er-minio
12-09-2007, 13:59
Stamattina mi alzo, come al solito occhio "abbottato". Doccia, primo caffè al bar sotto casa. Mi rendo conto di aver lasciato il cellulare sul letto. Torno indietro, ripesco il cellulare. Lego lo zaino dietro la moto, parto verso l'ufficio - devo attraversare Roma.
È ricominciato il traffico-nel-panico standard di Roma. Sono rientrati tutti. Tutti al lavoro. Tutti già incazzati dal primo giorno. La macchina che ti stringe. La gente si manda affanculo al semaforo.
Vicino via Cavour un pullman mi passa davanti incurante del semaforo rosso (tanto c'è traffico... che ci frega del semaforo... al limite la gente si ammazza...) già ho lo stomaco girato e i nervi a fior di pelle.
Odio questa città e tutti noi che ci abitiamo dentro, pronti ad accoltellarci alle spalle alla prima occasione, ma non riesco a starci lontano. A camminarci e scoprirla, a viverne il casino e la notte.
Ad uno dei semafori di via Cavour attendo il verde, di fronte alla linea bianca. La gente attraversa, il solito nugolo di motorini mi si sta ammucchiando davanti (tranquilli, passatemi anche sui piedi, non c'è problema, poi partite anche storti o tagliate le strade in diagonale, tanto ci siete solo voi). I lavavetri assaltano una macchina accanto a me. Bloccato nel traffico nel senso inverso accanto a me c'è un Pullman dell'Atac. Guardo dentro distrattamente.
Un signore di mezza età mi guarda e mi fa un cenno.
Io penso: "ecco il solito pazzo schizzato che sta su ogni autobus" come il mago del biglietto che si faceva sempre la linea 807/777 bestemmiando tra mostacciano e l'eur quando andavo al liceo.
Il tipo insiste, mi fa segno di guardare in basso.
Non so perchè guardo giù, pensando di non trovare nulla oppure di trovare una macchia d'olio sotto la moto, un principio di incendio, un cadavere... qualcosa che aveva attirato l'attenzione dell'uomo con la camicia verde e la valigetta in braccio.
Non c'era nulla. Nulla a parte i lacci della mia scarpa sinistra che svolazzavano nel vuoto fino a toccare l'asfalto.
Riguardo il tipo, lo ringrazio quasi meccanicamente con un cenno della testa, lui contraccambia, scatta il semaforo parto ed al successivo rosso poggio il piede sul cilindro e mi riallaccio la scarpa.
È veramente una cavolata, ma con lo stato d'animo che avevo stamattina (e questo periodo in particolare) questo piccolo episodio mi ha fatto tenerezza.
Ho mentalmente etichettato in un secondo il signore a bordo dell'autobus come una "minaccia" o forse meglio un "fastidio" da ignorare mentre lui stava, in buona fede, cercando semplicemente di avvisarmi o farmi un minuscolo favore.
Una piccolezza, ma che nel resto del tragitto fino all'ufficio mi ha fatto pensare. Forse non dobbiamo stare sempre sul "chi vive". Forse dobbiamo guardare un po' più in la. Oggi è una immane cavolata, domani potrebbe essere qualcosa di più interessante.
Vabbè. Stasera ci bevo su. :lol:
È ricominciato il traffico-nel-panico standard di Roma. Sono rientrati tutti. Tutti al lavoro. Tutti già incazzati dal primo giorno. La macchina che ti stringe. La gente si manda affanculo al semaforo.
Vicino via Cavour un pullman mi passa davanti incurante del semaforo rosso (tanto c'è traffico... che ci frega del semaforo... al limite la gente si ammazza...) già ho lo stomaco girato e i nervi a fior di pelle.
Odio questa città e tutti noi che ci abitiamo dentro, pronti ad accoltellarci alle spalle alla prima occasione, ma non riesco a starci lontano. A camminarci e scoprirla, a viverne il casino e la notte.
Ad uno dei semafori di via Cavour attendo il verde, di fronte alla linea bianca. La gente attraversa, il solito nugolo di motorini mi si sta ammucchiando davanti (tranquilli, passatemi anche sui piedi, non c'è problema, poi partite anche storti o tagliate le strade in diagonale, tanto ci siete solo voi). I lavavetri assaltano una macchina accanto a me. Bloccato nel traffico nel senso inverso accanto a me c'è un Pullman dell'Atac. Guardo dentro distrattamente.
Un signore di mezza età mi guarda e mi fa un cenno.
Io penso: "ecco il solito pazzo schizzato che sta su ogni autobus" come il mago del biglietto che si faceva sempre la linea 807/777 bestemmiando tra mostacciano e l'eur quando andavo al liceo.
Il tipo insiste, mi fa segno di guardare in basso.
Non so perchè guardo giù, pensando di non trovare nulla oppure di trovare una macchia d'olio sotto la moto, un principio di incendio, un cadavere... qualcosa che aveva attirato l'attenzione dell'uomo con la camicia verde e la valigetta in braccio.
Non c'era nulla. Nulla a parte i lacci della mia scarpa sinistra che svolazzavano nel vuoto fino a toccare l'asfalto.
Riguardo il tipo, lo ringrazio quasi meccanicamente con un cenno della testa, lui contraccambia, scatta il semaforo parto ed al successivo rosso poggio il piede sul cilindro e mi riallaccio la scarpa.
È veramente una cavolata, ma con lo stato d'animo che avevo stamattina (e questo periodo in particolare) questo piccolo episodio mi ha fatto tenerezza.
Ho mentalmente etichettato in un secondo il signore a bordo dell'autobus come una "minaccia" o forse meglio un "fastidio" da ignorare mentre lui stava, in buona fede, cercando semplicemente di avvisarmi o farmi un minuscolo favore.
Una piccolezza, ma che nel resto del tragitto fino all'ufficio mi ha fatto pensare. Forse non dobbiamo stare sempre sul "chi vive". Forse dobbiamo guardare un po' più in la. Oggi è una immane cavolata, domani potrebbe essere qualcosa di più interessante.
Vabbè. Stasera ci bevo su. :lol: