gente d'Africa che proviene da altri stati e di questo me ne sono reso conto al ritorno quando, con occhio più smaliziato, ho avuto il tempo e il coraggio di guardarmi meglio intorno notando come anche per i nativi, superare questo confine è complicato. Sono fermo sulla moto, in prossimità dell'alto cancello che al momento è chiuso e stretto tra un vecchio Berliet fumante che probabilmente ha superato da tempo i 60 anni e un gregge di pecore delle quali una, dopo avermi osservato per un pò e ritenendomi innocuo, si appoggia pigramente sulla mia gamba ed io la lascio fare sorridendo, pensando che probabilmente la mia puzza è pari alla sua. Già fuori il caos regna generale e quando ogni tanto il cancello si apre appena per far passare qualche pedone intravedo che dentro è pure peggio. Fuori, dentro e aldilà del confine orbitano una miriade di sfaccendati che cercano di racimolare qualche soldo dicendo di avere conoscenze per sbrigare velocemente le pratiche doganali ma non bisogna mai fare l'errore di dargli alcun documento in mano perchè, nella confusione totale, non è detto che lo si possa ritrovare. Al momento il gregge a sinistra e il camion a destra mi proteggono da questi individui che essendo in tanti (e a vederli piuttosto affamati) diventano anche aggressivi nel tentativo di attirare la tua attenzione.
Questa posizione relativamente sicura mi permette di guardarmi in giro e la prima cosa che balza all'occhio è il colore decisamente più scuro delle persone: La gente del Marocco credo che li abbiamo visti tutti, i Mauritani hanno la pelle olivastra e dei lineamenti quasi europei; quelli che vivono in condizioni migliori vestono con fierezza una tunica bianca e azzurra e i loro visi, bellissimi, ricordano molto quelli che si possono incontrare in India. I Maliani sono più piccoli, con lineamenti duri e avvizziti ed il colore tipico di chi vive nelle zone sub-sahariane mentre i Senegalesi, sono completamente diversi con la loro pelle scura, i lineamenti dolci e l'abbigliamento ( soprattutto nelle donne ) coloratissimo. Improvvisamente il cancello si apre e camion, macchine, carretti, animali e persone si muovono tutte assieme tanto che si potrebbe pensare che anche a motore spento ci si potrebbe muovere spinti dal flusso denso; il cancello si chiude alle nostre spalle e ci troviamo in un piazzale gremito, dietro di noi una costruzione a due piani e davanti un piccolo pontile di attracco e il fiume. Il rumore è assordante e affrontiamo la prima bordata di persone che si fanno avanti urlanti e che in breve ci circondano dandoci consigli e dicendoci che dobbiamo fare questo, fare quello, andare con quel documento lì, c'è da pagare questo e quello...dammi il passaporto che facciamo prima e, mentre stavo preparando i miei documenti un tipo più intraprendente degli altri aprofittando della mia confusione momentanea, si impossessa del libretto della moto e sparisce tra la folla vociante costringendomi ad inseguirlo tra mani che continuamente mi afferrano per il braccio e mi strattonano, ad ogni passo bambini cencosi mi bloccano chiedendo l'elemosina e ci si mettono anche i cambiavalute che chiedono insistentemente se voglio cambiare le Ouguya mauritane in CFA senegalesi mentre il tipo si allontana sempre di più nella folla. E' caldo e comincio a sudare ma riesco a raggiungerlo sulla soglia di un sudicio ufficio pieno di mosche con una vecchia scrivania e dietro un'altro banchetto con sopra un fornelletto pronto per scaldare un tè. Il locale non ha finestre e nella penombra riesco appena ad intravedere il viso dell'addetto ai biglietti del traghetto mentre il sole entra prepotente dalla posta aperta. Dentro ci sono in attesa un paio di persone e il bailamme esterno entra in maniera quasi ovattata.
Cercando di essere gentile e sorridendo strappo di mano il documento al non richiesto aiutante che tarda un pò a mollare la presa ma alla fine lascia e da quel momento in poi, sarà la mia ombra...
stratocaster
20-02-2012, 11:24
Gran bel report! Complimenti Boxer... :)
Aspettiamo il seguito!
Holà Robby, fantastico il tuo viaggio, sono un pò pentito non avervi aderito, ma al contempo visto le fatiche e le difficoltà che avete così brillantemente superate, non so se io ed il mio V-Strom saremmo riusciti a farcela. Specialmente il rientro con quel freddo. Comunque attendo il resto del tuo splendito racconto, spero che avremo occasione di vederci in quel di Fano, ho sentito anche i Folignesi anche loro si sono fatti un bel c...o con la moto stradale su quella pista per Chinguetti e ritorno. Ciao e complimenti Da "CAM il Solitario)
Affrontare il confine di Rosso per la prima volta, è una cosa difficilmente spiegabile e anche riguardando qualche immagine che sono riuscito a rubare in quel posto, non dà neanche lontanamente l'idea del carico psicologico a cui chi passa di lì è sottoposto.
Non parlo solo di noi europei ma anche della gente d'Africa che proviene da altri stati e di questo me ne sono reso conto al ritorno quando, con occhio più smaliziato, ho avuto il tempo e il coraggio di guardarmi meglio intorno notando come anche per i nativi, superare questo confine è complicato. Sono fermo sulla moto, in prossimità dell'alto cancello che al momento è chiuso e stretto tra un vecchio Berliet fumante che probabilmente ha superato da tempo i 60 anni e un gregge di pecore delle quali una, dopo avermi osservato per un pò e ritenendomi innocuo, si appoggia pigramente sulla mia gamba ed io la lascio fare sorridendo, pensando che probabilmente la mia puzza è pari alla sua. Già fuori il caos regna generale e quando ogni tanto il cancello si apre appena per far passare qualche pedone intravedo che dentro è pure peggio. Fuori, dentro e aldilà del confine orbitano una miriade di sfaccendati che cercano di racimolare qualche soldo dicendo di avere conoscenze per sbrigare velocemente le pratiche doganali ma non bisogna mai fare l'errore di dargli alcun documento in mano perchè, nella confusione totale, non è detto che lo si possa ritrovare. Al momento il gregge a sinistra e il camion a destra mi proteggono da questi individui che essendo in tanti (e a vederli piuttosto affamati) diventano anche aggressivi nel tentativo di attirare la tua attenzione.
Questa posizione relativamente sicura mi permette di guardarmi in giro e la prima cosa che balza all'occhio è il colore decisamente più scuro delle persone: La gente del Marocco credo che li abbiamo visti tutti, i Mauritani hanno la pelle olivastra e dei lineamenti quasi europei; quelli che vivono in condizioni migliori vestono con fierezza una tunica bianca e azzurra e i loro visi, bellissimi, ricordano molto quelli che si possono incontrare in India. I Maliani sono più piccoli, con lineamenti duri e avvizziti ed il colore tipico di chi vive nelle zone sub-sahariane mentre i Senegalesi, sono completamente diversi con la loro pelle scura, i lineamenti dolci e l'abbigliamento ( soprattutto nelle donne ) coloratissimo. Improvvisamente il cancello si apre e camion, macchine, carretti, animali e persone si muovono tutte assieme tanto che si potrebbe pensare che anche a motore spento ci si potrebbe muovere spinti dal flusso denso; il cancello si chiude alle nostre spalle e ci troviamo in un piazzale gremito, dietro di noi una costruzione a due piani e davanti un piccolo pontile di attracco e il fiume. Il rumore è assordante e affrontiamo la prima bordata di persone che si fanno avanti urlanti e che in breve ci circondano dandoci consigli e dicendoci che dobbiamo fare questo, fare quello, andare con quel documento lì, c'è da pagare questo e quello...dammi il passaporto che facciamo prima e, mentre stavo preparando i miei documenti un tipo più intraprendente degli altri aprofittando della mia confusione momentanea, si impossessa del libretto della moto e sparisce tra la folla vociante costringendomi ad inseguirlo tra mani che continuamente mi afferrano per il braccio e mi strattonano, ad ogni passo bambini cencosi mi bloccano chiedendo l'elemosina e ci si mettono anche i cambiavalute che chiedono insistentemente se voglio cambiare le Ouguya mauritane in CFA senegalesi mentre il tipo si allontana sempre di più nella folla. E' caldo e comincio a sudare ma riesco a raggiungerlo sulla soglia di un sudicio ufficio pieno di mosche con una vecchia scrivania e dietro un'altro banchetto con sopra un fornelletto pronto per scaldare un tè. Il locale non ha finestre e nella penombra riesco appena ad intravedere il viso dell'addetto ai biglietti del traghetto mentre il sole entra prepotente dalla posta aperta. Dentro ci sono in attesa un paio di persone e il bailamme esterno entra in maniera quasi ovattata.
Cercando di essere gentile e sorridendo strappo di mano il documento al non richiesto aiutante che tarda un pò a mollare la presa ma alla fine lascia e da quel momento in poi, sarà la mia ombra...
Boxer Born
20-02-2012, 19:50
Ciao CAMM47,
sono più che certo che il validissimo V-Storm avrebbe superato qualsiasi situazione; di solito il problema sono gli umani ma ho provato sulla mia pelle che anche in situazioni critiche e se possibile, si trova sempre una soluzione e si superano tutte le difficoltà. La differenza stà nel fatto che alcuni soffrono parecchio ed altri un pò meno.
Per quel che riguarda il tuo pentimento, posso solo dire che sì, questo è stato un viaggio che non potrò mai più dimenticare e anzi, semmai è da ripetere.
...mi stai a far venire delle voglieeee..... :arrow:
Boxer Born
21-02-2012, 00:24
L'addetto ai biglietti della chiatta che ci avrebbe fatto attraversare il fiume Senegal è un tipo rozzo, dall'aspetto trasandato e poco incline alla conversazione tanto più che parla soltanto il mauro. Mentre stà armeggiando con una theiera mi guarda con aria tra lo scocciato e l'interrogativo; io capisco al volo e dico che posso aspettare mentre in lontananza, la tromba della chiatta annuncia la partenza dalla sponda opposta.
Attendo nervosamente che l'interminabile rito del thè abbia fine, consapevole che comunque non saremmo mai riusciti a prendere quella corsa. Dopo diversi minuti di travasi tra theiera e bicchiere, consuma in fretta la bevanda bollente; evidentemente più rilassato apre un sudicio registro sgualcito e attacca a parlare nella sua lingua che ovviamente non capisco. A questo punto la mia ombra si fà avanti con un mezzo inchino ed un sorriso dato dalla consapevolezza che da utile, era improvvisamente diventato necessario. Piuttosto seccato gli chiedo di tradurre ed il sorriso diventa una risata sdentata accompagnata da una pacca sulla spalla: ora ero suo. In seguito, ripensando a questo episodio, mi verrà il dubbio che tutto questo cinema sia messo in piedi per abbindolare i turisti. Anche l'impiegato sorride e ripete la domanta che tradotta in francese significa che ha bisogno dei numeri di targa e 5000 ouguya per biglietto; non avendo nè numeri nè soldi torno alle moto e ritrovo i miei compagni assediati come e più di quando sono stato costretto a lasciarli e si stavano chiedendo dove cacchio fossi finito. Decidiamo in fretta di dividerci i compiti quindi qualcuno si occupa dei documenti, io avevo già iniziato la procedura dei biglietti, qualcuno si occupava di fare il cambio di moneta e tutti a fare la guardia alle moto.
La procedura burocratica è piuttosto complessa e macchinosa anche perchè ci si trova a dover discutere con la Polizia, la Guardia Nazionale e la Dogana, il tutto nella disorganizzazione e nel caos più assoluto. Sia chi entra che chi esce dal confine, deve transitare per gli stessi uffici e affolla le stesse scrivanie; tutti urlano e si muovono freneticamente da un'ufficio all'altro con le mani e spesso anche la bocca piene di documenti spiegazzati e per rendere le cose più semplici, capita che un modulo vada compilato e firmato al 1° piano mentre il timbro và apposto da un addetto al piano terra che ti rimanda di sopra a prendere un'altro modulo che, ovviamente, và compilato e fatto firmare di sotto e così via... Tutto questo sembra non avere un senso logico ma, se riescono quotidianamente a smaltire tutta quella babele, una logica forse c'è; di sicuro c'è che ad ogni firma e ad ogni documento compilato si deve pagare ma ci accorgiamo anche che chi in quell'ambiente si sà muovere senza "aiutanti" e che arriva con i documenti "farciti", non fà nè file, nè sù e giù. Non sapremo mai quanti pagamenti non dovuti abbiamo eseguito ma nel giro di un'ora e mezza, per tre moto e quattro persone abbiamo speso circa 200 € e ancora non abbiamo attraversato il fiume !!
Comunque alla fine portiamo a termine le procedure e aspettiamo nel piazzale l'arrivo della chiatta; qualche doganiere cerca di mettere ordine tra macchine, camion e animali.
A furia di urla e calci alle bestie, riescono a darci una mezza inquadrata lasciando libero un corridoio per l'imminente sbarco dalla sponda del Senegal; gli appiedati e gli asini con i carretti se ne stanno in disparte godendosi lo spettacolo.
Nel frattempo uno sgangherato furgone Mercedes pieno all'inverosimile di persone e cose si sfrena sul falsopiano e và a sbattere sulla fiancata di un Toyota Prado nel quale, un corpulento senegalese è impegnato al cellulare; ora scoppia la rissa!
Il senegalese si gira con noncuranza e finisce la telefonata poi, scende dalla macchina e fischia in direzione di una guardia che prontamente accorre mentre il vecchio proprietario del vecchio furgone è già in ginocchio chiedendo scusa allo sportello del senegalese che nel frattempo è risalito in macchina ed è già occupato in una nuova telefonata. Il vecchio viene sollevato di peso e portato via tra i pianti e lo strepitio delle donne nel furgone; lo spazio che un'attimo prima era occupato dal vecchio e dai poliziotti viene prontamente riempito dalle pecore che, di nuovo, sono al mio fianco.
La rampa della chiatta si abbatte letteralmente sullo scivolo in cemento viscido e tra le urla, il rumore dei mezzi e lo schiamazzo degli animali atterriti, saliamo sull'imbarcazione dal fondo reso melmoso per il precedente carico di mucche dalle corna lunghissime e di cammelli; tutto scricchiola e dondola in modo preoccupante. La mia "ombra" è sempre alle costole e mentre mi spiega i passaggi successivi cerca di scusarsi dicendo che questa è l'Africa e si deve aver pazienza. Annuisco mentre osservo un addetto che trascrive tutti i numeri di targa su un pezzo di cartone e la chiatta riparte verso la sponda senegalese. Il rumore del vecchio diesel è regolare e rassicurante e ad un tratto mi rendo conto che anche gli animali sono ammutoliti, ascolto lo sciabordio del fiume sullo scafo e guardo la gremita sponda opposta.
Fra 10 minuti, ricomincia l'inferno....
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barbablu
21-02-2012, 09:22
fantastico boxer hai compiuto ,come il fagot ,il viaggio dei miei sogni che forse non faro' mai
ma spiegami perche sei passato da rosso e non dalla diga di djiema che mi sembra un po meno infernale ?
Boxer Born
21-02-2012, 13:33
Ciao barbablu,
siamo passati per Rosso in quanto l'equipaggio con due persone viaggia su una RT e non conoscendo bene la condizione della pista per Djiema, abbiamo preferito affrontare Rosso che si è dimostrata essere esattamente come riportato da altri viaggiatori.
A proposito di viaggi dei sogni: Io questo viaggio lo sognavo fin dall'adolescenza o poco di più ed ora che ho 47 anni, posso dire che è valsa la pena aspettare tutto questo tempo. Mai dire mai barbablu, mai dire mai....
barbablu
21-02-2012, 13:53
mi hai confortato boxer chissà prima o poi trovo anch'io il modo per fare un viaggio del genere
tra l'altro alla fine indichi anche tu spese e documenti necessari?
Boxer Born
21-02-2012, 22:16
… ed infatti l’inferno è lì che ci stà gia aspettando; veniamo immediatamente assaliti.
Le ruote scivolano su una breve rampa di terra battuta ma molto sconnessa e, nemmeno il tempo di mettere il cavalletto, siamo letteralmente assediati. Nella confusione generale congedo la mia “ombra” che, ancora sulla chiatta, insiste sulla necessità di dover tornare indietro.
SCIAFFF… uno straccio pieno di fango e acqua si infrange sul mio WRS con l’intenzione di lavarlo e a quel punto perdo le staffe; comincio a urlare e per tre, dico tre secondi, la folla indietreggia di mezzo metro e ammutolisce per poi ripiombarci addosso vociante mentre uno in divisa, osserva la scena con aria distratta : ormai è chiaro che non possiamo contare sul loro aiuto.
Le cose principali da fare sono il Passavant e le assicurazioni per i mezzi poi, la vidimazione dei nostri documenti alla police e infine al Secteur Frrontalier de Rosso. Nel giro di 45 minuti stipuliamo le assicurazioni ma, al momento dei Passavant, iniziano i problemi: la mukka 1100 è vecchia e la legge vieta l’ingresso ai veicoli con più di dieci anni. Ridiamo della cosa e con un ampio gesto del braccio rivolto verso l’esterno, mostriamo all’addetto cosa stà scarrocciando là fuori. Anche lui sorride ma poi torna subito serio e ci spiega che può fornirci un permesso valido per 6 giorni che, a pagamento, può essere prorogato al consolato di Dakar. Paghiamo e usciamo abbastanza depressi per l’imprevisto e comincio a pensare a come mai Dio o Allah permettano che esista un posto così orribile.
Mentre fantastico su passaggi aerei con il napalm ci dirigiamo verso il posto di polizia e la dogana ma, essendo le 13.30, sono chiusi per pausa e ci dicono che riapriranno alle 15 che poi, diventeranno le 16… Torniamo alle moto presidiate da due compagni e la folla si è notevolmente diradata in quanto la nuova tattica è di parlare e rispondere solo in italiano. Questo sconvolge non poco gli “avvoltoi” che dopo qualche “Spaghetti”, “Pizza”, “Milan e Inter” detti a turno, si stancano e tolgono l’assedio.
Fà caldo e nonostante questo, mi accorgo che per la tensione nessuno di noi ha avuto il coraggio di aprire una cerniera ; stiamo fermi nel tentativo di mimetizzarci con il colore della polvere, delle moto e delle nostre tute che ormai sono tutte dello stesso colore. Cerchiamo di tenere lo sguardo in posizione vaga evitando accuratamente di incrociare lo sguardo, in modo di escludere qualsiasi possibilità di attaccar bottone da parte di chiunque : chiusi a riccio.
Questo nuovo atteggiamento sembra funzionare e dopo venti minuti, siamo in grado di camminare intorno alle nostre moto e finalmente di aprire i giubbotti controllando che tutte le cerniere “sensibili” siano ancora chiuse.
Il piazzale, da questa parte del fiume è molto più piccolo ( poco più di una larga via ) e siamo parcheggiati di fianco alla baracca del controllo passaporti ; subito dietro di essa il fiume forma un’ansa dove un ragazzo stà lavando un bellissimo cavallo bianco, poco più in là due donne sono intente a lavare quello che sembrano essere degli abiti maschili e dei ragazzini si divertono a fare il bagno in mezzo a delle vecchie piroghe semi-sommerse; lo sporco e l’immondizia imperano ovunque. Sull’altro fianco abbiamo un tir carico di una qualche specie di zucca dal colore e dalla forma singolare e l’autista del mezzo apparentemente molto giovane, ha legato una specie di amaca sotto il camion e stà sonnecchiando con una radice tra i denti come ho visto fare a molti da questa mattina. Sembra liquirizia ma non lo è ; lo usano per pulire e sbiancare i denti e non sono riuscito ad andare più a fondo sull’argomento. Alle nostre spalle il largo fiume, dove anche la chiatta ha interrotto il vai e vieni e di fronte a noi ad una cinquantina di metri più avanti, un cancello di ferro arrugginito; una fascia centrale riporta la scritta ” Comune de Rosso”. Due soldati stanno a guardia dell’inferriata con fare annoiato ; uno è semi-sdraiato a terra intento a controllarsi le unghie mentre l’altro è rivolto verso l’esterno a chiacchierare con qualcuno del quale riesco a vedere solo le mani nere penzolanti.
Ai lati del cancello, poco più in là, si vedono dei banchetti di verdura e mini-bazar ambulanti, in mezzo un venditore di arance.
Per noi, in generale, un viaggio significa Autostrada, Autogrill, Caffè e Camogli; per loro o meglio per chi è costretto ad avventurarsi nella N2 con quelle macchine e con centinaia di chilometri tra un villaggio e l’altro, il viaggio significa Arance. Lungo la strada i bordi sono picchiettati di macchioline arancioni che l’aria secca del deserto cristallizza mantenendo inalterato il colore per un tempo indefinito; in alternativa alle bucce di arancia c’è l’interminabile sequenza di copertoni sfilacciati, cinghie di alternatori e pompe varie, carcasse di auto cannibalizzate quando non bruciate e qualche tir “spiaggiato”. Per completare il quadro si incontrano anche carcasse di cammello speronate di notte dai camion che sono tutti dotati di abbondanti rinforzi tubolari e più frequentemente, carcasse di ovini che a differenza dei cammelli, vengono investiti anche di giorno. I più furbi sembrano essere gli asini che pur stazionando immobili e impassibili al bordo della strada, resistono alle folate di vento e alle palate di sabbia sollevate dai tir in corsa.
… L’attesa continua … Sarà per il caldo o per la fine della novità ma ora tutti ci lasciano in pace e sembra che si siano ritirati all’ombra anche se sentiamo addosso i loro sguardi. Non abbiamo mangiato altro che la colazione il mattino presto e la fame unita alla stanchezza si fa sentire.
Frugando nel Leg-Bag saltano fuori alcune banconote mauritane di basso valore : 400 ouguya ; punto deciso verso il venditore di arance. Allungo la mano con le banconote e chiedo 4 arance; lui non degna di uno sguardo le banconote e fa un cenno negativo. Per terra, dietro il banchetto, c’è una cassettina di mandarini dall’aspetto poco invitante e indicandoli con le banconote ondeggianti, rinnovo la richiesta : ottengo la stessa risposta e allontanandomi, lo “ffanculo” in italiano con l’accortezza di sorridere come se lo avessi comunque ringraziato. Contento di questa piccola e puerile rivincita, torno alla moto. Si fa avanti un ragazzone che parla un italiano quasi perfetto con un leggero accento del nord ed è il caso di dire che quando in Africa i problemi diventano seri, il caso (loro lo chiamano Allah) ti viene sempre in soccorso e in questo caso, l’aiuto si chiama Cico. Conduce un’organizzazione che lavora con diversi e famosi tour operator italiani portando moto, quad e fuoristrada in giro per il Senegal ; si offre di controllare i documenti fatti fino a quel momento e il suo continuo scuotere la testa ci rende molto nervosi :
A) L’Assicurazione non è stata registrata e se pur valida in caso di controllo, la stessa diventa
carta straccia in caso di sinistro : Ciulati !! ( esclama Cico )
B) I documenti della vecchia mukka 1100 non vanno bene; abbiamo pagato il doppio e il passavant
copre solo il distretto del nord che non comprende Dakar : Fuori dal distretto e in caso di controllo
ci potrebbero fermare come clandestini.
Mentre stò maledicendo tutti fra i denti Cico fà :
- Figa, anche qui vi hanno ciulato !! ...Ridiamo…
- Come la risolviamo ?
Lui alza gli occhi al cielo e con un’espressione carica di fatalismo risponde :
- Ormai è fatta … ma se volete, ho dei buoni contatti a Saint Louis e vi posso aiutare …
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Boxer Born
22-02-2012, 21:40
L’arrivo provvidenziale di Cico ci ha rincuorato non poco e al ritorno dalla “pausa” dei doganieri , lui stesso sbriga in quindici minuti la procedura che probabilmente ci avrebbe impegnati per almeno un’ora.
-Seguitemi !- esorta Cico mentre sale sul suo fuoristrada.
Non ce lo facciamo ripetere due volte e finalmente anche il cancello di Rosso si apre ed insieme ad esso anche il respiro. Oltre il cancello, ai due lati della strada ci sono un centinaio di metri di sudice baracche appoggiate l’una all’altra perlopiù adibite a negozi. La strada è in pessime condizioni e la carreggiata è occupata per ¾ da alcuni tir che nonostante l’ora, cercano di attraversare la frontiera. A quest’ora, le cinque passate, sono in pochi quelli che passano dall’altra parte perché oltre il cancello mauritano c’è solo la N2 per centinaia di chilometri e solo qualche camionista osa avventurarsi per quella strada di notte; la frontiera chiude alle 6 e c’è anche il rischio di rimanere intrappolati per tutta la notte tra i due cancelli… rabbrividisco al solo pensiero. Il bordo destro della strada è molto rovinato e dove finisce l’asfalto tutto sbreccato c’è uno scalino di almeno 30 cm e sotto sabbia; solo a provare a scendere e risalire si rischia la caduta e per un paio di chilometri abbiamo rischiato spesso perché la gente a piedi e i carretti camminano al fianco dei camion e noi siamo costretti a passare in bilico sul bordo friabile. Ma qualcuno non mi aveva detto che il Senegal era messo abbastanza bene ??
Dopo nemmeno 10 km il primo posto di controllo ma, con Cico in testa, non abbiamo nemmeno bisogno di mostrare i passaporti.
Fino ad ora la questione dei controlli è stata una cosa piuttosto stressante; siamo partiti dall’Italia con 50 fiches a testa e già a metà Mauritania le avevamo quasi finite così un giorno, decidiamo di fare delle fotocopie prima che finissero completamente. Eravamo sulla strada per Atar e in un paesetto remoto chiamato Akujute, troviamo una specie di ufficio del quale non siamo riusciti a capire la sua ragion d’essere e in un angolo faceva bella mostra di sé una stampante al laser.
Chiedo subito di fare 30 fotocopie e gli porgo la fiches mentre contratto il prezzo perché qui ogni cosa và contrattata. In quel bugigattolo di ufficio c’erano altre due persone in attesa ma per quel senso di ospitalità che comunque caratterizza la maggioranza delle persone in Africa, l’impiegato li scansa con un braccio per farmi posto e alle loro rimostranze li spinge direttamente fuori dicendo << Voi non avete un cazzo da fare …>>. Un po’ imbarazzato mi rivolgo ai due che intanto si erano seduti sul gradino polveroso dell’ingresso e mi scuso alla loro maniera accennando un inchino con la mano sul petto.
I due apprezzando il gesto alzano il mento e schioccano la lingua a significare -và bene, non importa-.
Intanto all’interno il tipo si agita intorno all’attrezzo che essendo pieno di polvere e sabbia, non voleva saperne di ricevere il documento e così torno fuori a dissetarmi. Dopo 15 minuti di attesa il tipo esce e con aria contrita mi porge 10 fotocopie talmente sbiadite e mangiucchiate da essere illeggibili mentre i due che avevano capito l’antifona si erano già alzati allontanandosi e scuotendo la testa. Gli chiedo l’originale e lui sempre più imbarazzato mi dice che è rimasto “dentro” … Ringrazio, pago le 10 e me ne vado. In seguito abbiamo trovato altre fotocopiatrici ma o non avevano carta, oppure avevano finito l’inchiostro o ancora non funzionavano. Anche una cosa semplicissima quale è fare una fotocopia, in Africa diventa un’avventura !
Posti di blocco … C’è stato un giorno che ci hanno fermato 12 volte ! All’inizio e all’uscita dei paesi, si viene fermati prima dalla Guardia Nazionale e pochi chilometri dopo anche dalla polizia; stessa cosa all’uscita. Anche in mezzo al nulla si incontra un posto di blocco e ci si interroga sulla necessità della cosa: C’è un’unica strada, da una parte l’Oceano e dall’altro l’infinito sabbioso.
Ogni volta la stessa pantomima: A 400 metri dal posto di blocco c’è a terra un cartello stradale ottagonale bordato di rosso con su la scritta -Rallentare controllo di Polizia- , a 150mt un altro uguale ma con la scritta - Alt !- Ci si ferma di lato e si aspetta il cenno della mano della guardia che spesso, pur non essendoci nessuno, non è così rapido. Il tipo fà il cenno e ci si avvicina adagio, si spegne il motore, si alza la visiera e si tolgono i guanti :
Guardia- Buon giorno, come và? (Ci si stringe la mano)
Noi- Bene e voi?
Guardia- Aaah … bene, bene. Dove andate ?
Noi- Veniamo da x e stiamo andando verso y …
Guardia- Bene, bene. Ma siete qui per una gara o per turismo ? Avete avuto problemi ?
Noi- Nessun problema, siamo turisti …
Guardia- Bene. Avete la fiches ?
Si aprono le cerniere, si porge il documento e ci si stringe di nuovo la mano.
Guardia- Alè, Bonne route !
Questa è la procedura standard; a volte fanno anche più domande ma non è mai capitato che ci chiedessero cadeaux come invece spesso si sente dire. Una mattina era presto e faceva freddo , un militare mi ha chiesto se potevo regalargli i miei guanti da moto ma quello è stato l’unico caso. Sono sempre sorridenti e cortesi ma dopo 72 volte ... Il fatto è che si annoiano a morte.
http://img15.imageshack.us/img15/4615/africa2012060.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/15/africa2012060.jpg/)
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[QUOTE=Boxer Born;6490466].... Anche in mezzo al nulla si incontra un posto di blocco e ci si interroga sulla necessità della cosa: C’è un’unica strada, da una parte l’Oceano e dall’altro l’infinito sabbioso...
QUOTE]
Mai sentito parlare di rapimenti?
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/mauritania-rapiti/mauritania-rapiti/mauritania-rapiti.html :(:(
Boxer Born
23-02-2012, 08:33
Ciao grande Fagot,
ti stimo e ti ammiro molto per il fatto di aver intrapreso un viaggio del genere da solo.
Non ho ancora letto il tuo report ma me lo tengo lì in attesa come se fosse l'ultimo cioccolatino e non vedo l'ora di scartarlo.
E' possibile che ci siamo incrociati nelle interminabili strade mauritane ?
barbablu
23-02-2012, 08:40
[QUOTE=Boxer Born;6490466].... Anche in mezzo al nulla si incontra un posto di blocco e ci si interroga sulla necessità della cosa: C’è un’unica strada, da una parte l’Oceano e dall’altro l’infinito sabbioso...
QUOTE]
Mai sentito parlare di rapimenti?
http://www.repubblica.it/2009/11/sezioni/esteri/mauritania-rapiti/mauritania-rapiti/mauritania-rapiti.html :(:(
ecco queste cose mi fanno desistere e mi fanno perdere d'animo :(
alessandrobacci
23-02-2012, 10:03
, non so se io ed il mio V-Strom saremmo riusciti a farcela.
il mio compagno di viaggio con il V-Strom fa le stesse cose che faccio io, unico problema che rimaneva a cavallo sui dossi africani
guarda l'anteprima dei DVD http://www.alessandrobacci.it/shop.htm e convinciti che il limite della tua moto è solo la scarsa luce da terra
Ciao grande Fagot,
ti stimo e ti ammiro molto per il fatto di aver intrapreso un viaggio del genere da solo.
Non ho ancora letto il tuo report ma me lo tengo lì in attesa come se fosse l'ultimo cioccolatino e non vedo l'ora di scartarlo.
E' possibile che ci siamo incrociati nelle interminabili strade mauritane ?
Mi sarei fermato di sicuro se avessi visto qualche motociclista... credo che ci siamo mancati per uno o due giorni ;)
@Barbablu: purtroppo è un problema tutto mauritano.... se ti consola qualcuno tornando da Oualata , estremo Est ai confini con il Mali, s'è fatto 400 km con un pick up di 4 militari di scorta..... la situazione ora è abbastanza critica in quelle zone.
Boxer Born
23-02-2012, 23:23
ecco queste cose mi fanno desistere e mi fanno perdere d'animo :(
Come dice Fagot, la situazione ora è un pò critica in Mauritania ma oggi come oggi quale posto in Africa non lo è ? Il consiglio che posso dare è di non viaggiare soli ( per farlo ci vuole un'enorme esperienza e fegato ), informarsi sui punti caldi prima di partire e "annusare" per bene che aria tira quando si è sul posto. Come ho avuto modo di dire precedentemente, la diffidenza è un problema in Africa. Se ci si arriva con umiltà e voglia di capire, tutti sono disposti ad aiutarti ed a consigliarti ; poi il male si nasconde ovunque, anche poco più in là del nostro giardino. ;)
Boxer Born
24-02-2012, 18:24
Siamo scampati al famigerato confine di Rosso del quale ho raccontato solo una minima parte ed entrati sul suolo Senegalese. La strada che esce dalla frontiera è in condizioni pietose per i primi 20 km ma d’un tratto, triplica la sua larghezza e l’asfalto, nuovo, è liscio come un biliardo.
Dopo un po’ Cico si ferma e invita la zavorrina dell’RT a salire con lui in quanto a breve dovremo camminare su una trentina di chilometri di pista divisi in diversi tratti che corre di fianco alla strada principale che in questo momento, come si è visto, è oggetto di lavori di rifacimento.
La strada è diritta a perdita d’occhio e per lunghi tratti, si srotola al di sopra di una pianura alluvionale a circa 3 metri di altezza ; la piana è acquitrinosa e si possono vedere una gran quantità di uccelli diversi nel colore e nella dimensione ma su tutti spiccano i Fenicotteri Rosa.
I camion e le ruspe al centro della strada indicano la prima deviazione che scende in una scarpata sconnessa e prosegue al di sotto della strada in una pista tracciata da una ruspa su un suolo polveroso dal colore rosso intenso. La polvere rossa è così sottile che anche procedendo a bassissima velocità, si alza una coltre impenetrabile e per ovviare a questo gli operai passano con un camion a bagnare la pista ottenendo un effetto micidiale per noi motociclisti. Infatti l’acqua forma una densa poltiglia scivolosa e non riesce a penetrare quel “talco” se non per pochi centimetri ed oltre a questo, il passaggio dei grossi camion da cantiere forma delle profonde scanalature e così siamo costretti a scegliere la poltiglia oppure i “canyon ” dove spesso le teste dei nostri boxer contribuiscono a spianare la terra. Dopo qualche chilometro la pista torna repentinamente sulla strada e spesso la rampa è anche inclinata quindi, addominali e chiappe strette, si è costretti a fare lo slalom tra le macchine rimaste impantanate sulla rampa e sgommando e svirgolando si attraversa la strada e di nuovo giù…
Dopo un po’ imparo le regole di questo nuovo gioco e abbandonando la tensione, mi ci diverto davvero parecchio.
Il Senegal dispone di una rete viaria piuttosto capillare e mediamente tutte le strade sono in buono stato ma per fortuna, ancora non è difficile trovare delle piste. Dopo 3000 km di lunghi rettilinei solitari fa specie trovare lungo la strada incroci, biforcazioni e soprattutto paesi ; non i soliti villaggi disperati ma frazioni vere e proprie dove si può distinguere il centro dalla periferia, dove sembra che la qualità delle costruzioni sia, per quanto Africana, migliore e in questi piccoli centri lungo la strada c’è molta gente per strada e tutti sono sorridenti. I ragazzini più piccoli sono in divisa scolastica e a quest’ora stanno rientrando alle loro abitazioni, altri sono radunati in piccoli spiazzi polverosi a giocare a pallone mentre le grosse “mamy” dai vestiti coloratissimi stanno chiacchierando davanti ai negozietti, da qualche parte arriva forte della musica africana e qualcuno accenna qualche passo di danza… Ecco il Senegal che mi avevano descritto ! Tutto è comunque molto povero ma in questa semplicità, sembra che la gente sia felice.
Saint Louis ci accoglie con la fiammeggiante luce del tramonto e attraversiamo un grande ponte in ferro che divide la città sulla terra ferma dal vecchio centro coloniale edificato dai francesi. Le grosse travature ad arco che fiancheggiano e sovrastano il ponte sul largo fiume, creano con la luce radente del tramonto un effetto stroboscopico che disorienta un po' anche perché è gremito di auto, taxi e di caratteristici taxi collettivi che scorrazzano fumanti e sgangherati per le vie della città e sono sempre stracarichi all’inverosimile. I giovani amano rimanere aggrappati all’esterno, sul portellone posteriore, dal quale entrano ed escono a loro piacimento mentre il furgone è in corsa e quando quest’ultimo svolta per le vie, questi giovani ondeggiano pericolosamente verso l’esterno come banderuole rimanendo aggrappati con le mani sull’arrugginita grondaietta del tetto. E’ evidente che questi giovani amano mostrarsi in queste pericolose acrobazie ; prova di forza e coraggio.
Improvvisamente Cico arresta il suo 4x4 e scendendo dall’auto corre ad abbracciare un tipo piuttosto grosso vestito come un Rapper con il berretto dalla visiera esagerata almeno quanto le linguette delle scarpe. Ha un viso solare e sorride a sessantaquattro denti, la sua stretta di mano è poderosa almeno quanto il volume della musica che esce da qualche parte dietro le sue spalle enormi.
Per tutto il tempo che soggiorneremo a Saint Louis sia all’andata che al ritorno, sarà il nostro cambiavalute .
Arriviamo all’albergo, consegniamo i passaporti alla reception ed entriamo nel bar. Siamo stanchi morti, più per lo stress di Rosso che per la strada percorsa ; stanchi, sporchi e assetati.
Il ragazzo del bar arriva di corsa e mentre ci sediamo su dei morbidi ed alti sgabelli di fronte al bancone, dice una frase che non avrei mai sperato di sentirmi dire : << Volete una BIRRA ?>>
Ed è così che tracanno la prima Gazzelle...seguita subito dopo dalla seconda … e dalla terza ...
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Boxer Born
25-02-2012, 15:32
Ancora un po’ stordito per la troppa birra e dopo essermi “docciato” nella decorosa camera dell’Hotel “La Palmeraie”, scendiamo per cena. Solo ora mi accorgo che le ragazze della reception sono semplicemente stupende, vestite all’europea e molto sorridenti. Il sorriso delle donne del Senegal è qualche cosa di particolare; anche i loro occhi sorridono e i loro corpi si muovono dolcemente, con un’eleganza innata e anche il semplice gesto di prendere una penna dalla scrivania, le porta ad eseguire dei movimenti sinuosi con le loro lunghe dita e in generale la loro postura ben eretta e il fascinoso modo di camminare, le circonda di un’aurea particolare.
Oltre la hall c’è una porta che dà su un patio interno contornato dal marciapiede che corre lungo le quattro mura ed è interamente occupato da una piccola piscina sormontata da un ponticello in legno dall’assito un po’ sconnesso. L’acqua in superficie è ricoperta da un sottile strato di polvere rossastra e non invita al tuffo. Nonostante le temperature diurne piuttosto alte a metà gennaio ( 25 / 28° ) di notte la temperatura scende sensibilmente ed essendo la piscina poco o per nulla esposta al sole, l’acqua è molto fredda e così, la manutenzione è tenuta al minimo in attesa di notti più calde. Un lato del patio è interamente occupato dalla vetrata del bar-ristorante, davanti ci sono dei piccoli tavoli in ferro e sparsi qua e là, vi sono dei grossi vasi con una vegetazione rigogliosa . La luce del locale esce dalla vetrata e si infrange sulla superficie oleosa dell’acqua; nel patio non c’è nessuno e l’aria è fresca. Mi siedo nella semi-oscurità godendomi questo attimo di pace assoluta e forse adesso, per la prima volta, realizzo quanto sono lontano da casa e mi invade un fremito come quando da ragazzino fantasticavo davanti al mappamondo o sulle immagini di un libro di geografia … Chi mai l’avrebbe detto…
Finisco la sigaretta ed entro nel ristorante dove qualche attempato turista francese ed i miei compagni di viaggio sono già accomodati ai tavoli in attesa di ordinare la cena.
A capo tavola c’è Cico che, spronato dalle nostre domande, inizia a raccontarsi dicendo di essere uno dei pochi fortunati che grazie alla sua attività può permettersi una casa decorosa ed una famiglia con tre figli anche se purtroppo è costretto a stare lontano da casa per periodi a volte molto lunghi. L’abbiamo incontrato a Rosso perché stava accompagnando oltre frontiera un camion pieno di moto e fuoristrada italiani della provincia milanese i proprietari dei quali sono rientrati via aerea da Dakar ; è lontano da casa da circa un mese e mezzo e stà tornando a Saly dove appunto abita fino a quando non ci ha incontrati e per questo, il suo rientro tarderà ulteriormente di un giorno. Solo per questo, il valore della disponibilità dimostrata nei nostri confronti vale il doppio.
Dice che tutto sommato ce la siamo cavati piuttosto bene a Rosso in quanto nella maggior parte dei casi, non essendoci nessuno che ti spiega tutta la procedura, una volta attraversato il fiume si è costretti a riprendere la chiatta perché manca questo o quel documento. Nel frattempo che ci rinfrescavamo è riuscito a sistemare una parte dei documenti sbagliati e dice che probabilmente domani mattina completerà il lavoro. L’Hotel dove ci ha sistemati rientra tra quelli che usa per i suoi tour e grazie a lui paghiamo un prezzo molto scontato quindi come minimo e per il momento, ci offriamo di pagargli la cena ma, al momento del conto ci accorgiamo della cifra irrisoria e capiamo che lo sconto comprende tutto il pacchetto. Cico ci spiega delle difficoltà del suo popolo e della grande corruzione politica che come in tutto il mondo rende i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri ; è stato anche impegnato in politica per un anno e mezzo ma dopo ripetuti scontri su muri di gomma ha dovuto gettare la spugna e ritirarsi. E’ molto dispiaciuto del fatto che ancora l’Europa vede l’Africa come un problema e non come una risorsa; al contrario della Cina che invece ne ha capito le potenzialità ma purtroppo la stà sfruttando in maniera vergognosa alimentando la corruzione e lo scontento della popolazione. A breve ci saranno le elezioni presidenziali e spera che con il cambio del vertice al potere, molte cose si possano sistemare …
Ci dà vari consigli su dove andare o non andare e anche sui posti dove alloggiare nei giorni a venire e il suo aiuto si rivelerà davvero prezioso. Ci sconsiglia di andare a Touba, santuario della religione islamica dal carattere piuttosto fondamentalista, proprio a causa di quel fermento politico che stà imperversando un po’ per tutto il paese ma per fortuna, a stemperare la tensione, tra qualche giorno inizia la Coppa d’Africa. Peccato perché ne ho sentito parlare come di una città stupenda ed essere arrivato fin qui senza poterla visitare mi rammarica non poco. E’ meglio evitare anche la zona della Casamanche in quanto è fortemente militarizzata a causa di moti insurrezionalisti già da diversi anni e ora più che mai la situazione è piuttosto calda. I nostri documenti, per quanto “sistemati” non saranno mai al 100% e ci consiglia di evitare rogne. In ogni caso non abbiamo tanto tempo a disposizione per visitare il Senegal anche perché l’escursione nel centro della Mauritania ci ha eroso tre giorni e ora sentiamo sempre più il bisogno di fare base in un posto tranquillo per riposarci qualche giorno. Domani resteremo a Saint Louis in attesa che Cico finisca di sistemare le cose e comunque faceva parte del nostro itinerario la visita in questa bella cittadina ricca di quel fascino coloniale che ormai in pochi posti al mondo si può vedere. La cena finisce con una coppa di gelato e dopo aver fatto due chiacchiere fuori ci ritiriamo presto addormentandoci come sassi ...
Boxer Born
27-02-2012, 15:19
Nell’ “Hotel la Palmeraie” di Saint Louis, la colazione viene servita all’ultimo piano dell’edificio in una saletta circondata da vetrate. Da un lato la vista dei tetti e sotto la piscina racchiusa nella pianta quadrangolare dell’hotel, dall’altro lato il canale formato dall’oceano che ci divide dal porto dei pescatori. In questi giorni di lungo viaggiare, abbiamo preso l’abitudine a svegliarci presto perché oltre all’impegno di dover rispettare la tabella di viaggio, i Muezzin cominciano a chiamare alla preghiera già dalle 4.30 del mattino e se la moschea con il suo minareto coronato di grossi altoparlanti è vicino al posto in cui dormi, dopo qualche voltolamento nel letto sei quasi costretto ad alzarti. Anche oggi sorprendiamo l’alba nel suo caleidoscopio di colori e dall’altra parte del canale, possiamo vedere l’attività febbrile dei pescatori che si accingono a prendere il mare con le loro enormi piroghe colorate cariche di persone e reti azzurre e verdi ; pronti a dare il cambio alle imbarcazioni che a breve rientreranno in porto dalla battuta notturna. Questo lo si capisce dalla lunga fila curvata di camion a cella frigorifera che si distende a perdita d’occhio verso sud e il sole appena sorto riflette sul vetro di ognuno di quei camion facendoli apparire come una lunga sequenza di lampioni arancio. Consumiamo in fretta la colazione e usciamo nell’aria frizzante mista all’inconfondibile e consueto olezzo di spazzatura che quando diventa davvero troppa, qualche anima buona si prende la briga di incendiare all’alba o dopo il tramonto.
Cico è già pronto e dice che oltre a dover concludere la procedura dei nostri documenti, sarà impegnato in qualche giro di acquisto e nella ricerca di un meccanico per sistemare delle cose nel suo fuoristrada. Il nostro Fabio ne approfitta per cercare delle H7 di ricambio per la sua RT che con gli scuotimenti dei giorni passati, si sono spente definitivamente. La zavorrina è ancora provata dal passaggio sul confine del giorno prima e dice che dormirà ancora un po’ mentre io e Manlio, decidiamo di prendere le moto e farci un giro al villaggio dei pescatori per assistere al rientro dalla battuta notturna. Per come mi è sembrato di capire, Saint Louis è divisa in tre zone: La prima è sulla terra ferma ed è costituita da case e palazzi anche di discrete dimensioni ; attraversando il lungo ponte in ferro sul fiume Senegal si accede all’isola della città vecchia ed è posizionata su una lunga e stretta striscia di sabbia dalla quale, sull’unico ponte in cemento molto malmesso, si accede ulteriormente al villaggio dei pescatori anch’esso edificato su una lingua di sabbia ma in una striscia ancor più stretta e lunga. Il nostro albergo è situato sulla prima isola proprio di rimpetto al canale della seconda, vicino all’unico ponte di accesso all’isola dei pescatori.
Le moto sono parcheggiate davanti all’albergo a ridosso di una lunga siepe che divide in due la strada adornata da altissime palme; il guardiano notturno è seduto su una seggiola in plastica e ci saluta con aria molto assonnata mentre un’inserviente dell’albergo ha già iniziato il suo servizio che consiste nel lavare le auto dei clienti così, ne approfitto per farmi lavare il cupolino che soprattutto nella parte interna è ricoperto dal un impalpabile “talco” rossastro che ormai mi impedisce la visibilità.
Ha fatto un buon lavoro e così gli offro una mancia che rifiuta dicendo che il lavaggio fa parte dei servizi offerti dall’albergo ma, continua a guardarsi intorno. Capisco e così mi sposto fuori dalla vista dell’ingresso e lo chiamo, gli metto i soldi in tasca e ottengo un bellissimo sorriso che mi mette allegria.
L’isola è già sveglia e procedendo a volte contromano nel dedalo di strette vie, incontriamo lunghe file di bambini dai grembiuli azzurri e rossi apparentemente non accompagnati che si mescolano ai gruppi di ragazzi e ragazze delle scuole superiori vestiti con jeans e felpe ; si muovono allegri e urlanti invadendo il centro delle strade in infiniti attraversamenti interrotti dal via vai di carretti trainati da asini e taxi collettivi che strombazzano ed emettono dense scie di fumo nero impazzando già carichi dei loro coloratissimi clienti. Altri vicoli e piazzette sono pieni di altri bambini, dall’aspetto sporco e trascurato, intenti a giocare con sudici palloni bucati quando và bene , altrimenti con palle di stracci o lattine di plastica. Se ne deduce che almeno 2/3 dei giovanissimi non frequenta la scuola e passano le giornate a giocare negli spiazzi occupati dai rifiuti, a fare dell’accattonaggio e i più fortunati a fare qualche piccolo lavoretto soprattutto al villaggio dei pescatori dove si confondono nei cumuli di immondizia che incessantemente svolticano alla ricerca di qualcosa da “riciclare” se non da mangiare. Esistono infatti tanti negozietti nei quali giovani artisti creano le loro opere con materiali riciclati e non avete idea di cosa sono in grado di fare con un pettine rotto, un rasoio usato o qualche lattina di Cola.
La vista di tutti questi bimbetti è penosa ma è impensabile pensare di poter fare qualcosa per loro ; come in tutti i grandi centri Africani, quella dei bambini di strada è una piaga sociale che nonostante gli sforzi di tante organizzazioni provenienti da tutto il mondo, è difficile da debellare.
Passiamo in mezzo ad una grande bidonville di lamiere e tavole spezzate prima di imboccare il ponte in cemento dove sotto e in tutta la riva opposta, sono ormeggiate le barche in un’acqua stagnante densa di rifiuti che credo siano la seconda piaga delle città. Tutta la costa africana è incessantemente battuta da una leggera brezza che a giorni spira dall’oceano ed in altri, dalle infinite distese desertiche dell’interno e per questo ovunque si vada, è un continuo svolazzamento di laceri sacchetti marrone scuro, bottiglie ed altri contenitori in plastica che assediano le strade e la spiagge. Questo quadro così come ve l’ho descritto appare poco piacevole ma, dopo qualche giorno, ci si abitua e ben presto si finisce per non notarlo più tanto si è presi dal luogo, dai colori e dalle persone, dai profumi delle spezie e dalla puzza di pesce lasciato essiccare al sole e si finisce per camminarci in mezzo come se fosse una cosa normale.
L’isola dei pescatori è attraversata in tutta la sua lunghezza da un’unica strada principale che si dirama in tanti brevi vicoli che da un lato, da danno sul canale con le barche e dall’altro direttamente sulla spiaggia opposta, verso l’oceano. Le case, addossate l’una all’altra, sono tutte in pessime condizioni e le pareti scrostate lasciano intravedere i colori di un tempo che fù mentre i marciapiedi sono affollati di persone e merci.
A distanza regolare la strada è attraversata da rallentatori dall’altezza veramente esagerata come è esagerato il bordo dei marciapiedi ; in seguito vengo sapere che quei 30 cm servono ad impedire che le macchine invadano quella che anche loro chiamano area pedonale. Guardando la maggior parte delle auto che circolano e come vengono guidate, si capisce subito che quel gradino è l’unica salvezza per i pedoni che comunque attraversano incautamente e all’improvviso.
Cerchiamo un posto adatto per parcheggiare la moto ma dopo diverse soste riteniamo che sia poco sicuro oppure il marciapiede è troppo pieno di cose e persone quindi, procediamo ancora un po’ fino ad arrivare alla fila dei camion del pesce che, occupando quasi completamente la stretta via, ci impediscono di proseguire. Sulla destra c’è un vicolo che sembra entrare in una piazzetta ma, appena girato l’angolo, ci accorgiamo di essere finiti nello spiazzo della fabbrica del ghiaccio anch’esso occupato dai camion. Passiamo a fatica in mezzo mentre sopra le nostre teste, stanno volando cassette di pesce e ghiaccio che i pescatori si lanciano da camion a camion ; per terra, sul fondo di cemento pieno di buche ci sono quattro dita abbondanti di acqua putrescente che mi fanno rimpiangere il fatto di non indossare i miei TCX. I camion hanno delle valvole e quello che ne percola è “succo di pesce” che la compressione del ghiaccio fà scaturire in rivoli nauseabondi che si riversano sul terreno ; anche qui è impossibile fermarci e così torniamo a stento sulla strada principale e ci fermiamo davanti a quella che sembra essere una piccola officina per motori marini ; di fianco c’è un alto muro che nasconde chissà cosa e il marciapiede è sgombero. Ci arrampichiamo là sopra e ancora prima di spegnere il motore, si fanno avanti un paio di ragazzi sorridenti che dicono che si occuperanno delle nostre moto.
Contrattiamo il costo della prestazione mentre uno dei due è già andato a prendere una lunga panca di legno che posiziona di fianco e a protezione delle nostre moto; decidiamo che ci si può fidare e ci allontaniamo con i due seduti a ridere e scherzare.
Lungo il canale, sulla stretta spiaggia, ci sono centinaia di persone affaccendate a scaricare pesce o caricare reti e attrezzature. Il momento è di gran confusione in quanto chi arriva e chi parte per il mare crea una confusione pazzesca e tutti devono trovare il modo di muoversi tra mucchi di vecchie reti abbandonate, piccoli ripari dove in molti vivono e producono carbone di legna per l’affumicatura del pesce, montagne di conchiglioni svuotati e ovunque scarti di pesce tanto che la sabbia sembra essere composta per più della metà da squame. Ci sono anche molte piroghe rotte ed abbandonate che rendono ancora più difficile muoversi in quella confusione dove tutti fanno fatica anche a sentirsi e li costringe ad urlare. Sono tutti così occupati che non ci notano è così abbiamo modo di confonderci tra di loro riuscendo a scattare qualche foto anche se di nascosto. Più in là si sentono i colpi che i maestri d’ascia imprimono sulla travatura principale di una nuova piroga in costruzione mentre poco lontano si alza il fumo denso del catrame in ebollizione che viene utilizzato, insieme alle tele di vecchi pneumatici, per impermeabilizzare il fondo delle imbarcazioni. Le piroghe pronte a partire inneggiano canti propiziatori e gli imbarcati colpiscono a tempo il bordo delle imbarcazioni con pezzi di legno e alcuni con il piatto dei macete rendendo ancor più coreografica la scena ; quelle appena rientrate scaricano dalle loro profonde pance quantità incredibili di enormi pesci la maggior parte dei quali, pur abitando in un posto di mare, non avevo mai ne visto ne conosciuto mentre gli acquirenti dei negozi si azzuffano per accaparrarsi le forniture migliori … E’ davvero uno spettacolo incredibile, difficile da descrivere...
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Boxer Born
28-02-2012, 17:29
Rientriamo dal giro al villaggio dei pescatori mentre Cico e Fabio sono appena rientrati.
Ora i nostri documenti sono “a posto” anche se ci è costato circa 50 € a testa per ungere gli ingranaggi burocratici e Fabio, ha in mano un paio di H7 pagate poco più di 5 €. in valuta locale ; il CFA. Questa è la terza valuta che ci troviamo a gestire e fatichiamo abbastanza a distinguerne il valore in quanto facevamo appena in tempo ad abituarci ad una, che si passava in un nuovo stato e così, in mezzo alle nostre cose, abbiamo tre valute diverse e la separazione, soprattutto delle monete, diventa complicata. Un po’ come per i documenti che tra entrate ed uscite, vanno tutti separati accuratamente per non rischiare di andare nel pallone una volta giunti alle frontiere che non so perché, ma mi rendono sempre un po’ nervoso e in quel stato d’animo è facile incartarsi .
Attualmente il CFA Senegalese viene cambiato a 1 : 650, la Ouguya Mauritana a 1 : 350 e il Dirham Marocchino stà a 1 : 10.90 . Per fortuna qualcuno di noi ha ben pensato di portare una piccola calcolatrice che abbiamo dovuto usare quasi quotidianamente anche se negli ultimi giorni di viaggio, questa faticava a fare i calcoli in quanto piena di sabbia e polvere. Stessa cosa dicasi per i cellulari, macchine fotografiche e più in generale per tutte le piccole attrezzature elettroniche con le quali abbiamo avuto tutti dei piccoli problemi ma, come sempre, il WD40 ha fatto miracoli.
Sono ancora le 10,30 del mattino e così, decidiamo di cambiare le lampade dell’RT per poi farci un giro a piedi nella 1° isola ; la Ville Coloniale.
Uscendo dall’albergo, la strada che costeggia il canale e prosegue verso il ponte della 2° isola, ha sulla sinistra un muretto alto circa un metro e dietro di esso il canale crea una riva larga circa un paio di metri e lunga 400. Ebbene la gente che abita lì esce da baracche e case, arriva a metà strada e lancia il sacchetto dell’immondizia subito dietro il muretto che ormai per tutta la sua lunghezza, è diventato una fumante discarica permanente dove pascolano allegramente le capre e i gatti si contendono il territorio. Poco importa se nel frattempo macchine e persone stanno transitando; aprono la porta di casa, fanno due passi e lanciano, costringendo i passanti a chinarsi o indietreggiare per evitare il “missile” … L’ignoranza è una brutta bestia …
Intanto stormi di bimbetti giocano a pallone per strada mettendo delle pietre a mò di porta che le macchine (per fortuna poche in questa via ) al loro passaggio fanno a volte schizzare come proiettili sui muri delle case o sul muretto del canale nell’ilarità generale dei piccoli. In Senegal il calcio è molto seguito e secondo me è quasi una malattia ; sarà un caso ma ho notato viaggiando negli ultimi anni, che più la popolazione è povera ed ignorante e più si attacca in modo malsano a questo sport come si può anche vedere in nazioni che si definiscono “civili”. La maggior parte di questi bambini sono quotidianamente vestiti con magliette di famose squadre di calcio, soprattutto di quelle del campionato spagnolo ma non disdegnano quelle delle squadre italiane e quando al nostro passaggio si accorgono che è da lì che veniamo, ci seguono per in po’ continuando a ripetere Milan, Inter e Juventus … alcuni ci chiedono dei soldi e alla domanda sul perché non si trovino a scuola, scappano a gambe levate.
Qui la maggior parte dei giovani sogna di diventare un calciatore con quella visione distorta della maggior parte delle cose che arrivano dall’Europa e questo è un vero peccato.
Arriviamo al ponte dell’isola dei pescatori e guardando dall’altra parte, notiamo che la confusione è al massimo quindi decidiamo di visitare quella parte di Saint Louis dopo pranzo e procediamo nella visita della città coloniale che, nonostante gli sforzi dell’UNESCO tendenti al ripristino degli antichi palazzotti di costruzione spagnola e francese soprattutto per i caratteristici balconi in legno, non riescono a dare un’immagine ordinata. Comunque il colpo d’occhio nei vicoli è davvero notevole e il colore che fuoriesce dai negozi di artigianato locale, dà nel complesso un aspetto allegro.
Buona parte delle vie sono parzialmente insabbiate e su qualche vicolo malandato l’aspetto è un po’ triste ma l’allegria delle persone o meglio, la voce allegra e ridente delle persone che esce dalle piccole finestre e dagli ingressi bui dei portoni, controbilancia la situazione. In quest’ora della tarda mattinata le strade sono quasi deserte e i negozianti si affacciano al nostro passaggio ma per fortuna non ci assillano troppo e qualcuno risulta anche molto simpatico tanto da indurci ad entrare.
Le stoffe multicolori dalla trama finissima e lucida pendono dai soffitti e dalle pareti in un arcobaleno infinito mentre a terra, fanno bella mostra di sé un’infinità di terrecotte dai disegni semplici ma estremamente curati, contenitori metallici con manici a volute delicate vicine a statuette e animali anch’essi in bronzo . A completare il quadro c’è sempre un angolo con l’immancabile artigianato in legno di Ebano, molto simili ma molto più belli di quelli che si possono vedere anche in Italia nei mercatini dei “vucumprà”. Quasi tutti insistono sulla necessità di acquistare il “passaporto Senegalese” che altro non è che una piccola maschera in legno dipinta e decorata con perline e conchiglie ; proprio come quella che ho appesa davanti a me mentre stò scrivendo …
Dicono che il possesso della maschera dà diritto all’accesso e all’ospitalità in qualsiasi casa e al di là dell’oggetto, ho avuto modo di provare che la gente è sinceramente disposta ad accogliere con slancio gli stranieri e in cambio di due chiacchiere e l’immancabile regalino per i bimbi, si può gustare serenamente un buon tè alla menta e, se l’alchimia è buona, ci si può fermare anche a mangiare.
Questa predisposizione dei Senegalesi a vivere con mente e cuore aperto mi disorienta a causa della nostra ormai purtroppo radicata diffidenza che, non mi stancherò mai di ripetere, qui in Africa è un problema ; quindi colgo l’occasione per recepire il più possibile anche questo insegnamento che come sempre, solo le persone semplici ti sanno far capire come se fosse un’illuminazione.
Girovagando per le viuzze, ci si avvicina un ragazzo dai modi educati che ci consiglia un buon posto dove mangiare. Ha lavorato per quattro anni ad Amsterdam dove si è sposato ed ha messo al mondo un figlio ; le cose non sono andate bene ed è tornato al suo paese ma quando parla di quel bambino il sorriso gli muore sul viso e diventa malinconico. Và all’università studiando nella facoltà di Storia Antica ma nei ritagli di tempo prende lezioni di inglese e fà da guida ai turisti ; un suo amico possiede un calesse trainato da un cavallo come tanti se ne incontrano a Saint Louis e così, con questa specie di società, riesce a sbarcare il lunario per lui, i suoi due fratelli più giovani e sua madre.
Acconsentiamo a fare il tour così garbatamente proposto e ci diamo appuntamento per dopo pranzo quando ci sarebbe venuto a prendere davanti al ristorante.
La visita della Ville Coloniale dal calesse di lamiera verde bottiglia intarsiato da sgargianti disegni, diventa se possibile ancora più interessante e il nostro amico ci mostra le antiche ville consolari e le ambasciate ormai abbandonate e decadenti in quanto da parecchi anni si sono spostati giù a Dakar, nella capitale. Gli zoccoli del cavallo riecheggiano quando trotterella sulla strada libera dalla sabbia e le vie nel primo pomeriggio assolato, sono semideserte rendendo l’atmosfera ancora più magica. Ci racconta un’infinità di aneddoti su quelle antiche case e passeremo un’ora veramente piacevole. Passiamo davanti alla vecchia ambasciata spagnola che è in fase di ristrutturazione; dice che sono anni che si trova in quello stato così fasciata di impalcature pericolanti e cornicioni franati. Dice anche che la Spagna manda i soldi ma l’amministrazione cittadina se li mangia tutti e allora noi ridendo, gli parliamo della Salerno -Reggio Calabria, di ospedali ed altre infrastrutture iniziate e mai finite … Lui finge di capire e sorride annuendo. A un certo punto il calesse svolta sul ponte dell’isola dei pescatori e arrivati dall’altra parte ci accoglie un silenzio innaturale ; è l’ora della preghiera. Sull’alto marciapiede alla destra della strada, quello rivolto verso la Mecca, tutte le persone sono disposte in una interminabile fila ; grandi e bambini sono impegnati nelle loro genuflessioni scandite dalla gracchiante voce del Muezzin che cantilena da un minareto lontano. Il calesse non si arresta e nel silenzio assoluto continuiamo per la nostra strada ; noi ci facciamo piccini piccini come per dimostrare segno di rispetto in quel loro momento di preghiera. Svoltati in un’altra via riprendo la parola e gli chiedo il motivo dell’ora inconsueta per la preghiera. Dice che l’Imam dell’isola ha dovuto modificare l’orario delle preghiere basandosi sui tempi della vita dei pescatori … Segno dei tempi e del progresso che avanza …
Il giro è ormai alla conclusione ma prima di riaccompagnarci all’albergo ci fermiamo davanti al Souk dell’isola nel quale entriamo. E’ un lurido groviglio scuro di bazar e attività dove non si riesce a percepire l’inizio di una e la fine dell’altra. Tra una fila e l’altra sono tirate delle polverose coperte, lamiere, vecchi tappeti sdruciti e teli di plastica verde scuro tanto che gli occhi ci mettono un po’ ad abituarsi alla poca luce. Calzolai, sarti con i ferri da stiro a carbone, venditori di spezie e sempre accanto i guaritori con i loro intrugli, bazar di alimentari e botteghe di abbigliamento dove nella maggior parte dei casi, fanno la stridente mostra di sé le magliette dei calciatori e le scarpe Nike. Venditori di carne e di pesce senza frigoriferi dove le mosche la fanno da padrone, venditori di farine e panettieri con infiniti tipi di pane dall’odore delizioso … Anche questa è l’Africa ...
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Boxer Born
29-02-2012, 19:10
Nel Souk dell’isola dei pescatori decido di acquistare un paio di t-shirt per mio figlio ma, per quanto mi sforzo nel tentativo di trovarle, i commercianti non fanno altro che offrirmi magliette di squadre di calcio o quelle delle più note ditte sportive e questo mi innervosisce un po’. Possibile che non si riesce a trovare qualche t-shirt con un disegno simpatico e la scritta Senegal, piuttosto che Dakar o che so io?? Cerco di spiegargli che i turisti non cercano questi tipi di articoli perchè ne hanno le case piene ; mi guardano sconsolati e fanno spallucce rispondendo che nessun turista entra lì dentro … Sì, forse pretendo davvero troppo ma non demordo e chiedo alla nostra guida che in men che non si dica mobilita mezzo souk e mi dice di aspettare dove mi trovo. Nell’attesa, la mia attenzione viene attirata da una botteguccia in cui vengono creati monili e preziosi in oro, argento e corallo, impreziositi nella composizione da parti in ebano, terra cotta ed altre svariate pietre naturali. Entro nella bottega che è un lungo e scuro budello largo al massimo un metro e venti e in fondo, molto in fondo, un baffuto e sorridente artigiano mi invita a guardare nelle vetrinette. Ora io non mi intendo molto di oreficeria ma sono convinto che le nostre donne impazzirebbero in un posto del genere. Oltre ad una lunga sequela di articoli dall’aspetto prevalentemente ridondante come in uso nel nord-Africa, ce ne sono altri di fattura deliziosa, dal montaggio e dagli accostamenti di colore veramente molto moderni e dal gusto europeo ; altri tipicamente africani.
In ogni posto che sono andato nei miei precedenti viaggi, ho acquistato un braccialetto; di quelli semplici in cuoio intrecciato ed alcuni,essendo veramente semplici, non hanno una chiusura e sono legati a doppio nodo ; tuttora ne indosso alcuni da svariati anni. Decido che per questo viaggio ci vuole qualcosa di più serio e mi invaghisco di un bracciale in argento che pur nel disegno semplicissimo è abbastanza pesante. Il commerciante è mauritano e sarà senz'altro un osso duro … i senegalesi sono gente pacifica e di animo buono ed è difficile che ne incontrerete qualcuno che venda cose di un certo valore dove la furbizia e il senso degli affari diventano caratteristiche necessarie ; caratteristiche che invece abbondano nei mauritani e ce ne siamo accorti quando abbiamo soggiornato nel loro paese dove ci hanno praticamente “spellati” ; tutto esageratamente troppo caro.
Devo aspettare la guida e avendo tempo, mi impegno in quel fantastico gioco delle parti che solo gli africani amano condurre in una trattativa estenuante fatta di ultimatum, alzate di voce, velate offese, spinte figurate e finte uscite, pacche sulle spalle e strette di mano fino a che una discreta folla di persone si accalca sul minuscolo ingresso e tra le teste fà capolino quella della guida che con una mano agita un sacchetto con un paio di magliette colorate. Non riesce a resistere e con grande felicità entra e conclude per me la trattativa che era giunta ad un punto morto; il commerciante cede solo perché gli viene riferito che ho fatto altri acquisti nel souk e la prova stà nelle mani della guida.
Un’altra bella esperienza da ricordare.
Le magliette sono proprio come le cercavo anche se il prezzo è evidentemente più alto del normale ; con quello che ho risparmiato (?) nel bracciale, non faccio polemiche e pago.
Mentre il sole comincia ad abbassarsi la guida ci invita a casa sua per prendere un the e dopo un certo numero di zig-zag e svicolamenti, usciamo dalla pancia buia del souk e torniamo a respirare la brezza marina. Ci troviamo su una strada in un punto indefinito e dopo aver attraversato una via piena di donne intente alla fabbricazione e all’imballaggio del carbone di legna, arriviamo ad un portone di legno malandato su un alto muro con finestre solo al primo piano ; entriamo …
Oltre il portone c’è uno stretto corridoio a cielo aperto nel quale si affacciano diverse porte ; appena entrati, sulla destra, il solaio del primo piano è crollato e all’interno di quella che era un’abitazione e in mezzo alle macerie, trovano ricovero alcune capre ed una pecora che fungono da riserva alimentare degli abitanti della casa. In questo vecchio stabile abitano cinque famiglie che fanno parte della stessa parentela e nel silenzio ovattato, da dietro le tende degli ingressi si sentono le voci sommesse delle persone e qualche pianto di bambino. Al nostro arrivo escono quasi tutti insieme a darci il benvenuto e a parte un paio di anziane signore, sono tutti molto giovani. Nel corridoio a cielo aperto vengono stese delle stuoie mentre qualcun altro è impegnato nell’accensione del fornelletto a carbone che dopo dense volute di fumo è pronto a riscaldare la teiera in metallo lucido. Nell’attesa vengono distribuiti a caso alcuni cuscini e, in posizione semisdraiata, chiacchieriamo e scherziamo con i piccoli della casa mentre la nostra guida non dimenticando le abitudini di Amsterdam è intento ad arrotolarne una. Rifiutiamo avendone perso l’abitudine secoli fà e lui con molta discrezione si apparta in una stanzina attigua e ne esce con un’espressione rilassata qualche minuto più tardi : anche oggi a fatto il suo dovere e ha portato il pane a casa.
Il rito del the è una cosa importante e viene eseguito con movimenti inalterati nel corso dei secoli ; sarà per questo che quando lo fanno loro si crea quella schiumetta persistente che rimane sul fondo del bicchiere. Io dopo averne bevuto degli ettolitri non sono mai riuscito a schiumarlo quel tanto che basta per arrivare al secondo sorso. La schiuma ha il duplice scopo di evidenziare la qualità del the e di fare da filtro ad una certa quantità di fibre che dalla teiera si riversano inevitabilmente nel bicchiere. L’acqua, il the, la menta e lo zucchero grezzo vengono riscaldati al calor bianco sui fornelletti a carbone e dopo una lunga ebollizione, con gesti abili e sicuri, viene fatto zampillare dall’alto all’interno dei bicchieri disposti in circolo su un vassoio intarsiato per poi essere di nuovo travasato nella teiera a ripetere diverse volte la sequenza e ho capito che non è la quantità dei travasi a fare la differenza ma la qualità. Quasi sempre, mentre sono occupati nella lenta e calma preparazione che eseguono con gesti eleganti, canticchiano una canzoncina a fior di labbra.
Solitamente se ne bevono tre bicchieri ; il primo è forte e bollente, da uomini, e và bevuto con calma, sorseggiandolo mentre si parla. Il secondo, denso e dolcissimo, è quello delle donne e và bevuto in un paio di sorsi. Il terzo è tiepido e molto aromatico e serve ad augurare una buona prosecuzione del viaggio e preannuncia il commiato. Restiamo non so quanto tempo in quell’atmosfera tranquilla, quasi familiare; sono tutti dei perfetti sconosciuti eppure mi sorprendo a provare dei sentimenti affettuosi nei loro confronti, come se li conoscessi da sempre e mi sento bene, a mio agio.
Finiamo l’ultimo the mentre la striscia di cielo sopra le nostre teste diventa rossa preannunciando la fine di questa stupenda giornata. Ci alziamo e dopo calorosi abbracci e parole di stima, usciamo a malincuore da quella casa ritrovandoci nel vicolo ancora accompagnati dalla guida che dopo un po’ ci saluta e prosegue per la sua strada scomparendo dietro un angolo, garbatamente, così come era arrivato ...
Domani il nostro viaggio prosegue ma, come consigliato da Cico, non ci dirigiamo direttamente a Dakar ma proseguiremo un centinaio di chilometri più a sud, sotto Mbour, dove le spiagge sono più belle e gli alberghi meno costosi. Sono contento di questa decisione perché arrivare a Dakar segna un po’ la fine di questo viaggio anche se si tratta del “giro di boa” ed io, proprio non ho voglia di pensare al ritorno ; sarà la temperatura, il sole, la gente … io qui stò troooppo bene ...
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matteo10
29-02-2012, 19:30
Le foto parlano, complimenti davvero per lo splendido viaggio e il bellissimo report. :!:
Boxer Born
29-02-2012, 21:40
Grazie matteo 10,
sono contento che questi miei racconti ti piacciono.
Boxer Born
01-03-2012, 17:52
Il mattino presto finiamo di preparare i bagagli e nell’attesa che apra la sala colazioni al 3° piano, scendiamo a caricare le moto ; pronti alla partenza. Ci dispiace un po’ lasciare Saint Louis ma il viaggio continua ed oggi proseguiremo giù, fino a Dakar, e oltre.
Sono le sette del mattino e la saletta sul tetto con le vetrate ha appena aperto i battenti mentre alcuni inservienti assonnati si aggirano per i tavoli e sul buffet, intenti a preparare la colazione. Il silos elettrico del caffé non è ancora sufficientemente caldo e così , usciamo sulla piccola terrazza a goderci dall’alto e per l’ultima volta lo spettacolo che ogni giorno viene allestito sulla riva opposta del canale nell’isola dei pescatori.
Il cielo è leggermente velato e si confonde con il colore dell’acqua che appare di un bel grigio-azzurro , le imbarcazioni colorate che prendono il mare sono illuminate dai primi raggi obliqui del sole e assumono un aspetto quasi irreale così come sembrano fluttuare nell’aria mentre i rumori e la confusione della riva opposta non riescono ad arrivare fino a noi. C’è una leggera brezza proveniente dal mare e a ondate ci arrivano i canti dei pescatori sulle piroghe ; sembra quasi che il loro canto esca dalle morbide onde che si infrangono nella riva, al di là della strada sotto di noi …
L’inserviente spalanca la porta della terrazza e sorridendo ci invita ai tavoli dove si è già accomodata una famigliola di colore ; una coppia sui quaranta elegantissimi e curati nell’aspetto, parlano sommessamente con la loro bambina che si aggira vicino al tavolo del buffet con fare adulto ed educato.
Guardo per un attimo la mia polverosa tuta da moto e gli stivali mentre passo davanti al loro tavolo accennando un timido “Bonjour”, come a scusarmi per il nostro aspetto ; sorridono e ci guardano mentre noi ci accomodiamo dalla parte opposta ridacchiando tra il divertito e l’imbarazzato.
La colazione è di tipo europeo con tutto quello che si può trovare in qualsiasi albergo ma su tutto, spicca la qualità del pane e dei Croissant che sono di un profumo e di una fragranza unica. In realtà tutta la parte di Africa che ho visitato dispone di una panificazione eccezionale che prende le sue origini da quella francese. Oltre alla tradizionale Baguette, ne producono un’infinità di altri tipi differenti nella forma e nel sapore che è molto diverso da tipo a tipo pur non essendo aromatizzato. La differente miscellanea di farine produce sapori completamente diversi e ovunque si vada, il pane è sempre buono.
Solo in Mauritania abbiamo trovato il pane poco gradevole ; piccoli panini allungati attaccati l’uno all’altro, dal colore bruno e con una crosticina morbida ; mangiandolo si sentono gli scricchiolii della sabbia e il sapore è sempre polveroso. Questo la dice lunga sul grado di igiene alimentare che vige da quelle parti.
Oggi non dovremo fare tanta strada, circa 250 / 280 chilometri. Ci dilunghiamo in un’abbondante colazione e quando siamo al distributore per il pieno sono già le 8.30, nella periferia della città si stà alzando un vento teso. Purtroppo quella del vento è stata quasi una costante in questo viaggio e ci ha fatto soffrire parecchio in quanto è sempre stato laterale o di fronte ; sia all’andata che al ritorno.
Oltre al disagio di viaggiare con forti venti laterali si deve aggiungere l’enorme aumento dei consumi delle nostre moto. In condizione ventosa, il mio Gs non è mai riuscito a percorrere più di 240 km con un pieno, arrivando a punte minime di 220 km quando normalmente supera abbondantemente i 300 km. Me ne sono accorto da subito, quando sbarcato a Tangeri e imboccato l’autostrada in direzione Marrakhesc con forte vento frontale e prevalentemente in leggera salita, arrivo all’altezza di Kenitra con il computer di bordo che segnala la riserva e, non avendo percorso nemmeno 200 km, penso ad un errore e proseguo. Tengo comunque d’occhio il display e mi accorgo che l’autonomia residua scende in modo contrastante ai chilometri percorsi così decido di fermarmi a controllare. Apro il serbatoio e quello che esce dal foro scuotendo la moto è un sinistro suono cavernoso. Le taniche supplementari sono ancora vuote e pur percorrendo un’autostrada, le stazioni di servizio sono molto distanti l’una dall’altra ma per fortuna facciamo ancora in tempo a prendere l’uscita di Kenitra e arriverò al distributore con 2 km di autonomia residua. In seguito, per tutto il viaggio a parte il nord del Marocco e il Senegal sono dovuto ricorrere diverse volte ai miei tank che hanno fatto egregiamente il loro sporco lavoro. Sporco perché ad ogni pieno fatto con quelle pompe scassate, venivamo letteralmente dilavati con la benzina che usciva a fiotti dal serbatoio e dalle taniche in quanto quasi tutti gli erogatori avevano il meccanismo del blocco pompa avariato e la maggior parte non sapevano neanche che cosa fosse. Abbiamo visto benzine di tutti i colori : da quelle quasi trasparenti del Sahara Occidentale a quelle rosso mirtillo della Mauritania che oltre ad essere poverissime di ottani facendo bestemmiare le valvole, lasciava sul serbatoio e sui vestiti un odore persistente e un deposito denso, colorato e oleoso … al ritorno prevedo un tagliando mooolto costoso …!
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Anche la gente dei paesi che abbiamo attraversato dice che è atipico questo forte vento quasi continuo ; normalmente ci sono giorni di tempesta seguiti da lunghi periodi di calma relativa ma, da un paio d’anni, anche la loro situazione meteorologica è cambiata. La quantità di acqua che cade nelle sporadiche piogge è aumentata esageratamente e non essendo abituati, non dispongono di canali sufficientemente pronti ad arginare questa nuova situazione e spesso si ritrovano con vaste aree allagate anche se per pochissimo tempo. L’inverno è diventato più rigido procurandogli i tipici mali da raffreddamento che fino a pochi anni fà non conoscevano.
Io mi sento un po’ come i turisti tedeschi quando alla fine di Aprile, scendevano in riviera con maglietta, pantaloncini e sandali. Nonostante i 28° l’aria è fresca e loro sono vestiti con abiti pesanti mentre noi che siamo abituati, stiamo benissimo in maglietta.
Credevo di essermi lasciato alle spalle i territori desertici ed invece, ci ritroviamo a guidare in una savana secca e irta di acacie spinose mentre in lontananza si cominciano a scorgere le sagome di colossali Baobab velati dalla polvere alzata dal vento . La rotta che seguiamo ci porta verso Thies, una grande città che proprio per questo, decidiamo di non attraversare e anzi, la mappa indica una specie di circonvallazione che aggira la città e ci permetterà di evitare il caos …
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max800gs
02-03-2012, 13:16
Bello bellissimo! Continua io faccio copia e incolla e appena finito pubblicherò un libro con i tuoi racconti e foto , ovvio ti darò una piccola percentuale sui profitti.!!!
A presto ciao boxer
Boxer Born
02-03-2012, 18:33
Grande Max !!!
Non credo di essere all'altezza per fare quello che tu dici ma se ti và di rischiare ...
Mi metto davanti alla tastiera e cerco di condividere alcune delle tante emozioni che ho avuto la fortuna di provare in questo viaggio.
Boxer Born
02-03-2012, 21:58
… La strada è a tratti insabbiata e spazzata dal vento.
Anche oggi incontriamo qualche carcassa di animale sul bordo della strada ma adesso c’è una novità che dà la misura di quanto stiamo scendendo a sud; nel cuore dell’Africa nera.
In lontananza vedo una sagoma scura e penso ad un asino che se ne stà pigramente sdraiato all’ombra di un’acacia e man mano che mi avvicino con cautela per scongiurare come sovente avviene i repentini attraversamenti, la sagoma scura appare strana, quasi brulicante. Sono ormai a 50 metri dall’asino quando tutto d’un tratto, questo si alza in volo e stupito, faccio il mio primo incontro con questo temibile animale : l’ Avvoltoio.
Ci fermiamo immediatamente dopo la carcassa di una Antilocapra e scendendo al volo, cerchiamo di fare qualche foto agli enormi uccelli che per niente intimiditi, si sono posati sopra e sotto una grossa Acacia una ventina di metri più in là e ci stanno osservando guardinghi con il collo e la testa abbassati e le ali semiaperte in un atteggiamento che a noi sembra minaccioso. Sono proprio enormi, ma le basse Acacie davanti a noi ci impediscono una inquadratura decente e così ci muoviamo molto lentamente verso di loro cercando il più possibile di evitare movimenti bruschi e rimanendo nascosti dietro gli esili tronchi. E’ un momento molto emozionante ; è la prima volta che mi cimento nella caccia fotografica e l’adrenalina è a mille anche perché adesso siamo veramente vicini e possiamo vederne chiaramente le striature del ruvido piumaggio e l’occhio vigile e attento. L’incanto dura pochi attimi poiché come se si fossero dati un muto segnale di allarme, quelli sulla chioma volano sull’albero successivo mentre quelli rimasti a terra zampettano di sghembo e in modo sgraziato più avanti, guardandosi alle spalle e senza perdere di vista la carcassa.
Tentiamo ancora la manovra di avvicinamento ma ormai si sono innervositi e ogni volta, la distanza si fà sempre più lunga. Scattiamo qualche foto e torniamo sulla strada.
Proseguiamo e dopo un po’, le balise ai lati della strada indicano che mancano poco più di cento chilometri a Dakar quindi decidiamo di fermarci a quella dei cento dove ci avremmo fatto sopra il nostro caffè e scattato qualche foto ; non come abbiamo fatto con il Tropico del Cancro.
Eravamo a sud del Sahara occidentale e avevamo lasciato Dakhla da una cinquantina di chilometri diretti verso Nouadibou, la prima città che si incontra entrando in Mauritania. Sul lato della strada c’è una pietra posata a terra, scritta malamente con della vernice azzurra che dice “Tropique du Cancer” e poco più avanti altre con scritto “Arretè Vous !!” ; rallentiamo ma pensiamo ad uno scherzo o ad uno stratagemma per fermare i turisti e tentare di appiccicargli qualche oggetto ma, sebbene non ci fosse nessuno nei paraggi, proseguiamo con la fretta di superare il confine. Quando ci siamo resi conto dell’errore eravamo già un centinaio di chilometri più avanti e ci siamo dati i pugni in testa a vicenda.
Al ritorno passeremo di lì con un altro stato d’animo e l’ultima cosa che ci sarebbe venuta in mente, sarebbe stata quella di fermarsi a fare delle fotografie … Peccato, ci sarà un’altra occasione.
Avvicinandosi a Thies la strada diventa a “quattro corsie” e la cosa ci fa sorridere.
Tutte le strade sono abbastanza rialzate rispetto al terreno e quando la strada fù costruita, vennero spianati malamente anche i due lati della strada lasciando a intervalli regolari i mucchi di terra. Per la pericolosità dei lunghi rettilinei la gente a piedi e con i carri trainati ha preso l’abitudine di passare in quelle piste e con il tempo i mucchi di terra rossa come quella dei campi da tennis si sono arrotondati
come panettoni e i carri hanno lasciato solchi profondi ; ridiamo sul fatto che i conduttori potrebbero addormentarsi e andare avanti per ore dentro quei binari. Anche i ragazzi passano di lì e ci troviamo a passare in mezzo a due file quasi interminabili di giovani che stanno andando a scuola e tutti ci salutano o battono le mani o alzano il pollice. Qualcuno dei più piccoli fà il verso di tirarci un sasso ma è solo uno scherzo perché lo fanno ridendo e a mano vuota ; ci spiegheranno poco dopo che la scuola inizia a mezzogiorno per permettere quelli che abitano a molti chilometri di distanza di frequentare le lezioni.
Nel frattempo la balise dei 100 chilometri a Dakar è davanti a noi e ci fermiamo per festeggiare simbolicamente il traguardo. Baci, abbracci e pacche sulle spalle mentre i ragazzi si fermano incuriositi a chiacchierare. Dopo un pò ci chiedono esplicitamente di essere fotografati con noi vicino alle nostre moto e la cosa ci sorprende non poco in quanto fino ad ora, siamo stati costretti a “rubare” le fotografie con soggetti umani che solitamente si arrabbiano moltissimo quando si accorgono di essere inquadrati ; i bambini si coprono il viso e le donne per quanto velate si girano dall’altra parte infuriate, urlando chissà quali improperi. Ho sentito dire che gli anziani insegnano ai nipotini di non farsi fotografare perché quando gli europei li inquadrano, nello stesso istante gli rubano l’anima e senza di quella Allha è costretto a gettarli in un limbo pauroso. Sembra che questa favoletta abbia molta presa sulla maggior parte dei bambini e forse questo è un bene se pensiamo a che razza di persone si aggirano tra i turisti. Comunque questa fobia si nota soprattutto in nord Africa dove anche i non più giovanissimi evitano l’inquadratura ma qui il discorso è diverso e in molti casi penso che sia più da attribuire ai loro trascorsi all’estero e hanno paura di essere identificati ; dovreste vedere che facce !!
Per quello che riguarda le strutture, i ponti, le macerie e qualsiasi altra cosa di costruito, c’è sempre qualcuno che si avvicina ammonendoti che è vietato e così, capirete come sia difficile fare dei buoni scatti non avendo il tempo ne per eseguirli, ne di conoscere la gente ed entrare un po’ in amicizia perché, se si riesce a fare questo, tutte le foto sono possibili.
A parte il colore della pelle, i ragazzi e le ragazze somigliano molto ai nostri studenti sia per come si vestono che per come si muovono e tra quelli che si sono fermati con noi, spicca una ragazza dai lineamenti molto belli ma la cosa che fa specie, sono i suoi jeans di un bianco candido. Più tardi durante il viaggio, mi sorprenderò a ripensare a lei e mi piace credere che sicuramente sarebbe tornata a casa la sera con i pantaloni ancora immacolati.
Siamo ormai alle porte di Thies e come da mappa, aggiriamo la città svoltando a destra e passiamo davanti ad una enorme moschea in costruzione tutta in cemento armato dalle dimensioni incalcolabili.
L’architettura è quella tipica data dai dettami mussulmani ma dalle curvature dolci si nota un tratto molto moderno, quasi avveniristico e nel complesso nonostante le dimensioni risulta gradevole.
Dalla parte opposta c’è una enorme spianata dove è stato posizionato un grande palco nel quale si affaccendano una quantità di tecnici nell’allestimento delle luci. Dai cartelloni appesi agli alberi sembra che vi si svolgerà un festival internazionale di musica africana e già nutriti gruppi di giovani si accalcano sotto il palco nonostante il sole cocente.
Thies deve essere veramente grande perché la strada continua per molti chilometri in un morbido e lunghissimo semicerchio e in mezzo alla bruma, sulla sinistra, si vede la sagoma della città.
Più avanti in lontananza c’e un’altra spianata piena di puntini bianchi e penso che sia il solito cimitero a cielo aperto ma avvicinandomi, vedo che i puntini bianchi non sono lapidi ma piccoli casottini con la parte superiore inclinata e uno sportello rosso ruggine ; dietro la spianata una zona residenziale di nuova costruzione e dall’aspetto ordinato e piacevole. Le costruzioni sono tutte a due piani, del tipo villetta a schiera e anche qui l’architettura è di stile moderno anche se nel rispetto dei canoni africani. Sono tutte con il tetto a terrazza e i colori sono quelli della terra che si integrano alla perfezione nel territorio circostante conferendo un’immagine da ricercato villaggio turistico. Credo che molti dei nostri famosi architetti avrebbero qualcosa da imparare sotto questo aspetto : semplicità, funzionalità e soprattutto grande fruibilità ; le nuove urbanizzazioni di pianta quadrangolare sono servite da grandi strade interne paragonabili in dimensione alle nostre superstrade.
Per quanto riguarda i casottini bianchi dallo sportello rosso, altro non sono che gli allacci all’acqua e all’ energia elettrica ; questi minuscoli appezzamenti servono alla costruzione di case unifamiliari. Qualche giorno più tardi mi spiegheranno il singolare funzionamento di queste nuove aree edificate :
La totalità dei terreni disponibili sono di proprietà del demanio salvo qualche rara eccezione e l’autorità del luogo decide come, dove, quando e a chi far costruire le palazzine che rimangono di proprietà comunale per poi essere vendute e affittate a prezzi molto abbordabili. Queste palazzine sono per chi può permettersi l’acquisto o ha un lavoro sufficientemente fisso da pagare l’affitto. I piccoli appezzamenti invece sono per i poveri che si mettono in lista di attesa e ai quali questi terreni vengono donati con la clausola che impone la costruzione della casa entro cinque anni. Questa operazione serve a sgomberare i centri cittadini dalle vecchie e malandate baracche occupate dai poveri e al loro posto vengono costruite banche, uffici, centri commerciali ecc .
Se ci si ragiona un attimo si capisce che questo sistema si presta un po’ troppo alla corruzione e ai favoritismi ma per il momento ottiene il duplice risultato di avere da un lato delle città più ordinate e con più servizi per la comunità ed dall’altro, di ridare dignità alla moltitudine di estremamente poveri.
Temo però che nel giro di qualche anno queste aree si trasformeranno in nuovi ghetti in quanto chi popolerà quelle case non dispone né di sufficiente cultura né di senso civico per mantenerle in maniera decorosa e così, tutto rincomincerà daccapo. Spero tanto di sbagliarmi.
Anche qui il progresso fà passi da gigante portandosi dietro anche tutto quel fardello di ingiustizie che anche noi, malgrado la dichiarata civiltà, conosciamo ….
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Boxer Born
04-03-2012, 10:41
Sbagliamo la deviazione per Mbour che è subito prima di entrare nella penisola di Dakar e la polizia ci ferma. Dakar è ancora parecchie decine di chilometri più avanti ma negli anni la periferia si è estesa in maniera disordinata inglobando anche la città di Rufisque e così da questo punto in poi, le abitazioni si susseguono senza soluzione di continuità per una sessantina di chilometri fino alla capitale.
Il militare è un uomo robusto con la testa calva coperta da un basco verde e buona parte del viso è nascosta da un paio di Ray Ban a specchio dalla montatura color oro ; un brutto muso. Non posso fare a meno di notare la sua pelle levigatissima , ricoperta da un leggero strato di polvere solcata da qualche rivolo di sudore. A differenza di tutte le altre volte che ci hanno fermato questi non è ne cortese ne simpatico e si rivolge a noi bruscamente con un’espressione di pietra ; ci chiede rudemente i documenti e immagino che ora iniziano i guai. Da una baracca al bordo della strada che poteva benissimo essere il ricovero delle pecore si sente un fischio e dall’ombra esce il collega che fà un gesto con il braccio come per dire : ma lasciali in pace ! Non gli rompere i C …!
Ray Ban non si gira nemmeno, resta in piedi davanti a noi con le gambe divaricate e tamburella sul palmo della mano il primo passaporto che gli era stato consegnato mantenendo impassibile la stessa espressione marmorea … I secondi passano …
La strada di fianco a noi è preda di un traffico infernale ; un carretto trainato da un asino scarta improvvisamente verso il centro della carreggiata e il piccolo e malandato minibus che lo segue è costretto a frenare bruscamente ma si inchioda soltanto la ruota anteriore sinistra. Il mezzo devia con la gomma fumante salendo sullo stretto ed alto marciapiede centrale rischiando di cappottarsi mentre si alza una enorme e densa nuvola di polvere grigia che ci fa pensare al peggio. L’animale terrorizzato e con gli occhi fuori dalla testa ormai non risponde più a nessun comando e nonostante il conduttore lo bastoni come un forsennato, scarta di nuovo repentinamente perdendo una buona metà del carico e provocando il caos più totale.
Ray Ban lancia il passaporto e strappandosi il basco dalla testa si dirige a lunghe falcate verso il gruppo di persone che si stà formato qualche decina di metri più in là. Il collega è uscito di un passo dalla baracca mentre l’aria vibra di clacson e nell’attimo che si gira dalla mia parte, legge il labiale che dice “Mbour”; fa un cerchio in aria con il dito e poi indica nervosamente un punto dietro di noi mentre indossa il basco e a sua volta si dirige verso il luogo dell’incidente. Sono proprio felice che almeno per oggi non dovremo proseguire per quella strada . Lo stretto marciapiede nel mezzo è troppo alto per essere scavalcato con le moto e siamo costretti a passare di fianco al carretto mentre Ray Ban stà abbaiando sul viso del malcapitato e con una mano lo tiene semi-sospeso per il colletto della giacca...
Di scene come quella che ho appena descritto se ne vedono continuamente ; basta appostarsi in luogo sicuro lungo una strada trafficata e non ci sarà molto da attendere. La gente guida veramente molto male ma dalla loro c’è il fatto che per la qualità dei mezzi, le velocità sono piuttosto basse e questo gioca a nostro sfavore in quanto siamo costretti a sorpassare quasi continuamente. Per paura delle buche o di quant’altro si muova ai bordi della strada, guidano nel mezzo ma di distraggono, guardano in giro, e spesso sono attaccati al telefono. Le convergenze sopraffine dei loro mezzi li porta piano piano o contromano o contro qualche ostacolo sul lato e spesso mi trovo a urlare nel casco: … Eccolo … Eccolooo!!!! tra nuvolosi di polvere e clacson impazziti.
Tornando indietro brevemente intercettiamo la deviazione per Mbour e la strada torna di nuovo tranquilla ; tiro un sospiro di sollievo. Il paesaggio è sempre quello della savana ma procedendo verso Mbour diventa più boscoso e la strada si adagia su basse colline sempre mantenendo la sua andatura rettilinea. Nella corsia opposta transitano dei camion, molti dei quali hanno il carico pieno di boccioni azzurri di acqua minerale del più grande stabilimento del paese ; la Kirene. Altri sono carichi di terra, sabbia o pietre piuttosto che ortaggi o prodotti chimici per la pulizia e sono tutti diretti verso la capitale per soddisfare le esigenze di diversi milioni di persone.
Mezzogiorno è passato da parecchio tempo e la fame ci attanaglia così, decidiamo di fermarci.
Abbiamo sempre fame e devo dire che se c’è una cosa che davvero non ci è mai mancata in questo viaggio è il cibo. Per precauzione nei miei viaggi porto sempre con me delle barrette energetiche e in diverse occasioni, si sono rivelate davvero utili ma questa volta, ne ho riportato a casa più della metà.
E dire che quando prima di partire le avevo assaggiate, mi erano sembrate buonissime con quel morbido ripieno di mirtilli ; dopo venti giorni di cucina africana ho provato per sfizio a mangiarne una e il suo sapore era … come dire … terribilmente sintetico.
Nonostante diversi giorni molto faticosi nei quali si arrivava alla sera davvero spossati con un’enorme dispendio di energie, credo che in questo viaggio io sia riuscito addirittura a prendere almeno un chilo.
Un viaggio come questo implica degli spostamenti piuttosto lunghi per cui quando ci si ferma a mangiare si trovano sempre piatti diversi e normalmente ti propongono quello che gli riesce meglio.
In altri casi, quando il menù era intelligibile in quanto scritto in lingua locale, mi guardavo intorno ad osservare quello che prendevano gli altri ; non ci siamo mai sbagliati. A parte qualche resistenza della zavorrina nei confronti della Curcuma, ci siamo sempre gustato tutto. Ovviamente bisogna essere tremendamente curiosi in fatto di cucina e non bisogna soffermarsi troppo a guardare la pulizia del locale o ad analizzare i bicchieri perennemente appannati o anche a contare le mosche che si posano sul piatto, sulle mani e sul viso. Una giorno a pranzo, stavo fissando un mio compagno di viaggio che era seduto davanti a me intento a sgranocchiare un piatto di crostacei e mi chiedevo come non potesse essere infastidito dalla quantità di mosche che erano posate sul suo viso. Accortosi dello sguardo insistente e incuriosito mi apostrofa con uno scherzoso “ … zzo vuoi ?” e cosi lo metto al corrente di quello che stà accadendo sulla sua faccia ; lui ridendo a bocca piena risponde che è meglio che penso per la mia.
Guardando con avidità i documentari trasmessi in televisione, ho sempre cercato di immaginare a quale specie di supplizio siano quotidianamente sottoposte le persone a causa delle mosche e, adesso che ci sono dentro, mi accorgo che la loro invadenza è sì fastidiosa ma molto meno di quanto si possa pensare. E’ chiaro che si tratta di una razza molto diversa da quelle che ormai raramente ( per fortuna ) si trovano da noi ; sono molto più piccole e hanno sviluppato la capacità di camminare sulla pelle in modo quasi impercettibile tranne quando, essendo ghiotte di sale, si infilano negli occhi o passeggiano sulle orecchie. Dopo un po’ ci si abitua anche a questo e più di una volta, in altre situazioni, mi sono stupito nel constatare il livello del mio spirito di adattamento o di resistenza alla fatica.
Ci fermiamo quindi per mangiare in un breve paesino con le case “adagiate” disordinatamente ai lati della strada. La nostra attenzione è stata attratta dallo spazioso parcheggio di sabbia e dal porticato con qualche tavolo sotto la costruzione in muratura che mostra con orgoglio un’insegna che dice “Cafè Restaurant ouvert 24 sur 24”. Parcheggiamo e ci incamminiamo sotto il porticato ; l’ingresso alla sala ristorante ha due serrande avvolgibili in lamiera, come quelle che ancora si possono vedere in certi vecchi negozi di antiche città, e non c’è presenza di altro infisso. Il salone è molto grande ed in fondo c’è una piccola porta in lamiera spalancata dalla quale entra la luce ardente del sole e sgaiattolano una quantità non ben definibile di gatti dal pelo opaco e arruffato. I quattro grandi tavoli rotondi dalle pesanti sedie in legno bianco stonano e si perdono nella vastità della sala che mostra tutta la struttura di cemento armato del soffitto annerito in maniera incredibile da una spessa crosta di fuliggine proveniente dalle fauci spente di un grosso camino da cucina dal quale straborda un’enorme mozzicone di tronco. Su tutto mezzo centimetro di polvere che soprattutto sui tavoli e sulle seggiole, viene trattenuta da un’abbondante strato di unto sudicio. Rimaniamo qualche secondo interdetti contemplando a bocca aperta questo assurdo quadro e senza dire una parola ci giriamo contemporaneamente cercando la via di fuga ma quei pochi secondi, ci sono stati fatali. Dalla porticina in fondo alla sala entrano di corsa un uomo ed una ragazzetta che a voce alta ci invitano ad accomodarci mentre, spaventato dalle grida, l’ultimo gatto nascosto sgomma e derapa sul pavimento infilando l’uscita.
Ci guardiamo negli occhi con espressione sconsolata che vale a dire : siamo fregati !
Ricorderemo per tutta la vita questo episodio ; il giorno del pollo alla carta del cemento ...
francesco77
04-03-2012, 11:07
Grande boxer, dai tuoi racconti e dalle tue immagini si capisce chiaramente che è un' avventura a dir poco meravigliosa.
....non so che mestiere tu faccia....ma se ti metti a scrivere libri fai una fortuna!! :)
Boxer Born
05-03-2012, 12:33
Grazie Moretto ma non credo di meritarmi questi elogi.
Come ho già detto cerco soltanto di condividere questi ricordi con persone che i qualche modo possono capire o leggere tra le righe l'emozione di un viaggio e il piacere della scoperta.
Comunque, grazie.
Boxer Born
05-03-2012, 19:08
… Ci ricorderemo per tutta la vita questo episodio ; il giorno del pollo alla carta del cemento …
Nel frattempo l’uomo ci è già addosso e ci spinge per i gomiti verso i tavoli … restiamo in piedi e non abbiamo sufficiente presenza di spirito per rifiutare ed uscire … fà caldo e qualcuno chiede una bottiglia d’acqua … non abbiamo più scampo.
L’uomo ci chiede cosa vogliamo mangiare e prima di poter dire qualcosa ci assicura di avere dell’ottimo pollo alla brace ; guardiamo il camino spento e ci stringiamo nelle spalle ma l’uomo è già andato mentre la ragazzetta ci porta la bottiglia d’acqua con dei bicchieri. Da quando siamo entrati non abbiamo aperto bocca e il primo è Fabio che sentenzia : << Io qui non ci mangio … >>
Non potendo fare altro ci sediamo ( tranne Fabio ) e ordiniamo due bottiglie di Gazzelle mentre la sala viene letteralmente invasa dal fumo acre del camino che molto probabilmente non dispone di canna fumaria. Poco convinti riusciamo a scherzare sulla possibilità che un avvoltoio abbia fatto il nido sul comignolo. Il fuoco comincia a crepitare e con un pezzo di carta gialla avanzata dall’accensione l’uomo pulisce un tagliere e fa spuntare fuori non so da dove quattro polletti che adagia sul pezzo di legno per poi accanirsi su di essi con una specie di corto macete. Ora la fiamma è viva e dopo aver assestato un calcione al tronco vi appoggia un pezzo di rete metallica a maglia fine e sopra di essa i pezzi di pollo mentre con lo stesso attizzatoio con cui smuove il fuoco, rigira la carne sulla griglia .
<< Io qui non ci mangio >> ripete Fabio mentre l’uomo prende diverse grosse cipolle che spezza in modo grossolano e poi gettarle sul pollo irrorando abbondantemente il tutto con una polvere di spezie e olio. Le fiamme si alzano per almeno un metro e mezzo e sperando che si incendi anche il locale ci guardiamo attoniti. Dopo qualche minuto lo pseudo cuoco prende la rete infuocata e travasa il contenuto su un largo vassoio metallico poi, raccoglie da terra un sacco di carta a doppio strato che apre accuratamente separandolo dal foglio interno … Non ci sono dubbi, è proprio un sacco di cemento vuoto, certificato dalla scritta in blu “ Ciment Portland “.
Come in un mantra sentiamo << Io qui non ci mangio !! >> ; Fabio lancia uno sguardo torvo all’indirizzo del cuoco che ricambia con un sorriso. La parte esterna del sacco di cemento viene appoggiata sulla griglia per poi essere bagnata con il liquido di prima che noi pensavamo fosse olio ... ma forse lo è … ma no, non può essere olio ... è qualcos’altro ... Ci alziamo incuriositi ed andiamo a vedere da vicino ; la fiamma sotto arde allegramente e il calore della brace è a mille eppure, la carta non si incendia e il pollo e le cipolle sfrigolano cominciando ad emettere un buon profumo.
Alla fine Fabio non assaggerà nemmeno un boccone ed io, credo di aver mangiato il miglior pollo alla brace del viaggio … Ma quel liquido … cosa era …?!
Ripartiamo nel pomeriggio assolato e lungo la strada incontriamo un grande parco naturalistico che diverse volte ho visto nella famosa trasmissione televisiva “Alle Falde del Kilimangiaro “.
L’ingresso è costituito da immensi e antichi tronchi sormontati da una tettoia ricoperta da lunghe fibre vegetali e sotto un grande cancello anch’esso in legno. La parte del parco che confina con la strada è protetta da una recinzione in rete metallica coronata da tre corsi di filo spinato ed è lunga diversi chilometri lasciando intravedere una gran quantità di alti alberi ed una fitta vegetazione che immagino celi chissà quali animali mentre sulle cime più alte si può vedere il movimento di tanti uccelli diversi.
E’ reale, e lo sto vedendo proprio con i miei occhi ... sono qui nel cuore dell’Africa … come tante volte fin da bambino mi ero immaginato e mi metto in piedi sulla moto facendola molleggiare per la felicità mentre tutti i miei sensi sono impegnati a recepire più messaggi possibili per fissarli nella mente …
Adesso ho proprio voglia di fermarmi per godere di questa natura prorompente dai mille colori e profumi e misteri. E’ qualche tempo che penso a come mi piacerebbe potermi fermare qualche giorno di seguito per riposarmi e avendo ormai raggiunto l’obbiettivo del viaggio, credo che questo sia proprio il luogo giusto. Nei precedenti mesi prima della partenza mi sono spesso fermato a fantasticare su come sarebbe stato bello fermarsi in un villaggio tranquillo vicino al mare, sdraiarsi e crogiolarsi al sole sulla spiaggia bianchissima e ascoltare le onde dell’oceano che si infrangono sulla secca poco distante e ora se qualcuno mi dicesse che quel posto è proprio qui, a poche decine di chilometri dal posto in cui mi trovo, potrei anche credergli.
Siamo ormai all’ingresso della cittadina di Mbour e mi accorgo che la strada rimane uguale a se stessa ; pensandoci bene, questo succede da quando siamo entrati in Senegal. Nel senso che sia nel Sahara Occidentale che in Mauritania e più generalmente in tutto il nord Africa quando si entra in cittadine di discrete dimensioni, la strada diventa a quattro corsie e sempre vi si accede passando sotto imponenti archi dallo stile arabeggiante ; molti di questi archi sono veramente belli e finemente decorati. Sui lati della strada ci sono spaziosi marciapiedi lastricati con panchine posizionate a intervalli regolari così come al centro delle quattro corsie dove vengono installati in modo ravvicinato dei luminosi lampioni dalla foggia decorativa intervallati da alte palme. Queste strade sono lunghe circa due o tre chilometri e terminano sempre con una larga rotonda verdeggiante e ben curata dove al centro vi è posizionato un busto o una fontana oppure una statua di qualche antico notabile locale ; dopo la rotonda iniziano le prime case che purtroppo , per il loro degrado , contrastano sempre in modo stridente con l’immagine di ordine e magnificenza che si è voluto imprimere alla città al momento dell’ingresso.
In Senegal tutto questo non esiste ; rispecchia in qualche modo l’indole pacifica della popolazione, quel modo di prendere la vita semplicemente evitando scrupolosamente di complicarsi la vita in inutili dimostrazioni di finto potere o ricchezza.
Così anche Mbour che ha l’aspetto di un grande paesone dalle costruzioni semplici e povere ma, nonostante la confusione di persone per strada e macchine rotte in transito , l’atmosfera risulta gioiosa e non ci infastidiscono più gli animali fermi in mezzo alla strada o le persone che attraversano all’improvviso o le macchine che si fermano e ripartono senza preavviso. Ora tutto sembra normale e ripensando al nervosismo che provavo nelle settimane precedenti quando guidavo in mezzo al traffico, mi accorgo che è solo questione di assuefazione. Il fatto è che noi europei viviamo ad una velocità completamente diversa dalla loro e per questo ci aspettiamo prontezza e tempi di reazione che gli africani non conoscono in quanto la loro vita è scandita dal lento passaggio del sole sulla volta celeste, dall’avvicendamento delle maree e il tempo che separa il mattino dal pomeriggio è per loro un tempo indeterminatamente lungo, abituati come sono a vivere alla giornata e così, ora che comincio a riconoscere il meccanismo cercando di agire con i loro ritmi, inizio a godere dei singoli momenti nel corso della giornata e cerco di impedire che il domani irrompa nei miei pensieri ; questo fa sì che anche attraversare una piccola cittadina come Mbour , sia una occasione per capire meglio la loro mentalità e le immagini che scorrono ai lati della visuale del mio casco diventano interessanti ; come un allegro video-clip la cui colonna sonora è data dalla vita che qui sembra scaturire anche dalle cose inanimate.
C’è tantissima gente in giro e sarà perché forse oggi è domenica, non so, sono diversi giorni che ho perso la cognizione del tempo e dello spazio ; mi piace questa sensazione.
Ora la strada sembra terminare in un giardino pubblico dove molte donne vi passeggiano con i piccoli
ma qualche macchina, per aggirare il traffico lo attraversa diagonalmente sollevando nuvole di polvere e costringendo le donne ad agitare il braccio in direzione del maleducato anche se l’espressione del viso non è mai eccessivamente arrabbiata e mi immagino cosa potrebbe accadere se una cosa del genere succedesse in Italia …
La strada circonda il piccolo parco pubblico restringendosi improvvisamente e formando un incrocio a T dal quale svoltando a sinistra si procede verso Kaolack mentre a destra, la strada prosegue in una piccola strada costiera a trecento metri circa dal mare anche se questo è nascosto per lunghi tratti dalla vegetazione. Kaolack è purtroppo per noi una zona preclusa perché i nostri documenti non prevedono la circolazione nel compartimento del sud ma potremmo sempre giocare la carta del finto tonto esibendo il permesso di circolazione e dicendo che non lo sapevamo. In ogni caso non vale la pena rischiare in quanto Kaolak è l’ultimo centro di una certa rilevanza prima del confine e funge da pre-filtro per coloro che intendono superare la frontiera con il Gambia che da lì dista una cinquantina di chilometri. Se per errore si imboccasse l’ultimo ponte a sud della città, incontreremmo un posto di blocco dove i controlli sono serrati e prevedono anche un riscontro via radio con la frontiera di ingresso ; si rischierebbe non solo di essere mandati indietro, ma anche di essere riaccompagnati dai militari fino a Saint Louis … Maledetta frontiera di Rosso…
In ogni caso i giorni a disposizione non sono così tanti per cui abbiamo deciso di concentrare i nostri spostamenti nella zona di Dakar dove per l’attività frenetica degli organi di controllo questi si limitano a verificare il possesso dei singoli documenti senza andare troppo a fondo sul contenuto.
Prendiamo quindi, come da programma, la stradina costiera e tra Mbour e Joal-Fadiout che dista circa quaranta chilometri ; dovremo trovare un posto in cui fare base per qualche giorno.
La strada è molto piccola e se si venisse catapultati all’improvviso in quel luogo, si direbbe che si stà marciando su di una nostra stradina di campagna se non fosse per la vegetazione che apparirebbe strana ; alte piante di Platano, Manghi e un altro tipo che non riesco a riconoscere ma che nella forma e dimensione somiglia alle nostre querce. Sul lato destro, verso il mare, si incontrano vaste aree acquitrinose e i cartelli elencano una lunga serie di parchi ornitologici e riserve marine protette mentre lungo la strada si incontrano diversi piccoli paesi dall’aspetto ordinato. La nostra attenzione viene attirata da uno di questi che porta un nome curioso e potrebbe benissimo collocarsi in qualche punto del sud-est asiatico : Nianing.
Ci affianchiamo per parlarci e la battuta che a tutti è venuta in mente è se per caso fossimo arrivati in Vietnam ; ridiamo divertiti mentre ci fermiamo “scendendo” dall’asfalto sulla sabbia di un luminoso rosso-arancio.
Davanti a noi c’è un lungo muro alto un paio di metri dello stesso colore della sabbia, una fascia decorata a mosaico composto da gusci di conchiglie lo divide a mezza altezza ed abbraccia un portoncino in legno sotto una tettoia di frasche di palma. Oltre il muro, una vegetazione inestricabile ed ombrosa di alti alberi e canne di bambù dai quali provengono acuti sibili, versi rauchi, ciangottii dalla vibrazione molto bassa e cinguettii di una miriade di uccelli di chissà quali specie tanto da far sembrare di essere davanti all’ingresso di una ideale giungla. Un cartellone dai colori sgargianti e dipinto a mano con innegabile maestria ci spiega dove il caso e la curiosità ci hanno fermati : Nianing, Maison de vacance “ Le Bientenier ” de Madame Diopp .
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Boxer Born
06-03-2012, 19:32
Il posto è molto affascinante e decidiamo di entrare.
Mentre ci avviciniamo al portoncino a due ante, ne valutiamo la larghezza perché eventualmente è da lì che dovremo far passare le nostre moto in quanto lungo il muro non c’è traccia di altro ingresso.
Dovremmo passarci di misura e bussiamo su un’anta socchiusa … nessuna risposta …
Spingiamo l’anta che reagisce con un acuto stridore di cardini e per un momento tutti i suoni che provengono dalla volta verde sopra le nostre teste ammutoliscono … all’interno un basso rumore di tamburi proviene dal fitto della vegetazione mentre ai nostri occhi appare quello che io definirei un paradiso.
Stretti sentieri contornati da basse siepi si perdono nella vegetazione e le casette degli ospiti sono di terra rossa con il tetto di paglia ; tutte dispongono di un giardinetto con tavoli e seggiole e la ghiaia che ricopre i vialetti di ingresso è composta da un fine tritume di conchiglie e tutto ha un aspetto molto semplice e pulito mentre poco lontano una grossa “mami” dal vestito colorato è intenta a spazzare le foglie . Gli altri entrano in un basso edificio mentre resto in estasiata contemplazione sotto un alberello dai frutti verdi grossi come un pallone da calcio e dalla curva di un sentiero, sbuca una donna europea. Ci salutiamo e approfitto per fargli qualche domanda sul posto .
E’ francese e dice che al momento gli ospiti sono una quindicina di suoi connazionali ; si stà bene e si mangia benissimo ; questa sera a cena ci sarà un concertino tenuto da un gruppo musicale del posto … Non avrei neanche immaginato qualcosa di meglio e il pensiero è rafforzato dall’espressione felice dei miei compagni che uscendo dalla reception mi dicono che alloggio, colazione e cena costano circa ventidue euri al giorno. Che botta di fortuna !
Come previsto riusciamo a passare con qualche piccola manovra e portiamo le moto all’interno dove, non essendo previsto l’ingresso di veicoli, ci fanno parcheggiare nel giardinetto di un alloggio al momento libero e usato come magazzino. Il soffice pavimento di conchiglie cede scricchiolando sotto il nostro peso e il cavalletto centrale sprofonda ma per fortuna poco prima di partire ho dotato il laterale di un allargamento al quale ho anche applicato uno spessore in teflon per ridurre l’inclinazione e questo accorgimento si è già dimostrato veramente utile soprattutto in Mauritania dove è molto difficile fermarsi su qualcosa che non sia sabbia. Dopo qualche faticosa manovra di assestamento libero l’enorme borsa a rollo nera e sgancio le valige laterali ; non posso fare a meno di guardarmi di nuovo intorno per quanto il posto mi piace e i miei compagni ridono della mia espressione estasiata. Un portachiavi in legno scolpito raffigurante una statuetta penzola davanti ai miei occhi riportandomi alla realtà mentre un magrissimo inserviente raccatta la pesante rollo nera dicendomi di seguirlo.
Ci incamminiamo nel sentiero che poco dopo si divide in una biforcazione che aggira un edificio rotondo completamente circondato da vetrate in plexiglas un po’ ingiallito : la sala comune con la tivù.
Passiamo in mezzo a dei giardinetti con divani in ferro ricoperti da morbidi cuscini dalle stoffe colorate e dai disegni tipicamente africani con motivi geometrici e animali stilizzati ; piccoli salottini con al centro un basso piano d’appoggio dove alcuni ospiti sono già seduti a bere Gazzelle in attesa della cena e tutto intorno una serie di casette rotonde sempre con il tetto in paglia. Ancora più avanti la volta verde brillante si squarcia, lasciando entrare il sole che cade dentro una piscina azzurra attorniata da un basso edificio a elle con un porticato nel quale si affacciano diverse porte che conducono agli alloggi più grandi ; di fronte c’è la sala ristorante con uno spiazzo esterno pieno di tavoli già allestiti per la cena e ancora più in fondo, il sentiero finisce in un minuscolo cancelletto di legno invaso da rigogliose Buganvillee porpora e bianche che lasciano intravedere appena il blu dell’oceano e la spiaggia in parte occupata dalle colorate piroghe di pescatori … La coppia viene alloggiata nell’edificio a bordo piscina mentre, come avevo vivamente sperato , a me viene assegnata una delle casette rotonde con il tetto in paglia che divido con un mio compagno . Lo ripeto; un paradiso terrestre.
Questo piccolo villaggio dentro il villaggio di Nianing è gestito da Madame Diopp, una corpulenta donna dall’età indefinibile con la pelle d’ebano e un sorriso disarmante insieme a Nadine, una francese di mezza età approdata in questi luoghi diciassette anni fa' e che i casi della vita hanno portato a trascorrere questa parte di esistenza nel curare l’aspetto estetico e l’accoglienza del “ Bientenier ” e nel coordinare le varie attività di una decina di inservienti che si danno veramente molto da fare.
La mia casetta ha una porta di tavole dipinte di verde e all’interno vi si trovano un letto matrimoniale in muratura ; con la stessa fattura, sull’altro lato, uno spazioso letto singolo. Il passaggio in mezzo ai due letti porta verso una piccola apertura con una tenda oltre la quale si trova il bagno con un minuscolo lavandino, il water e nell’angolo opposto la doccia. Un esile filo scende dal cono del tetto sorreggendo una debole lampadina, una appenderia con due piccoli scaffali dai ripiani in vimini completano l’arredamento . I due letti sono provvisti di zanzariera che dopo averne apprezzato il gradevole aspetto estetico, mi ricordano che siamo entrati in territori dove la malaria è endemica e avendo deciso di non fare la profilassi, la vista di questo fine tessuto bianco desta in me qualche preoccupazione ; la prima cosa che faccio è cercare il flacconcino di Deet del quale non ricordo la posizione all’interno dei bagagli. Non ci sono finestre vere e proprie a meno che non si vogliano chiamare tali due piccoli quadrati protetti da una griglia in terracotta dove, all’esterno, le Buganvillee hanno trovato un sicuro punto di presa e non invadono l’interno solo perché protetto da una zanzariera. Provo il rubinetto e la pressione è molto bassa ma è direttamente proporzionale alla grandezza del lavandino; poco più di un lavamani. Tiro lo sciacquone che funziona e contemporaneamente controllo la doccetta che risulta essere rotta e inutilizzabile. Intanto la cassetta del water continua a scaricare emettendo un fastidioso gocciolio e non avendo voglia di scocciare nessuno appena arrivati, ci mettiamo ad armeggiare senza successo nella cassetta e ridendo ci diciamo che questa è l’Africa ed era strano che fosse tutto così perfetto; più tardi avremmo trovato certamente la soluzione.
La “soluzione” si chiama Sebastian che aggancio mentre stò disfacendo i bagagli con la porta spalancata ; è un omino minuscolo dai modi molto gentili e prima di entrare chiede il permesso. Gli spiego qual è il problema e mentre noi continuiamo a sistemarci, lui armeggia nel bagno e ne esce dopo qualche minuto ; gli chiedo se è tutto a posto e lui fà un gesto affermativo ma l’espressione del suo viso è strana e mentre si congeda dice “ C’est l’Afrique …”. Lo ringrazio e vado a controllare …
Lo scarico funziona ma non si ricarica più … Non sapendo cosa fare Sebastian si è limitato a chiudere il rubinetto di arresto. Ridiamo della cosa con la consapevolezza di avere un bagno inutilizzabile ma per fortuna, la zona comune dispone di comodi e spaziosi bagni muniti di doccia proprio a due passi dalla casetta e del resto, ci siamo ormai abituati al fatto che i bagni in Africa non funzionano quasi mai. Più di tutto abbiamo sofferto le docce che immancabilmente o hanno il tubo rotto alla base della doccetta, o il gancio che la sostiene al muro non è snodato e le incrostazioni di calcare fanno sì che l’acqua esca in lunghi getti sottilissimi costringendoti a fare la doccia dalla parte opposta del bagno ma il vantaggio è che così facendo, si contribuisce alla pulizia del locale.
In Africa l’aria è molto asciutta e si suda veramente poco ; in Mauritania mi è capitato di non potermi fare la doccia per diversi giorni e a parte la necessità di doversi togliere la polvere di dosso lavandomi almeno il viso e i capelli, l’abbigliamento intimo non aveva il caratteristico odore di una giornata di viaggio e a parte il collo della maglietta che assume un colore indefinito, la necessità di lavarsi può veramente ridursi al minimo. I turisti si lavano frequentemente e gli africani ritengono che questa sia una nostra mania. Un giorno, affrontando l’argomento con un locale, mi spiegava che per quello che aveva sentito dire da noi tutto è pulito e ordinato e si chiedeva come mai ci portassimo dietro questa insana abitudine di sprecare l’acqua avanzando anche il dubbio che tutto questo sciacquare ci potesse fare male.
Non è stato facile cercare di spiegargli quanto siano differenti le nostre culture e abitudini e, ne sono convinto, pur annuendo è rimasto nelle sue convinzioni.
Dopo la lunghissima doccia mi addormento risvegliandomi che fuori è già buio e uscendo dalla capanna, il villaggio mi offre una ulteriore piacevole sorpresa : In mezzo ai cespugli e dagli alberi, scendono lunghe file di piccole lampadine colorate del genere che noi utilizziamo sugli alberi di Natale e forniscono l’unica illuminazione disponibile ; quei puntini colorati in mezzo al fogliame conferiscono un aspetto elegante, simpatico, quasi magico. Le aiuole sono state appena innaffiate, l’aria è tiepida e mi sento davvero bene. Mi stiracchio e ancora in mutande, attraverso il sentiero che porta nei salottini all’aperto e raggiungo i miei compagni che sono seduti davanti ad un paio di bottiglie di Gazzelle ghiacciate mentre la zona ristorante si anima preannunciando la cena.
E’ il 20 Gennaio, sono fuori in maglietta e mutande bevendo birra ghiacciata in un posto meraviglioso … Cosa si può volere di più dalla vita ?
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Boxer Born
07-03-2012, 23:33
… Cosa si può volere di più dalla vita ? …
Una cena a buffet accompagnata da un gruppo musicale del luogo ; anche molto bravi direi.
La giusta cornice necessaria che come un benvenuto ha reso perfetta anche la cena malgrado il nostro tavolo fosse circondato dai francesi che ci guardavano come se fossimo un corpo estraneo. Nei pochi giorni che resteremo al villaggio non legheremo mai veramente anche se, devo riconoscerlo, all’inizio abbiamo fatto ben poco per essere accettati e comunque non ci interessava nemmeno esserlo. Tra l’altro non siamo stati quasi mai al villaggio così, ci si incontrava nel tardo pomeriggio e a cena, al ritorno delle nostre escursioni e oltre agli istituzionali Bonnesoir e Bonjour, sembrava che non destassimo in loro un grande interesse e noi per questo gli eravamo grati, perdonandogli quello che a noi sembrava assoluta sufficienza francese e che invece nascondeva una enorme curiosità per questi quattro italiani arrivati con le moto infangate e diretti chissà dove …
Anche in questo posto la vita inizia piuttosto tardi mentre noi continuiamo a svegliarci presto e in diverse occasioni nelle settimane precedenti, abbiamo dovuto contrattare anche sull’orario della colazione che se fosse dipeso da loro, sarebbe stata servita non prima delle nove così, ci divertiamo ad abbassare sempre di più l’ora della colazione per poi ridere dell’espressione costernata dell’addetto che da un lato non vuole venir meno ai doveri dell’ospitalità e dall’altro, non può accettare di svegliarsi alle sei del mattino. Per avere un termine di paragone è come chiedere al barista di un nostro hotel di svegliasi alle due per servirci la colazione ; impensabile. Il massimo che siamo riusciti ad ottenere sono state le 7.15 del mattino e nelle diverse occasioni che abbiamo avuto la necessità di partire all’alba, ci siamo affidati all’amica moka e al barattolo dell’ Illy Caffè .
Oggi non è uno di quei giorni, possiamo prendercela con calma in quanto la strada che abbiamo deciso di percorrere è lunga “appena” centoventi chilometri. La meta che abbiamo scelto per oggi è un isolotto al largo della costa di Dakar : Goree, l’isola degli schiavi.
Il mio navigatore sulla moto è caricato con una World Mapp che fino ad ora si è rivelato molto affidabile nelle immense distese desertiche ma, nei grandi centri urbani ha qualche difficoltà quindi, diamo uno sguardo alla Michelin 742 per memorizzare qualche nome sul tracciato che valutiamo come difficile per il traffico caotico che dovremo subire attraversando tutta la capitale .
Nadine ci dà dei buoni consigli su come arrivare al porto e così, dopo qualche manovra per uscire dal portone, ci arrampichiamo di nuovo sull’asfalto e iniziamo una nuova giornata di scoperte.
La strada la conosciamo in quanto è la stessa che abbiamo già percorso quindi non ci sono molti problemi a parte il traffico di mezzi pesanti che avevo notato anche il giorno passato. Molti sono soprattutto carichi di inerti da cantiere e non so spiegarmi il motivo per il quale caricano i mezzi a quel modo ; che sia sabbia o pietra il carico è più alto delle sponde di almeno un metro e piano piano scende a piramide riversandosi lungo la strada in grandi quantità e anche in questo momento, una grossa pietra è in bilico e stà per cadere rendendo il sorpasso pericolosissimo. Mentre eseguo la manovra e sono di fianco al camion fumante cerco di avvisare a cenni l’autista che pur dovrebbe vedere la grossa pietra in bilico dallo specchio al suo fianco … se solo ce lo avesse lo specchio !!! Ne ricavo una strombazzata e un esagerato saluto con mezzo busto fuori dal finestrino. Ancora più avanti la strada è ricoperta da un abbondante strato di sabbia rossa perduta da un camion al quale probabilmente si è rotta la sponda ma per fortuna il fatto deve essere accaduto almeno un’ora fa perché è già presente una macchina della polizia … Un momento … Se c’è la macchina della polizia, allora è successo almeno tre ore fa … Adesso ci scherzo su ma quel mattino guardavo ogni camion con terrore mentre mi avvicinavo per sorpassarlo, e vi assicuro che ne abbiamo passati veramente tanti. Ora non starò a raccontare quello che abbiamo patito nell’attraversare la capitale ma, per dovere di cronaca, và riportato che in prossimità della zona ricca (che ricca lo è veramente ) , hanno da poco aperto una autostrada a pagamento lunga una ventina di chilometri che conduce al porto e alla zona degli uffici commerciali, delle banche e dei palazzi istituzionali. Entrando in quella strada ci si sente disorientati in quanto, essendo a pagamento ci siamo ovviamente soltanto noi e passare dal caos più assoluto su strade ingolfate, alla larga strada a sei corsie senza alcun traffico nel giro di un minuto fanno ricordare che qui anche pochi (per noi) spiccioli hanno un grande valore.
Troviamo abbastanza facilmente l’ingresso al porto di Dakar nonostante la sommaria segnaletica e la strada interna che conduce al piazzale è quasi interamente attraversata da un groviglio di binari che continuamente si incrociano in tutte le direzioni e la scanalatura fra rotaie e asfalto franato è così larga e profonda da poter accogliere una gomma da auto. Niente è facile da queste parti e ci facciamo una bella sudata per percorrere quei duecento metri di strada tra sbandate e perdite di equilibrio ma, girato l’angolo, c’è il bel parcheggio del terminal con un corpo di guardia nel quale c’è la rassicurante presenza di diversi uomini in divisa completamente blu. Parcheggiamo proprio sotto di loro facendo lo slalom tra diversi personaggi che si stavano già candidando ad abusivi guardiani dei nostri mezzi ; ovviamente a pagamento. Un po’ di esperienza l’abbiamo acquisita in questi giorni e la stiamo mettendo a frutto cercando di non farci spillare soldi in continuazione. Per dimostrare l’intenzione di non volere la “ protezione “ di nessuno vado dai militari e dichiaro di voler parcheggiare sotto la loro postazione ; dopo una richiesta cosi determinata non possono far altro che acconsentire e mentre mi incammino faccio questa considerazione : Sono tutti alti e grossi e mi mettono un po’ di soggezione ma se dimostri determinazione e sicurezza, anche un “piccoletto” come me può tenergli testa a questi qua .
Entriamo in un terminal di discrete dimensioni con un altissimo soffitto a volta che serve da stazione per chi proviene o stà andando alle isole di Ziguinchor e Goree dove appunto siamo diretti. Il grande atrio è quasi interamente ricoperto da lunghe file ordinate di seggiole azzurre che guardano la grande vetrata sul molo di attracco. Un settore di seggiole è recintato da una banda estensibile sorretta da paletti che delimitano l’area di attesa per gli abitanti delle isole che evidentemente mal sopportano il fatto di doversi mescolare con orde di turisti che quotidianamente si riversano sulle due isole.
Molto in alto sulla parete c’è un enorme disegno dai colori luminosi che dovrebbe fare da cornice ad un minuscolo orologio che per forma e dimensione viene solitamente collocato nelle nostre cucine e non possiamo fare a meno di discutere sul senso delle proporzioni dell’architetto che, speriamo, ha progettato la struttura. Speriamo che qualcuno abbia progettato perché, sopra le nostre teste c’è una parte a soppalco piena di seggiole e tavoli ammonticchiati in un angolo ; per comodità è ovvio che i bagni pubblici siano sul soppalco dal quale vi si accede tramite una lunga e ripida scala. Mentre valutiamo la robustezza di quella struttura semi-sospesa, inconsciamente ci spostiamo da lì sotto e in fondo, di fianco alla scala c’è un lungo bancone da bar dove ci dirigiamo per prendere un caffè. Siamo arrivati con un discreto anticipo e il terminal è quasi vuoto così abbiamo modo di osservare l’attività dietro l’alto bancone con il ripiano in acciaio lucido come usava dalle nostre parti negli anni ‘70 . Il bancone è desolatamente vuoto a parte un piccolo espositore in plastica trasparente che contiene qualche merendina imbustata ; sul ripiano non si vede né la macchina del caffè né lo zucchero eppure, abbiamo visto qualcuno allontanarsi con dei bicchierini di plastica bianca e ne abbiamo anche apprezzato il profumo. Sulla parete dietro il bancone c’è il nulla assoluto della parete bianca, spoglia di qualsiasi scaffale o mensola se non per un tavolinetto malandato che sta' in piedi più per l’affastellamento delle bottiglie di acqua minerale che per la robustezza delle gambe e sul quale è appoggiata una macchinetta a cialde per il caffé espresso … Alla richiesta dei caffè i due ragazzi dietro al banco ci dicono che prima si deve fare lo scontrino e vedendo la nostra faccia interrogativa, indicano un punto lontano circa quaranta metri dove una ragazza su un altro piccolo tavolo zoppo lavora al registratore di cassa …
Più tardi, quando il terminal si riempirà di centinaia di turisti, mi girerò più volte sopra la mia seggiola azzurra per vedere le persone in ottava fila con le braccia tese, lo scontrino in mano e la faccia buia mentre chiedevano il caffé …
Il battello per Goree stà ormeggiando e dentro la sala tutti i posti a sedere sono occupati ; la stragrande maggioranza dei turisti è arrivata via aerea dalla Francia e dal Belgio con la loro pelle bianchissima che suscita l’ilarità delle signore sedute nell’area riservata agli isolani. Paese che vai, razzismo che trovi.
Improvvisamente la vetrata si apre e veniamo risucchiati dalla folla fino al bordo del battello dove due marinai aiutano le persone a saltare a bordo. La giornata è calda e assolata ; i i francesi si accalcano sulla fila di panchine esterne a prua mentre noi, decidiamo di imitare i locali che nonostante il caldo si affrettano ad occupare i posti interni ; capiremo poi il perché.
In breve il battello è colmo e il continuo dondolio dello scafo dato dalle persone che continuano a salire inizia a sconvolgermi lo stomaco e così decido di alzarmi in piedi a fissare il pavimento con la schiena appoggiata ai tubi di sostegno del corridoio centrale. Ormai tutte le panche interne sono piene ma nonostante ciò, alcune grosse signore del posto pretendono di sedersi e senza tanti complimenti mettono in atto tale proposito. Le grandi borse in paglia stracolme, le voluminose chiome di treccine raccolte con difficoltà da foulard coloratissimi della stessa stoffa dei vestiti che nonostante l’ampiezza sono gonfi di grandi schiene e poderosi sederi, si incuneano tra le comitive di anziane e nevrotiche signore nord-europee che manifestano il loro disappunto con sonori sbuffi e scatti nervosi ai quali le grosse mami dal trucco accurato rispondono alzando il mento con una deliziosa espressione imbronciata mentre assestando il corpo costringono le rinsecchite a mettersi con le spalle di traverso. Una turista particolarmente agguerrita si ribella a questa situazione e con le spalle cerca di rientrare al suo posto dando uno scossone alla mami … Una quantità imprecisata di treccine scende sul viso della donna che dopo essersi girata di scatto, appiattisce contro il vetro tutta la fila delle nonnette scagliandogli contro una velocissima e potente bordata di frasi in senegalese poi, dopo essersi data una sonora pacca a mano piatta sulla coscia, fà un sospiro, riassesta i capelli e riacquista la posizione con espressione imperturbabile. Per un attimo il silenzio serpeggia tra le file interrotto solo dalla mia risata che per fortuna è contagiosa e mi toglie dall’imbarazzo ; stò ancora osservando la mami che altezzosa alza i suoi occhi neri su di me e mi fa dono di un fugace sorriso con gli angoli della bocca ; mi piace pensare che lei abbia capito che sono dalla sua parte.
Fuori dal porto il vento è freddo e il mare è piuttosto agitato ; le schiumose onde superano la bassa prua del battello andando ad infrangersi sui turisti seduti li fuori che , semi-annegati, cercano rifugio all’interno che non può contenere più nessuno. Anche oggi ho imparato un’altra lezione : Guardare sempre ciò che fà la gente del posto; sarà sempre meglio che usare la nostra logica che quasi sempre in Africa è totalmente inadeguata.
L’isola di Goree è già davanti a noi e a breve si sbarca ...
( Scusate ma non riesco più a inserire le foto; perchè? )
briscola
08-03-2012, 00:16
Complimenti grandi occhi e ottima penna
Davvero avvincente!
Ti consiglio di inviare il tutto a TIziano CAntatore direttore di MOtoturismo sicuramente tutti i motociclisti viaggiatori non potranno che apprezzare la tua sensibilità
E belle foto davvero
Boxer Born
08-03-2012, 21:58
Grazie briscola,
ma non sono pronto per sottoporre i miei racconti a Tiziano e ne sono certo, per queste cose ci sono persone molto più preparate di me.
Cerco di raccontare momenti di vita vissuta più fedelmente possibile anche se a volte è molto difficile trasmettere certe sensazioni.
Ora però ho un problema : non riesco più a caricare le foto.
Quando apro Imageshack compare questo avviso :
You must provide a valid auth token or dev key. see
http://code.google.com/p/imageshackapi/
Come si risolve, qualcuno mi aiuta?
briscola
08-03-2012, 23:45
riprova qua:
http://imageshack.us/
credo solo tu debba creare un account
Boxer Born
09-03-2012, 10:22
Grazie mille,
Credevo di avercelo già un account ma comunque ha funzionato.
Posto quà alcune immagini del precedente racconto.
http://img26.imageshack.us/img26/1900/africa2012238.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/26/africa2012238.jpg/)
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http://img824.imageshack.us/img824/4378/africa2012241.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/824/africa2012241.jpg/)
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http://img515.imageshack.us/img515/6030/africa2012245.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/515/africa2012245.jpg/)
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http://img72.imageshack.us/img72/7992/africa2012283.jpg (http://imageshack.us/photo/my-images/72/africa2012283.jpg/)
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Boxer Born
10-03-2012, 11:08
… L’isola di Goree è già davanti a noi e a breve si sbarca ...
Attraversiamo il lungo pontile sulla scia degli altri turisti e arriviamo su di uno slargo in pendenza dal fondo naturale di sabbia e lastre di pietra che sembrano scivolare sotto, fino alle fondamenta dell’isola.
Tutto intorno le prime case e diversi stand all’aperto coperti da tende che altro non sono che piccoli ristoranti all’aria aperta per i turisti che in questo momento si dirigono tutti quanti verso una stradina sulla sinistra, probabilmente al seguito di una guida, con l’intenzione di fare il giro dell’isola in senso antiorario. Odio la confusione e pur immaginando che sicuramente è meglio fare la visita cominciando da quella parte, sono abbastanza testardo da convincere il mio gruppo a fare l’esatto opposto e, guardando la calca che si ammassa nell’imbuto della stretta via, loro accettano di buon grado e mai scelta fù più azzeccata in quanto abbiamo potuto visitare l’isola in completa solitudine, gustandoci ogni scorcio tra i vicoli. L’isola è piuttosto piccola e su un lato c’è una altura verdeggiante alla quale si accede per sentieri che serpeggiano tra gli arbusti ed essendo un percorso quasi obbligato, funge da vetrina ad una infinità di artisti che dipingono quadri dai colori vividi nel semplice stile africano ; sotto l’altura, il paese occupa quasi tutto lo spazio rimanente incrociandosi in piccole vie con edifici dell’epoca coloniale. A Goree non circolano automezzi e la gente del luogo si sposta a piedi o con qualche rara bicicletta mentre la movimentazione delle cose avviene tramite carretti dalle lunghe stanghe trainate a mano su selciati di che hanno vissuto tempi migliori.
Anche questo sito è sotto la tutela dell’UNESCO ma purtroppo sembra che neanche questa grande organizzazione riesca a dare un aspetto pulito e ordinato all’isola ; proprio non ce la possono fare. Le case diroccate sono rimaste tali da tempi immemori e se mai sono anche peggiorate diventando contenitori di rifiuti ; dove c’è un po’ di spazio, questo è occupato da altre macerie provenienti dalle piccole opere di consolidamento delle abitazioni che i proprietari eseguono quel tanto che basta a far sì che tutto non gli crolli addosso. Eppure lungo le vie e gli spiazzi aperti sulla costa, incontriamo persone intente a spazzare e raccogliere ma non ci spieghiamo la quantità di rifiuti e nonostante l’alta densità di turisti non si vede alcun cestino anche se non credo che siano i turisti la causa di questa immagine trasandata. E’ un vero peccato perché il paese è veramente carino e ci sono antiche costruzioni coloniali davvero molto belle dove si possono vedere gli sforzi dell’UNESCO tesi al recupero di queste strutture. Lunghi porticati ad arco rivolti verso il mare in cui le grida dei gabbiani giocano a nascondino tra le colonne mentre i nostri passi sui pavimenti sconnessi, riecheggiano sulle volte a croce dei soffitti dai quali penzolano resti di catene che un tempo trattenevano lucerne di ferro e vetro. Al piano terra di questi edifici si trovano enormi saloni completamente spogli e con le pareti corrose dall’umidità che un tempo remoto servivano ad ammassare gli schiavi in attesa di essere caricati nelle stive delle navi dirette verso le americhe.
In quei tempi chiunque sbarcava in Africa, si alternava nella conquista dei territori sia che fossero Inglesi, Francesi, Portoghesi piuttosto che Olandesi . Per centinaia di anni si sono diretti verso l’interno a rapire migliaia e migliaia di persone riducendole in schiavitù e solo per arrivare sulla costa dell’attuale Dakar, ne morivano di stenti più del 50%. Così avveniva la prima selezione mentre la seconda, si sarebbe attuata all’interno delle navi durante l’attraversamento dell’oceano del quale i più famosi in senso negativo sono stati gli inglesi che registravano perdite superiori al 30% e che per compensare tali perdite, si limitavano a caricare un maggior numero di esseri umani costringendoli per settimane a rimanere legati nelle stive. Il silenzio è assoluto nel centro del grande salone e mi giro a 360 gradi abbagliato dai flash delle aperture che un tempo dovevano avere delle imposte e rimugino sulle miserie umane fino che mi sembra di udire gli strazianti lamenti dei poveretti che sono transitati in catene per queste sale e allora preferisco uscire di nuovo all’aperto in una piazza che dà sul mare e mentre sospiro profondamente guardo sullo sfondo il velato skyline di Dakar, al di là della striscia di mare che ci separa...
A nord dell’isola c’è una grande fortezza circolare oggi adibita a museo storico e al piano superiore, dai terrapieni pensili con la balaustra in pietra, spuntano ad intervalli regolari vecchi cannoni settecenteschi. S accede alla fortezza passando sotto un ardo e all’interno,c’è una piazza rotonda interrotta soltanto dalla scala che porta al camminamento superiore ; al centro due altissimi alberi di palma che svettano sopra la costruzione e le chiome sono incessantemente agitate dal vento. Tutto intorno ci sono tante sale piene di vecchie foto di antichi governatori, re e sultani ; in altre sale si racconta la storia di questa piccola isola fin dai primi del ‘400 e vi sono illustrate tutte le vicende accadute in virtù della sua posizione strategica. In una sezione si spiega come avveniva la tratta degli schiavi, come venivano trasportati e le condizioni inumane in cui tutto ciò avveniva. Ci sono spaccati di velieri in cui si mostra come venissero stipati legandoli al pavimento con una catena che fermava collo , polsi e caviglie in posizione sdraiata sul fianco in modo che la naturale curvatura del corpo potesse ospitare un altro disgraziato che veniva legato allo stesso modo ma al contrario : testa contro piedi … come sardine in scatola …
Dopo un po’ questa visione ci mette tristezza e passiamo velocemente davanti a teche impolverate piene di antichi libri logori, punte di frecce risalenti all’età del ferro ed altri reperti archeologici, vecchie divise di tutti gli eserciti passati da queste parti compreso le attrezzature e le selle dei militari a cammello corredati da fotografie ingiallite e tanta altra roba vecchia, grigia, morta ...
L’odore della muffa mi stà dando alla testa e comincio a capire cosa non mi piace di questo posto e di tutta l’isola in generale : non c’è “l’odore” dell’Africa.
Questo posto è Europa, costruito dall’Europa in stile europeo e ora mette in evidenza tutto quello che noi abbiamo sempre fatto e purtroppo continuiamo a fare in Africa : nefandezze ed errori .
Usciamo dalla fortezza e la mia è quasi una fuga ; mentre passo davanti ai due custodi annoiati mi sento quasi in imbarazzo pensando alla mia pelle bianca e a quello che questo rappresenta per loro che tutti i giorni ospitano i pronipoti dei loro aguzzini ma, buon per loro, l’Africa ha la memoria corta e i problemi di oggi non consentono di rimuginare troppo sul passato. Per quanto riguarda noi, credo che proprio in questi anni stiamo scontando la giusta punizione ma questa, è un’altra storia ...
Continuiamo il giro e saliamo sulla collina ; arrivati sulla sommità che termina a strapiombo sul mare mi accorgo che anche questo angolo di natura non è stato risparmiato seppure in un periodo più recente : La 2° Guerra Mondiale.
Sotto i nostri piedi si snoda un reticolo di bunker e cunicoli nascosti che si affacciano sullo strapiombo mettendo in mostra gli obici dalla potenza terribile mentre sopra in posizione più elevata ci sono un paio di grossi cannoni a lunga gittata dalle canne lunghissime e dietro a tutto questo armamento, sullo spiazzo pianeggiante, qualcuno ha avuto la pessima idea di costruire un enorme monumento che più che altro è un eco-mostro a forma di vela ; la colpevolezza è aggravata dal fatto che è stato eretto recentemente in memoria di qualche cosa o qualcuno del quale non mi sono neanche dato la pena di informarmi leggendone la targa .
Quest’isola comincia a starmi stretta e riscendiamo il pendio sul sentiero pieno di venditori di chincaglieria, quadri e artigianato in legno e nessuno ci disturba più di tanto mentre ci guardano passare assenti, quasi rassegnati, come se fossimo un gruppo di pecore. Qualcuno fà un cenno poco convinto e ci invita a guardare la propria esposizione ma noi tiriamo dritto giù per il sentiero mentre da questa posizione elevata il riflesso del mare ci ferisce gli occhi ; vento, canto di cicale e lo stridio dei gabbiani. Dal basso della collina sale un altissimo palo in acciaio mascherato da palma la cui sommità nasconde una selva di antenne e ripetitori … cerco di distogliere lo sguardo e mi concentro a guardare i tetti del paese sottostante dove, come formiche, si vedono i turisti che per fortuna non abbiamo mai incrociato e che evidentemente hanno terminato il giro dalla parte opposta. Il museo “La casa degli schiavi” in questo momento è chiuso per pausa, ma non me ne dispiaccio affatto mentre passo davanti ad una statua che ne rappresenta la liberazione ; donata dai Fratelli della Guadalupa ai Fratelli d’Africa, la statua raffigura un uomo con le braccia sollevate al cielo dalle quali penzolano delle catene spezzate mentre la sua donna lo abbraccia teneramente.
Un paraplegico sulla sedia a rotelle si affretta dal fondo di una stradina per chiedermi l’elemosina ma io non me la sento di aggiungere tristezza alla mia malinconia così forzo la mia indole e allungo il passo svicolando subito dopo e trovarmi di nuovo sullo spiazzo davanti al molo dove la gente inizia a radunarsi nell’attesa del battello che ci riporterà sulla terra ferma. Qui i venditori sono soprattutto donne che cercano di sfruttare gli ultimi momenti di permanenza dei turisti e sono molto agguerrite, fino quasi a raggiungere la molestia ma per qualche motivo inspiegabile non ci disturbano e sembra che il loro bersaglio siano più le anziane signore francesi. Per fortuna l’attesa è allietata da ragazzi venditori e suonatori di “Kezen-Kezen” che con maestria, agitano uno strumento artigianale che emette un suono cristallino intervallato da cupi schiocchi … tk .. zen, tk .. zen, tk .. zen ...
Ne acquisto uno per pochi euro e facendomi spiegare l’uso il giovane si esibisce in un concertino che attira l’attenzione dei più, mettendo in evidenza come il ritmo e la musicalità faccia parte della loro natura. Si tratta di due frutti legnosi dal colore bruno, poco più grandi di una pallina da ping-pong ; vengono forati alle due estremità e uniti insieme da un cordino lungo una ventina di centimetri. I semini all’interno producono il suono cristallino che determina il ritmo mentre con un particolare movimento della mano i due grossi semi sbattono l’uno contro l’altro dando il tempo della musica che viene accompagnata dalla voce in canti popolari a volte tristi e a volte molto allegri e ritmati.
Il battello attracca vomitando sul pontile una nuova ondata di turisti che ci sfilano accanto con le facce piene di curiosità e aspettativa mentre osservo i venditori che si preparano al nuovo assalto che giorno dopo giorno, si ripete immutabile come la marea. Osservo i due grossi frutti bruni nella mia mano e penso che questo strumento, sarà il miglior ricordo di questo posto ...
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Boxer Born
13-03-2012, 00:14
… Osservo i due grossi semi e penso che lo strumento sarà il miglior ricordo di questo posto ...
Usciamo dal porto e come consigliato da Nadine, cerchiamo la strada panoramica che costeggia il promontorio sul quale è edificata la zona ricca di Dakar. E’ un po’ come fare il giro di un nostro borgo medioevale ma qui le mura ed i bastioni sono in roccia naturale e la strada sale e scende sinuosa, seguendo l’andamento a volte piuttosto aspro dell’alta parete a strapiombo. Sul lato della strada che guarda il mare ci sono diversi accessi che portano più in basso, dove tra gli anfratti ci sono alcuni locali e alberghi di lusso e gli uscieri dalle impeccabili divise e cappello ci salutano o ci invitano ad entrare. Saliamo fino al punto più alto del promontorio che corrisponde anche alla parte più esposta sul mare e da lassù, il terreno si allarga in un altopiano verdeggiante che digrada rapidamente sui tetti dei palazzi della Dakar ricca più in basso ; seguendo con lo sguardo la costa protetta dal promontorio, si vedono spiagge sabbiose con attrezzature balneari, larghi camminamenti sul lungomare e alberghi. Al centro del promontorio c’è un grosso macigno di pietra rossa alto 60/ 70 metri sul quale è avvinghiata una enorme struttura statuaria che sormonta la roccia con braccia protese verso il mare ; non dubito che questa si possa scorgere da diversi chilometri di lontananza per chi giunge dal mare ma, dal mio punto di vista, ancora una volta questa installazione faraonica contrasta fortemente con tutto il resto e mentre la contemplo critico, penso che questa è la terra dei contrasti assoluti e me ne faccio una ragione.
Scendendo dall’altopiano e prima dei palazzi della città,vediamo che l’abusivismo ( ? ) edilizio ha sconvolto questa parte del promontorio con strutture dalla grandezza sconfinata; colossi di cemento armato iniziati e mai portati a termine che ora restano lì, tra il cielo e il mare, come cicatrici infette e ben presto ci troviamo dentro i viali alberati di Dakar con le ambasciate, i palazzi consolari e le fondazioni di ogni ordine dell’ingegno umano dislocati lungo larghe e tranquille strade in cui transitano macchine costose e taxi in buono stato. Grandi parchi alberati nascondono ville sontuose e ombreggiano le vetrine dei negozi di lusso ; ovunque si vedono pattuglie della security che vegliano sul quieto vivere delle persone che abitano in questo posto. Dopo aver attraversato una quantità di rotonde e semafori, siamo già scesi sul lungomare che all’inizio è ordinato e pulito poi man mano che si procede, è sempre più torbido fino ad essere di nuovo ingoiati dal traffico infernale e dalla moltitudine di persone che perennemente assillano i marciapiedi e il bordo delle strade polverose.
Il soffice tappeto di conchiglie de “Le Bientenier ” accoglie scricchiolando le gomme del mio Gs ; mentre scendo tiro un sospiro di sollievo e accarezzo la moto come spesso faccio dopo una giornata di viaggio. Sono felice di essere tornato in quello che ormai ho eletto a mio piccolo angolo di paradiso sulla terra, come sono consapevole che lo conserverò per sempre così nei miei ricordi in quanto difficilmente ci sarà un’altra occasione per tornare. Mai come oggi il nostro pianeta è stato così piccolo e fruibile, e mai come oggi i mezzi tecnologici che abbiamo a disposizione ci permettono di affrontare viaggi come questo in cui le caratteristiche più necessarie sono la curiosità e la voglia di avventura. Ma il tempo è tiranno, i miei anni avanzano mentre il desiderio di conoscere altre culture, altri territori è sempre più forte e quando sognante guardo una cartina, mi sento come un bambino di fronte ad un cesto di caramelle; ognuna diversa dall’altra e tutte tremendamente invitanti . Ogni volta che mi accingo ad iniziare un nuovo progetto, sono costretto a compromessi sempre più difficili che mettono paletti alla mia sconfinata voglia di viaggio; come sono sconfinati i paesi che mi piacerebbe visitare e così mi trovo ad essere combattuto tra il tempo che dovrò sottrarre alla famiglia, al lavoro, a pensare ai soldi che per quanto tutto sia improntato al massimo della semplicità ed adattamento, non bastano mai. Ci sono dei giorni che le difficoltà appaiono insormontabili e abbandono il progetto per intere settimane fino a che un malessere sottile si insinua tra le pieghe degli impegni e dei problemi quotidiani, tra i minuti delle ore nei dopocena passati a recuperare il lavoro accumulato e per quanto cerco di ignorarlo, torna sempre più prepotentemente a dominare i miei pensieri e l’unica cosa che placa questo malessere è … partire … Ho sentito dire che adesso l’Iran …
Sebastian mi distoglie dalle mie fantasticherie correndo allegro verso di noi e ci annuncia che questa sera a cena ci sarà dell’aragosta che verrà servita a bordo piscina. Apprezziamo molto il modo con cui Nadine vizia i suoi ospiti e a dir la verità pensiamo che in fondo ce lo siamo meritati e possiamo quindi concederci qualche gustosa comodità. Tutte le sere c’è una sorpresa ; che sia un piatto particolare o una festa di compleanno o anche il semplice fatto di spostare i tavoli per la cena in un’altra zona ; piccole e semplici cose che qui hanno un valore particolare.
La comunità di francesi che popola il villaggio comincia a mostrare segni di interesse nei nostri confronti e qualcuno si aggira intorno alle nostre moto guardandole con ammirazione mentre altri ci fanno domande tipo da dove veniamo, quali difficoltà abbiamo incontrato e da quanto tempo siamo partiti. Nessuno di loro si sarebbe mai immaginato che fossimo arrivati fin quaggiù via terra e ancora meno che saremmo tornati a casa allo stesso modo; ora gli sguardi di ammirazione sono rivolti verso di noi che un po’ gongoliamo e ce la tiriamo mentre un anziano signore ci dice con aria nostalgica che un tempo era anche lui un motard e ci racconta di quel lungo viaggio nell’est Europa intorno agli anni settanta … Più tardi, a cena, saremo l’oggetto della conversazione dove ogni tanto qualcuno ci invita al brindisi o ci rivolge altre domande sulle moto o sul viaggio, fino al punto di parlare un po’ di tutto ; compreso le critiche ai nostri rispettivi leader politici o sulla gestione della comunità europea su certe problematiche di carattere sociale. Ci sono state delle sere che a causa di abbondanti bevute di Gazzelle prima e dopo cena, questi francesi diventavano anche simpatici abbandonandosi a canti collettivi e generalmente si intrattenevano a ridere e chiacchierare fino a notte inoltrata quindi il mattino, si svegliavano molto tardi mentre noi siamo l’esatto opposto in quanto la stanchezza ci consiglia di ritirarci presto ma non siamo mai stati infastiditi dalle loro notti allegre che comunque si mantenevano in limiti accettabili. Più fastidiosi, se così si può dire, erano i pianti notturni di bambini in fasce che dall’altra parte del muro, dalle capanne del villaggio, salivano a trapanare il cervello e quando questi poverini si calmavano, il canto dei muezzin annunciava un nuovo giorno e per chi come me normalmente si sveglia presto e non riesce a stare sveglio sul letto , è un problema.
Si perché oltre il muro che circonda “Le Bientenier”, il muro che tiene al sicuro il mio pezzo di paradiso sulla terra, c’è la realtà del mondo africano fatta di povertà ed abitazioni di fortuna : Nianing.
Nianing è un villaggio molto piccolo ma pur essendo situato al margine di una strada secondaria, gode di una posizione favorevole così come è stretto fra il mare e questa strada che a sud finisce a Joal Fadiout mentre a nord porta a Mbour e quindi verso la capitale. In tutta la costa nord-occidentale dell’Africa il mare significa vita ; la maggior parte dell’economia dei paesi che hanno la fortuna di essere situati sul mare, si basa sulla pesca e quindi sul commercio internazionale del pesce che però è in mano a poche persone insieme a non sempre trasparenti connubi di grandi multinazionali mentre per i più, è spesso l’unica fonte di sostentamento e alimenta scambi con altri tipi di prodotti alimentari provenienti dalle scarse coltivazioni dell’interno.
La strada per quanto secondaria è molto popolata e la sua destinazione verso le grandi città, dà vita ad un discreto traffico di mezzi che determina lo sviluppo di piccole attività artigianali ; è lodevole quello che riescono a fare con pochissimi mezzi ed attrezzature. In questi ultimi anni si è sviluppata una discreta attività turistica per la vicinanza ai grossi centri e la particolare bellezza dei luoghi ; i bassi costi stanno attirando parecchi turisti e così nascono diversi piccoli villaggi turistici che hanno continuamente bisogno di lavori di manutenzione. Molti giovani che hanno la fortuna di andare a scuola e imparare le lingue, si improvvisano a guide turistiche anche se questo tipo di attività è ancora in forma embrionale e poco organizzata così, si allenano all’interno dei loro villaggi dove ovviamente c’è poco da vedere o da spiegare ma in ogni caso sono comunque molto presenti ; se non altro per mettere a frutto il risultato del loro studio e volendo fare due passi nel villaggio è praticamente impossibile farlo senza essere accompagnati da questi giovani che con fare simpatico ti si attaccano alle costole e non possono far altro che mostrarti delle ovvietà come ad esempio il pozzo fatto costruire dalla tal organizzazione di aiuti internazionale oppure la scuola elementare piuttosto che la casa del capo villaggio. Da un lato questi giovani fanno un po’ di tenerezza in quanto dimostrano una grande serietà nell’espletare il loro compito e comunque la loro presenza si rivela utile quando il turista attento che ha voglia di fare domande ottiene generalmente delle risposte molto esaurienti e talvolta curiose ; si possono cogliere degli aspetti della vita quotidiana di queste persone che una visita autoguidata non riuscirebbe a svelare.
Il giovane che mi si è “attaccato” avrà circa diciotto anni e con pochi cenni della mano allontana tutta la concorrenza e trotterella al mio fianco mentre mi addentro nei sentieri del villaggio. Lo saluto e istintivamente gli dico di non aver bisogno del suo aiuto ma, dopo aver visto la sua espressione delusa, gli dico che se vuole accompagnarmi onde evitare di perdermi ne sarei felice ...
La prima cosa che mi sorprende è l’assenza di immondizia e della pochissima plastica in terra ; in tanti giorni di viaggio è la prima volta che vedo un villaggio così ordinato e pur nella estrema povertà, riesce ad avere un aspetto decoroso. L’accompagnatore mi spiega che da qualche tempo, gli abitanti del villaggio si autotassano di pochi centesimi per pagare delle persone che una volta alla settimana, provvedono a raccogliere i rifiuti che vengono disciplinatamente deposti dietro un gruppo di alti cespugli ai bordi del villaggio ; l’idea è venuta a un’italiana che, sposatasi con un abitante del luogo, gestisce una casa per turisti al limitare della savana. Ci dirigiamo immediatamente a conoscere “les italien” e la loro casa di vacanze dal nome carico di speranza “Le Domain de Nianing”, è pulita e ben curata; ci accoglie una signora sui cinquanta, siciliana verace di Catania. Racconta di come anni fa' sia stato difficile iniziare questa attività e di come, dopo aver acquistato il terreno, sia stato necessario far lavorare una ruspa per dieci giorni a rimuovere il ciarpame e l’immondizia. Sistemata la sua proprietà si è resa conto che il villaggio circostante faceva scappare i clienti e così, armandosi di infinita pazienza, ha iniziato l’opera di educazione degli abitanti che continua tutt’ora e con altri dieci giorni di ruspa ha dato un aspetto decente al posto. Il vecchio pozzo fatto a mano è stato approfondito con una trivella ( nel villaggio si parla ancora di quella enorme macchina di ferro che entra nella pancia della terra) , e dopo averlo dotato di una pompa e riassestato il forno comune, ha convinto il capo villaggio di quanto sia importante che i bambini frequentino la scuola e con orgoglio, accarezza affettuosamente sul viso il giovane che mi accompagna dicendo che lui è la prova tangibile del suo paziente lavoro. Ci sono degli italiani in giro per il mondo dei quali dovremmo essere veramente orgogliosi e purtroppo quasi sempre le loro opere passano inosservate ma questa è una caratteristica delle brave persone e forse è meglio che sia così.
Tre giovani donne stanno pestando ritmicamente il grano dentro un mortaio ricavato dalla base di un tronco di palma e nonostante i continui scuotimenti e i canti per imprimere il ritmo, il loro bambini legati sulla schiena dormono profondamente mentre poco più in là, delle anziane signore preparano il frumento sollevando in alto larghi e sottili recipienti di vimini dai quali fanno fuoriuscire a zig-zag la granaglia in modo che il vento separi la crusca dai chicchi ; una ruota di bicicletta aziona con un semplice meccanismo un mantice che alimenta una forgia a carbone scavata nella sabbia, il ragazzo imprime colpi precisi al tondino arroventato facendolo diventare un grazioso ricciolo che servirà a decorare una piccola inferriata che un suo compagno sta terminando di saldare con una vetusta saldatrice di origine cinese ; delle ruvide tavole dal taglio grossolano stanno diventando un mobile con dei cassetti decorati a mano in un semplice motivo floreale … C’è tanta attività che a colpo d’occhio non si vede ma se si ascolta, se si sbircia dietro una lamiera ondulata o dietro i muri sbreccati dagli spigoli unti da mani di bambini che si rincorrono ridendo, si nota come questa gente stia lottando per migliorare la propria condizione perché il progresso è arrivato anche se ancora non è a portata di mano e mi chiedo se questo progresso che arriva così velocemente possa veramente essere un bene per questa gente.
Boxer Born
15-03-2012, 00:12
In fatto di mangiate, quella che ricorderò con particolare piacere è stata una cena nella quale si presentava il piatto della tradizione senegalese : il Ceebu Jep.
In Senegal non ci sono orari precisi per mangiare e i pasti non sono scanditi ad orari classici come da noi ; si mangia a qualsiasi ora e soprattutto quando c’è ma per nostra fortuna, i viaggiatori non sono assoggettati a queste regole ed anzi, il fatto che si possa mangiare a qualsiasi ora del giorno e della notte facilita di molto gli spostamenti e le escursioni in quanto non c’è la necessità di calcolare i tempi per i pasti ; quando si arriva si mangia, e si mangia quello che c’è.
Il Ceebu Jep è un delizioso riso con pesce e tutte le varietà di verdure disponibili, compreso la Manioca ; viene servito come piatto unico e ne fanno anche con una variante di carne. Il riso è di una varietà molto particolare e non sono riuscito a sapere se è proprio cosi minuscolo oppure se ha subito una parziale frantumazione ; sta di fatto che come dimensione e consistenza dei chicchi, rassomiglia molto al cous-cous . Il pesce è di diverse qualità e viene posto già spinato sopra il riso e in mezzo alle verdure condite con una piccante salsa di pomodoro, ci sono delle polpettine grandi quanto una noce che sono fatte con un impasto di uovo e frattaglie di certi grossi pesci pregiati.
Vengono stese a terra delle stuoie con dei cuscini nei quali i commensali si accomodano in cerchio e il Ceebu viene servito in grandi ciotole di legno oppure in vassoi di acciaio dai quali i commensali mangiano con le mani e per questo è anche chiamato “il piatto dell’amicizia”.
Generalmente il capo-tavola, inteso come la persona più importante del banchetto, prende i grossi pezzi di pesce al centro del piatto e li divide in parti uguali depositandoli davanti al settore di ciascuno e stessa cosa anche per le polpette di pesce che inevitabilmente si trovano nascoste sotto il riso e così questo ravanamento del leader dura qualche minuto.
Finita la ripartizione si inizia a mangiare e la bravura sta nel riuscire a formare delle piccole palline che verranno portate alla bocca ; questa operazione và eseguita rigorosamente con una sola mano.
Molto facile a dirsi e altrettanto difficile a farsi ; il piatto è molto buono e gustoso e la tentazione è quella di prenderne a grosse manciate ma il problema è che la porzione presa non si compatta e si rischia di mangiare dal palmo della mano e conseguentemente di pastrocchiarsi il viso e versarne sulle proprie gambe più della metà ed è proprio quello che sta succedendo a me tra l’ilarità generale ; mi sento un po’ mortificato ma non demordo.
Provo allora ad imitare chi mi sta di fianco e vedo che con la punta delle dita ed abili gesti sinuosi sul fondo del vassoio riescono a far materializzare la pallina ma ottengo solo il risultato di impastarmi le dita e in breve le mie mani sono completamente inzaccherate fino ai polsi. Non la finiamo più di ridere mentre qualcuno mi propone di usare la forchetta … Giammai !! Voi ridete pure di me ma riuscirò a mangiarmi anche la vostra parte …
Il riso si trova spesso nell’alimentazione senegalese e si può mangiare con gusto anche il “ Poulet Yassa” ; il riso cotto viene pressato in una ciotola e capovolto sul piatto accompagnato da carne di pollo o di pesce con abbondanti cipolle stufate e spezie. Molto buono quello che ho mangiato sulla riva del Lago Rosa a Dakar.
Non è stato facile arrivare al Lago Rosa in quanto non ci sono indicazioni e anche la gente del posto non può fare altro che dare una indicazione verso un punto imprecisato in quanto per arrivarci bisogna attraversare larghe fasce di bidonville in un disordinato intrico di viuzze nelle quali ci si perde facilmente. La mappa segna una strada in direzione del lago tra Rufisque e Dakar ma come sempre, il traffico è caotico e la moltitudine di persone in mezzo alle strade fanno perdere l’orientamento ; quella che sembrava essere la strada indicata dalle mappe è occupata da un impenetrabile mercato e le strade successive sono oggetto di lavori o sono allagate trovandosi di fianco a canali e così usciamo dalla strada principale diversi chilometri più avanti. La gente continua ad indicare con il braccio un punto alla nostra destra e ci addentriamo in una triste e popolatissima bidonville con strade molto strette, insabbiate e con enormi voragini. Quando la strada sembra prendere la direzione giusta, improvvisamente gira dietro un angolo in senso opposto e vagoliamo a caso in mezzo all’immondizia ; siamo costretti a fermarci spesso per chiedere la direzione e non sempre c’è il tempo necessario per capire le spiegazioni in quanto si deve ripartire in fretta per evitare di venire accerchiati da nugoli di ragazzini urlanti che ci corrono incontro e ci inseguono << Toubab … cadeaux , He Toubab ... donne moi de l’argent … cadeaux Toubab, … cadeaux ... >>.
Guidare in queste condizioni è veramente difficile ma l’insidia peggiore si nasconde nei vecchi tratti asfaltati semisommersi dalla sabbia con la quale chiudono le profonde buche e queste si vedono solo quando ci sei dentro con lo sterzo chiuso. Soffriamo per parecchio tempo nel dedalo della bidonville poi, riusciamo ad uscire da quell’inferno e ci troviamo lungo una strada disastrata e tutto intorno il terreno è in stato di abbandono ; ci sono diverse costruzioni basse circondate da muri come se fossero dei villaggi ma sono tutti disabitati e la maggior parte in rovina ; tutto intorno canneti spettinati e mucchi di macerie sparsi ovunque.
Ma il Lago Rosa non dovrebbe essere una attrazione turistica?? Allora perché è tutto in queste orribili condizioni!? Forse non è la strada giusta penso mentre chiediamo per l’ennesima volta ad un uomo sopra un asino che ci conferma il fatto di essere vicini e allora, spero che siamo passati dal punto sbagliato ma l’uomo dice che ci sono solo due strade per arrivare al lago e l’altra è “un po’ brutta “ …
Il lago è piuttosto esteso ma arrivando dalla strada questo è quasi completamente nascosto alla vista da un’accozzaglia di negozietti disposti ai lati che vendono la solita chincaglieria e anche qui inizia l’assalto ; tutti pretendono che noi acquistiamo qualche cosa e si parano davanti alle moto mentre procediamo lentamente schivando tutti. Mi sto innervosendo, sudo e non vedo l’ora di fermarmi ; un tipo mi aggancia un braccio e rischio di cadere e allora inizio a dare di gas sollevando sabbia e polvere mentre tutti si fanno da parte rifugiandosi sotto le capanne di stracci e lamiera e mi urlano dietro probabilmente insultandomi.
Bel modo di arrivare … Siamo passati inosservati...
Forse richiamato dalle urla un uomo in divisa si affaccia sulla stradina poco più avanti e ci fa cenno di svoltare in uno spiazzo anch'esso circondato da bazar. Vista la situazione è meglio la polizia che affrontare i venditori ma appena fermati, mi rendo conto che quello non è un poliziotto ma il solito guardiano in divisa che mi ha tratto in inganno essendo vestito uguale.
Sono furente e vorrei andarmene ma ora mi accorgo che ci siamo fermati su di un profondo strato di sabbia morbida e non potendo fare manovra in avanti, siamo praticamente arenati. Per uscire da lì dovremo aiutarci a vicenda tirando indietro le moto e così, decidiamo di lasciarle dove sono e tra diverse imprecazioni cerco di mettere il cavalletto che sprofonda sulla sabbia come sprofondano le mie scarpe fino alle caviglie. Cerco senza risultato qualche sasso da posizionare sotto mentre i venditori mi torturano e i ragazzini << Toubab … cadeaux , He Toubab ... donne moi de l’argent … cadeaux Toubab, … cadeaux ... >>… Richiamando qualche santo riusciamo a stabilizzare le moto e dopo diversi urli allontaniamo anche i più fastidiosi mentre ci dirigiamo sulla riva del lago in mezzo a due ali di venditori ; mi sembra quasi di dover subire una pubblica punizione dovendo passare tra le due file e se mi fustigassero, probabilmente non me ne accorgerei per quanto sono preso a sforzarmi di essere cortese e rifiutare ad ogni passo le offerte. Sessanta metri? Forse meno, ma i più tesi della mia vita! Finisco la scorta di pazienza e gli ultimi sono bersaglio dei miei dinieghi urlati : NO ...NOO … NO!!
Loro ci rimangono male e me ne dispiaccio ma purtroppo non riescono a capire ed io davvero non ne posso più. L’ultimo venditore corrisponde all’inizio dell’acqua e, aggirato l’ultimo ostacolo ci ritroviamo su una stretta riva di conchiglie e mentre prendo il respiro … meraviglia …! L’acqua è veramente rosa!
La spiaggia è piuttosto breve in questo punto e oltre a qualche ombrellone di paglia c’è un ristorantino dove ci fermeremo a mangiare mentre più avanti l’erba arriva fino all’acqua e qualche banano fiorito si rispecchia su quest’acqua dal colore strano. La concentrazione di micro-alghe che danno all’acqua questo particolare colore la rendono anche un po’ torbida ma è veramente uno spettacolo.
L’acqua è salatissima e immergendo le mani si sente il bruciore sull’orlo delle unghie e in mezzo alle dita dove la pelle è più tenera ; un ragazzo ci spiega che quest’acqua ha proprietà curative e chi ha problemi con la pelle, viene qui a bagnarsi. Anche qua troviamo alcuni turisti francesi e sono soprattutto signore di mezza età non accompagnate ; ridiamo della definizione che qualcuno si fa uscire : vecchie petroliere in disarmo che vengono in Senegal a prendere gli ultimi colpi d’onda …
Effettivamente è così ; questa è una di quelle zone del mondo dove le donne vengono a fare del turismo sessuale. Alcune stanno facendo il bagno e per effetto dell’acqua salatissima sembrano stare appoggiate sulla superficie dell’acqua coi sederoni e i grossi seni in bella evidenza ; lì vicino ci sono conficcati dei pali di legno per legare le piroghe e queste signore sembrano essere delle boe d’attracco. E’ ora di finirla di fare maldicenze e la fame ci porta al ristorantino dove non c’è nessuno tranne un tavolo dove conosciamo due bergamasche, dal fisico in forma e … non accompagnate …
Per chi ha la mia età il Lago Rosa corrisponde al mito della Parigi-Dakar ; infatti proprio lungo le sponde di questo lago, veniva posizionato l’arrivo di questa gara spericolata. Dopo migliaia di chilometri percorsi a rotta di collo nel deserto, la gara terminava lungo la spiaggia di Dakar e l’arrivo era proprio sul Lago Rosa.
Essere qui mi emoziona un po’ mentre pregusto già il dopo-pranzo quando con la mia moto percorrerò l’ultimo tratto di pista esaudendo il sogno di quando ero un ragazzo.
Chiediamo informazioni in merito e qualcuno del ristorante ci indica un puntino bianco non troppo lontano che era una costruzione utilizzata dall’organizzazione della Paris-Dakar.
Mangiamo piuttosto bene e la solita Gazzelle ghiacciata accompagna bene il pranzo anche se non ho gradito molto il dolce: Banana fritta. Anche il caffé non è un gran chè e mentre tentiamo di mandarlo giù ci guardiamo un po’ intorno per trovare una via di fuga che non ci costringa a dover ripassare in mezzo ai commercianti. Ci aggiriamo intorno al ristorante mentre il proprietario ci guarda con sospetto fino a che, in mezzo ad un fitto boschetto di banani, troviamo un breve sentiero che aggira il bazar e sbuca a poche decine di metri dalle nostre moto ; paghiamo e alla chetichella infiliamo il sentiero gabbando i venditori che mentre stavamo mangiando, si affacciavano per vedere se eravamo ancora li, pronti ad assalirci di nuovo al nostro ritorno.
La loro non è cattiveria, è solo che qui un tempo il turismo era molto attivo e soprattutto nel periodo della gara, riuscivano a fare “affari d’oro “ quando nel raggio di chilometri da questo posto non si trovava neanche un riparo di frasche che non fosse affittato. Ora la gara non c’è più e negli anni il Lago Rosa è stato quasi dimenticato ed è dimostrato dalle condizioni della strada e dalle costruzioni abbandonate. La gente del posto non è riuscita a riconvertirsi e tutta la zona sembra vivere nell’attesa che tutto possa ricominciare di nuovo e invece il degrado e l’abbandono non fanno che peggiorare la loro condizione. Rimugino questi tristi pensieri mentre tiriamo fuori le moto dalla sabbia e accetto passivo anche l’ultima ondata dei venditori mentre ci allontaniamo.
La deviazione che porta verso l’arrivo della Paris-Dakar che fù non è lontana e dopo averla imboccata rulliamo su una pista ancora ben battuta anche se il bordo è invaso dalla bassa vegetazione lacustre. Anche qui cumuli di macerie e ciarpame vario mentre la piccola costruzione dove un tempo si affannavano i direttori di gara e i giornalisti che convulsamente inviavano le ultime notizie, ha i vetri rotti e il tetto per metà è crollato. Provo ad immaginarmi gli accampamenti colorati dei team, le bandiere, le moto e le macchine fantastiche, la confusione e l’allegria …
Si stà alzando il vento e mentre in silenzio diamo un ultimo sguardo al posto metto in tasca la macchina fotografica che non ho nemmeno acceso, giriamo le moto e torniamo indietro ma non posso fare a meno di dare un’ultima botta di vita al posto e in memoria dei tempi passati sgommo e derapo fino a che non siamo di nuovo sulla strada ; ancora uno sguardo ...torniamo a Nianing.
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Boxer Born
16-03-2012, 08:42
Come il solito mi sveglio di buon mattino e nonostante abbia dormito profondamente nel nido protetto dalla zanzariera ho ancora sonno e mi sento stanco ; esco dalla capanna nella luce verdastra della volta arborea e l’aria fresca del mattino mi fa tremare mentre ascolto il silenzio quasi assoluto interrotto solo dal canto degli uccelli che si nascondono lassù nel fitto del fogliame.
A parte il sommesso russare di qualcuno, dalle capanne degli altri ospiti non proviene alcun rumore e mi intrattengo ad ammirare un uccello blu e verde con il piumaggio così lucido che sembra metallizzato ; scende tutte le mattine ad abbeverarsi presso una pozza d’acqua sotto un rubinetto e al solo pensiero di avvicinarmi per osservarlo meglio questo scompare tra i rami con un leggero frullo d’ali. Il muezzin ha finito già da tempo le sue litanie e anche tra le povere case di Nianing, oltre il muro del nostro villaggio, c’è silenzio assoluto e i bambini sembrano aver trovato pace.
Mi dirigo verso il piccolo cancello posteriore invaso da buganvillee porpora che dà sul mare ; là fuori i pescatori si stanno preparando e alcuni sono già sulle piroghe, pronti ad una nuova giornata di pesca. Sono le sette del mattino e non avendo dato disposizioni particolari la sera precedente, penso con dispiacere che dovrò attendere almeno un’ora prima che si veda qualcuno per servire la colazione e così mi siedo sotto il sole vicino alla piscina a fumare la prima sigaretta.
Devo cominciare a razionare le sigarette in quanto nel doppio fondo di una valigia della moto cominciano ad esserci dei grandi spazi vuoti. Lo so, il mio è un brutto vizio che mi concedo con gusto particolare ma per quante volte abbia provato a rinunciarvi, non ho resistito neanche mezza giornata e da tempo ho deciso di continuare con questa insana abitudine.
Prima di partire ho fatto una bella scorta delle mie preferite avendo la certezza che quaggiù non ne avrei trovate e, onde evitare di farmele sequestrare durante i controlli di polizia, ho creato con un pezzo di cartone color alluminio un doppio fondo sotto il quale ho nascosto le sigarette. E’ la valigia della moto che è sempre con me nella quale trasporto le attrezzature e utilità varie e quindi è piena di pacchettini legati da elastici, farmacia da viaggio, bombolette di gas, bottiglie d’acqua ecc. Durante i controlli, a parte l’iniziale curiosità dei militari alla vista di tutte quelle cose che con studiata lentezza tiravo fuori fino a non avere più spazio per appoggiarle, non sono mai arrivato a scoprire il fondo della valigia ed io potevo accedere alle sigarette infilando la mano in mezzo a tutte quelle cose fino a sollevare un lembo del cartone.
Compiacendomi di questa bella idea aspiro una profonda boccata mentre un gatto mi si avvicina facendomi le fusa. Sugli alberi di “ Le Bientenier “ Nadine ha fatto appendere dei cartelli che spiegano come i gatti che circolano nel villaggio non sono del villaggio, ed è quindi severamente vietato accarezzarli e offrirgli da mangiare. Il mio nuovo amico è già acciambellato sulle mie gambe e le sue fusa sono così rumorose che sembra si possa sentirne anche l’eco ; ora che il sole mi accarezza stò bene e stare in questo posto con un gatto sulle gambe mi rende felice e potrei fare le fusa anche io.
Mi sento comunque stanco e decido che oggi, cascasse il mondo, non mi muoverò da Nianing così che sia io che la moto avremo modo di riposarci ; oggi in programma c’è la visita all’Isola delle Conchiglie che si trova vicino a Joal Fadiout, trenta chilometri circa più a sud e spero che i miei compagni non rimangano delusi da questa mia decisione ma d’altra parte, i lettini a bordo piscina e la spiaggia là fuori che ho visto poc’anzi, sono un ottimo motivo per trascorrere l’ultimo giorno a Nianing.
Mentre stò maturando questa decisione scorgo il mio compagno di capanna che si avvia ciondolando verso i bagni comuni e gli comunico subito il mio proposito ; per un attimo vedo nel suo sguardo una luce di approvazione poi sbadiglia ululando e sembra soppesare i pro e i contro della mia decisione : lettino, piscina, Gazelle ghiacciate, passeggiata sulla spiaggia e mangiata di pesce appena pescato poi riposo, lettura, riposo … Dall’altra parte : trasferimento brevissimo, visita di un posto sconosciuto, gita con la piroga in mezzo alle mangrovie e mangiata lungo la spiaggia con la possibilità di tornare abbastanza presto per godersi un po’ la piscina ... Approva la mia decisione e mi prende in giro dicendomi che se la caveranno anche senza di me ; mentre si avvia verso il bagno fà pure qualche allusione circa una giovane inserviente che lavora nel villaggio e lo sento ridere mentre scompare tra le foglie.
Effettivamente è vero; le due ragazze che lavorano al villaggio sono veramente bellissime e tra l’altro, una di esse parla anche un discreto italiano avendo vissuto per quattro anni presso una zia di Torino e non posso fare a meno di immaginarmela in una fredda mattina nell’inverno piemontese provando un po’ di pena per i suoi paesani che in questo momento si trovano là ; d’altro canto non ho nessuna velleità di conquiste anche perché la ragazza ha meno della metà dei miei anni e oltretutto con il bendiddio di ragazzi che ci sono quà la vedo estremamente dura che lei possa anche lontanamente pensare di invaghirsi di me.
Da parte mia ho abbastanza buon senso da non scambiare la particolare simpatia e disponibilità che la ragazza sembra abbia dimostrato nei miei confronti per qualcosa d’altro che non sia la naturale gentilezza e ospitalità delle persone del luogo.
Facciamo colazione in un’atmosfera serena e rilassata, quasi familiare e mentre i miei compagni si preparano per partire prendo posizione a bordo piscina su un lettino di ferro dal morbido cuscino e dopo averci steso il mio telo da mare azzurro come il cielo, mi sdraio lasciando che il sole produca quel pizzicorino vitalizzante sulla mia pelle. Non ho la crema protettiva e solitamente la mia pelle a camera d’aria di camion sopporta anche lunghe esposizioni sotto il sole cocente ma penso anche che li intorno c’è un sacco d’ombra e non avrò problemi.
I ragazzi sono in partenza e mentre li saluto senza rimpianti, ascolto il rumore delle loro moto mentre si allontanano per poi fare un programma della mia giornata improntato al relax più completo. Dopo un po’ mi rendo conto di trovarmi nel posto più lontano da casa in cui io sia mai stato e pensare di dover passare un giorno in completa solitudine mi dà una piacevole e sconosciuta emozione .
Passerò la mattinata a dormicchiare e tra un tuffo in piscina e un bagno di sole sono già le una e non ne ho ancora abbastanza ; qui stò troppo bene e non ho voglia di uscire a pranzo e così mi faccio portare una chilometrica baguette con verdura e insalata di pesce che divoro con gusto all’ombra di una palma … bella la vita!
Nel programma c’era anche la passeggiata sulla spiaggia e così, forzando la mia pigrizia, apro il piccolo cancello fiorito e mi ritrovo sulla spiaggia dove una quantità di piccoli bambini giocano in mezzo alle piroghe e mi salutano senza disturbarmi e solo qualcuno, da lontano e senza insistere, mi chiede il “cadeaux”. La sabbia è piacevolmente calda e comincio a camminare quando un uomo mi fa cenno di no con la mano ed io mi fermo interdetto ; mi raggiunge e mi spiega che non si può passeggiare in costume.
Mi scuso in mille modi e tornando indietro per mettermi un paio di pantaloncini mi arrabbio con me stesso per aver commesso la leggerezza di dimenticare le semplici regole della pacifica convivenza e inoltre mi stavo accingendo ad uscire da solo con la guardia abbassata come se passeggiassi sulla spiaggia vicino a casa mia ; mi stò abituando troppo in fretta a questo posto e penso che una volta tornato a casa mi costerà caro tornare al tran tran quotidiano.
Rifuggo da questi pensieri e mi incammino di nuovo su questo tratto di spiaggia che i pescatori usano come deposito delle loro attrezzature e per questo c’è parecchio disordine e la pulizia non è eccelsa. Tra le prede delle loro battute di pesca ci sono delle grosse conchiglie maculate dalla forma e della grandezza di un pugno che le donne e i bambini sgusciano con un raggio di bicicletta dall’estremità acuminata e ripiegata ad uncino per poi accatastare i gusci in alti mucchi e il sole si riflette sulla lucida madreperla rosa. Viene pescata in quantità anche un altro tipo di grossa conchiglia che è molto simile all’altra ma si differenzia in quanto sul bordo del foro di uscita non è liscia ma presenta una cresta di artigli uncinati.
Mi fermo a chiacchierare con un pescatore intento a rammendare le sue reti e mi spiega che la prima è una conchiglia che per la maggior parte del tempo stà in profondità sotto la sabbia e la si può pescare solo in determinate condizioni di marea e solo per un breve periodo all’alba quando escono per nutrirsi ; quella con la cresta uncinata invece resta tutto il tempo sul fondo del mare e gli uncini servono per ancorarsi sul fondale quando le onde dell’oceano spazzano la costa. Mi guardo intorno per cercare i mucchi di conchiglie uncinate e lui capendo mi indica delle montagnole di conchiglie frantumate ; questo tipo di conchiglia ha le spire molto più strette e l’unico modo di estrarne il frutto è quello di romperle con un tondino di ferro. Queste due conchiglie rappresentano la fonte principale di alimentazione del popolo dei pescatori in quanto tutto il resto del pescato viene venduto e il ricavo serve a soddisfare le esigenze delle famiglie ; dice che non sono tanto buone ma ci si può vivere ...
Proseguendo lungo il bagnasciuga si incontrano spessi cuscini di alghe filamentose di un colore verde scuro e camminandoci sopra hanno la consistenza di una spugna solida ; dove si sono depositate in forma più concentrata riescono a fermare anche la risacca che si insinua in stretti passaggi formando delle insenature sulla spiaggia dietro la barriera delle alghe. La sabbia è chiara e finissima e i granchi vi scorrazzano in gran quantità facendo lo slalom tra i pezzi di conchiglione dalla madreperla smaltata.
Ci sono dei gusci di cozza grandi come una mano aperta e anche su queste ci sono delle escrescenze dentellate per contrastare la forza del mare ; passeggiando ne raccolgo i pezzi più belli che porterò a casa come ricordo di questa giornata. La spiaggia è larga e pianeggiante ed è bellissimo passeggiare fra l’azzurro del mare e il verde intenso delle palme mentre più avanti si vedono delle persone intente a ripulire la spiaggia dalle alghe che caricano su dei carretti trainati da asini ; si tratta della spiaggia antistante un villaggio di vacanze simile al nostro e sotto gli ombrelloni di paglia vicino alle palme c’è qualche turista immerso nella lettura ; gruppi di bambini del posto corrono ridenti sciamando lungo la spiaggia mentre gli adolescenti se ne stanno seduti in disparte, sopra vecchie piroghe spiaggiate e accennano a dei canti accompagnati da tamburi .
Cammino così per un tempo indefinito e avrei continuato chissà per quanto tempo se a un certo punto, girandomi, non mi fossi accorto di aver percorso diversi chilometri non riuscendo più a distinguere la massa delle piroghe davanti al mio villaggio. Torno indietro e mi viene da pensare che questo è l’ultimo giorno che passerò quì e la malinconia si insinua dentro di me mentre respiro a pieni polmoni questa tiepida brezza marina ; sarà difficile dimenticare questo posto.
Al ritorno, i miei compagni mi sorprendono mentre stò facendo il morto a galla nella piscina e dopo poco si uniscono a me raccontandomi le avventure della giornata ; anche loro si sono divertiti molto e anche loro hanno iniziato a pensare a domani, quando probabilmente per sempre, lasceremo Nianing.
Dopo cena decideremo le tappe per cominciare a risalire e sconfortato penso ai bagagli che in questi giorni ho sparpagliato per tutta la capanna in modo disordinato ...
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Boxer Born
18-03-2012, 10:37
Sebastiàn saluta un’ultima volta con la mano mentre chiude il portone cigolante, e noi facendoci il segno con il pollice ingraniamo la prima e partiamo. Questa mattina qualche francese si è alzato molto prima del solito per venirci a salutare e la cosa ci ha fatto un enorme piacere perché in qualche modo ci hanno aiutato a lasciare questo posto. Anche Madame Diopp e Nadine erano lì per salutarci ma soprattutto per consigliarci di abbandonare il Senegal il prima possibile o per lo meno, di non avvicinarci ai grandi centri in quanto c’è la concreta possibilità che tra oggi e domani si possano creare dei disordini da parte della popolazione per questioni politiche.
Negli ultimi giorni l’inizio della coppa d’Africa ha sedato gli animi della maggior parte della popolazione che è avversa all’attuale presidente senegalese e in questi giorni ci sono stati fermi forzosi in cui tutti i taxi, i minibus e i camion sono stati fermati da frange di oppositori che protestano in vista di una prossima rielezione ; d’altro canto la squadra nazionale di calcio sembra non aver sortito buoni risultati e così l’attenzione si sta nuovamente orientando verso le questioni politiche e ora tutti i nodi stanno venendo al pettine. Oggi il congresso nazionale dovrebbe esprimersi sulla possibilità dell’attuale presidente Abdulaye Wade a ricandidarsi per il 3° mandato consecutivo e pressato da tutte le parti, compreso gli osservatori internazionali, il presidente è stato costretto ad autorizzare una manifestazione a Dakar.
Il Senegal è una repubblica democratica anche se di fatto, in questi ultimi undici anni, è stato gestito come un regime neanche tanto velatamente repressivo e sembra che l’ottantaseienne Abdulaye Wade debba a tutti i costi ricandidarsi per sfuggire al braccio della legge in quanto è ormai nota a tutti la sistematica corruzione con la quale ha gestito il paese ; tutto il suo staff ( in pratica tutta la sua famiglia ) con una folta schiera di politici e imprenditori rischiano la galera e da queste parti le colpe si pagano con certezza, e anche severamente. Si dice che abbia falsificato i suoi documenti e che in realtà abbia superato da tempo i novanta e si dice che segretamente voli in nord Europa per fare certe cure ringiovanenti ; se questa notizia è vera vorrei proprio sapere di che cura si tratta perché su di lui certamente sembra funzionare visto l’ottimo aspetto nonostante l’età dichiarata o presunta.
Di certo c’è il fatto che con una mossa politica dai contorni poco chiari, ha modificato la costituzione prolungando i tempi del mandato presidenziale da cinque a sette anni per preparare il campo al suo successore ; il figlio. Il problema è che la maggior parte dei senegalesi sono convinti che anche il congresso sia in qualche modo sotto la sua gestione e così, il nervosismo sta crescendo perché se Abdulaye Wade avesse la possibilità di ricandidarsi, equivarrebbe alla sua permanenza al potere e la gente non ne può più di ingiustizie e del solito sistema di enormi ricchezze in mano a poche persone a discapito del resto della popolazione che non tutti i giorni riesce a mangiare.
Il Senegal nel suo contesto è un paese molto moderno e ci sono giovani formazioni politiche che hanno ben chiara la direzione che dovrebbe prendere il loro paese e vogliono fortemente liberarsi da quella rete di lacci e prevaricazioni nelle quali l’attuale governo sembra aver posto le sue fondamenta. Nei giornali, nei manifesti e nascosto tra le pubblicità in televisione hanno fatto proprio un motto che dice “Noi siamo l’Africa che avanza”.
Autorizzare una manifestazione a Dakar non può essere inteso come se questa cosa avvenisse in un qualsiasi paese europeo ; la loro indole è molto pacifica ma proprio per questo, diventano incontrollabili nel momento in cui gli animi si infiammano e manifestazioni spontanee messe in piedi dai giovani, potrebbero nascere in qualsiasi momento, soprattutto nei grandi centri dove è più alta la concentrazione di scuole e la consapevolezza di dover cambiare il proprio paese è più sentita.
Qualche giorno fa, parlando con i ragazzi del “Bientennier”, ho capito quanto interesse abbia suscitato in loro la primavera araba che dall’inizio del 2011 ha sconvolto gli equilibri geo-politici di tutta la zona a nord del Sahara ; se il discorso prende una piega politica fanno spesso riferimento ai fatti accaduti al nord e auspicano un movimento popolare simile traendone ispirazione e per loro stessa confessione credono che non sarebbe facile garantire la sicurezza degli europei che dovessero trovarvisi in mezzo in quanto anche i nostri stati, in diversi modi ed in diversa misura, hanno contribuito a far accrescere il malcontento negando certe evidenze o addirittura legandosi in affari poco trasparenti ; noi di queste cose non ne sappiamo niente perché si guardano bene dal raccontarcele, ma quaggiù la gente sembra essere molto informata e i vari canali televisivi, dall’aspetto poco più che amatoriale, riportano puntualmente i fatti e i misfatti.
Con questi pensieri abbiamo organizzato il percorso di risalita verso nord che per necessità prevede comunque un altro giorno in Senegal e anche se si tratta di Saint Louis, l’ultima grande città vicino al confine, questo non basta a tranquillizzarci e la consegna è quella di stare all’erta più che mai.
Eppure in questo caldo mattino di gennaio, tutto sembra scorrere come il solito; attraversando i piccoli villaggi lungo la strada i ragazzi ci salutano, i mercati sono nel pieno dell’attività e gli animali di tutte le specie continuano ad attraversare all’improvviso la strada … tutto come il solito.
Per un po’ mi dimentico degli eventuali problemi finché non percorriamo la stretta esse che conduce al grande e alberato viale di Mbour ; il traffico nella nostra direzione è paralizzato e i clacson delle macchine sembrano impazziti ma nessuno tenta di superare la colonna o tagliare sopra i marciapiedi come talvolta accade. Stranamente dalla corsia opposta non giunge alcun mezzo e dopo aver atteso qualche minuto in colonna iniziamo piano piano a superare, fino a che non vediamo in lontananza una agitata marea nera che occupa tutta la larga strada e dilaga anche tra le macchine ferme .
Ci appiattiamo più che sia possibile contro le macchine alla nostra destra mentre veniamo invasi da centinaia di giovani studenti che marciando velocemente alzano ritmicamente un braccio e con un pugno si percuotono forte il petto e riferendosi al vecchio presidente urlano in Woloff “ Gorgui na dem ! Gorgui na dem !” ( vattene vecchio! ) e alcuni urlano la loro rabbia sulla visiera del mio casco.
E’ la prima volta che mi capita di trovarmi nel mezzo di una manifestazione in quanto vivendo in una piccola città di provincia, ho sempre osservato questi fatti in televisione e solo ora mi accorgo di quanto possa essere pericoloso. La maggior parte degli studenti sono poco più che ventenni e ora che sono in gruppo e arrabbiati sono pericolosi e travolgono qualsiasi cosa gli si pari davanti ; compreso la mia moto che riceve diversi scossoni e non tutti involontari.
Sono momenti di forte tensione mentre il manubrio sbatte violentemente contro il vetro del pik-up al mio fianco e il proprietario tira fuori un braccio e tenta di contrastare i colpi reggendomi per una spalla ma non riesco a vederlo in faccia quel tanto che basta per capire se è un gesto di protezione o un modo di allontanarmi. Con il braccio destro cerco di tenere saldamente il manubrio mentre tengo il sinistro sospeso a mezz’aria per difendermi da eventuali colpi che mi aspetto da un momento all’altro.
Intanto i ragazzi continuano ad urlarmi addosso “ Gorgui na dem ! Gorgui na dem !” ma per fortuna tutto dura per pochi istanti e il gruppo dei più facinorosi alla testa della manifestazione mi supera portandosi dietro un corteo molto più tranquillo anche se tutti hanno una espressione molto dura della quale non pensavo potessero essere capaci.
Man mano che il corteo si dirada le ceste di verdure e di spezie vengono riposizionate sui marciapiedi, qualcuno rimuove una scala di legno che aveva messo a protezione dell’ingresso del suo bazar,
le capre riprendono il possesso del centro della strada mentre la colonna riprende il suo normale flusso permettendoci di ripartire.
I giorni seguenti verremo a sapere che ci sono state altre manifestazioni e soprattutto nella capitale, queste proteste sono sfociate in episodi di violenza ai quali la milizia ha dovuto rispondere molto duramente e le notizie racconteranno di almeno un paio vittime ma per quello che ci riguarda, a parte l’episodio a Mbour, non ci siamo accorti di nulla e a metà pomeriggio eravamo già arrivati a Saint Louis nell’Hotel La Palmeraie dove all’andata avevamo già prenotato per una notte.
Domani lasceremo il Senegal e questa sera dovremo ragionare su che linea di condotta tenere a Rosso che comunque ci preoccupa ancora
Boxer Born
20-03-2012, 14:06
Arriviamo a Saint Louis abbastanza presto e prima di entrare in città ci fermiamo a fare rifornimento in una stazione di servizio molto grande e moderna che per un momento mi fà pensare di essere almeno duemila chilometri più a nord se non fosse per un gruppo di bambini che stanno elemosinando.
Con quei vestiti stracciati e sporchi sono così malridotti da fare pena ; uno di loro è quasi completamente nudo ed indossa una logora incerata da marinaio infinitamente più grande di lui e il colore grigio dell’indumento è molto simile al colore di questi bambini che quasi non hanno più la forza di parlare ma quello che maggiormente fa male è notare come la luce dei loro occhi sia spenta e si avvicinano con passo lento senza convinzione, rassegnati.
Purtroppo queste scene accadono tutti i giorni ; non si riesce ad abituarsi alla vista di questi bambini e si vorrebbe fare qualcosa , ci si arrabbia con la gente che invece non li nota più come se fossero invisibili e anzi, il più delle volte li scansano malamente neanche fossero animali che almeno, per spirito di conservazione, tengono le distanze di sicurezza mentre questi figli di nessuno si avvicinano, chiedono aiuto e nella maggior parte dei casi ricevono spintoni o sberle.
Il bambino con l’incerata grigia mi si avvicina mentre sono impegnato con la pompa della benzina e non mi accorgo di lui finché non mi tira per la manica della giacca ; sono in posizione molto scomoda in quanto stò riagganciando l’erogatore e nel girarmi faccio un movimento brusco che il bambino scambia come una mossa ostile ed indietreggia di due passi con gli occhi e la bocca spalancata.
Probabilmente soffre di una qualche infezione agli occhi perchè sono tutti incrostati di lacrimazione e nell’osservarlo con attenzione, sprofondo involontariamente in quegli occhi neri che come in una vertigine mi trascinano sempre più giù fino a sentire il suo dolore, la rassegnazione, e mi sembra di vedere la barca rovesciata in riva al mare in cui dorme e dove piange silenziosamente quando affamato cerca disperatamente di ricordare il viso di sua madre e non si capacita del fatto di essere stato abbandonato. E’ solo un bambino di sei anni …
Faticosamente cerco di risalire da questo stato di torpore ma l’anima rimane laggiù, nel buio profondo di quella vita che ho solamente sfiorato ; è stato soltanto un attimo ma quello che ho provato mi ha lasciato una macchia indelebile e ora che sono di nuovo in me sento una stanchezza inspiegabile e un dolore in fondo al petto come una ferita che non si può rimarginare.
L’ Africa mi ha parlato; l’anima dei bambini africani è entrata dentro di me all’improvviso e quando meno me lo aspettavo. Pensavo di aver fatto il mio dovere quando diversi giorni addietro consegnai del materiale didattico e un po’ di abbigliamento per i bambini orfani e pur essendo cosciente di aver fatto poca cosa rispetto al bisogno che c’è quaggiù, usavo questa azione come se fosse uno scudo che mi proteggeva, che mi impediva di stare male ogni qualvolta vedevo questi bambini.
In dieci secondi questo figlio di nessuno che ora tende di nuovo la mano ha demolito l’unica difesa che avevo e adesso sono combattuto se acconsentire alla sua richiesta. Da più parti ho sentito dire che non si dovrebbe mai dare dei soldi a questi bambini che, potendo disporre di quello che per loro sono grosse cifre, smettono di andare a scuola e si mettono nei guai ma lui, è l’ultimo degli ultimi e sono consapevole che i pochi spiccioli che gli stò dando finiranno in mano a qualche sfruttatore.
Come un animaletto spaventato agguanta i soldi graffiandomi la mano e a piedi nudi fugge zoppicando facendo una larga parabola per tenersi a distanza dal benzinaio che, brandendo una bottiglia di vetro, ha già fatto scappare i suoi amici …
Saint Louis ci accoglie con la solita allegria confusionaria e ricordando bene la strada ci rechiamo subito all’Hotel La Palmeraie dove ci accolgono calorosamente e ci chiedono dove siamo stati e cosa ne pensiamo del Senegal. E’ ancora abbastanza presto ma non abbiamo voglia di incamminarci per la città e così dopo esserci sistemati, aspettiamo che si faccia sera davanti all’hotel guardando una barca rimasta incagliata nella bassa marea e gli sforzi che fanno quattro giovani pescatori che vorrebbero prendere il mare.
I minuti passano e l’acqua rossa del tramonto è sempre più bassa e la delusione dei giovani è sempre più cocente quindi schiaffeggiano l’acqua consapevoli di aver sbagliato l’ora della partenza mentre osservano nel centro del canale le piroghe che si apprestano a prendere il mare facendo sentire forte i loro canti che ci arrivano con la fumosa scia degli sgangherati motori a due tempi.
Domani lasceremo tutto questo e cercando di scacciare quella che è già nostalgia, ci concentriamo a definire quelli che saranno i passi successivi nel nostro viaggio di risalita.
La decisione è unanime : attraversare il più velocemente possibile la Mauritania.
Non abbiamo avuto nessun problema in questo paese eppure, rimane quel leggero senso di ostilità che ci fa preferire fermarci per lo stretto necessario ; se non altro per evitare di farci spillare quattrini da tutti. Persino i benzinai che hanno il display sulla pompa dove viene chiaramente indicato il costo, provano a fregarti con il resto e se le prime volte lasciavo perdere, in seguito i miei moti di orgoglio mi portavano a bisticciare con questi individui pretendendo l’intero resto anche se qualche volta, lo restituivo come mancia. Molto cara, molto sporca e con troppe pretese ; pur essendoci validissimi motivi per visitare questo paese mi è rimasta impressa la sfacciata propensione dei Mauri di fregarti a tutti i costi ma, per questioni di distanze, dovremo per forza fermarci a Nouakchott mentre il giorno successivo vorremmo entrare direttamente nel Saharawi evitando la fermata a Nouadhibou anche se siamo un po’ preoccupati della lunga tappa nella quale dovremo oltrepassare il confine Mauro-Marocchino con in mezzo la terra di nessuno.
Se tutto fila liscio ci si dovrebbe riuscire ma il dubbio rimane in quanto abbiamo calcolato di superare il confine Mauro-Marocchino a metà del pomeriggio e a parte la terra di nessuno che in realtà non è così complicata da oltrepassare, il problema è che in quei territori non c’è niente e le distanze tra un posto civilizzato e l’altro sono siderali. Quando diversi giorni fà siamo scesi avevamo visto subito prima del confine una specie di Auberge fatto di tende ma nessuno di noi ha la certezza che questo sia aperto e allora che si fa ?
In qualche modo ci arrangeremo, nessuno di noi vuole fermarsi a Nouadhibou e le prospettive sono due :
a- Superare il confine e trovare dove passare la notte se per qualche motivo si facesse troppo tardi .
b- Tutto fila liscio e a tappe forzate arriviamo a Dahkla dove ci riposeremo per un paio di giorni.
La differenza non è di poco conto in quanto la prima ipotesi prevede un percorso di circa 5oo km con un solo punto di rifornimento, la “Gare du Nord” ; la seconda ipotesi conta circa 8oo km con al massimo tre punti di rifornimento compreso quello già menzionato. Quello della benzina è l’aspetto che ci preoccupa di più in quanto è difficile calcolare quanta strada si potrà percorrere con il serbatoio e le taniche piene ; tutto dipende dalle tempeste di sabbia che incontreremo e se il vento spirerà a favore oppure contro. Ci siamo accorti che le nostre moto consumano un buon 3o% in più e vuoi la scarsa qualità della benzina, vuoi le condizioni climatiche, è sempre molto difficile fare un calcolo per quanto approssimativo ; il rischio è di rimanere per ore bloccati in mezzo al nulla con la necessità di andarla a cercare in qualche villaggio sperduto verso l’interno, fuori dalle strade battute, sempre che questo villaggio si possa trovare in quanto non sono segnati sulle mappe.
Andiamo a dormire con questi pensieri e cerchiamo di focalizzare meglio la tappa di domani che da Saint Louis ci porterà a Nouakchott, nella grigia capitale mauritana ; pochi chilometri, circa 3oo ma non ci dimentichiamo che in mezzo c’è Rosso e sappiamo già cosa ci aspetta ...
yellowblu
21-03-2012, 23:34
sempre bello leggerti.
Boxer Born
23-03-2012, 13:15
… in mezzo c’è Rosso e sappiamo già cosa ci aspetta …
Alle 7.45 siamo già sulle moto e per l’ultima volta oltrepassiamo il lungo ponte in ferro di Saint Louis ma a causa di qualche lavoro in corso siamo costretti a deviare dalla strada principale e ci troviamo a girare in un dedalo di viuzze con il fondo di sabbia morbida dal quale non riusciamo a venirne fuori.
Per fortuna un taxista avendo intuito la difficoltà nella quale stavamo annaspando, si offre di accompagnarci fuori città ma il suo Peugeot corre veloce e per stargli dietro, ci prendiamo qualche rischio dovendo zigzagare in quelle stradine di sabbia nel tentativo di evitare profonde buche e le onnipresenti capre. Uscendo nella periferia ci ritroviamo su di una vecchia strada rettilinea e di fianco, sul limitare di un canale, stanno costruendo una enorme strada che sale sopra un moderno ponte, anch’esso in costruzione.
E’ strano notare come in questo paese dove la povertà è preponderante, ci sia una densità del traffico abnorme anche se la maggior parte dei mezzi in circolazione è peggio di quelli che si possono vedere entrando da uno sfascia-carrozze in Italia ; in ogni modo stanno facendo un grande sforzo per migliorare la viabilità e quasi ovunque proliferano nuove strade e opere pubbliche.
Il Senegal è uno stato molto aperto al futuro e l’attuale presidente Abdulaye Wade, per quanto osteggiato dai più, si è distinto per la promozione della cultura e dell’arte con una particolare attenzione alla cultura del suo popolo per mezzo del potenziamento delle università e la capillarità delle scuole primarie. Da politico scafato è ovvio che abbia messo le mani sulle cose che di più balzano all’occhio ma se da un lato il turista occasionale come me può criticarne il metodo, d’altra parte non può che approvare questo slancio di modernità che il presidente cerca di imprimere al suo paese .
Detto questo si deve anche capire che la popolazione del Senegal è composta per il 70% da giovani e da che il mondo è mondo, i giovani la pensano sempre in modo diametralmente opposto e la caratteristica di essere giovani, implica anche la irrequietezza del voler raggiungere da subito il benessere e la modernità che trabocca dalle televisioni e dai manifesti che contrastano in modo stridente con le loro condizioni di vita.
In breve siamo di nuovo sulla direttrice che porta al confine dove i lavori sono ancora in corso e siamo costretti a rifare il sali scendi sulle alte rampe di terra che portano la pista da una parte all’altra della strada in costruzione. A differenza dell’altra volta ora il fondo è ben battuto e anche se ci sono ancora i profondi solchi lasciati dai camion, non c’è più quella rossa patina scivolosa che ancora bellamente imbratta la mia moto e che ora si arricchisce di uno spesso strato di polvere dello stesso colore.
Risaliamo sull’asfalto che è così ben fatto e liscio da poter distinguere il rumore prodotto dai miei pneumatici scolpiti e mentre mi rilasso con questo suono in sottofondo mi godo il paesaggio in quella che sembra essere una calda mattina di piena estate ; il sole è ancora basso e disturba un po’ la visuale ma se penso che siamo a fine gennaio sono disposto a guidare in questa condizione fino a sera.
Improvvisamente la strada si restringe tornando ad essere rugosa e sporca, indice che a breve ci troveremo di nuovo al cancello dell’infernale Rosso. Percorrendo gli ultimi chilometri fantastico su come gli operai che stanno sistemando la strada, una volta giunti a Rosso si rendano conto di quanto sia orribile quel posto e con le loro enormi ruspe comincino a spazzare via tutta quella baracca e godo nell’immaginarmi quell’orda di perditempo che stanno li a infastidire i turisti che si tuffano nel fiume Senegal per trovare scampo …
E’ ancora piuttosto presto e i mezzi in transito per il confine sono pochi e così arriviamo subito al cancello fermandoci una cinquantina di metri prima. Dalle baracche dei bazar ai lati della strada, la gente si affaccia e ci guarda incuriosita mentre qualcuno ci apostrofa maleducatamente invitandoci a comperare ma noi non gli diamo retta e con i motori ancora accesi ci giriamo a guardarci l’un l’altro ; sono certo che tutti noi ci stiamo dicendo dentro il casco - Pronti ? Entriamo … -
Guardo l’orologio … sono le nove del mattino e mentre cerco di calcolare in quanto tempo saremo al di là del fiume, oltre il secondo cancello della frontiera mauritana, i militari si accorgono di noi e ci stanno facendo ampi gesti con le braccia per farci entrare.
Oltre le sbarre richiamati dai gesti dei militari, anche diversi straccioni faccendieri ci vedono e allungano il collo mentre si danno di gomito sorridendo e si preparano all’assalto.
Il cancello si apre e ingranando la marcia, prendo un grosso respiro ignorando i gesti frenetici dei militari che mi esortano a rallentare mentre l’orda dei faccendieri è costretta ad aprirsi lasciandoci un varco e li costringiamo a rincorrerci ; sento delle urla che suonano come insulti mentre il polverone turbina e si posa su tutto e su tutti. Questa entrata a velocità sostenuta ci ha consentito di arrivare fino alla baracca della polizia e quando l’orda ci raggiunge siamo già in piedi di fianco alle moto e li aspetto con aria di sfida e le mani appoggiate sui fianchi.
Forti dell’esperienza subita quanto siamo arrivati, sappiamo come e dove muoverci quindi cerchiamo di apparire più tranquilli possibile ( ma non lo siamo ) mentre prepariamo il mucchio di scartoffie per iniziare la procedura di uscita e noncuranti delle urla dei faccendieri che vorrebbero consigliarci il come e il dove, siamo costretti a dare anche qualche spintone ai più intraprendenti che cercano di sottrarci qualche foglio per costringerci a seguirli come mi era capitato all’arrivo. Abbiamo bisogno di cambiare i CFA senegalesi in Ouguya mauritane e dietro la calca intorno a noi, scorgo in quinta o sesta fila un cambiavalute che mi guarda sorridente. Lo invito a farsi avanti e lui, con le braccia strette davanti al petto mi fa capire che non riesce a passare e così, allungo un braccio spostando una quantità di cialtroni e gli permetto di avvicinarsi. Con passo leggero copre la breve distanza che ci divide e alla sua vista l’orda allenta di poco l’assedio e abbassa di un tono la voce dimostrando come questo nuovo arrivato sia temuto o rispettato.
E’ un tipo davvero singolare e il suo aspetto rispecchia quello che hanno molti cambiavalute di frontiera che abbiamo incontrato ; indossa un voluminoso turbante dorato e il suo vestito stranamente bianco e pulito per essere in quel posto è ricoperto di passamaneria finemente ricamata mentre al collo, trattenuto da una stinga di cuoio nero, indossa un pesante medaglione in argento e sotto di esso una piccola sacca triangolare in stile arabo ; le sue mani coperte da grossi anelli d’oro stringono una grande quantità di banconote che fanno luccicare gli occhi dei presenti e per un istante li ammutolisce.
Il cambiavalute si dimostra subito affabile e ci offre un cambio ragionevole che accettiamo ed ora stà depositando una alla volta le banconote sul palmo della mia mano aperta e man mano che si avvicina alla fine del conto inizia a rallentare fino a che, giunto alla quint’ultima banconota si ferma … Lo guardo negli occhi e con un impercettibile alzata di sopracciglio lo invito a continuare … altre due banconote si adagiano sulla mia mano mentre l’uomo stà guardando in alto cercando chissà cosa e si liscia la lunga barbetta appuntita … lo costringo a rivolgermi di nuovo lo sguardo tirandolo per la manica e lui, un po’ spazientito, mette giù un’altra banconota dicendomi qualcosa che non capisco. Ci stà provando fino all’ultimo e decido di finirla con questo gioco mentre lo congedo ringraziando ; lui sorride, fa un mezzo inchino e scompare tra la folla.
Nonostante siamo stati continuamente infastiditi completiamo la procedura di uscita dal Senegal senza “ l’aiuto ” di nessuno e nonostante che ora siamo in attesa di salire sulla chiatta che è già a metà del fiume, alcuni di questi individui, pochi ormai, continuano a rampognarci e sono un po’ stizziti per il fatto di non aver ricavato niente da noi. Evitiamo di rispondere e di rivolgergli lo sguardo fino a che, in preda alla frustrazione, uno di loro decide di passare alla provocazione ; mi si avvicina un tipo alto che guardandomi dritto negli occhi esclama in un buon italiano : Siete dei razzisti !
Lì per lì ci rimango male mentre noto con apprensione che l’esclamazione corre di bocca in bocca e i pochi rimasti iniziano a girarci in torno lentamente, guardandoci di traverso come se fossero un branco di cani randagi pronti ad assalirci ; “ razzista... razzista ” prosegue quello mentre resta in piedi davanti a me.
La situazione diventa improvvisamente molto tesa e guardo verso il fiume dove la chiatta sembra spostarsi al rallentatore e pur vedendo la schiuma bianca davanti alla chiglia che lotta contro la corrente, sembra che piuttosto stia tornando indietro.
Provo timidamente a spiegargli che il fatto di trovarmi qui significa che non sono affatto razzista ma lui non ne vuole sapere anche se si allontana raggiungendo il circolo. Decidiamo di spostarci per creare un diversivo ma possiamo percorrere meno di cento metri per avvicinarci alla rampa di imbarco e la chiatta è proprio lì davanti a noi ma i minuti scorrono interminabili mentre quelli ci raggiungono di nuovo.
I motori delle moto rimangono accesi mentre conto gli anelli della catena che abbassa la rampa e mi rendo conto di aver trattenuto il respiro fino a quando non sono sul battello e metto la moto sul cavalletto ; mai stato così felice di stare con i piedi in mezzo alla merda !
Alcuni di loro sono saliti sulla chiatta ma è ormai evidente che hanno smesso di torturarci in quanto se ne stanno in disparte a chiacchierare e non ci calcolano più. Questi individui passano le loro giornate in questo modo, tra la frontiera senegalese e quella mauritana andando di qua e di là dal fiume a loro piacimento e senza che nessuno ponga limite alla loro invadenza e mi chiedo come tutto ciò possa avvenire in un posto così fortemente militarizzato.
Polizia, Guardia Nazionale e Dogana ; eppure nessuno chiede a queste persone cosa stiano facendo o dove stiano andando ma mi sono fatto una mezza idea di quello che accade qui. Secondo me ognuno di questi individui è il lasciapassare per i traffici illeciti e volendo trasportare qualcosa da una parte all’altra del confine o magari solo dichiararne una quantità minore, ci si appoggia a queste persone che a loro volta hanno degli “agganci” all’interno degli uffici e così si spiega tutto quel traffico di denaro che in modo neanche troppo nascosto si vede circolare all’interno dei documenti piegati. Il fatto poi che tra un “cliente “ e l’altro rompono le scatole a chiunque gli capiti a tiro, è solo un modo per passare il tempo e arrotondare ; deve per forza essere così.
Mentre snocciolo queste congetture la rampa del battello rovina sulla sponda opposta e stando attenti a non scivolare sull’abbondante strato di sterco che ricopre il pavimento della chiatta, scendiamo sull’ampio piazzale della sponda mauritana e noto che anche da questa parte c’è poco traffico ma ragionandoci un attimo credo di averne capito la ragione.
La città che maggiormente alimenta il traffico proveniente dalla Mauritania qui al confine è Nouakchott la quale si trova a circa 210 chilometri e tra qui e la città, non c’è altro che deserto e qualche piccolissimo villaggio. Anche per la gente del posto è molto sconsigliato mettersi in viaggio per quella strada di notte e così, si mettono tutti in movimento il mattino presto ma con quelle macchine impiegano diverse ore per raggiungere il confine quindi si spiega come la maggior parte del traffico in questa frontiera si svolga nella tarda mattinata e nel pomeriggio.
Questo gioca a nostro favore e concludiamo le procedure di entrata in Mauritania molto velocemente e senza troppi fastidi. Il secondo cancello si stà per aprire ma la guardia vuole vedere i passaporti ; come se non fossero stati controllati a sufficienza !! Finalmente riconquistiamo la libertà e oltre il cancello c’è già una lunga fila di camion, macchine, persone ed animali in attesa di entrare ; guardo l’orologio e sono le 11.30 … il passaggio è avvenuto in due ore e mezza nette, un terzo del tempo che abbiamo impiegato quando siamo arrivati ma mi sembra che sia passato un giorno intero e improvvisamente, calata la tensione, sento un’irrefrenabile bisogno di urinare.
Ci fermiamo dopo qualche chilometro tra gli alberi stentati e i cespugli sempre più radi e ridiamo per il fatto che soffriamo tutti della stessa necessità ; anche questa volta ci hanno fatto cagare addosso …
Con un sospiro liberatorio guardo la strada che si distende diritta davanti a noi e ammiro il paesaggio desertico che si perde nell’infinito ; è il paesaggio che amo di più, quello che da sempre mi affascina e uso come fondale dentro la mia testa quando fantastico su un nuovo viaggio. In lontananza una cortina arancione offusca l’aria ed è il segno che stà arrivando una tormenta di sabbia …
Coraggio, è ora di rimetterci in marcia ...
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Boxer Born
27-03-2012, 00:11
… Coraggio, è ora di rimetterci in marcia ...
Sulla N2, pochi chilometri dopo la frontiera c’è una stazione di servizio ben attrezzata e all’interno vi si trova anche un ristorantino dove servono il classico Tajine e della carne alla brace.
Decidiamo di fermarci a mangiare e ci accomodiamo in un posto all’ombra perché il sole picchia davvero forte e nonostante il vento teso che sconvolge la tavola, preferiamo restare all’aperto in quanto all’interno le mosche sono veramente troppe. Tutti i tavoli sono in Poliuretano stampato e gli angoli, sono curiosamente deformati a banana verso il basso a dimostrare che in questo posto la temperatura è costantemente sopra i 30° e al minimo movimento le bottiglie d’acqua si rovesciano perdendo l’equilibrio tanto che alla fine preferiamo tenerle a terra.
Acqua purtroppo, e per i prossimi 2ooo chilometri troveremo soltanto quella a meno che non si abbia voglia di andare a cercare con difficoltà della birra o del vino per poi pagarli cifre esorbitanti ;
a Nouadhibou avevamo trovato della birra in lattina in un Hotel di prima categoria ( si fa per dire! ) ma al cambio questa costava ben 8 euro ; quanto una settimana di lavoro di un operaio locale !
Anche a Nouakchott si può trovare a un prezzo molto simile e la vendono in un posto che si chiama
“American Bar “ che è un locale stranamente molto bello che onora il nome che porta.
In viaggio anche otto euro hanno il loro valore ma se proprio uno vuole togliersi lo sfizio, si può anche fare ma il pensiero di comperare qualcosa su cui hanno ricaricato il 4ooo% mi fa infuriare. E non si creda poi di bere una birra di qualità ; è poco più che acqua gassata con il sapore di birra e ancora ridiamo di quei due russi, sbarcati da chissà quale nave, che giravano dentro l’American Bar ubriachi persi … Ma quanto avranno speso per ridursi in quello stato ?!
Il Tajine è ottimo e dispiace consumarlo con l’acqua ; purtroppo hanno anche finito la menta per il the e così prendo il fornello e la moka ma c’è troppo vento e siamo costretti ad entrare nel locale ma anche lì, a causa del caldo hanno spalancato porte e finestre per cui la fiamma si spegne continuamente. Molto gentilmente il garzone mi accompagna in una saletta adiacente nella quale vi si accede attraverso una stretta e bassa porticina ; è la stanza dove si riposano i viaggiatori.
Nei pochi punti di ristoro meglio organizzati , a volte si possono trovare queste stanze da riposo che generalmente sono prive di finestre per impedire che l’ardente luce del sole possa disturbare chi si stà riposando. Il pavimento è ricoperto di tappeti e nel mezzo della stanza c’è un largo e basso tavolo ;
messi in fila, tutto intorno alle pareti, ci sono dei materassini della grandezza di un letto singolo e ovunque dei cuscini sparpagliati.
Queste stanze sono veramente molto rilassanti e nella semi oscurità mi sdraio e chiudo gli occhi un momento in attesa che venga su il caffè che dopo pochi minuti gorgoglia nella moka e l’intenso aroma esce dalla porticina richiamando un uomo che fa capolino e annusa l’aria.
Avrà circa la mia stessa età e lo deduco dagli occhi ; da queste parti le condizioni di vita portano ad un invecchiamento precoce ma con un po’ di allenamento e un’attenta osservazione, gli occhi delle persone sono sempre indicativi. Sono solo nella stanza e lo invito ad entrare con un gesto e dopo aver preso un cuscino si accomoda con un sorriso vicino al tavolo.
Purtroppo non parla il francese ma in qualche modo mi spiega che viene dal Mali e stà andando nel Gambia a trovare un suo fratello che non vede da quando era piccolo. Tutti e due stiamo facendo un lunghissimo viaggio ; questa cosa ci accomuna e facciamo un tacito patto di fratellanza bevendo il caffé nel mio bicchiere in acciaio marcato Ferrino con il doppio manico ripiegabile.
Sembra apprezzare molto la bevanda bollente e dopo aver bevuto l’ultimo sorso, rigira il bicchiere nelle mani osservandone la fattezza e la leggerezza e fà un gesto di approvazione. Le mie sigarette sono sul tavolo e dopo aver preso il pacchetto me ne offre una e in silenzio restiamo lì a fumare.
Fuori il vento sembra aumentare di intensità e la sabbia che attraversa la strada si muove e spolvera fino a 4o cm di altezza ragion per cui decidiamo di ripartire in fretta in quanto temiamo di trovare la strada insabbiata e a quel punto sarà difficile determinare l’ora di arrivo alla capitale mauritana e non vorremmo mai aggiungere alla difficoltà, il rischio di viaggiare di notte e in queste condizioni.
Da queste parti il sole quando decide di calare lo fa in fretta e molte volte è capitato che davanti a un bellissimo tramonto, quando il sole era ormai al livello dell’orizzonte, non abbiamo fatto in tempo a fermarci e prendere la macchina fotografica che questo era già sparito ; altri dieci minuti di crepuscolo e poi, improvviso arriva il buio che è nero come la pece non essendoci fonti luminose a rischiarare il cielo. Tutto questo accade nel giro di quindici minuti e si rimane sempre stupiti per come in quel breve lasso di tempo, si passi dalla luce accecante al buio più completo ; ancora di più stupisce poi la quantità e la luminosità delle stelle nel cielo .
Il vento è ancor più forte di quanto poteva sembrare e ci costringe a marciare molto inclinati sulla destra, come se stessimo percorrendo una curva infinita ; per fortuna è un vento costante e così mi accomodo per metà sul fianco sinistro della sella e stò appoggiato alla belle e meglio sulla parte sinistra del manubrio con ambedue le mani e dietro l’ampio cupolino, cerco di ripararmi dalle raffiche di sabbia che sinistramente fanno crepitare il casco e nonostante abbia cercato di sigillare tutte le aperture con un voluminoso foulard di seta, si infila da tutte le parti e ogni tanto turbina tra la visiera e il mio viso.
Da qualche giorno sento un po’ di fastidio alla spalla destra causato da un vecchio male che mi porto dietro da anni e mai curato seriamente ; probabilmente è causato dall’infiammazione della attaccatura dei tendini sulla spalla e dovendo percorrere ancora tanta strada, l’acuirsi di questo fastidio mi preoccupa un po’ anche se nella farmacia c’è anche della pomata anti-infiammatoria.
In previsione di dover maneggiare in maniera intensiva il mio Bmw Gs che carico com’è peserà sui 3oo chili e dovendo quindi rinforzare le spalle e la schiena, nei mesi precedenti alla partenza ho fatto un po’ di preparazione fisica con i pesi ma devo aver esagerato con l’allenamento delle spalle pur conoscendo il problema e il vecchio fastidio si stà riproponendo.
Dover viaggiare con questo vento e per diverse ore mette sotto sforzo la parte superire del corpo e dopo un po’, la tensione porta a irrigidirsi e a stringere talmente forte il manubrio che ci si accorge di avere gli avambracci e le mani quasi completamente insensibili.
Il vento si calma quando ormai stiamo entrando a Nouakchott e un po’ per errore, un po’ per fortuna riusciamo a non passare per il centro e con poche deviazioni arriviamo all’ Hotel Emira quando i Muezzin stanno intonando i canti delle preghiere serali.
L’ Hotel Emira si trova in una posizione molto comoda trovandosi all’ingresso o all’uscita della città in base a se si arriva da nord o da sud ed è per questo che lo avevamo scelto anche quando siamo scesi. Come ho avuto modo di spiegare, la Mauritania ha delle pretese assurde e infatti quando siamo arrivati la prima volta ci chiesero ottanta euro a notte colazione esclusa che dopo una lunga contrattazione e la promessa di passarci almeno tre notti, sono scese a cinquanta e così ora siamo qui a prestar fede alla nostra promessa facendo in qualche modo stupire il ragazzo della reception che ci riconosce e ci saluta sorridendo. Siamo stanchi e molto ma molto impolverati e spogliandomi vedo che anche la maglietta sulla pelle avrebbe bisogno di un’energica lavata ma domani ripartiremo molto presto e non si asciugherebbe in tempo così decido che il prossimo bucato lo farò a Dahkla.
Questo pensiero mi riporta con nostalgia a Nianing dove in due ore scarse, ho asciugato un paio di jeans stesi grondanti acqua mentre adesso sono qui, dove nello stesso tempo mi hanno rubato una comodissima tuta felpata lasciata stesa ad asciugare ...
Usciamo poco dopo che è già notte e decidiamo di andare a mangiare quell’ottimo cous-cous che ci avevano servito l’ultima volta in un localino poco distante e durante la cena, facciamo il piano per il giorno successivo.
Dahkla ci era piaciuta moltissimo e l’idea di passarci un paio di giorni accontenta tutti e siccome abbiamo ancora a disposizione diversi giorni, decidiamo di visitare alcune delle magnifiche città imperiali una volta raggiunto il Marocco. I chilometri sono tanti ed in silenzio sono certo che tutti stiamo sperando di non avere nessun problema alla frontiera e che il vento finalmente cessi di torturarci per poter proseguire fino a Dahkla.
Partiremo all’alba e dovremo fare colazione in camera ma a parte il caffè, non abbiamo nulla da mangiare e così prima di rientrare all’albergo ci fermiamo in un negozietto a comperare un po’ di biscotti confezionati sulla quale c’è un’immagine dall’aria poco invitante ; ci sono anche delle tristi gallette di riso e mi domando a chi mai potrebbe venire in mente di acquistarle visto che sono tutti magri come chiodi … Eppure ce ne sono in gran quantità e costano pochi centesimi ; quà tutto quello che riempie la pancia e costa poco serve ad avanzare di un giorno e non si stà tanto a controllare le proprietà nutritive. In ogni modo scelgo dei biscotti con farcitura alla crema di banana e ancora rabbrividisco a ricordarne il gusto ; non oso immaginare quello che potevano essere quelle al gusto fragola …
Abbiamo ancora mezzo barattolo di Nutella ma preferiamo non rischiare il mal di stomaco perché nei giorni passati avrà sicuramente “sofferto” il caldo e a malincuore decidiamo di buttarla ripiegando su delle confezioni mono-uso di marmellata e i soliti panini polverosi mauritani.
Finiamo di fare colazione che è notte fonda essendo ancora le 6.30 del mattino e scendiamo all’ingresso dove abbiamo le moto parcheggiate e guardate a vista da un sonnacchioso e infreddolito uomo della securiti mentre l’impiegato della reception dorme profondamente su un divano nell’ingresso.
Per quanto cerchiamo di fare piano, incespichiamo sulle scale dai gradini scombinati e dopo qualche andirivieni il ragazzo si sveglia di soprassalto e probabilmente pensa che stiamo scappando senza pagare perché, non essendo lo stesso che ci ha accolto la sera precedente ci fa un sacco di domande del tipo dove stiamo andando, perché partiamo così presto ed altre domande sul genere sospettoso che ci spara a raffica senza darci il tempo di rispondere ; mentre gli altri continuano a caricare le moto aspetto che la smetta e taglio corto dicendo che abbiamo già pagato e che può controllare sul registro.
Come la sera prima quando siamo arrivati, abbandoniamo Nouakchott accompagnati dal canto dei Muezzin e penso a questo paese sconfinato fatto di polvere, sabbia e povertà. Eppure sono felice di averlo cavalcato per oltre 2ooo chilometri e il ricordo di un paio di tramonti “vissuti” e il fantastico colore della sabbia del suo deserto che a tratti è addirittura più brillante dell’ arancio del mio Gs, mi fanno dimenticare la poca simpatia che provo per questo popolo. E’ un po’ come quando scherzosamente si dice che l’Italia è bellissima ma il problema sono gli Italiani …
La Gare du Nord, questa è la prima tappa programmata; 230 chilometri più avanti ...
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Boxer Born
29-03-2012, 01:32
... La Gare du Nord, questa è la prima tappa programmata; 230 chilometri più avanti …
Il vento non dà tregua così come il dolore alla spalla ; mano mano che passano i giorni il dolore inizia sempre più presto e oggi è iniziato già mezz’ora dopo la partenza e mi stò insultando per non aver usato ieri sera la crema antinfiammatoria, ma è sempre la solita storia.
Fin da quando ero ragazzo ho la fissa di avere il potere di guarirmi solo con la forza della volontà ; in molte occasioni ho risolto i miei malanni e questo mi ha convinto ad insistere su questa convinzione che tutt’ora porto avanti. Come esempio voglio raccontare un paio di fatti :
In un periodo della mia vita ho sofferto per diversi mesi di Bronco-Polmonite e in quella occasione mi imbottirono di medicine “pesanti” ma ero vittima di frequenti ricadute e dopo sei mesi, non ne ero ancora fuori.
All’ennesima ricaduta mi sono rifiutato di assumere qualsiasi medicinale facendo piangere mia madre per diversi giorni ma nel contempo, forse nel delirio della febbre, pensavo non stò male, non stò male, mi son rotto le balle di stare male e voglio tornare a vivere, basta! In cinque giorni ero guarito e non ho mai più sofferto il problema.
Un altro caso rilevante che vale la pena di raccontare è stato quando, per motivi che non stò a spiegare mi ero ustionato fortemente le mani ; la carne era praticamente sciolta e sembrava che colasse sulle ossa. Dopo due settimane di ricovero i medici gettarono la spugna dicendomi che pur non avendo lesionato i tendini,
per riacquistare un aspetto almeno decente mi sarei dovuto sottoporre ad un lungo intervento di reimpianto della pelle che avrebbero dovuto togliermi dall’interno coscia di ambedue le gambe. Era un periodo della mia vita nel quale avevo fatto delle scelte che mi avrebbero impegnato negli anni a venire e semplicemente non avevo
tempo di stare male …
Con caparbietà riuscii a convincere il primario a tenermi ancora per una settimana … “una sola settimana e se non miglioro mi trasferite …” .
E’ stata una settimana che difficilmente dimenticherò e per tutto il tempo, notte e giorno, ho imposto alle mie mani di guarire e già dopo tre giorni i medici rimasero stupiti dei progressi ; dopo dieci mesi gridarono al miracolo constatando che non erano rimaste neanche le cicatrici … Liberi di non crederci ma con questo sistema curo anche l’influenza.
Il mare è poco distante sulla nostra sinistra ed anche se non è abbastanza vicino per vederlo, possiamo percepirne la vicinanza in quanto a tratti, veniamo investiti da correnti d’aria piuttosto fresche che si infiltrano nel vento torrido proveniente da est che in modo discontinuo e quindi ancor più fastidioso ci investe facendoci sbandare frequentemente.
La strada è un interminabile rettilineo ma il fondo è buono ; il paesaggio desertico è quello che preferisco e così mitiga un po’ la monotonia e a tratti cerco di dimenticare il dolore alla spalla pensando che dovremo fare tanta strada e non me la sento di fermare il gruppo con soste non programmate con il rischio di fallire l’obbiettivo di arrivare a Dahkla.
Abbiamo percorso più di 2oo chilometri e ormai la Gare du Nord dovrebbe essere vicina; stingo i denti …
La Gare du Nord è una stazione di servizio e appare come un vibrante miraggio in lontananza nel nulla più assoluto ; tappa obbligata per tutti i viaggiatori che transitano in questa parte desolata di mondo ; è l'unico punto di sosta in mezzo a 5oo chilometri di strada.
Nella vastità della piazza con il fondo in ruvido cemento ci sono due pompe di carburante che appaiono minuscole, in fondo allo spiazzo ci sono due costruzioni occupate da uno spaccio che al momento è chiuso e da un Cafè-Restaurant con all’esterno un piccolo gazebo in muratura dai tetti a punta nei quali, quando siamo scesi, ci fermammo a mangiare le ultime scorte di pane e affettato portato da casa e soprattutto a bere l’ultimo brik di Tavernello che per quanto caldo e sbattuto ci era sembrato delizioso.
Sul lato sinistro un alto muro protegge la Gare du Nord dal vento che ricoprirebbe tutto di sabbia e a destra si trovano dei piccoli casottini sempre in muratura disposti in fila ad uso toilette che nessuno usa.
L’odore nauseabondo che ti colpisce già a venti metri di distanza nonostante il vento, consiglia di inoltrarsi brevemente nel deserto per espletare le proprie funzioni .
E’ buffo vedere alcune persone con i loro lunghi abiti dal cappuccio a punta fare qualche decina di metri oltre le toilette, accovacciarsi e ricoprire con la sabbia ;
peggio di un campo minato …
C’è un furgone attrezzato di italiani che sembra essere diretto verso sud ma questi non ci degnano di uno sguardo e provo pena per loro ; non per il fatto che non ci abbiano salutato ma perché mi sembrano piuttosto tesi e impauriti come forse lo eravamo noi appena arrivati.
Quello che chiamano Cafè- Restaurant è il solito salone semivuoto con un minuscolo quanto inutile bancone posizionato in un angolo della stanza e dà direttamente sulla cucina che nella maggior parte delle volte è meglio non soffermarsi a scrutare soprattutto se si è deciso di mangiare in quel posto.
Per nostra fortuna è troppo presto per mangiare e dopo aver fatto rifornimento di carburante ci prendiamo al volo un bollente tè alla menta e ripartiamo dopo dieci minuti decidendo che ci saremo fermati a fare un caffé più avanti ... giornata pesante.
Il prossimo obbiettivo è quello di arrivare a Bou Lanouar dove la strada si diparte a destra immettendosi nella penisola alla cui estremità inferiore è situata la città di Nouadhibou mentre, proseguendo diritti si giunge in breve alla frontiera mauro-marocchina.
Per la prossimità con la frontiera il posto è presidiato da una guarnigione di soldati che vivono in una piccola caserma poco lontano dalla strada dove hanno posizionato un posto di blocco fisso e fermano e controllano chiunque passi di là ; diamo le fiches e proseguiamo diritti ben felici di essere arrivati fin qua ad un orario decente e il proposito di arrivare a Dahkla prende sempre più corpo.
Passiamo oltre l’arco d’ingresso della frontiera mauritana mentre un soldato ci accoglie sorridendo e per qualche motivo noto soltanto a lui sembra essere felice e ha voglia di scherzare.
Grazie alla sua simpatia le procedure scorrono in fretta e nell’attesa restiamo fuori, sullo spiazzo sabbioso a chiacchierare con un grosso omone belga arrivato fin quà su di un ruggente Range Rover preparato ; è solo e anche lui è diretto a nord ma sembra avvezzo a passare da queste parti e infatti dopo pochissimi minuti gli riconsegnano i documenti e mentre mi accendo una sigaretta, rimango seduto sulla mia moto e lo guardo sparire con agilità anche se con parecchi sobbalzi nella terra di nessuno finchè non sparisce nella polvere e sento soltanto il ruggito metallico del potente motore.
Fisso la sbarra che si è richiusa alle sue spalle mentre tiro profonde boccate di fumo per gustarmi l’ultima sigaretta … finite, sono proprio finite.
La rilassata permanenza in Senegal e il maggior tempo passato non alla guida mi hanno fatto consumare più sigarette del previsto e ora stò appallottolando con dispiacere l’ultimo pacchetto vuoto quando da sotto l’arco d’ingresso appare un omino magrissimo che sembra incurvarsi ad ogni folata di vento ma la cosa che subito attrae la mia attenzione è che porta con se diverse stecche di Marlboro e, anche se non ce n’era il bisogno, lo chiamo e lo invito a raggiungermi.
Sembra malato e il suo aspetto desta qualche preoccupazione mentre mi offre con movimenti e voce tremanti la sua merce. Sono a cavallo di due frontiere, ho poco tempo e non sono nelle condizioni per provare pena per lui quindi mio malgrado, cerco di non notare il suo aspetto e contratto per una stecca di bianche.
Ho ancora a disposizione diverse banconote in Ouguya ma la procedura non è ancora finita e ormai l’esperienza mi ha insegnato che da un momento all’altro potrebbero chiedermi altri soldi oltre a quelli già pagati e non vorrei rimanere senza proprio in questo frangente.
Il malcapitato è preso d’assedio tra il mio vizio del fumo e la necessità di spendere il meno possibile ed è talmente messo male che accetta senza opporre alcuna resistenza la mia offerta di settemila Ouguya per una stecca che in euro corrisponde a circa 10.70 ; ne aveva chiesti 12.ooo.
I giorni seguenti ripenserò a quest’uomo rigirando tra le mani le banconote avanzate e sarò preso da sincero rimorso per non avergli dato di più dandomi il modo di provare quella pena che in quel momento gli avevo negato.
La sbarra tenuta sollevata da un soldato si apre ed entriamo nella terra di nessuno ; pur essendo la seconda volta, supero la sbarra con trepidazione ed affrontiamo le prime insidiose e profonde sabbie che chiudono lo sterzo e ci fanno lavorare molto di gamba. Carichi come siamo è impensabile affrontarle in velocità in quanto la sabbia è intervallata da irte croste di roccia che emergono puntando nella nostra direzione dalle profondità della terra e per quanto si cerchi di studiare in anticipo una traiettoria ottimale, si finisce col pensare che era meglio l’altra direzione e così percorriamo quei cinque chilometri con il pensiero di non farsi male o almeno, non troppo.
Fermarsi nel mezzo potrebbe essere molto pericoloso in quanto siamo usciti dalla Mauritania ma di fatto, non siamo ancora nel Marocco e se ci succedesse qualcosa quì nessuno ci verrebbe a cercare e guardo con apprensione i loschi figuri che si aggirano in questa landa desolata ed alcuni di essi sono appostati dietro delle rocce come se fossero cecchini ma naturalmente questa è una mia suggestione. Cosa ci facciano lì queste
persone a piedi è difficile da immaginare ma sono così concentrato nella guida che penso soltanto a non avvicinarmi troppo a loro e ad arrivare il più presto possibile alla frontiera del Marocco dove arrivo con il fiato corto e fatico a issare la moto sul cavalletto centrale.
Il piazzale è asfaltato anche se a chiazze è invaso dalla sabbia e le strutture che compongono questa frontiera hanno un ordine logico ; le divise dei soldati sono in ordine come ben addestrati sembrano essere i cani anti-droga :
Questo confine segna la fine dell’Africa nera e l’inizio di un’Africa più moderna.
Sia ben inteso che ancora siamo lontani dal poterlo chiamare un posto civilizzato ma pur essendo ancora a 2.5oo chilometri in linea d’aria dallo stretto di Gibilterra, si nota che già da quì lo sguardo è rivolto verso l’Europa e già mi manca quell’Africa cialtrona e pressappochista che ho lasciato alla mie spalle e in fondo al cuore, invidio quel modo di vivere delle persone che pur nella estrema difficoltà, vivono in quella terra ostile in modo ancora umano.
Il Belga con il Range deve avere avuto dei problemi e ci saluta con la mano mentre varchiamo l’ultimo sbarramento ; sono le due e mezza del pomeriggio e abbiamo ancora 350 chilometri da percorrere ma se ci diamo dentro, potremmo arrivare a Dahkla sul far della notte. Prendo un profondo respiro e cerco di mettermi comodo sulla sella ...
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Boxer Born
29-03-2012, 20:39
Per chi fosse curioso quì c'è una parte filmata della Terra di Nessuno :
http://imageshack.us/clip/my-videos/24/qooa.mp4/
yellowblu
29-03-2012, 22:43
che bello seguirti.........e leggerti.
Boxer Born
04-04-2012, 01:00
… Prendo un profondo respiro e cerco di mettermi comodo sulla sella …
I fatti che si susseguirono in quel pomeriggio e nei giorni successivi, cambiarono profondamente i nostri programmi e nello stesso tempo mi fecero vivere quei problemi che prima di ogni viaggio cerco di immaginare per non trovarmi psicologicamente impreparato e sebbene immaginandoli cerco anche di trovare le possibili soluzioni, si tende sempre a considerarli come un’evenienza piuttosto remota …
Fino a quando questi non accadono.
Il vento è calato quasi definitivamente e finalmente si torna a respirare aria pulita. Ora la strada passa a ridosso della costa e in qualche punto lo strapiombo sull’oceano è a poche decine di metri dalla strada e alcune balise della vecchia pista sono state ingoiate dalla costa che in certi punti frana sul mare in enormi falde che scivolano in basso per effetto dell’erosione.
A guardare gli enormi pezzi di costa che rovinano sul mare, una ventina di metri più in basso, è facile intuire che al massimo fra una decina di anni tutta questa strada lunga centinaia di chilometri, dovrà essere ricostruita più a est, lontano dalla costa e penso con tristezza che questo affascinante nastro di asfalto sarà sostituito da un’autostrada.
Non sò perché ma mi trovo a pensare a mio figlio quando, se mai gli verrà la passione per la moto e per i viaggi, non potrà godere di questo panorama spettacolare e mi viene l’irresistibile desiderio di scattare qualche foto per lui per mostrargli quando sarà adulto com’era questo posto tanti anni fà e al contempo mi compiango perché ho la certezza che non tanti anni fà rispetto al mio tempo, questo posto era ancora più magnifico e
selvaggio di come lo stò vedendo adesso.
In questo gioco di specchi i chilometri vengono divorati dalle ruote e proseguiamo così, come sospesi nel tempo e l’unica certezza che ci dice che stiamo ancora avanzando, è il suono dei nostri motori che squarciano questa fotografia che si è impressa nella mente.
Il cielo è coperto da una coltre di nuvole grigio chiaro e alle nostre spalle, sull’orizzonte, si vedono ancora gli effetti della tempesta di sabbia in via di esaurimento mentre la temperatura si è abbassata di parecchi gradi ; è quasi fresco. Anche se non si vede, il sole si appresta al tramonto e penso che al massimo tra un’ora sarà buio e ancora mancano più di 200 chilometri a Dahkla …
In testa al nostro piccolo convoglio c’è la vecchia Gs 1100 che ad un tratto ha come un sussulto che attira la mia attenzione e mi risveglia dal torpore che si stava impadronendo della mia mente.
Nemmeno il tempo di realizzare, che la moto rallenta all’improvviso fino a fermarsi mentre il braccio del mio compagno di viaggio rotea in aria preannunciando qualcosa che non è niente di buono … Mi fermo, scendo al volo e l’espressione del suo viso mi gela il sangue confermandomi quello che dentro di me avevo già intuito ; la vecchia Mukka è rotta … non và più …
Giorni addietro quando ancora eravamo sulla rotta per il Senegal, aveva lamentato degli strani rumori al
cambio ma con una guida attenta a non forzare, il rumore non si era più ripresentato e per tutti i giorni seguenti ho cercato di scacciare dalla mente questo fatto perché, in fondo in fondo sapevo che prima o poi avremmo
avuto il problema in quanto dovevamo percorrere ancora troppe migliaia di chilometri.
Speravo che il solo fatto di non pensarci, potesse esorcizzare questa paura ma d’altra parte, non ci sarebbe stato nemmeno nient’altro da fare se non sperare che avesse retto fino alla fine del viaggio.
Ora, di fronte a l’ineluttabilità dell’evento, non sò cosa pensare e l’unica cosa che mi è ben chiara è che siamo bloccati quì fuori dal mondo ; a quest’ora ormai anche i mezzi in transito sono pochissimi e già da diverso tempo non abbiamo né sorpassato né incrociato nessuno.
Il mio compagno se ne stà silenzioso a capo chino e con le braccia conserte ; l’impercettibile vibrazione della sua mascella ci fa capire che ha vissuto momenti migliori mentre constatiamo che la ruota posteriore è definitivamente bloccata …
Sarebbero inutili anche le frasi di conforto perchè suonerebbero addirittura inopportune e così, decido che è meglio attendere che sia lui a parlare per primo. E’ un tipo molto risoluto e in più di una occasione, di fronte alle avversità e dopo aver incassato il colpo, ha dato prova di riprendersi immediatamente trovando in fretta la
possibile soluzione come un vero leader sa fare e che non può mancare in un viaggio come questo e noi, di buon grado abbiamo sempre accettato questa sua posizione predominante che si è rivelata sempre vincente.
“ Ragazzi… siamo nella merda …”
In questo frangente nemmeno il suo carattere forte e deciso riesce a trovare una via di scampo.
“ Speriamo che adesso passi qualcuno … la vedo dura ... e tra mezz’ora sarà notte …”
Mi guardo intorno e senza farmi accorgere cerco un posto per improntare un accampamento di fortuna ma il terreno è tutto pianeggiante a perdita d’occhio e non c’è nemmeno una piccola duna dove poterci riparare per la notte ma tra l’altro, non siamo neanche sufficientemente attrezzati per farlo.
Restiamo incalcolabili minuti in silenzio, sopraffatti dal non potere trovare una soluzione ; il navigatore indica che approssimativamente mancano 230 chilometri a Dahkla e l’unica soluzione fattibile è mandare avanti
l’equipaggio della RT che una volta giunti in città, avrebbero dovuto trovare un pik-up o un camion che sarebbe dovuto venire a rilevarci. Sempre che ci fosse qualcuno disposto a farlo in piena notte ...
A tratti il vento sibila sui nostri caschi e fra i raggi delle ruote e, da molto lontano alle nostre spalle sembra di sentire il rumore di un veicolo. Sulle prime pensiamo al rumore del mare che a cento metri di distanza e diversi metri più in basso si infrange poderoso sulla costa che si perde nell’infinito mentre, con il fiato sospeso, ci
mettiamo nel centro della strada per guardare in fondo al nastro di asfalto che lontanissimo, svanisce nella
bruma … Sì, c’è qualcosa che si muove laggiù e restiamo in attesa per capire di cosa si tratti ; ora il suono è più distinto e quello che era un puntino diventa sempre più grande fino a prendere le sembianze di un camion … Torniamo a respirare.
Quando si incontra un mezzo di trasporto fermo ai bordi della strada, per una legge non scritta che comunque tutti gli abitanti del deserto rispettano, ci si ferma ad accertarsi che non ci sia bisogno di aiuto ed è capitato
spesso che quando ci fermavamo per riposare, le poche macchine o i camion rallentavano cercando di capire se era tutto ok e al nostro gesto affermativo ripartivano salutando.
In questi territori estremi non ci si può permettere di fare finta di niente come sempre avviene da noi quando un automobilista si trova in difficoltà ; qui molte volte è questione di vita o di morte.
Il camion rallenta e dopo aver capito che avevamo bisogno d’aiuto accosta venti metri più avanti e si ferma con un sonoro sbuffo d’aria che solleva la polvere. L’autista è un marocchino tarchiato e robusto, di poche parole anche perchè non parla il francese mentre il ragazzo che lo accompagna è un giovane senegalese.
Anche lui è un autista di camion e il suo modo di lavorare è davvero singolare ; trasporta macchine usate
provenienti dall’Europa dal porto di Tangeri a Dakar e una volta giunto a destinazione, il camion prosegue verso altri stati africani con un altro autista e lui, si cerca un passaggio per tornare di nuovo a Tangeri e ricominciare il suo giro con un altro camion. Dice che per fare un giro completo impiega circa venti giorni ; è un tipo molto
simpatico e parlando intercala spesso con “inschiallah”.
Siamo proprio fortunati ; il camion non è la solita cella frigorifera per il trasporto del pesce ma è un bilico e quello che è ancora più strano è il fatto che sia scarico. Anche lui fa la linea Tangeri - Dakar ma in questa
occasione doveva trasportare del materiale fino alla frontiera mauritana dove ha incontrato il ragazzo che
attraversava a piedi la terra di nessuno. In questa strada è molto improbabile incontrare un camion scarico in quanto se ci si sposta , lo si fa per minimo 4oo chilometri e questo dà la portata della nostra fortuna. Ora stà
risalendo verso il nord dove ad Agadir dovrà effettuare un carico che dovrà trasportare a Tangeri con direzione Spagna.
Il ragazzo ci traduce dal marocchino al francese e viceversa e così chiediamo se è possibile caricare la moto fino a Dahkla ma prima vorremmo contrattare il prezzo in quanto sapevamo che in altri casi simili, qualche
sfortunato ha dovuto sborsare cifre pazzesche per trarsi d’impaccio e le nostre finanze complessive ci stavano già consigliando di limitare le spese generali.
L’uomo ci pensa un po’ su e noi, in po’ in disparte ci rendiamo conto che si stà facendo buio e che avremmo dovuto accettare qualsiasi cifra ma siamo determinati a contrattare strenuamente ; l’importante è che non se ne vada. Dopo qualche minuto il ragazzo mi chiama e dice che l’autista a preso una decisione : … ci trasporterà la moto fino a Dahkla e vuole solo il costo del gasolio che consumerà nella deviazione che dovrà fare rispetto al suo percorso … poi, se vorrete fargli un regalo …
Che culo !!!!
Smontiamo la sponda posteriore del bilico e la posizioniamo appoggiata dietro al cassone ; il camion è molto alto e la sponda è talmente ripida che non si riesce a salirci a piedi, figurarsi con una moto da 280 chili con la ruota posteriore bloccata ! L’autista sembra non farsene un problema e ci dice di aver caricato cose ben più
pesanti in condizioni ancor più difficili ... in cima al lungo cassone, dietro la cabina ci sono delle corde …
Vedrete che non ci saranno problemi.
Ed infatti in dieci minuti la moto è sul cassone anche se è stata una faticaccia e abbiamo temuto per il tonfo sordo della coppa dell’olio che ha sbattuto violentemente quando la ruota anteriore ha superato la ripida rampa ma questa è poca cosa perchè con il cambio rotto abbiamo altro di cui preoccuparci ed ora la priorità è quella di arrivare a Dahkla e poi, domani, vedremo se e come risolvere la situazione.
Seguiamo il camion che viaggia a 80 km/h e per un tacito accordo non lo superiamo, soffrendo rimaniamo in coda ma forse questo è dovuto alla diffidenza della quale non riusciamo a liberarci e nonostante la disponibilità e la gentilezza dei due camionisti non ce la sentiamo di allontanarci dal nostro amico che è seduto con loro sulla cabina. Sono un po’ sconvolto per quanto è accaduto e mentre tra la sabbia sollevata dal camion il buio della notte cala all’improvviso, non posso fare a meno di pensare : E ora? ... Che facciamo?
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barbablu
04-04-2012, 08:42
uhh sono un po preoccupato ho preso un gs 1100 per andare a dakar e adesso me la racconti bella :mad::rolleyes:
Zk Barba...... controlla il cardano prima di partire, saranno duraturi ma 200k sono un pò tantini per affrontare a cuor leggero un viaggio del genere...
barbablu
04-04-2012, 21:11
tranqui fagot ha 52000 km originali conosco i due propietari e sono gia stati fatti i paraoli del cambio
sono curiosao di come avete fatto boser dai su racconta:arrow:
Boxer Born
06-04-2012, 14:27
… E ora? ... Che facciamo?
Arriviamo all’incrocio che immette nella penisola di Dahkla verso le 9.30 di sera e ci fermiamo al posto di blocco della gendarmeria ; stò tremando dal freddo e questa sensazione mi dà veramente fastidio in quanto è risaputa la mia avversità al periodo invernale.
Da sempre, come le bisce mi ritirerei sotto un sasso per riuscire al primo sole primaverile e ho sempre invidiato la natura degli orsi che li obbliga al letargo ; dopo tanti giorni passati a temperature superiori ai 30° ( la mia temperatura ideale ) mi ero quasi dimenticato dei morsi del freddo e se penso di trovarmi nel cuore del Sahara Occidentale questo freddo mi appare strano e mi irrita talmente tanto che quasi non mi accorgo di quello che stà succedendo di fianco a noi.
Una muta di cani randagi arrivati di corsa dal sahel, si aggira intorno alle nostre moto e alle poche macchine in attesa di passare il posto di blocco e lì per lì la loro presenza mi inquieta per il mio atavico timore nei confronti della razza canina.
Li osservo mentre con lunghe parabole circospette si avvicinano sempre di più e già mi si alza il pelo nel collo ; uno in particolare attira la mia attenzione per la sua mole e nonostante la poca carne che ricopre le ossa è veramente grosso . Chissà da quale strano incrocio proviene questo grosso animale dal pelo nero, le orecchie appuntite e i grossi occhi gialli ; nonostante la paura non posso fare a meno di ammirarne la sua bellezza.
La visiera del mio casco è sollevata e ad un tratto, i nostri occhi si incrociano bloccando il cane all’istante una decina di metri più in là, dall’altra parte della strada ; rimane immobile qualche secondo e senza mollare i miei occhi attraversa veloce e quatto la strada a testa bassa puntando deciso verso di me che come reazione istintiva alzo la gamba offrendo alle temibili fauci il mio robusto stivale da moto.
Cerco di non farmi prendere dal panico che ormai dilaga e quando il cane è a un palmo dal mio piede, improvvisamente si arresta allungando le zampe anteriori e infilando il muso in mezzo ad esse ; ogni tanto uggiola e alza la testa tenendola di lato … Incredibile!!
Il suo atteggiamento è inequivocabile !
Stà proprio chiedendo l’elemosina. Rassicurato mi giro indietro per richiamare l’attenzione sulla cosa ai miei compagni di viaggio e stupito mi accorgo che la stessa cosa stà accadendo a loro e anche di fianco alla macchina davanti a me dove un piccolo cane bianco è intento a prostrarsi e a guaire.
Il detto popolare che dice “la fame aguzza l’ingegno” trova qui la migliore delle applicazioni ; i cani hanno imparato che in questo luogo le macchine sono costrette a fermarsi e la maggior parte degli europei che scendendo da nord con i camper arrivano fino a qui, non possono resistere dall’offrire qualche cosa da mangiare di fronte alla simpatica richiesta di questi cani ; anche loro come gli esseri umani cercano il tuo sguardo e in una frazione di secondo decidono se sei pericoloso o meno poi, non ti mollano più e ti stanno alle costole fino a che, per sfinimento, non ottengono ciò che vogliono. Sempre se nel frattempo, non arriva il militare che li prende a zampate nel sedere facendoli scappare ringhianti, con la coda tra le gambe e la testa girata all’indietro.
Superato il posto di blocco prendiamo a sinistra dove tra 60 chilometri circa arriveremo a Dahkla mentre i cani ci rincorrono in modo innocuo per poi arrestarsi una decina di metri prima di una stazione di servizio ; evidentemente questa è per loro una zona molto pericolosa e fermatomi sul piazzale, mi diverto a osservare il cane nero che ancora mi fissa e saltella sulle zampe anteriori ma non osa fare un passo in avanti …
Il camion stà facendo rifornimento e vado dal mio compagno sul camion a sincerarmi se stia andando tutto bene ; lo trovo molto più rilassato di quando due ore prima l’ho visto sconsolato salire sul camion con il telefono in mano.
La sua indole combattiva ha preso il sopravvento e se pur amareggiato per quanto accaduto, in queste due ore di viaggio si è già attivato a chiamare la compagnia di navigazione per accordarsi sulla possibilità di spostare la data della partenza e ha allertato il nostro meccanico di fiducia ; domani si sarebbero risentiti quando la
situazione, forse, sarebbe stata più chiara. Dice che i due nuovi compagni di viaggio sono simpatici e in corsa, sono riusciti anche a farsi un’ ottimo tè alla menta posizionando il fornello a gas sulla copertura del motore del camion con il rischio continuo di ustionarsi con l’acqua bollente.
L’altra moto ha ancora il motore acceso e mi dirigo verso di loro per capirne il motivo ; sono vestiti troppo leggeri e stanno letteralmente battendo i denti mentre il vento, ora gelido, stà nuovamente prendendo forza alzando vortici di sabbia sul piazzale appena illuminato. Decidiamo che è il caso che procedano verso l’albergo, il Palais du Touareg, che si trova all’ingresso della città dove le strade sono ancora piuttosto ampie e ci
consentiranno di arrivarci con il grosso camion ; dopo le pressanti raccomandazioni di andare piano e di stare attenti ai veicoli senza fari, maledico il freddo e li osservo allontanarsi nel buio e nel turbinio della sabbia che a tratti oscura la luce rossa del fanale posteriore fino a che spariscono in fondo al rettilineo.
E’ veramente freddo e sollevo lo scaldacollo fin sopra la testa ma questo non mi impedisce di tremare mentre guardo l’addetto alla pompa di rifornimento che attende con impazienza che l’ultimo dei 5oo litri di gasolio
scenda nel serbatoio del camion ; anche lui trema per questo freddo atipico e ormai è diventato un tutt’uno con la pompa dietro la quale cerca di ripararsi dal vento e la sua tuta da lavoro bisunta gli conferisce un aspetto camaleontico.
Freddo ? Impreca qualche cosa nella sua lingua e fà un cenno affermativo con la mano mentre mi metto al suo fianco come se questo potesse velocizzare il rifornimento. I camionisti si sono infilati nel piccolo bar mentre il mio compagno stà di nuovo telefonando e nonostante il freddo se ne stà in maniche corte nel mezzo del piazzale ;
forse è meglio non disturbarlo.
Passati così venti lunghissimi minuti ci rimettiamo in marcia e questa volta mi posiziono davanti al camion anche se per fortuna, avendo cambiato direzione di marcia, il vento soffia alle spalle e a tratti mi sembra di galleggiare alla velocità della sabbia che vedo roteare di fianco a me ma non sento l’aria che fa pressione sul mio corpo.
Anche in questa occasione il faro allo Xenon e i faretti supplementari si sono ampiamente ripagati in quanto la difficoltà stà nel superare con la vista il muro giallastro di sabbia che galleggia a una trentina di metri davanti a me e la potente luce bianca dei fari mi facilitano di molto la guida.
Mi sento stanchissimo e infreddolito mentre passo con felicità sotto l’arco di ingresso della città di Dahkla ; ancora qualche chilometro e saremo finalmente arrivati e come previsto, il camion non ha nessuna difficoltà ad arrivare davanti all’albergo e in quindici minuti scarichiamo la moto ; dopo aver pagato 130 chilometri di carburante per la deviazione e offerto una lauta mancia ai camionisti, questi riprendono a ritroso la strada
dicendo che si fermeranno a dormire nel camion più avanti, lungo la strada che domani sera li porterà ad Agadir.
Sono le dieci e mezza di sera e l’unica cosa che voglio è andare a dormire ; non farò nemmeno la doccia e non ricordo bene ma credo che quella sera non abbiamo neanche cenato.
Siamo depressi e la testa è piena di interrogativi che comunque nessuno di noi osa esternare in quanto abbiamo stabilito che ci avremmo pensato domani .
La ruota posteriore è ancora bloccata e non poteva essere diversamente ma in certi casi la speranza è l’ultima a morire e magari gli scossoni subiti dalla moto sul camion … Facciamo salire la moto sull’alto marciapiede e la posizioniamo di fianco alla porta d’ingresso dell’albergo rimanendo ad osservare la moto in silenzio, con espressioni serie e fugaci occhiate. La schiena mi fa male in quanto nello scaricare la moto mi sono procurato uno strappo alla base della colonna vertebrale e il bruciore che ho avvertito nel coccige subito dopo, mi stà seriamente preoccupando anche se non ne ho fatto parola con nessuno. Ci mancava solo questo ; oltre alla spalla adesso anche la schiena e stringo i denti mentre faccio i due piani di scale per raggiungere la nostra camera.
Provo a ripensare a quando siamo partiti da Nouakchott e mi sembra che sia passato un tempo infinitamente lungo ; eppure è stato solo questa mattina ma la giornata è stata così piena di avvenimenti che il ricordo si accavalla e faccio fatica a dare un corretto ordine temporale agli avvenimenti.
E’ una strana sensazione quella che stò provando ma cerco di godere anche di questa facendomi coraggio e pensando che domani sarà un altro giorno e ho ormai imparato che in Africa, ogni giorno è completamente diverso dall’altro e quello che ieri poteva essere un problema, oggi è una sciocchezza ma anche viceversa …
Come di consueto mi sveglio presto nonostante la stanchezza e la tensione accumulata il giorno precedente, mi godo un’alba spettacolare dal finestrotto del bagno mentre mi fumo la prima sigaretta ; il mio compagno si è svegliato prima di me ed è già uscito anche se non capisco dove sia andato.
L’aria è di nuovo tiepida, mi affaccio dal balcone e il Gs 1100 è ancora li sotto e sembra quasi che sia imbronciato mentre scorgo in lontananza il mio amico che stà facendo ritorno ; mi vesto in fretta e scendo mentre lui stà entrando e visto che il bar è appena aperto ci accomodiamo per la colazione. E’ andato a cercare una scheda telefonica ma è tornato deluso in quanto è ancora tutto chiuso e la strade sono deserte : ma che ti aspettavi alle 7.30 del mattino? Poco dopo ci raggiungono anche gli altri e finita la colazione siamo di nuovo davanti alla moto disposti a semicerchio e la osserviamo.
Da questo momento in poi prenderemo una serie di decisioni e non tutte si riveleranno azzeccate ; anche se avevamo ancora diversi giorni a disposizione avevamo tante, troppe incognite e il continuo cambiamento delle cose ci ha fatto ragionare un po’ troppo “random” in quanto avevamo fretta di trovare al più presto la giusta soluzione. Di una cosa non avevamo tenuto conto : Quel giorno era venerdì, giorno di festa nei paesi Mussulmani e non di meno il Sabato e la Domenica ; questo avrebbe reso tutto maledettamente più complicato.
Cominciamo con il cercare di capire quanto ci costerebbe farcela trasportare fino a Tangeri con un Pik-up e ragioniamo per diverso tempo su questa ipotesi ma la conclusione dei discorsi è che sarebbe troppo costoso : considerando nella migliore delle ipotesi 6oo chilometri al giorno, tra andata e ritorno l’autista dovrebbe stare via quasi nove giorni e aggiungendo il costo del carburante per oltre 5ooo chilometri con dei mezzi vecchissimi che consumano quanto una petroliera, sarebbe lecito aspettarsi un costo di circa 1.5oo euro.
Ricordiamoci che la ruota posteriore è bloccata e l’autista non avrà mai il permesso di accedere al porto e così, saremo costretti a trascinare di forza la moto per diversi chilometri con i suoi 280 chili di peso.
Anche volendo non pensare ai problemi a cui andremo incontro per portare la moto dall’ingresso del porto al dek della nave, ci ritroveremo a Livorno o a Genova con una moto che non cammina e si dovrà noleggiare un furgone al costo accertato, dopo aver chiamato una nota compagnia di noleggio italiana, di 350 euro e si dovrebbe mettere nel conto altri cinque giorni di permanenza a Tangeri se per un qualsiasi motivo dovessimo mancare la nave per Livorno con conseguente perdita dei soldi del biglietto. Il cambio della moto : Quanto costa un cambio?
Tra ricambi e mano d’opera valutiamo il tutto ampiamente oltre i 2.5oo euro considerando che a moto “aperta”, si dovrà sostituire e riparare una serie di altre cose.
Siamo abbondantemente sopra il valore della moto e dobbiamo tentare a tutti i costi la riparazione sul posto, in tempi accettabili …
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Boxer Born
11-04-2012, 19:07
Siamo abbondantemente sopra il valore della moto e dobbiamo tentare a tutti i costi la riparazione sul posto, in tempi accettabili …
Il problema principale in tutta questa faccenda è il fatto che la moto è inscritta nel permesso di ingresso in
Marocco e questo complica notevolmente le cose.
Negli anni passati molti europei venivano a cimentarsi in avventure africane e arrivavano con dei mezzi
acquistati con quattro soldi ; la maggior parte di essi non riuscivano a sopravvivere al viaggio e così venivano abbandonati lungo le piste trasformando nel tempo questi luoghi incontaminati in discariche per rottami dei quali si possono ancora vedere le carcasse disseminate un po’ ovunque.
Per arginare questo fenomeno ora legano il mezzo al proprietario inscrivendoli sul passaporto facendo in modo che mezzo e persona siano una unità indivisibile ; il mezzo esce o entra solo con il proprietario che se si presentasse alla frontiera senza, verrebbe sottoposto ad un interrogatorio nemmeno tanto gentile volto a scoprire se il mezzo sia stato venduto, rubato o piuttosto abbandonato in qualche posto.
Anche un mezzo distrutto o in avaria deve necessariamente uscire dal confine e così facendo evitano che il deserto diventi una immensa discarica.
Parlando con il proprietario dell’albergo, egli ci ha rivelato che in realtà ci sono altri sistemi per lasciare il paese senza il proprio mezzo ma deve essere per un periodo temporaneo e questo deve comunque essere riparabile.
Ovviamente questo sistema non è proprio trasparente ed c’è da pagare parecchio ma in certi casi vale la pena di rischiare. La formula più in uso è quella di lasciare il proprio mezzo in comodato d’uso a qualche ente o albergo per gli spostamenti dei propri impiegati o clienti ...
Veniamo a sapere che nel piccolo aeroporto di Dakhla c’è un autonoleggio e questo non è molto lontano dall’albergo e così, tanto per non lasciare nulla di intentato, ci incamminiamo in quella direzione.
La città è ancora semideserta nonostante sia già metà mattinata e il bel sole che c’era sembra essersi nascosto dietro un leggero velo di nuvole e l’aria torna ad essere fresca ; per le strade pulite girano poche macchine e per lo più sono quelle dei taxisti che svolgono il loro servizio su vecchie Fiat Palio o Punto ; un vecchio camion militare con la cisterna piena d’acqua si ferma ad ogni palma incastonata negli enormi e lucidi marciapiedi e un omino provvede ad innaffiare quotidianamente le piante.
Dahkla è situata in fondo ad una penisola lunga circa 70 chilometri e nel punto in cui è sorta la città, sarà larga al massimo 5oo metri e la strada principale che inizia subito dopo l’arco d’ingresso, è a quattro corsie con dei marciapiedi che farebbero impallidire anche quelli delle nostre grandi città. Mediamente sono larghi una ventina di metri e il colpo d’occhio che se ricava, con le rotonde verdeggianti e l’arredo urbano in ordine, denota la grande volontà di far diventare questo posto un centro di villeggiatura strategico nel cuore del Sahara Occidentale.
Si può affermare che la città di Dakhla sia divisa dalle strade in tre zone distinte nel senso longitudinale rispetto alla penisola : La parte più a ovest, quella che si affaccia direttamente sull’Oceano è interamente occupata da costruzioni militari e altri uffici governativi e questa parte comprende anche l’aeroporto, la centrale dell’acquedotto e sulla parte estrema, il porto commerciale che essenzialmente si occupa di pesca ; tutta questa zona è off limit e per accedere al porto bisogna fornirsi di speciali pass rilasciati dai militari previa consegna dei passaporti.
A est, sul lato opposto della penisola e quindi affacciata sul mare interno, c’è una lunga passeggiata nella quale si affacciano la maggior parte degli alberghi tra i quali ne spiccano un paio veramente di lusso ; a giudicare dalla quantità di macchine sportive e Suv da sogno che vi si trovano parcheggiati, devono essere alquanto costosi.
La passeggiata sul lungomare è molto bella, la pavimentazione è decorata da mosaici colorati e a distanza regolare ci sono delle strutture a colonnato con delle panchine per godere del paesaggio meraviglioso che nelle giornate particolarmente terse in cui il vento non alza la cappa di sabbia, si può vedere la costa africana dall’altra parte del mare interno che, soprattutto al tramonto, si colora in maniera indescrivibile.
La strada che costeggia la passeggiata si congiunge in un incrocio al centro della città dove inizia la parte vecchia piena di viuzze e al contempo delimita la terza zona, quella centrale occupata da silenziosi e poveri quartieri residenziali dove la gente vive in piccoli condomini da due o tre piani.
In questi ultimi anni il governo marocchino ha investito veramente molto in questa zona e il territorio ha tutte le carte in regola per diventare un importante pool turistico. Questo sito è già molto famoso per chi pratica il Kite Surf http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=1BEFqk5bvYY
ma si stà candidando anche per un turismo meno specialistico e gli sforzi del governo sono volti ad attirare soprattutto il turismo interno anche se, a mio modo di vedere, il posto non è ancora pronto per un turismo massivo di stile europeo in quanto le condizioni igienico-sanitarie sono ancora molto lontane dai nostri standard abituali.
Dire che questo posto è civilizzato è quasi una forzatura in quanto risulta ovvio, al primo sguardo, che la città si è da tempo affrancata dalla povertà ma lo stile di vita è tanto, troppo diverso dal nostro e seppure sono molti gli europei che giungono fino a qui, essi fanno parte di quel turismo abituato a frequentare questi posti dove ancora si può respirare quel vago spirito di avventura e che generalmente non hanno la “puzza sotto il naso”.
Oggi come oggi è possibile passare un fine settimana al caldo nel cuore dell’inverno e con poche centinaia di euro si può acquistare un volo andata e ritorno facendo scalo a Las Palmas, nelle Isole Canarie e raggiungere Dakhla in poco più di tre ore partendo da Milano e godere di temperature intorno a 30° che rimangono stabili per quasi tutto l’anno.
Nei giorni di forzata permanenza a Dakhla ho conosciuto un anziano dottore brianzolo che da molti anni viene da queste parti a svernare; ha ottantaquattro anni e ormai da sei, viene qui da solo in quanto sua moglie è passata a miglior vita. Sarà per la senilità o perché in realtà si sentiva un po’ solo ma stà di fatto che quando ci si incontrava, attaccava certi bottoni che era difficile scollarselo di dosso e ci sono stati dei momenti che ho dovuto congedarlo in maniera poco garbata ; ripensandoci ora me ne dispiaccio.
Alloggiando nello stesso albergo ci si incontrava dabbasso, sempre quando eravamo sul punto di prendere qualche importante decisione riguardo alla moto rotta e siccome abbiamo vissuto tutta la situazione con estrema tensione, i suoi discorsi divaganti e ostinatamente fuori dal tema finivano per innervosirci ulteriormente.
C’è stato però un giorno, quando tutte le decisioni erano state prese e dovevamo solo aspettare gli eventi, che ho avuto modo di passare un paio d’ore in sua compagnia e devo dire che si è rivelato davvero molto simpatico.
Come tutti gli anziani si è rivelato un pozzo di conoscenza ed è riuscito a darmi
tantissime spiegazioni su quanto accadeva e accade oggi in questa città ; è grazie a lui che sono venuto a conoscenza di un posto chiamato “ la Duna Blanca” .
In gioventù ha lavorato per diversi anni in un famoso ospedale a Washington e si è occupato di epidemiologia con particolare attenzione sull’influenza del clima su certi tipi di malattia e il suo staff era direttamente agli ordini del ministero della guerra americano.
Le sue ricerche lo hanno portato quindi ad occuparsi anche di climatologia e alla fine della ricerca è risultato che il miglior clima al mondo si trovi proprio qui ; in particolar modo nella zona della “Duna Blanca” che si trova a circa una settantina di chilometri da Dakhla e si tratta di una enorme duna di sabbia bianchissima in perenne migrazione sul lato orientale del mare interno della penisola.
Il piccolo aeroporto di Dakhla ha un aspetto molto ordinato e la struttura principale che sorge oltre un ampio piazzale adibito a parcheggio e sul limitare dell’unica breve pista, è carina e di recente costruzione.
All’ingresso c’è una guardiola e chiediamo al militare dove potremmo trovare l’agenzia di autonoleggio che ci hanno detto essere all’interno dell’aeroporto ; ci guarda un po’ perplesso come se non fosse a conoscenza che all’interno dell’aeroporto esista questa attività ed infatti prende il telefono e si informa mentre nell’attesa, osservo la scarsa attività che si svolge all’interno del piccolo scalo che funge da collegamento per i vari stati africani della costa occidentale.
Dopo aver fatto un paio di telefonate, il militare ci informa che l’agenzia ha da tempo chiuso i battenti e che comunque ne avremmo potuto trovare un’altra in centro città anche se molto probabilmente oggi sarà chiusa per la festività settimanale del venerdi. E’ ancora presto per pranzare e così decidiamo di andare a piedi in centro e nel frattempo cerchiamo anche un negozio di telefonia per acquistare una scheda marocchina in modo da poter chiamare l’Italia senza svenarsi ; è incredibile la densità di questi negozi in africa.
Anche nei centri più piccoli e sperduti c’è un negozio di telefonia ogni 1oo metri e la maggior parte sono della compagnia Orange che praticamente stà monopolizzando tutta l’area della costa occidentale e spesso il loro nome è legato alla costruzione di nuove scuole, all’ampliamento di ospedali piuttosto che al patrocinio di istituzioni volte all’avviamento specializzato dei giovani al mondo del lavoro. A colpo d’occhio sembra che in una città come Dakhla che conta circa 60.ooo abitanti, ci siano almeno un centinaio di questi negozi senza contare che anche nella piazza e nelle vie limitrofe al mercato, ci sono diversi venditori ambulanti di telefoni che ne espongono a centinaia tra nuovi ed usati e a dei prezzi nemmeno paragonabili ai nostri nonostante questi siano di ultima generazione e proprio uguali a quelli che troveremmo nei nostri negozi.
Come anticipato dal militare troviamo l’agenzia di noleggio chiusa per la festività e parlando con un ragazzo incontrato nei pressi, ci dice che comunque non dispongono di pick-up e, una volta spigatogli il problema, ci dice di rivolgerci alla locale compagnia di bus che a quanto gli risulta, dispone anche di qualche furgone per il trasporto delle merci più ingombranti dei passeggeri.
L’ufficio della compagnia di bus è aperto ma l’impiegato ci spiega che la zona coperta dai furgoni arriva fino a Casablanca e che pur avendo una linea di bus che arriva fino a Tangeri, questi hanno da poco sostituito il vecchio pullman con uno più moderno e così non c’è più la possibilità di caricare oggetti voluminosi se non quelli che riescono ad entrare nel bagagliaio e anche riuscendo a caricarci la moto, non se la sentono per il fatto di non voler subire ritardi ad ogni controllo di polizia …
Ormai è chiaro che la strada del trasferimento della moto su un altro mezzo fino a Tangeri diventa pressoché impercorribile e un po’ delusi, decidiamo di andare a mangiare e ci fermiamo in un posto dove cuociono carne di cammello alla griglia ; speriamo che a pancia piena si riesca a trovare un’altra soluzione …
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X Barbablu
Quando parti per questo magnifico viaggio ?
barbablu
12-04-2012, 09:06
se la situazione è tranquilla a casa:lol: ma soprattutto in africa :confused: direi verso la fine dell'anno ma se qualcuno ,visto che sono solo, si vuole unire se ne puo parlare :cool:
Boxer Born
12-04-2012, 19:47
@ barbablu
E con quale delle stupende motine che hai in firma vorresti andare ?
barbablu
12-04-2012, 21:39
:lol:stavo pensando col trial:lol: aparte gli scherzi ;non mandarmi a stendere co gs 1100:confused:
Nel periodo invernale il mio lavoro non me lo consente, dunque NISBA!! il mio salvadanaio sale... e penso che l'anno prossimo ad aprile.....:arrow:
barbablu
13-04-2012, 07:46
ad aprile per me è difficile io l'avrei fatto a dicembre pe ril semplice motivo che riesco attaccare alle 2 settimane di ferie che ho altre 1 o 2 dipende dai tempi ma penso che in 20 giorni qualcosa siriesce gia a fare
Boxer Born
13-04-2012, 11:41
Beato te ZAGOR,
intendo per il tuo salvadanaio che sale ...
Il mio ha un suono cavernoso e nel fondo si è aperta una falla ...
Prima di poter risalire per otturare almeno la falla ce ne vorrà :(
@ barbablu :
Se intendi arrivare fino a Dakhla 20 gg sono perfetti, se vuoi scendere più a sud ho paura che siano un pò troppo risicati ; rischieresti di passare tutto il tempo in moto e sarebbe davvero un peccato : troppe cose da vedere, scoprire, capire ecc. ecc.
barbablu
13-04-2012, 12:03
cavolo allora sto sbagliando i miei conti e percorrenze kilometriche iniziamo bene voi quanato siete stati via ?
@ Boxer
Sono ormai 3 anni che manco da casa.......AFRIKA!!!!!:(
Dunque sto facendo come le formiche ...... contando anche Monti :lol:
Boxer Born
14-04-2012, 00:59
… decidiamo di andare a mangiare e ci fermiamo in un posto dove cuociono carne di cammello alla griglia ;
speriamo che a pancia piena si riesca a trovare un’altra soluzione …
Mangiamo di gusto e la carne è molto buona ma il pranzo è rovinato dal dover trovare una soluzione alla moto con il cambio rotto. Passiamo davanti a un meccanico per motori marini e dopo aver fatto qualche domanda ci consiglia di telefonare a Casablanca dove sembra che ci sia una concessionaria Bmw e anche se abbiamo qualche perplessità sul fatto che possano avere a disposizione in breve tempo un cambio per una moto così datata, ci riproponiamo di fare un tentativo questo pomeriggio, quando rientreremo in albergo dove il buon Saad, proprietario dell’albergo, avrebbe potuto aiutarci.
Siamo ad un punto morto e continuiamo a girovagare per le strade di Dakhla ma già che ci siamo, diamo un’occhiata in giro e cogliamo la popolazione nel vivere questa giornata di festa e a un certo punto, ci troviamo nel mezzo di una preghiera collettiva ; ci tiriamo di lato e attendiamo che la preghiera finisca e con soddisfazione mi accorgo che il nostro atteggiamento rispettoso è stato notato e gradito da molti che ora si allontanano salutandoci con un mezzo inchino.
Camminando per le spaziose strade non ci si rende conto di quanta strada si percorre e dopo aver deciso di rientrare, abbiamo camminato per quasi un’ora prima di arrivare all’albergo e sono ormai le cinque del pomeriggio.
Decidiamo di prendere un tè alla menta e mentre eseguiamo il rito dei travasi che attira l’attenzione e fa sorridere qualche passante, facciamo il punto della situazione.
La moto non è trasportabile e nella disanima del ragionamento, giungiamo alla conclusione che anche facendosi spedire i pezzi dall’ Italia questa mossa risulterebbe troppo onerosa, richiederebbe troppo tempo e anche dopo aver ricevuto i pezzi e soprattutto dopo aver visto come sono messe le officine da queste parti, ci vengono forti dubbi sul fatto di poter trovare qualcuno in grado di poter eseguire il lavoro anche se è vero che questi meccanici a volte riescono a fare miracoli con la poca e obsoleta attrezzatura a disposizione.
Siamo fuori ormai da trenta giorni e abbiamo ancora a disposizione circa una settimana ma la voglia del ritorno comincia ad insinuarsi tra noi e personalmente penso sempre più spesso a casa : è giunta l’ora di tornare .
Nessuno ha il coraggio di esternarlo ma il pensiero di abbandonare la moto si fa sempre più strada e il nostro compagno, come se questo pensiero si leggesse nei nostri occhi, dice che nonostante gli dispiaccia di dover abbandonare la sua compagna di innumerevoli avventure non riesce a trovare altra soluzione ma il problema è come smarcarla dal passaporto.
Dal momento che stiamo accarezzando l’idea che la moto sia diventata un rottame, ci dispiace ancor di più dover spendere grosse cifre per riportarla a casa e i soldi cominciano a scarseggiare. Troviamo altre due opzioni :
a – Pagare qualcuno che ci riporti al confine con la Mauritania.
Il piano è di portare la moto oltre il confine marocchino per togliere la moto dal
passaporto e una volta entrati nella terra di nessuno, abbandonare lì la moto e
tornare indietro con lo scopo di far rientrare il nostro amico senza mezzo per poi
poter uscire senza problemi dal Marocco una volta giunti all’imbarco di Tangeri ;
il grosso dei bagagli sarebbe stato spedito via aerea in Italia e lui sarebbe salito
con me fino a casa.
E’ una soluzione un po’ troppo avventurosa e sorgono forti dubbi sulla fattibilità. Chiediamo consiglio a Saad, il proprietario dell’albergo, che ci dice di conoscere la persona giusta che può passare il confine senza che gli si facciano troppe domande sulla natura del suo carico ma l’importante è che entri anche nel suolo mauritano per qualche giorno e Saad non sà se questa persona ha in programma questo spostamento a breve termine. Magari potrebbe farlo anche esclusivamente per noi ma questo diventerebbe di necessità molto più costoso .
b - Trascinare la moto fuori città, nella striscia desertica che corre tra l’asfalto e il
mare interno della penisola e dopo esserci messi in posizione nascosta, magari
dentro un profondo avvallamento come se ne trovano in quel posto, incendiarla e
poi chiamare la polizia in modo che metta in atto la procedura di sdoganamento del
mezzo ed essendo così distrutto non ci sarebbe l’obbligo di farlo uscire dallo stato e
avremmo dovuto pagare solo gli oneri di demolizione presso uno sfasciacarrozze.
Saad dice che questo trucchetto lo hanno già messo in atto in diverse occasioni e ormai la polizia guarda con molta diffidenza a questi casi, soprattutto quando questo succede a stranieri e si corre il rischio di essere incriminati di distruzione simulata ed è un’esperienza che a suo dire , è meglio evitare.
Tutte e due le soluzioni non ci piacciono, per niente.
Un giorno intero è passato senza concludere nulla e torniamo all’idea di lasciare la moto in comodato d’uso all’albergo … domani sarà sabato e gli uffici amministrativi della Dogana sono chiusi ma Saad ci confida di avere più di qualche buon amico all’interno degli uffici e comincia a telefonare.
Dopo mezz’ora esce sorridente e con fare soddisfatto ci informa che in un modo o in un altro, entro mezzogiorno del giorno successivo avremo senz’altro risolto la situazione senza problemi ; è molto sicuro di sé e questo suo atteggiamento ci conforta non poco .
Con buona pace del nostro compagno che si vede costretto ad abbandonare la moto e prova a rassegnarsi all’idea, ci torna il sorriso ed è lui stesso a proporre di festeggiare questa sera a cena.
Decidiamo di andare a “Casa Luis”, un buon ristorante a gestione spagnola dove all’interno servono anche vino e birra e anche se queste bevande incidono per il 60% sul conto totale decidiamo di investire una parte delle nostre risorse in una mezza sbronza che magari ci renderà la situazione meno pesante.
Nelle zone costiere di Marocco e Mauritania, vive una cospicua comunità di spagnoli e nei centri più grandi hanno aperto in maniera stabile diverse attività. A parte qualcuno più danaroso che opera nel mondo della pesca o nella lavorazione e trasporto del pesce, gli altri spagnoli che vivono qui lavorano tutti in attività al servizio del turismo dei loro connazionali ; per la Spagna è molto facile raggiungere l’ Africa, un po’ come per noi arrivare in Sicilia e si possono incontrare spesso folti gruppi in 4 x 4 e motociclisti.
Nella sosta che facemmo in Mauritania, a Nouadhibou, ci siamo fermati a cena in un locale e lì si parlava esclusivamente spagnolo e pensavo che magari gli inservienti del locale non avessero dimestichezza con il francese e preferissero esprimersi con la loro lingua madre.
In seguito ho avuto modo di entrare in altri locali a gestione spagnola e in tutti si parlava nella loro lingua ; ne deduco che se ne fregano altamente degli altri turisti e tendono a essere cordiali solo con gli Spagnoli. Per quanto riguarda la gente del posto beh, che si arrangino a capirli e dopo tutto, gli africani parlano un po’ tutte le lingue del mondo e comunque sembra che questa comunità di spagnoli non vogliano neanche mescolarsi tanto e quindi non sono neanche troppo interessati a farsi capire.
In quel locale a Nouadhibou c’erano solamente ospiti spagnoli ed erano fuoristradisti in 4 x 4 ; prima ancora che dai loro gilet multi tasche, l’ho capito dai loro scarponcini alti in tela color cachi con i lacci e la suola carrarmato.
In televisione trasmettevano una partita di calcio di una importante squadra spagnola ed a ogni avversità nel corso della partita urlavano come pazzi rovesciando a terra bottiglie e quant’altro era posato sopra i tavoli come se niente fosse.
Quella sera, decisi che questo popolo che non avevo mai incontrato da vicino non mi piaceva ; maleducati e senza rispetto ma probabilmente mi sbaglio come è sbagliato generalizzare.
Infatti a Casa Luis la cosa è leggermente diversa ; anche qui si parla solo lo spagnolo ma dimostrano di capire benissimo anche il francese anche se comunque, continuano a rispondere nella loro lingua ; almeno sotto questo aspetto dimostrano una certa spocchia e continuo a guardarli con diffidenza.
A parte i due alberghi extra-lusso che si trovano qui a Dakhla, questo è forse l’unico ristorante dove si possa mangiare veramente bene e sia il locale che il servizio sono di qualità ; non c’è europeo che si trovi a passare da queste parti che non venga almeno una volta a mangiare a Casa Luis.
Peccato per il continuo sottofondo musicale ; non ho mai amato particolarmente Julio Iglesias ...
Dato che mangeremo del pesce, ordiniamo un paio di bottiglie di vino “blanco” anche se il cameriere dice di disporre anche di ottimo vino “tento” ; insalata di mare e arrostita. Il fatto di aver quasi risolto la questione della moto ci ha tranquillizzato e al contempo ha risvegliato il consueto appetito e per questo ci sinceriamo sulla quantità delle portate ; il “no preocupe” del sorridente cameriere ci tranquillizza ma per non rischiare, decidiamo di far aggiungere alle portate anche del riso.
Siamo seduti su un tavolo da otto persone eppure, quando ci portano le vivande e i cestini con diversi tipi di pane abbiamo difficoltà a trovare il posto per i bicchieri e le bottiglie del vino delle quali una è già stata svuotata nella breve attesa ; senza esagerazione, il vassoio in acciaio è lungo un metro e venti ed è talmente colmo che quando i due camerieri lo appoggiano sul grande tavolo, una parte del contenuto cade sulla tovaglia e non sono certo briciole quelle che cadono ma astici lunghi un palmo e le rondelle di tentacolo di polipo sono grandi quanto i cetrioli ma sono tenere come il burro … Il cameriere dai lucidissimi capelli corvini pettinati all’indietro e lisciati a brillantina ci guarda ridendo e il suo sguardo sembra dire : Eeeh?,Eeeh? Che vi avevo detto ?
Prima che torni alle sue occupazioni ordiniamo la terza delle cinque bottiglie di vino che berremo in quella cena … Mangiata memorabile !!
E’ tardi e torniamo all’albergo un po’ “storti” a causa del corposo Chardonnay e quando arriviamo mi fermo a fumare l’ultima sigaretta fuori, sulle seggiole del bar ormai chiuso mentre gli altri se ne vanno a dormire.
La poca luce che arriva dall’interno del bar si riflette sulla parabola spenta del vecchio Gs 1100 con il cambio rotto e, dall’angolazione in cui la vedo, mi sembra veramente una moto triste; è come se avesse capito il suo destino e provando un po’ di pena per lei, non posso fare a meno di alzarmi e fargli una carezza come per
coccolarla. Mentre ci salgo sopra penso a quanta strada abbia fatto e che in fondo il fatto di essere abbandonata nel mezzo del Sahara sia una degna fine per un mezzo del genere, meglio di altre che ho visto dimenticate nel fondo di qualche garage o peggio ancora perennemente parcheggiate davanti a qualche bar …
Ognuno ha il proprio destino e penso che questa regola si possa applicare anche alle cose ma, per quello che mi riguarda, ho qualche difficoltà a definire una moto come un oggetto inanimato ; sono troppe e troppo forti le emozioni che una moto ti può offrire nel corso di un viaggio e anche adesso che stò stringendo il manubrio mi sembra di sentire una leggera vibrazione, come se in qualche modo volesse comunicarmi qualche cosa .
E’ evidente che sono ancora sotto i fumi dell’alcol e decido che sia meglio andare a dormire ; mentre salgo le scale con un po’ di vertigine c’è un “ clic-clic” che ad ogni passo risuona nella mia testa e arrivato di fronte alla porta della camera resto ancora qualche secondo in esitazione mentre sento il sonoro russare del mio compagno.
Il “ Clic-clic ” nella testa stà assumendo una cadenza continua e di colpo capisco …. Scendo di corsa le scale rischiando di scivolare sui tappeti e uscendo mi catapulto sopra la sella della moto …
Ma come abbiamo fatto ad essere così stupidi, la soluzione del problema era sotto i nostri occhi e non ce ne siamo accorti ...
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Boxer Born complimentissimi per il magnifici viaggio, per come lo avete vissuto e per come ce lo stai facendo ri-vivere.
ps. se cercate compagni per viaggi futuri...passa una voce, non si sa mai... :)
ps ps Ora siamo ansiosi di scoprire che fine ha fatto il 1100
X Boxer:
Conviene mettere la "Y" visto la qualita' della benzina in Mauritania ?
Boxer Born
16-04-2012, 08:53
@ -Nico-
Grazie per i complimenti -Nico-, per i viaggi futuri non ci sono problemi ; di solito faccio migliaia di chilometri per incontrare nuovi amici e non vedo perchè non si possa fare con un "vicino di casa". :)
Sono due anni che manco dalla Tunisia e ho proprio voglia di tornarci; se ti và teniamoci in contatto.
@ Zagor
La qualità della benzina in Mauritania è davvero scarsa; la "Y" di certo aiuterebbe ma non la ritengo indispensabile. Molto più utile è un filtro da frapporre tra tanica/distributore e il serbatoio in quanto in molte occasioni si è rivelata sporca e se pensi di dover correre sono utili anche gli addittivi per gli ottani.
Con quella benzina il motore rende un 30% in meno e si deve azionare il gas con dolcezza per non sentire la distribuzione urlare di dolore; ovviamente aumentano di molto anche i consumi e quindi diventano indispensabili le taniche supplementari; almeno dieci litri e dovrai aver cura di tenere le taniche sempre piene.
Fosse anche per un litro ma alla prima occasione fai in modo di essere sempre pieno perchè più avanti non sai se ne troverai ancora in quanto, e succede spesso, il prossimo distributore potrebbe averla terminata e quando sarai lì, anche la tua scorta sarà quasi finita e sarai costretto ad aspettare anche per due giorni.
Ricordati però che anche questo è il bello del viaggio ... ;)
Ottimi consigli, grazie :D
Boxer Born
17-04-2012, 15:52
Ma come abbiamo fatto ad essere così stupidi, la soluzione del problema era sotto i nostri occhi e non ce ne siamo accorti ...
Con il piede aziono la leva del cambio che risponde con un normale “ Clic-clic ” . Se fosse stata la rottura del cambio la leva non avrebbe di certo azionato tutti i rapporti eppure la ruota continua ad essere bloccata …
1ª … folle, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª, … ripeto l’operazione ma questa volta la eseguo con la mano e accostando l’orecchio vedo nella mia mente il selettore che sposta dolcemente
l’ingranaggio nel rapporto successivo.
Non può essere che così … La ruota è bloccata ma non è il cambio come invece avevamo sempre creduto ; potrebbe essere anche la coppia conica che trasmette il movimento dalla trasmissione alla ruota ma in ogni caso, avendo i pezzi a disposizione, saremo in grado di ripararla noi stessi ...
Lancio un urlo di gioia, bacio il serbatoio del Gs e corro di sopra per avvisare il mio compagno della novità ; entro in camera come un ciclone facendolo saltare seduto sul letto mentre lo metto al corrente della scoperta.
Mi chiede se sono sicuro di quello che stò dicendo e dopo avergli dato conferma guarda l’orologio …
Domani è sabato e il nostro concessionario in Italia è aperto solo il mattino … Abbiamo l’attrezzatura necessaria per fare una verifica? Facciamo un veloce elenco dell’attrezzatura e a parte una chiave a brugola di grosse dimensioni dovremmo avere quasi tutto il necessario. Guarda di nuovo l’orologio e visto che è da un po’ passata la mezzanotte decidiamo che è inutile mettersi all’opera con il buio; se ci sbrighiamo domani alle nove o al massimo alle dieci, avremo un quadro chiaro della situazione e potremo così chiamare il nostro meccanico per farci spedire ciò che ci serve … Quanto tempo ci vorrà per farci arrivare il materiale via aerea ? Conosci uno spedizioniere che si possa occupare della faccenda ? Troppe domande ; ne parliamo domattina mentre lavoreremo sulla moto … Adesso è dura mettersi a dormire.
Dopo colazione siamo di nuovo in semicerchio davanti alla moto che ora ci guarda con aria sospettosa avendo capito che gli stà per accadere qualcosa di molto brutto ; senza farmi accorgere dagli altri la tranquillizzo accarezzando la sella.
Cominciamo? ... In men che non si dica raggruppiamo sul pavimento tutta l’attrezzatura che abbiamo a disposizione e devo dire che c’è un po’ di tutto, compreso guanti da lavoro, grasso e WD 40, fascette di varie misure e una nutrita schiera di chiavi varie anche se comunque ci manca qualche misura e mentre qualcuno si occupa di smontare la pinza freno posteriore, il parafango e la ruota sono già smontati.
Manca la 14, dove la troviamo ? Ne occorrono due per smontare l’ammortizzatore e decidiamo di andarle a comperare in città, vicino alla banca dove abbiamo cambiato la valuta, ti ricordi? …
E se andassimo a prenderle da un meccanico ?
In questa fase è inutile coinvolgere qualcuno in un lavoro che non ha probabilmente mai fatto; vediamo prima di che cosa si tratta e rimediamo queste chiavi che tanto costano due lire … chi và?
Mi occupo delle chiavi e parto con la consapevolezza di non ricordarmi assolutamente dove fosse quella ferramenta così ben fornita ; vagamente mi ricordo che si trovava vicino all’uscita della città sulla strada che arriva al porto e così mi dirigo all’incrocio che raccorda la strada costiera degli alberghi con il viale principale della città ma poco prima di arrivarci trovo la strada allagata a causa di una tubatura dell’acqua che deve essere scoppiata perchè da una grossa voragine nell’asfalto esce un fiume d’acqua e gli operai che se ne stanno occupando deviano tutto il traffico nella zona interna e mi trovo a cercare l’uscita in un intrico di viuzze.
Gli alti marciapiedi fanno da sponda e per diverse centinaia di metri cammino su trenta centimetri d’acqua e in breve sono completamente bagnato fino alle ginocchia.
Comincio a sudare e non soltanto per il caldo ;quando mi fermo davanti a qualche bazar per vedere se hanno quello che mi occorre, l’odore che sale dai miei jeans bagnati è ributtante e penso alla boccetta di disinfettante che ho nella mia farmacia : la sacrificherò per lavarmi .
In questi bazar c’è un po’ di tutto e quindi anche qualche chiave del tipo usa e getta ma sembra che la 14 sia introvabile ; per quanto mi abbiano spiegato dettagliatamente dove dirigermi, perdo continuamente la strada ma alla fine ritrovo quella benedetta ferramenta , acquisto le chiavi e torno indietro.
Ora c’è parecchio traffico, si procede molto lentamente e il tipo che mi stà a venti centimetri dalla targa comincia ad innervosirmi mentre dallo specchietto vedo che anche lui è molto nervoso e sembra avere una fretta terribile ; in un momento di tira e molla del traffico prendiamo velocità ma la fila si blocca repentinamente perché un bambino ha attraversato la strada e dietro di me sento lo stridio delle gomme che mi gela il sangue e mi fa stringere gli occhi.
Mi giro e il suo paraurti è a tre centimetri dalla mia ruota posteriore mentre lo sento urlare dentro la macchina ;questo cretino finirà per farmi cadere e cercando di essere pacato, gli faccio un cenno per dirgli di stare più attento ma quello, una volta ripartiti continua a starmi francobollato.
Non riesco a sorpassare chi mi precede e i marciapiedi sono gremiti di cose e persone rendendo impossibile sottrarmi agli assalti di quel cretino che ora ce l’ha manifestamente con me. Siamo di nuovo sul tratto allagato e dopo una brusca frenata della fila, riesco a malapena a non tamponare chi mi precede infilandomi di misura in mezzo lasciando tra chi mi precedeva e il cretino una motoretta guidata da un poliziotto che immancabilmente viene travolto e rimane accartocciato tra la macchina e la fila di quelle parcheggiate.
La fila riparte e il tipo non ci pensa nemmeno a fermarsi per vedere cosa sia successo al poliziotto e a questo punto decido di fargliela pagare ; senza pensarci un attimo intraverso la moto sul centro della carreggiata e il vantaggio che ho preso nel parapiglia dell’incidente mi permette di fare in tempo a scendere. Il cretino arriva a tutta velocità e mentre le gomme stridono di nuovo mi pento di essermi ficcato in questa situazione.
Con il dito gli indico il punto dell’incidente e quello con mezzo busto fuori dal finestrino inizia a urlare come un pazzo furioso ; ce ne diciamo di tutti i colori ma per fortuna arriva zoppicando il poliziotto investito che trascina fuori il cretino per un orecchio senza aprire lo sportello ...
Come mai ci hai messo tanto? E cos’è sta puzza!?
Non dico niente e comincio a lavorare con le chiavi sull’ammortizzatore.
Smontiamo il mozzo posteriore che sfilato dal mille-righe dell’albero di trasmissione ruota senza sforzo …
La coppia conica è in ordine e … quasi me ne dispiaccio ; lo snodo della crociera si muove agevolmente ma l’albero continua ad essere bloccato. Accidenti, non c’è niente da fare, è proprio il cambio ad essere rotto .
Scuotendo il forcellone esce un tritume metallico che non fa presagire a nulla di buono e ci stiamo per arrendere quando, analizzando il tritume, ci accorgiamo che si tratta di alluminio ; l’albero è in lega d’acciaio e l’alluminio non può che provenire dalla scocca del forcellone che lo riveste. Smontiamo la cuffia e rimuoviamo il pezzo scoprendo dov’è il problema : la crociera superiore si è parzialmente spezzata e girando
disordinatamente all’interno della scocca, ha spezzato i due perni accentratori triturando l’alluminio ; per questo la ruota non si è bloccata fino a che non si è fermato!
Telefoniamo subito in Italia al nostro meccanico e nel frattempo cerchiamo di sganciare l’albero ma non ne vuole sapere ; la parte superiore della crociera è saldamente ancorata all’albero primario in uscita dal cambio.
Proviamo a fare leva con un grosso cacciavite ma rischiamo di rompere il basamento del motore che in quel punto è in tenero alluminio e adesso ci serve urgentemente un martello, un robusto punteruolo e un estrattore ma il problema sarà trovarlo di piccole dimensioni.
Interpelliamo Saad, il proprietario dell’albergo che si mette subito a disposizione telefonando ad una officina che lui conosce … Passa più di un’ora e arriva un ragazzino con una motoretta senza niente in mano …
Per fortuna giungono buone notizie dall’Italia ; il meccanico ha già trovato tutti i pezzi di ricambio anche seancora non sa come spedirli .
Rimandiamo indietro il ragazzino dopo avergli spiegato che cosa ci occorre e passano ancora 40 minuti … torna con un punteruolo inutilizzabile e senza estrattore …
Dopo aver provato inutilmente dice che oramai è ora di pranzo ( sono le 11.15 !! ) e sarebbe tornato più tardi … Più tardi !? Quanto più tardi ??!
Nel frattempo Saad ci tira per la manica perché il suo conoscente alla dogana vuol sapere cosa ne facciamo della moto … Tra poco smonta dal servizio e dopo, fino a lunedì … Uffaaaa! Gli dica che ripariamo la moto e che provvederemo a fargli avere una bottiglia di vino … Beve il vino? … Si, si lo beve …
Ora ricominciamo a lavorare di telefono e riusciamo a trovare il corriere e facciamo in tempo a comunicare l’indirizzo preciso al nostro meccanico che dovrà necessariamente eseguire la spedizione prima che il corriere chiuda altrimenti perderemo altri due giorni e l’appuntamento con la Ikarus Palace a Tanger Med si avvicina ...
Un’altra scheda telefonica è terminata e così, non potendo fare altro, mettiamo un po’ d’ordine e decidiamo di andare a comperare la ricarica e già che ci siamo a mangiare.
E’ un tipico ristorante marocchino e il piatto principale è costituito da pesce fritto che da una teca in vetro posta a ridosso dell’ingresso fa bella mostra di sé. L’aspetto e il profumo sono invitanti e notiamo che all’interno vi stanno mangiando diversi operai edili e in tutto il mondo, questa è la miglior garanzia che in un posto si possa mangiare bene. Il capo del locale è un tipo tanto cordiale con i clienti quanto burbero fino a sfiorare la cattiveria con gli inservienti ; gira continuamente tra i tavoli e impartisce ordini secchi ai garzoni che lavorano freneticamente nel servizio non disdegnando di urlargli sul collo quando questi non sono sufficientemente veloci poi, rivolge ai clienti del tavolo uno splendido sorriso e con tono mieloso chiede se và tutto bene e se il cibo è di loro gradimento … Gli stronzi sono stronzi in tutto il mondo.
Il locale è pieno ma il ricambio della clientela è veramente veloce e così si libera un tavolo che occupiamo per metà mentre i garzoni provvedono a sgomberarlo con il capo che continuamente li pungola alle costole ; è proprio insopportabile!
Il locale è veramente lercio ; ormai non ci facciamo più caso e inoltre abbiamo altre cose a cui pensare ma,
per rispetto del mio stomaco, evito di mangiare l’insalata che ha un aspetto trito e sembra che i virus intestinali che la infestano si possano vedere ad occhio nudo. Poco dopo il tavolo si riempie con una comitiva di europei e dopo un fugace saluto in francese continuiamo nella nostra discussione inerente ai nostri problemi e in un
momento di pausa, ascoltando distrattamente i nostri compagni di tavolo, mi rendo conto che sono Italiani.
Camperisti; partiti da Vercelli e arrivati fin quaggiù completamente via terra se si esclude lo stretto di Gibilterra.
Gente molto simpatica e ci offrono una bottiglia di vino che tenevano nascosta sotto il tavolo in quanto nel locale è proibito ; sulle prime rifiutiamo il prezioso liquido color paglierino ma poi, dopo che ci hanno detto di averne stipati almeno 2oo litri in un contenitore d’acciaio sotto il camper, brindiamo allegramente alla loro salute.
Sono di una certa età ma lo spirito e l’allegria sono quelli dei ragazzini ed è buffo sentirli lamentarsi perchéi propri figli gli stanno addosso preoccupati per il fatto che stanno lontano da casa per troppo tempo e per di più da quei selvaggi ; cosa ci troverete di tanto bello laggiù !!?
Si fermano in zona per circa tre mesi e sono accampati nei pressi del posto di blocco della Gendarmerie a 35 chilometri dalla città; vengono a Dakhla un paio di volte a settimana a fare provviste e si fermano sempre a mangiare in questo locale dove un abbondante pranzo completo a base di pesce costa al massimo sei euro.
Domani è domenica e non potendo fare altro che aspettare, gli prometto che andrò a fargli visita ...
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Boxer Born
19-04-2012, 22:04
Domani è domenica e non potendo fare altro che aspettare, gli prometto che andrò a fargli visita ...
Usciamo dal ristorante e torniamo verso l’albergo mentre dall’Italia ci comunicano che il materiale è stato consegnato ma non c’è la certezza che il corriere riesca a portarlo in tempo all’aeroporto di Milano ; domani è domenica ed essendo un giorno festivo non potranno eseguire la consegna.
Al più tardi questo avverrà lunedì mattina e posto che il materiale parta alla sera, martedì mattina sarà a Casablanca e supponiamo che al massimo entro mercoledì sia a Dakhla ; un paio d’ore per rimontare il tutto magari fosse in piena notte e cosi potremmo ripartire con tranquillità giovedì avendo ancora diversi giorni a disposizione per tornare all’imbarco di Tangeri.
Se tutto và come deve andare, ci è andata proprio di lusso … Ma in questi casi la sorte è birichina e in quel momento non potevamo nemmeno supporre tutto quello che stava per caderci addosso …
Sono ormai le tre del pomeriggio e del ragazzino-meccanico neanche l’ombra ; non abbiamo più tanta fretta dopo i calcoli che abbiamo fatto ma nonostante ciò, il fatto di non aver finito di smontare la moto ci rende inquieti.
Arriva dopo un’ora e questa volta è in compagnia di un altro ragazzo poco più grande di lui ma nel complesso nemmeno messi insieme ci ispirano tanta fiducia. Portano un sacchetto di plastica con dentro un po’ di attrezzatura e a giudicare dal genere, sembrano attrezzi da ciclista e questo non fà che aumentare la nostra preoccupazione mentre li trafiggiamo con lo sguardo ; loro fingono di non accorgersene ma noto che il nostro atteggiamento li rende nervosi.
Per la paura che ci combinino qualche guaio gli stiamo troppo addosso e per quanto insistiamo, non siamo capaci di togliergli gli attrezzi dalle mani ; nemmeno dopo averli assicurati che avrebbero comunque avuto i loro soldi.
Si tratta di far saltare, con martello e punteruolo, i coperchietti metallici che proteggono gli snodi ai lati della crociera che essendo montata sull’albero primario in uscita dal cambio si trova in un posto molto, troppo delicato ; ci vogliono un paio di colpi secchi e ben assestati : il primo lo piega, il secondo lo scardina altrimenti si rischia di torcere l’albero o sballare il cuscinetto …
Insistiamo ancora per poterlo fare noi ma non c’è niente da fare ; ormai sono tutti e due rannicchiati sotto la moto e li abbiamo messi così tanto sotto pressione che gli tremano le mani …
Non oso guardare mentre parte il primo, timido colpo che non sortisce nessun effetto ; il punteruolo è indecente e il martello è troppo leggero … Parte il secondo colpo e al terzo, impresso con più vigore, il punteruolo sfugge e schizza via attraversando la strada … Non so più come fare a trattenere il mio compagno che se avesse i capelli se li sarebbe certamente strappati ; quattro colpi, e tutti dallo stesso lato non hanno
nemmeno scalfito la borchietta e a questo punto gli togliamo gli attrezzi di mano.
Ci vuole un martello più grande capisci? ... PIU’ PESANTE !!
Psicologicamente distrutti e coperti di sudore nervoso i due inforcano mogi mogi la motoretta e spariscono in fondo al viale portandosi via gli attrezzi.
Questi non tornano più qualcuno dice a bassa voce …
Andiamo a prenderci un tè.
E invece dopo mezz’ora tornano !!! Sono felici e sorridenti mentre sfoggiano un punteruolo ben appuntito e un martello della giusta dimensione ; in due minuti smontano la crociera attaccata alla trasmissione.
Ora rimane la parte di crociera attaccata al cambio e serve l’estrattore … è talmente vecchio e consumato che le lamelle di aggancio sono rotonde ed inoltre risulta essere un po’ troppo grosso. Provano e riprovano ma non c’è modo di agganciare il pezzo, non c’è spazio e quando ci riescono, l’attrezzo consumato sfugge e addirittura si spezza definitivamente una delle due lamelle : ripartono …
Ridiamo di gusto quando la nostra compagna di viaggio dice sommessamente che ha provato meno tensione il giorno che ha messo al mondo la figlia.
Tornano per l’ennesima volta con un altro estrattore che comunque è sempre troppo grosso ma dopo averlo smontato e rimontato con le lamelle chiuse sul pezzo riescono a sfilarlo e sia noi che i due meccanici tiriamo un profondo e liberatorio sospiro di sollievo ; festeggiamo con un altro tè alla menta.
Secondo me ci vedono come pazzi ; noi europei siamo tanto precisi quanto nervosi, dobbiamo avere tutto sotto controllo ed ogni mossa è strettamente legata a quella successiva. Loro invece sono abituati alle mille traversie della vita e di fronte a un problema non si scompongono mai ; lasciano passare il giusto tempo nell’attesa che il caso o un’idea estemporanea gli risolva la situazione.
Si cimentano tranquillamente in qualsiasi cosa con un approccio tranquillo con la consapevolezza di avere a disposizione tutto il tempo del mondo e tutto è permeato da un estremo fatalismo : Inshialla.
Per fortuna sarà tutto molto più semplice per rimontare i pezzi nuovi e non ci sarà bisogno di nessun attrezzo particolare e quindi, faremo da soli.
Complice la coppa d’Africa, sembra che in televisione si possano vedere soltanto partite di calcio ma in questo momento nel bar non c’è nessuno e mi fà un certo effetto guardare la tivù dopo tanti giorni. Forti del possesso del telecomando cerchiamo un canale Italiano ma siamo ancora troppo lontani ; qualche canale del digitale terrestre Italiano arriva al massimo fino a Guelmin, circa 1ooo chilometri più a nord ma qui a Dakhla ci sono diversi canali in lingua francese anche se di emittenti africane e per quanto le notizie dall’Europa sono scarse, vengono comunque trasmesse in maggior quantità rispetto a quelle che riceviamo noi dall’Africa.
Di prettamente europeo ci sono però i canali spagnoli che stranamente, sembrano essere informatissimi su tutte le vicende politiche ed economiche riguardanti l’Italia . Dopo aver visto qualche Tg news su diversi canali spagnoli, risulta chiaro che stanno rosicando nei nostri confronti e, nonostante le risibili vicende politiche che stanno ammorbando l’Italia in questo momento, è lampante che fanno di tutto per metterci in cattiva luce ; proprio non ce la fanno ad essere considerati una decina di passi dietro di noi nei confronti dell’Europa.
Grandi e scure nuvole nere si stanno addensando sulle nostre teste e la crisi, quella vera, stà arrivando …
Vedremo quando saremo tornati ; qui intanto ci sono 29° e il sole splende tutto il giorno: all’inferno tutto il resto.
Proprio per la favolosa situazione meteorologica della quale stiamo godendo, ci balza all’occhio la previsione che stanno trasmettendo per la Spagna nelle prossime 48 ore ; temperature polari e neve a volontà fino al sud della Spagna e questo è davvero singolare. Nella carta televisiva non si vede ma da come sono disposte le
isobare, sembra proprio che questa perturbazione anomala in arrivo dal Circolo Polare Artico sia diretta verso sud-est e quindi in Italia.
Ragione in più per godere il più possibile di questo clima ; mi è bastato quella sera che siamo arrivati qui a Dakhla e adesso non voglio proprio pensare al freddo che probabilmente troveremo quando sbarcheremo in Italia ...
Uppo un po' il 3D cosi' se Boxer lo vede si ricorda di continuare il racconto.....:):)
Boxer Born
27-04-2012, 08:52
Si Corry, lo sò
ma ultimamente sono impegnato a difendermi da questa italietta di m...
Devo rimettere insieme i ricordi ma prometto che lo porterò a termine.
Complimenti per la passione e per il tempo che avete a disposizione per coltivarla!!
Boxer Born
05-05-2012, 19:44
… adesso non voglio proprio pensare al freddo che troveremo quando sbarcheremo in Italia.
Oggi è domenica e ce la prendiamo comoda; in teoria la questione dovrebbe essere risolta e si tratta solamente di aspettare ma stranamente, dai miei compagni non giunge nessuna proposta e sembra che nessuno abbia voglia di spostarsi nemmeno per un breve giretto nel deserto subito fuori Dakhla.
E’ come se avessimo paura che possa accadere qualcos’altro alle nostre moto ed effettivamente, guardo con preoccupazione la mia gomma posteriore che dopo 8ooo km è abbondantemente sopra la metà del consumo considerando che gli ultimi 3ooo
chilometri li dovrò percorrere con un passeggero.
Ma c’è un’altra cosa che non mi fà stare tranquillo : l’ammortizzatore posteriore è ormai arrivato a fine vita e negli ultimi giorni di viaggio, ho dovuto serrare al massimo la ghiera del pre-carico molla.
Così facendo ho ripristinato in parte la funzione ammortizzante anche se adesso la moto risulta un po’ “legnosa” ; ora come si comporterà con altri cento chili dei peso? La gomma riuscirà a portarci a casa in previsione dell’esponenziale maggior consumo?
Mi torna in mente la guida aggressiva che ho sostenuto sui 160 km di pista pietrosa da Atar a Chinguettì e se da un lato quasi me ne pento, dall’altro penso che ripartirei anche in questo istante per ripetere quell’incredibile ed emozionante esperienza ...
Tengo per me questi pensieri e dopo colazione, partiamo a piedi facendo una lunga passeggiata per la città.
Nell’interminabile sequenza di negozi che a metà mattinata stà aprendo i battenti, c’è tutto il necessario per poter vivere in questo posto e pensandoci bene, non potrebbe essere diversamente in quanto sia a nord che a sud che a est non c’è nient’altro che deserto per 5oo chilometri e per fortuna Dakhla dispone sia del porto che
dell’Aeroporto per cui l’approvvigionamento di merci risulta piuttosto semplice e completo.
Purtroppo è triste constatare come la globalizzazione abbia già raggiunto anche questo posto remoto e i negozi espongono pressoché tutti la stessa merce che ormai si trova in qualunque altro posto del mondo ;
che sia in un asettico centro commerciale di New York, che negli antichi e colorati Souk del continente asiatico o sotto una tenda strappata dal vento africano, la scarpa Nike è sempre la stessa e l’unica differenza è la veemenza con il quale il venditore cerca di piazzare la sua merce ed ovviamente, il prezzo.
Se ci si sofferma un attimo a confrontare i loro prezzi con i nostri, ci si rimane veramente male e si finisce per provare un profondo senso di frustrazione quando ci si rende conto di quanto nel vecchio continente si approfittino delle nostre debolezze, vizi ed abitudini ; per quale motivo il famoso Black Berry di ultima generazione costa in questo luogo duecento euro?
Senza tener conto poi che il prezzo lascia un discreto margine alla trattativa!
Dopo venti minuti di confronti in molte categorie merceologiche con prodotti identici ai nostri, si è costretti a desistere e si comincia a masticare livore nei confronti del nostro sistema di vita completamente sbilanciato verso il consumismo sfrenato ; non si può fare a meno di osservare che nonostante la globalizzazione da queste parti è ancora l’uomo ad essere al primo posto e il denaro il possesso e l’agiatezza, passano in secondo piano anche se la televisione si prodiga ad inculcare modelli comportamentali che stridono con la semplicità della gente del posto .
Dispiace per il fatto che non si trovi quasi più il tipico artigianato africano ; le rare eccezioni sono sovrastate dall’artigianato industriale Made in China ma se si ha pazienza e se ci si arma di curiosità, si può ancora trovare in fondo a qualche vicolo l’omino che intaglia piatti e ciotole da una grossa radice proveniente chissà da dove, oppure la donna che con gesti sapienti intreccia corde e cesti di paglia o ancora, il ragazzo che ricicla vecchie latte di vernice per ricavarne dei fornelli a carbone che ancora la quasi totalità della popolazione usa tutti i giorni per la cucina.
In questi semplici oggetti non c’è nulla di eccezionale ma il valore aggiunto è che sono destinati all’uso quotidiano e non a una semplice rievocazione dell’artigianato di un tempo che fu o il modo di vendere qualcosa al turista di passaggio ; semplicemente vengono fatti perchè li usano.
Nonostante ormai ci si vesta con gli stessi jeans e le stesse scarpe, rimane in fondo quella sottile trama che ci distingue profondamente e mi piace pensare che gli stessi vestiti e le simili abitudini siano un mezzo per superare l’atavica diffidenza di due mondi che si incontrano ; la loro inclinazione al rapporto umano rende tutto molto semplice e se a volte esistono dei problemi, sono generalmente creati da noi stessi che non riusciamo ad entrare nella loro mentalità.
Credo di non aver mai camminato tanto in un viaggio come in questi giorni passati a Dakhla ; proporzionalmente si può dire che ho percorso tanta strada a piedi quanta in moto ed è per questo che rientrando all’albergo nel primo pomeriggio, decido di farmi un giretto in moto fino all’accampamento dei camperisti, giusto per riequilibrare le proporzioni.
Parto da solo in quanto gli altri si concedono una pennichella e così imbocco il viale principale in direzione nord e arrivato sotto l’arco di ingresso alla città incontro un posto di blocco della gendarmeria che comunque non mi ferma e mi appresto a risalire la penisola fino al congiungimento con il continente dove appunto si trova la zona di sosta dei camperisti.
Il cielo è di uno strano colore grigio acciaio e non v’è il minimo segno di sfumatura mentre l’aria è stranamente immobile ; usciti dalla città ci si ritrova in mezzo al niente con il rettilineo asfaltato e ai lati soltanto sabbia.
Sulla mia destra a meno di 2oo metri c’è il mare e la sabbia sembra ben battuta ed invoglia ad abbandonare l’asfalto per avventurarsi nelle innumerevoli piste ma ci metto un po’ a prendere la decisione; sono a trenta chilometri dalla città e sono solo, penso che anche una banalissima caduta potrebbe diventare un problema serio e mi fermo un paio di volte indeciso sul da farsi.
Il telefono ha ancora campo … il percorso non sembra tanto accidentato ,,, andrò piano e con molta attenzione …
Dopo due minuti mi trovo a scorrazzare a tutto gas su quella distesa di sabbia dorata e quasi mi commuovo per la felicità ; l’unico rammarico è di non poter condividere con nessuno questo momento di intensa felicità, questo senso di assoluta libertà e questo paesaggio a dir poco stupendo con il cielo spento che si confonde con il mare. Respiro a pieni polmoni l’aria purissima e ho dei fremiti di piacere mentre guardo dagli specchietti i getti di sabbia che si alzano per almeno tre metri … fino a quando non capito con le ruote nel fesh-fesh dove la moto quasi si pianta e rischio di essere catapultato in avanti.
Torno immediatamente in questo mondo e mi rimprovero per essermi preso questo inutile rischio ; mentre procedo con una andatura più consona alla situazione il mio cuore canta felice e penso che non ho mai provato una sensazione simile prima d’ora.
L’erosione della costa ha creato una specie di isolotto largo una decina di metri di diametro collegato da un breve e stretto istmo, al centro dello spiazzo svetta una balise che delimitava il bordo di una vecchia pista ; non posso fare a meno di fermarmi e da lì sopra, seduto sopra la pietra bianca, mi godo questo bellissimo momento mentre osservo degli uccelli che in picchiata si tuffano in acqua come se fossero frecce per poi riemergere poco dopo con dei piccoli pesci che trangugiano in volo …
Rashid mi accoglie all’ingresso dello spiazzo dei camperisti e prima che possa aprire bocca mi saluta e comincia a parlarmi in un italiano stentato ma comprensibile. Rimango stupito e mi chiedo come abbia fatto a capire la mia provenienza ; probabilmente lo avrà dedotto dagli adesivi sulla moto ma non ci giurerei in quanto ero ancora abbastanza lontano quando ha esordito con un allegro << Bevennuto Italliano!! >>.
Fiero della sua origine Saharawi, Rashid mi spiega che questo posto è molto sicuro ; prima di lui suo padre e ancora prima suo nonno hanno sempre fatto i guardiani e tuttofare dell’accampamento che per tutto l’anno ospita i camper provenienti da mezza Europa.
L’ingresso è libero e l’area è messa a disposizione dall’amministrazione di Dakhla che ha provveduto a lastricare in cemento un’ampia area per agevolare la sosta dei camper.
Il sito è situato sul golfo che congiunge la penisola con il continente ed è protetto a sinistra da una formazione di arenaria mista a sabbia alta una ventina di metri che protegge l’accampamento dalle incursioni del vento proveniente da est. In fondo allo spiazzo bitumato, sul limitare della ampia spiaggia che costeggia l’accampamento anche sulla destra, c’è un muretto con una ringhiera di colonnine in cemento che conferisce un aspetto irreale e la vista che si gode da questo posto è stupenda.
Entro nel viale delimitato dai camper e arrivo fino in fondo a ridosso della ringhiera con le colonnine in cemento, spengo il motore e mi guardo intorno ; ad occhio e croce ci saranno un centinaio di camper e tutto intorno ci sono gruppetti di persone intente a
chiacchierare allegramente in piedi o seduti su comode sedie a sdraio davanti a tavoli di plastica pieni di caraffe ghiacciate e bottiglie di birra svuotate. Mentre mi tolgo il casco sento urlare alle mie spalle : Italiano?
Ancora prima di girarmi rispondo con lo stesso tono << Brava gente!! >> provocando la già accesa ilarità delle persone che si stanno avvicinando.
Il gruppetto di allegri italiani è formato da una decina di persone e nel giro di cinque minuti spuntano dal nulla dei bicchieri e un bottiglione di vino bianco ghiacciato che svanisce altrettanto velocemente come è arrivato. << … ah ma ne abbiamo ancora … sotto il camper abbiamo serbatoi in acciaio … abbiamo calcolato che tra tutti gli italiani presenti ce ne sarà più di mille litri … anche i tedeschi vengono da noi e lo scambiamo con il pesce … >>.
In questo luogo dove il Sahara si tuffa nel mare vive questa comunità di persone in pace ed armonia ; molti di loro vengono qui a svernare e con i soldi risparmiati dalle bollette a casa nostra, restano qui agevolmente per tre mesi. Quelli con i camper più grandi si sono portati dei quad che usano per andare a pescare in un posto molto pescoso a circa 20 km da qui e infatti sulla spiaggia ci sono diversi barbecue ed alcuni hanno la brace accesa perché si mangia a tutte le ore ; di volta in volta che torna qualcuno dalle battute di pesca c’è sempre qualcun’altro disponibile a cuocerli e non importa se colui che ha pescato non ne assaggerà nemmeno un po’ ; tanto tra poco ne arriverà ancora e se gli và, potrà mangiare a suo piacimento.
Come tutti i camperisti non si fanno mancare di nulla ; posseggono tutti i confort possibili che si scambiano tra di loro con vero spirito di amicizia e sono proprio ben organizzati. Hanno legato assieme una decina di gazebo portatili trasformandolo nel loro salone delle feste e quando scende la notte questo viene illuminato da una moltitudine di gruppi elettrogeni posizionati a distanza dentro una baracca costruita da Rashid.
Resto parecchio tempo insieme a loro a chiacchierare e gli offro le mie sigarette italiane che vengono accettate con molto piacere dai fumatori ; ancora un bicchiere di bianco e decido di tornare ...
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Mi sta venendo il mal d'Africa senza esserci ancora stato.....
Ti seguo con interesse.
yellowblu
16-05-2012, 14:00
...anche altri lo seguono con interesse,ma ormai siamo ad una puntata al mese
Boxer Born
18-05-2012, 00:02
... ancora un bicchiere di bianco e decido di tornare ...
All’uscita dell’accampamento c’è il secondo posto di blocco fisso, quello della Gendarmerie e uno dei cinque militari mi fa cenno di accostare. Mi tolgo il casco e stò pensando che non mi sono portato le “fiches” e impreco al solo pensiero di dover scrivere tutta quella serie di dati riguardanti le mie generalità, quelle della moto, provenienza , destinazione, frontiera di entrata e di uscita prevista, ecc. ecc …
Per fortuna il militare mi ha fermato solo spinto dalla curiosità e dopo avermi chiesto quale fosse il mio alloggio a Dakhla, inizia a chiacchierare amabilmente tanto che dopo in po’, scendo dalla moto e ci sediamo su delle vecchie seggiole sgangherate a ridosso della fatiscente baracca che funge da corpo di guardia.
Fà un sacco di domande sul nostro viaggio ed è molto curioso riguardo al Senegal, paese nel quale non è mai stato e confessa di essere stato una sola volta in Mauritania in occasione di una visita a certi parenti agricoltori in un piccolo villaggio che comunque si trova ad un centinaio di chilometri dal confine e quindi a suo dire piuttosto vicino da qua. Per l’ennesima volta mi stupisco di come la loro concezione di distanza e di tempo sia enormemente diversa dalla nostra ; 6oo km per loro sono un breve spostamento come pure è breve un giorno e mezzo per eseguirlo.
Stranamente non fa alcuna domanda sull’Italia o più in generale sull’Europa e sembra molto più interessato ad avere notizie su Nouakchott e sulla lontana Dakar e rimane stupito quando gli racconto che in questi giorni molti giovani stanno organizzando manifestazioni di protesta nei confronti del loro capo di stato e non si capacita del fatto che tutto questo gli venga permesso …
In un paese come il Marocco dove è preponderante la legge militare , è normale che questi giovani facciano riferimento ai fatti che hanno sconvolto il nord Africa nella recente “Primavera Araba”, dove tutti i moti insurrezionalisti della popolazione sono stati soffocati più o meno nel sangue e non hanno ben chiaro come in Senegal che pure di fatto regge su di un regime anche se velato da componenti più democratiche, sia possibile poter esprimere la propria opinione in modo massivo senza pesanti conseguenze.
Si stà alzando un vento freddo e la sabbia inizia a turbinare sullo sfondo del cielo, del mare e delle dune che sembrano tutti dello stesso colore plumbeo, come se da un momento all’altro dovesse piovere ; il militare mi rassicura dicendo che da queste parti questo succede al massimo quattro volte all’anno e oggi non è certo uno di quei giorni anche se ultimamente il tempo è strano e la temperatura di 28° è particolarmente bassa pur essendo a fine gennaio.
Quando si pensa all’Africa la prima cosa che viene in mente è la sua aridità e la sua perenne mancanza d’acqua e con curiosità gli domando come avviene
l’approvvigionamento del prezioso liquido.
Risponde che non hanno mai avuto problemi in quanto nel raggio di quindici chilometri dispongono di tre sorgenti naturali e ben cinque depositi di acqua fossile dalla capienza incalcolabile. Tutta l’acqua è sulfurea e sia quella dei depositi che quella delle sorgenti sgorga a 38° e questo un tempo era un grosso problema in quanto l’approvvigionamento di acqua potabile avveniva tramite una piccola sorgente nel cuore del deserto e la
mancanza di mezzi e la distanza rendevano la vita da queste parti molto precaria anche se Dakhla era ancora un piccolo villaggio di pescatori.
Trent’anni fa i primi potabilizzatori hanno reso fruibile questa enorme quantità d’acqua così a portata di mano e questo ha cambiato radicalmente la vita in questo luogo ; tra mille difficoltà date dal clima inospitale del deserto se pur mitigato dal mare, si sono potute avviare le prime coltivazioni orticole e oggi delle enormi serre
( fino a due chilometri per lato! ) riescono a sopperire al fabbisogno della città in continua espansione che ora dispone di un porto commerciale e di un aeroporto, rendendola di importanza strategica così come si trova nei pressi del confine anche se và rimarcata l’eccessiva militarizzazione.
Probabilmente, è un modo come un altro per impiegare una gran quantità di persone e di sicuro è il sistema del Marocco per continuare a occupare ingiustificatamente questo territorio ; a volte noi europei abbiamo difficoltà a capire il motivo per cui si siano dovute combattere delle guerre per contendersi enormi territori di polvere e sassi.
Certo, oggi si estraggono fosfati e una incredibile altra quantità di minerali ma allora le contese avvenivano tra potenti sultani e una singola pozza d’acqua giustificava l’occupazione di migliaia di chilometri di territorio ma in questo caso, la guerra del Polisario, assume una connotazione particolare della quale la comunità internazionale non è priva di colpe e per la quale penso si debba vergognare.
Spesso ancora oggi quando si guarda la cartina del Nord-Africa il Marocco assume dimensioni più ampie del dovuto e nel migliore dei casi una linea tratteggiata ne divide la superficie in due grandi porzioni e la porzione a sud del tratteggio viene ancora chiamata col proprio nome, Sahara Occidentale, ma in molti casi compare anche la scritta “ proprietà del Marocco”. Eppure quel tratto di terra di cui pochi sanno poco, è uno stato indipendente riconosciuto dall’ONU ed è proprietà di nessun altro se non del suo popolo; i Saharawi.
Alla fine del colonialismo, quando Francia e Spagna dopo inenarrabile sfruttamento si ritirarono dal nord Africa, il Marocco sotto la guida di re Hassan II° pensò bene di occupare quel territorio abitato da una popolazione formata da piccole tribù nomadi. Con la promessa ai sudditi dell’affidamento di nuove terre intraprese quella che lui stesso chiamò “La Marcia Verde”, una marcia pacifica di occupazione ottenuta reclutando
35o.ooo marocchini che spinse a sud con la bandiera verde dell’Islam e una copia del Corano in mano ; di fatto si trattò di una vera e propria aggressione militare.
Oggi i Saharawi, antica tribù dalle origini Berbere, vive all’ombra del muro che divide il Sahara Occidentale, un muro lungo 2.400 km e alto cinque metri, un muro fatto di sabbia e mine eretto nel ‘91 quando si è raggiunto l’accordo per un cessate il fuoco che avrebbe dovuto portare ad un Referendum per sancire l’auto-determinazione del popolo Saharawi o l’integrazione con la monarchia Marocchina …
Sono passati vent’anni e ad oggi niente è stato fatto e i Saharawi continuano a rimanere divisi ; quelli che non sono riusciti a scappare nel ’74 continuano a subire l’umiliazione dell’occupazione mentre i 25o mila che sono riusciti a raggiungere l’Algeria scappando a piedi nel deserto sotto il fuoco dell’aviazione Marocchina, soffrono le privazioni del più inospitale dei deserti, l’Hammada, e nei pressi di Tindourf vivono rinchiusi in campi profughi di sabbia e tende lacerate con gli scarsi aiuti che la cieca e sorda comunità internazionale invia a seconda degli umori politici che nasconde spesso viscidi interessi economici di chi, con abilità, muove le pedine nello scacchiere internazionale.
Di questo e di tanto altro ancora ho parlato con il vecchio dottore brianzolo al rientro dalla mia escursione al campo dei camperisti. E’ seduto davanti al bar dell’albergo ed è assorto in chissà quali pensieri mentre scruta il mare al di là della strada oltre la passeggiata ben curata che nel tardo pomeriggio comincia ad animarsi di donne dai veli colorati e da bambini giocosi; sembra quasi non notarmi mentre con la moto gli passo davanti.
Parcheggio e mi tolgo il casco mentre lo osservo cercando di scacciare l’improvviso senso di rimorso per averlo un po’ bistrattato quando, il giorno prima, eravamo impegnati a smontare la trasmissione della moto e lui aveva una gran voglia di scherzare …
Ottantaquattro anni ben portati direi, un omone alto più di un metro e ottanta con profondi occhi da osservatore nonostante le spesse lenti che gli incorniciano l’ampio viso sormontato da un’enorme naso sformato dall’età.
A quest’ora il bar è deserto e vederlo così da solo, nel dedalo dei suoi ricordi chissà quanto lontani, mi fà quasi tenerezza ; mi viene in mente di non aver mai conosciuto i miei nonni scomparsi aimè quando ero ancora troppo piccolo. Conservo ancora strenuamente il ricordo sfocato della nonna materna che ho fissato nella mente in una notte dell’infanzia quando, nei momenti che precedono il sonno dei bambini , ho avuto per la prima volta la consapevolezza della morte.
Una donnina minuscola dai vispi occhi grigio-azzurro in un campo di grano assolato e sullo sfondo una enorme quercia ombrosa ...
Spinto da questo insolito sentimento tra il tenero e il malinconico continuo ad osservarlo mentre mi chiedo se quest’uomo possa acconsentire a diventare “mio nonno” per qualche minuto anche se sò che non potrei mai trovare il coraggio di confessarglielo.
Sto giocando con questo pensiero quando improvvisamente egli sembra percepirlo e si gira dalla mia parte :
<< Vieni … vieni … non disturbi, qui c’è poco da fare e troppo tempo per pensare … >>
Gli stringo la mano con intima gratitudine e cominciamo a chiacchierare sull’onda dei suoi ricordi ; come avevo capito si dimostra un attento osservatore con una profonda conoscenza data dall’esperienza di tanti anni di frequentazione del luogo. Mi parla della gente, dei luoghi e di come tutto sia profondamente mutato negli ultimi trent’ anni ; parla con disprezzo di questi invasori che a suo dire hanno imparato dall’ Europa soltanto ad essere ipocriti ed arrivisti. Ha molti amici di lunga data tra i Saharawi e quando assieme alla moglie veniva da queste parti già all’inizio degli anni ‘70 era spesso accolto in un villaggio di Berberi nei pressi de “La Duna Blanca” e con una risata ricorda ancora l’espressione di disgusto della moglie quando una sera, sotto la tenda furono costretti per questione di rispetto verso gli ospiti a cenare con una frittura di insetti nel grasso di cammello …
<< … Caro il mio … erano altri tempi … avevamo degli anticorpi grandi così, hi, hi, hi …>>
Gli chiedo della Duna Blanca e mi racconta che un tempo ci si arrivava dopo molte ore di Cammello ma a metà degli anni ottanta, quando iniziarono a circolare altri mezzi che non fossero esclusivamente militari, si era fatto amico una guida che lo portava con il fuoristrada a spasso nel deserto ; ora questa guida è passata a miglior vita ma in città c’è il giovane figlio che, oltre a gestire un negozio di articoli per i Kite-Surfer, nei tempi morti porta a spasso i turisti e a parte quella volta che si sono persi nel deserto per due giorni interi …
Prima che io possa fargli altre domande sul posto si alza in piedi di scatto e con un gesto ferma al volo un taxi, una vecchia duna scassata dalla portiera cigolante …
<< Vieni, te lo faccio conoscere … hi, hi, hi ...>> ...
barbablu
18-05-2012, 07:57
... tu hai la capacita di farmi entrare nella scena ......
Sono rimasto estasiato..
Grande Viaggiatore
Grande Narratore
Grande Uomo
Complimenti BB, spero di incontrarti on giorno da qualche parte..
.
fantastico, una narrazione esemplare! :!:
Ti ringrazio anche perchè così ti "ruberò" l'idea di fermarsi fuori Dakar, giusto giusto in quel piccolo paradiso gestito dalla Francese. :):D
Grazie,
bissio
Boxer Born
19-05-2012, 12:58
@ Bissio
Se ti occorre posso darti qualche riferimento più preciso circa "Le Bientennier" che per me è stato veramente un paradiso
assolutamente si, ti ringrazio. Quando sarà tempo mi farò sentire sicuramente. ;)
ciao ,
bissio
Up up.....
Boxeeeer:D:D:D
Ma non sarà mica finito così? Boxer Born, vogliamo l'epilogo!
Boxer Born
08-06-2012, 09:06
… << Vieni, te lo faccio conoscere … hi, hi, hi ...>> …
Il tassista non si fa tanti scrupoli e appena il vecchio è salito davanti, parte con me che sono ancora metà dentro e metà fuori ...
<< Ah ma ti devi sbrigare … queste teste di cazzo hanno imparato la fretta, tanto peggio per loro hi, hi, hi …>>. In effetti la guida del tassista è un po’ forsennata ma almeno la macchina frena.
Il taxi carica tutti quelli che incontra per strada, come se fosse un tram e la cosa buffa è che la gente sale anche per fare soltanto 4oo metri e prima di scendere fingono di mettere mano al portafogli e mi guardano con aria interrogativa come a dire: Ci pensi tu? Chiedo lumi al vecchio che dice che qui i taxi funzionano in modo particolare;
in pratica paga il primo che sale fino alla sua destinazione e le fermate intermedie sono una sorta di aiuto che i tassisti mettono a disposizione dei locali con forte spirito di solidarietà.
Rashid ; sembra che più della metà della popolazione maschile si chiami in questo modo e così non mi stupisco quando il figlio della vecchia guida si presenta. E’ un ragazzo magro, sui 30 anni e il suo viso ricorda più una sorta di Giamaicano ; parla un francese strano, mescolato piacevolmente con qualche parola in spagnolo, forse portoghese e se la cava bene con tutte le lingue tranne che con l’Italiano del quale, come tutti gli africani, conosce i classici : spaghetti, pizza e la canzone di Toto Cutugno “L’Italiano” che cantano stonando e storpiando le parole allegramente.
Non ho mai amato particolarmente questa canzone ma nei pochi posti del mondo in cui io sia stato, ho sempre conosciuto qualcuno disposto a cantarmela non sapendo che proprio questa canzone mi mette addosso un profondo senso di disagio.
Mi trovavo in viaggio in Albania e per una serie di eventi e incontri fortuiti mi trovai, mio malgrado, “coinvolto” in un matrimonio. Era il 2006, la questione degli sbarchi clandestini era ormai sdoganata e gli albanesi erano fieri di poter dire che lavoravano in Italia e ancor di più se potevano vantarsi di avere tra gli invitati del matrimonio un italiano. Entro nell’enorme salone del ristorante e l’impianto stereo, degno di uno stadio, attacca a tutto volume “ Lasciatemi canta-re-eee …” ; ero vestito male e anche ad igiene personale non stavo messo meglio (chi fà lunghi viaggi in moto sa cosa intendo), avevo pochi soldi e mi sentivo totalmente inadeguato a tutta quella situazione …
Per farla breve ogni cinque minuti e per diverse ore, tutti gli invitati si sono alzati in piedi brindando alla mia salute con la solita canzone a tutto volume ( ho odiato profondamente il DJ del pranzo nunziale ) e quasi ogni volta, su pressanti inviti dei miei nuovi amici, ero costretto a raggiungere il centro della sala ad ossequiare gli sposi e le relative famiglie ; dopo una decina di volte non sapevo veramente più cosa dire mentre il mio disagio cresceva a dismisura … Da quel giorno, ogni volta che sento la canzone di Toto Cutugno mi sento male.
Interrompo bruscamente il canto di Rashid che abbandona per un attimo quell’aria “perculante” e da dietro gli occhiali da vista dalle lenti marrone mi guarda con più attenzione e si fa serio.
<< Hi, hi, hi … bravo, non farti mettere sotto ...hi, hi, hi >>
Gli spiego la mia intenzione di assumerlo come guida per andare alla Duna Blanca e il suo viso si apre nuovamente in un sorriso ; mi chiede in quanti siamo e dice che non avrà problemi a reperire un fuoristrada mentre mi accompagna dentro un negozio che gestisce insieme ad un fratello più giovane che se ne resta muto e seduto in un angolo ma ci guarda con attenzione da sotto la visiera del cappello da rapper americano.
<< Italiano, Africano, fratelo … intiende? Tu dà 130 Dhiram per uno fratelo e io porto vous … pàs de problem .>>
Da quel punto inizia la trattativa sul prezzo che a tratti viene sostenuta prendendo il mio posto, anche dal vecchio medico brianzolo che a favella stà messo proprio bene e sarebbe capace di sfinire anche i muri.
Mentre il vecchio tiene d’assedio Rashid ho il tempo di guardarmi attorno e mi accorgo che il negozio è veramente carino; sembra di essere in uno di quei negozietti monomarca in franchising che continuamente nascono e muoiono nelle nostre città e l’abbigliamento che vi è esposto, specifico per kite-surfer, spicca per i bei colori e le grafiche veramente piacevoli ed in sintonia con la giovane clientela europea che vorrebbero attirare; peccato che l’assortimento delle taglie sia completamente scombinato tanto che se si mettono a confronto la taglia L con la XXL non c’è differenza alcuna sulla dimensione … anche questo è l’Africa. Dopo aver rivoltato inutilmente gli scaffali alla ricerca di una taglia giusta per me e per mio figlio riprendo in mano la trattativa che nel frattempo era giunta a conclusione tanto che il vecchio, senza consultarmi ma con evidente soddisfazione, si è già accordato per 90 Dhiram a testa e dice che la partenza sarebbe avvenuta il mattino successivo alle 9 davanti al nostro albergo. Non ho voglia di deludere ne il giovane Rashid ne il mio vecchio accompagnatore e così dico che và bene prendendomi però la facoltà di confermare entro le nove di questa sera quando verremo a cena a “Casa Louis” che da qui dista poche decine di metri.
Usciamo dal negozio salutando e decidiamo di tornare in albergo a piedi e così il vecchio inizia a raccontare e racconta, racconta, racconta...
La puntualità di Rashid è incredibile; inusuale da queste parti e alle nove in punto sono davanti all’albergo lui, un autista ed un vecchio fuoristrada color sabbia riverniciato a nuovo che altro non è che un Land 90 a passo lungo ibridato con un motore giapponese certificato dalla targhetta SANTANA che fà bella mostra di se sulla calandra del mezzo. Guardo la macchina un po’ perplesso e chiedo ai due se sono sicuri che questa riesca ad arrivarci alla Duna Blanca … Tanto per “aiutare” il vecchio medico è li ad assistere alla partenza ed è piuttosto divertito quando dice :
<< Hi, hi, hi … oggi vi rompete il culo ...hi, hi, hi , guarda i sedili, hi, hi, hi >>
In effetti ci sono solo i sedili anteriori e dietro, dai vetri smerigliati dalla sabbia intravedo le classiche due panchette in metallo e non c’è traccia di alcun cuscino. Mentre mi chino ad osservare le balestre sfinite, dico che questo gli costerà un forte sconto se non chè Rashid si accorge a sua volta che manca un componente del nostro gruppo in quanto ha deciso di rimanere a Dahkla per questioni inerenti l’arrivo dei pezzi della moto rotta …
<< meno soldi per me, meno confort per te; siamo pari …>> risponde ridendo.
Non ho voglia di discutere oltre e così partiamo con un sobbalzo lasciando il dottore sul marciapiede che ci saluta con la mano e mi sembra di sentire ancora la sua risata quando mi accorgo che il serbatoio è a secco ed infatti ci fermiamo al distributore all’uscita della città ; ovviamente il pieno di carburante lo dobbiamo pagare noi a titolo di anticipo. Oltrepassiamo l’arco di ingresso e al posto di blocco non veniamo nemmeno fermati e la stessa cosa avviene anche in quello della Gendarmerie subito dopo i camperisti e dopo circa 50km, improvvisamente rallentiamo e lasciamo l’asfalto per addentrarci in un punto che apparentemente non ha nessun riferimento particolare e infatti a perdita d’occhio il paesaggio è tutto uguale ma l’autista ci assicura che questo è il punto esatto per addentrarsi nel deserto e superare quelle basse collinette di pietra e sabbia che si vedono laggiù in lontananza.
Non c’è traccia di pista alcuna e nemmeno si scorge il segno del passaggio di altri mezzi perchè il fondo è come una lastra di sabbia pietrificata e per qualche chilometro godiamo di questo paesaggio da film e l’unica cosa che disturba questa fantastica mattina di sole con il cielo dal raro color indaco, è l’assordante rumore del mezzo nel quale non c’è centimetro della sua superficie che non emetta qualche rumore o vibrazione e la situazione mi ricorda tanto i traghetti che da Ancona sbarcano a Split, in Croazia ; stessa comodità, stesso rumore.
Avvicinandosi alle collinette pietrose la sabbia assume mille sfumature e si dice che in questo punto, al riparo dal vento, Allah abbia disposto la tavolozza dei colori quando decise di creare i deserti del mondo e la varietà dei chiaro-scuro, dell’oro e del marrone, passando per il rosso intenso e l’arancio brillante lascia in
contemplazione estasiata della bellezza di questo nostro pianeta. Credo che per poter vedere un simile spettacolo della maestosità della natura anche se diametralmente opposto, ci si dovrebbe trovare nella foresta Amazzonica e chissà se mai realizzerò questo sogno che come il deserto, è sempre stato un mio obbiettivo fin da quanto ero poco più di un ragazzetto.
Sulla pietraia, lo stare seduti su quelle panche di ferro diventa impossibile ma poco dopo, addentrandoci nei canaloni dove la pista ora visibile si snoda a superare le colline pietrose, il vento ha depositato molta sabbia soffice e così a circa metà della prima lieve salita, ci fermiamo per attivare il blocco manuale del differenziale anteriore posizionato sulle ruote ma una di esse non ne vuole sapere di ingranarsi.
Proviamo a muovere il mezzo di un metro e finalmente ripartiamo ma dopo poco più di cento metri, siamo di nuovo fermi perché ci stiamo insabbiando ; l’autista inserisce le ridotte o almeno ci prova in quanto dopo dieci minuti siamo ancora fermi e non potendo fare altro, scendiamo e spingiamo il fuoristrada all’indietro dopo aver scavato dalle ruote parecchia sabbia nel tentativo di superare l’ostacolo con maggior rincorsa. Liberato dalla sabbia il mezzo torna sulla piana e con un ruggito da vecchio leone asmatico affronta a tutta velocità la salita mentre noi lo attendiamo dove ci eravamo fermati ma finisce per insabbiarsi di nuovo proprio davanti a noi in quanto i suoi 20 cavalli ancora in grado di spingere non sono riusciti a vincere l’attrito della sabbia per la mancanza delle ridotte.
Cominciamo a meditare se sia il caso di rinunciare vista l’affidabilità del mezzo mentre Rashid minimizza e cerca in tutti i modi di tranquillizzarci dicendo che con questo tipo di sabbia sarebbe accaduto anche con un fuoristrada nuovo e che tutto questo sia
piuttosto normale in queste condizioni.
Senza blocco differenziale e senza ridotte ; come puoi dire che tutto questo sia normale ?!
Ci tiriamo in disparte ragionando sul da farsi e tutti concordiamo che i suoi ragionamenti siano più spinti dal timore di perdere il suo guadagno ; intanto l’autista armeggia ferocemente con la leva delle ridotte e sollevandosi con un braccio sulla spalliera del sedile salta con tutto il suo peso sul meccanismo e mentre impreca, dà delle sgasate mostruose che fanno uscire dallo scarico un mucchio di croste annerite che depositandosi sulla sabbia color dell’oro mettono la firma sulla loro vergogna …
Con un klangore sordo del cambio dal quale non ci giurerei ma mi è sembrato di veder volare qualche scintilla da sotto, il mezzo fa un sobbalzo ad indicare che le ridotte si sono inserite e Rashid ci spinge dalle spalle esortandoci a spingere a nostra volta il mezzo per disinsabbiarlo e dopo venti metri, apriamo il portellone posteriore e saliamo al volo ...
Ora la trasmissione emette un urlo da animale feroce impazzito e mentre arranchiamo sulla salita osservo il volto serio dei miei compagni e stiamo tutti tesi come a cercare di stare leggeri ; Rashid si volta dal sedile anteriore e guardandoci in faccia ci chiede se stiamo facendo la cacca … con una risata liberatoria superiamo la prima collina e in discesa, volando sulla sabbia a tutta velocità, ci prepariamo ad affrontare le prossime.
Ci insabbieremo tante e ancora tante altre volte ...
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Grazie Boxer. Ho gustato il tuo racconto e non vedo l'ora della prossima puntata. Questa l'ho letta alla fine di una riunione aziendale e e' stata capace di salvarmi una giornata altrimenti abbastanza noiosa...
azzo....vedendo le foto del Santana devo dirti che vi è andata bene.....io ne ho sempre visti di conciati molto ma molto ma molto ma molto peggio!! quello sembra addirittura nuovo!
Comunque, giusto per la precisione, la Santana è una fabbrica spagnola che fino agli inizi degli anni 80 ( 1983 per la precisione)produceva quei mezzi su licenza Land Rover ed i motori non erano jappi... ;-)
http://www.mondofuoristrada.it/it/santana_una_storia_lunga_36_anni.html
ciao
bissio
Boxer Born
09-06-2012, 07:14
Grazie per la precisazione bissio,
chissà perchè ma ho sempre creduto che fosse un ibrido Anglo-Japp ; forse tratto in inganno dalla Suzuki-Santana?
Ad ogni modo il mezzo aveva il vestito nuovo ma la meccanica era un disastro e nel prossimo racconto avrete modo di capire meglio.
Hei Boxer Born, qui stiamo aspettando, forza con il racconto!! :D
Ciao
Nicola
yellowblu
07-08-2012, 23:16
chissa' se e' mai tornato indietro................
cdreport
15-08-2012, 21:05
complimenti per il reportage! ne approfitto chiedendoti qualche notizia in più sul "Bientennier" a sud di Dakar; io parto in solitaria a fine Settembre destinazione Cameroun e vorrei fare tappa a Dakar dove mi raggiungerebbe la gentil consorte per trascorrere una settimana in tranquillità: mi par di capire che quello è il posto ideale.Grazie per l'attenzione
barbablu
11-10-2012, 08:58
ma è successo qualcosa che non ti abbiamo + sentito boxer?
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