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Visualizza la versione completa : Samarcanda


ario59
25-01-2009, 10:57
Vista la grigia giornata ripropongo il report e le mie sensazioni del Viaggio verso Samarcanda.

http://picasaweb.google.it/ario1959/Samarcanda#

Mi ricordo, ancora bimbo, sui banchi di scuola, annoiato dalle interminabili lezioni di aritmetica, sinchè il maestro, con la scusa della geografia, raccontava la storia del “Milione” di Marco Polo e su una vecchia carta appesa al muro e con una lunga stecca di legno ci indicava la via percorsa per raggiungere il misterioso regno di Kubilaj Khan, la Via della Seta, e guardando fuori la finestra, nelle giornate sempre uguali di nebbia, già mi immedesimavo nel ripercorrere le strade dell’Oriente…Inverno 2005. Una cappa biancastra di bruma avvolgeva le silenziose strade del paese, quando decisi di uscire di casa, le vie erano scure e vuote silenziose, tranne che per le foglie secche raccolte da una folata di vento; le finestre degli edifici circostanti mostravano gli interni illuminati qua e la da lampade alogene o da fioche lampadine ad incandescenza, di pareti color pastello od intonsi muri bianchi. Avvolto ben bene nel mio cappotto, camminavo pensieroso, con le mani ben affondate nelle calde tasche, avevo bisogno e ne sentivo quasi la necessità, di luoghi ed esperienze nuove…”buona sera Mimmo, come stai”, “maestro Giannetto, bene e lei?”. I ricordi dell’infanzia salgono prepotentemente e quel bimbo che si risvegliava all’immaginario rumore degli zoccoli dei cavalli di Tamerlano, ora aveva le idee più chiare di dove andare nel corso delle vacanze estive… Agosto 2006, Venezia è ormai alle spalle, ed il sole sta sorgendo ad oriente di Samarcanda. Al posto dei cavalli, abbiamo il soffio sordo e potente del bicilindrico 1200 del mio GS. Si passano i Balcani di fretta ed è già la magia di Istanbul, con gli svettanti minareti della moschea Blu, la magia di Aya Sofia, il mistero del palazzo di Topkapi ed i colori e i profumi del bazar. Perché un viaggio in moto non è solo percorrere la strada, ma è un viaggio nei sensi, ti senti partecipe dei luoghi attraversati, odori, profumi e colori entrano nei pori della pelle e te li senti dentro, il viaggio ti riempie di volti e paesaggi che mai potrai dimenticare.
Mai barattare il viaggio con la meta, e con il tempo a noi concesso ci godiamo, i bei paesaggi che caratterizzano l’altopiano Anatolico, le sempre affascinanti e fantasiose concrezioni rocciose scolpite dal vento, acqua e uomo della Cappadocia. Le religiose, meditative, rotative preghiere dei Dervisci danzanti di Konya, ed i silenzi del palazzo di Ishak Pasa a Dogubayazit, confine turco-iraniano, ma le recenti tensioni politiche con gli USA, ci suggeriscono di passare più a nord, percorriamo un alto passo sterrato, che dall’entroterra ci porterà sul Mar Nero, la piccola strada, a volte impegnativa, si inerpica e discende montagne attraversando villaggi remoti, verdi intensi, gialli solari di campi coltivati a frumento e contadini al lavoro ci riempiono gli occhi ed il cuore di una felicità intima e condivisibile con i compagni di viaggio, Flavio, Massimo, Florjan, Martina, e non dimenticando il burbero Giovanni e Dino di Motovacanze.it
Le lungaggini burocratiche ai posti di confine con la Georgia e lo stato pietoso delle strade, ci fanno godere poco di questo verde paese, rimangono comunque alcune immagine significative nelle nostre pellicole; le chiese di culto Armeno, la strada militare georgiana, il mercato di Gorj, città natale di Stalin, man mano che discendiamo verso l’Azebairjan, il caldo si fa più soffocante, le verdi colline mutano nell’ocra della cruda terra arsa da un sole cocente, ma la notte nera, vigliacca ed improvvisa ci coglie ad un centinaio di km. dalla capitale Baku, con i suoi disastri ecologici derivati dall’estrazione scriteriata del petrolio. E’da questa città affacciata sul Mar Caspio, che si può dire inizi la vera parte del viaggio, la più suggestiva e complicata, ad iniziare dal convincere le autorità portuali ad imbarcarci verso la sponda turkmena del mare, si perché non esistono rotte ufficiali di traghetti atti al trasporto di turisti tra le due rive, solo rotte commerciali, dunque tramite generosa elargizione in dollari, riusciamo ad imbarcare le moto nel ventre maleodorante della nave, non che alcune cabine, liberate dall’equipaggio, siano in condizioni migliori. A stento riusciamo a capire che la traversata durerà all’incirca 12 ore, ma nel cuore della notte la nave improvvisamente si ferma con tonfi sordi e preoccupanti, nessuno ci dice il perché o quanto durerà questa sosta, nell’attesa forzata finiamo le nostre scorte alimentari, sul cargo non vi è possibilità di acquistare alcunché, la navigazione nel suo complesso sarà di circa 24 ore. I gentili sorrisi degli ufficiali addetti alla frontiera Turkmena, nascondono una litania di code a vari sportelli ed uffici, firme e timbri, al di fuori ci attende il caldo terribilmente secco con i suoi 45° di media del deserto. E’ la follia urbanistica del presidente Nyazov ad accoglierci nella capitale Ashgabat. Ci si prepara con scorte di benzina, viveri e liquidi a quelle che saranno le due tappe più impegnative del viaggio, Ashgabat-Dervaza-Nukus, che comportano l’attraversamento dell’intero deserto del Karakum, nella direttrice sud-nord, 600 km. senza possibilità di alcun rifornimento. Il campo notturno viene allestito nell’oasi di Dervaza, landa battuta da un vento caldo e feroce che alza la sabbia sino al calar delle tenebre. La cosa più terribile è bere l’acqua tolta dai nostri bauletti ad una temperatura di 50°, non si soddisfa la sete ma si reintegrano i liquidi persi durante la giornata, nei pressi vi è un enorme cratere ardente di gas naturale, i cui bagliori illuminano la notte. Non si sa bene come, ma durante il rifornimento fatto all’alba con le taniche, in alcuni serbatoi è finita acqua, ci si deve ingegnare a spurgare iniettori e a svuotare i serbatoi. E’ la strada infida ed inesistente a farla da padrona in quest’ultima tappa in Turkmenistan, si arriva alla sera in Uzbekistan dopo 14 ore di guida, distrutti nel fisico anche a causa di problemi intestinali provocati dalle condizioni igenico-sanitarie non ottimali e nei mezzi, provati dalla durezza del terreno percorso. Dobbiamo a malincuore rinunciare alla prevista visita di quello che fu il Lago d’Aral, ormai ridotto ad una vasta superficie morta, spazzata da venti che trasportano ancora residui di pesticidi e particelle di passati esperimenti nucleari.
Ripariamo sotto le immense mura di Khiva, antica città degli spietati Khan, delle cupole e minareti color turchese, qui come nell’altrettanto splendida gemma architettonica di Bukhara si riesce ancora a percepire l’atmosfera della Via della Seta, a chi sa osservare con attenzione i volti ed i gesti delle persone, nei vocianti mercati all’aperto di queste antiche città carovaniere, sembrano essere immutati dai tempi di Tamerlano, risuonando ancora del frastuono delle città che furono.
“ Da venti più caldi sono infiammati i nostri cuori ardenti.
Per la bramosia di conoscere ciò che non dovrebbe essere conosciuto.
Percorriamo la Strada Dorata che porta a Samarcanda.”
Questi versi del poema di James Elroy Fecker del 1913 evocano il fascino della più gloriosa città dell’Uzbekistan. Nessun nome richiama più alla menta la Via della Seta di quello di Samarcanda, resa immortale dall’immaginario collettivo dell’occidente da poeti e scrittori di epoche passate.
Le principali attrattive della città sono opera di Tamerlano, i palazzi e le madrase della piazza del Registan, la moschea Bibi-Khanym e l’adiacente mercato, nonché i mausolei di Shair-i Zindan sono gioielli impedibili.
Qui in queste lande desolate dove un tempo scorrazzavano i cavalli di Gengis Khan, crocevia di strade che portavano in Cina, India e nell’antica Persia, anche se non era il luogo più facile al mondo da visitare e forse uno dei più remoti, ci siamo resi conto che non eravamo fuori del mondo, ma piuttosto ne costituisce il centro, dove gli eredi di antiche civiltà ti aprono le porte di casa e dove fiabe medioevali si riempiono di tappeti volanti.


isto

Dinamite
25-01-2009, 11:17
Che rabbia ..... :lol::lol: