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Vecchio 28-08-2018, 08:06   #26
Alessio gs
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A me così a puntate piace....bello...ciao...

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AGER
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Vecchio 28-08-2018, 09:57   #27
Massimo
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GIORNO 01 – 3 AGOSTO 2018
Da qualche parte sul cielo russo – Osh (7 km in moto)




Atterro a Osh al mattino prestissimo e subito cerco l’ufficio della compagnia aerea per spostare anche il rientro di due giorni. Alberto ieri non è riuscito a farlo perché ha passato gran parte del tempo sul wafer.



Gira che ti rigira mi fanno parlare con il responsabile dei servizi a terra della S7 Airlines che sa circa due (al massimo tre) parole in inglese. Mi accompagna agli uffici che però stanno in un edificio staccato dall’aeroporto piuttosto malconcio.

Alla fine non combiniamo niente: mi suggerisce di cambiare il biglietto presso l’agenzia ufficiale in città. Però si offre di accompagnarmi alla guesthouse, anche se non sa dove è.

Tutto però ha un prezzo e quello che ho dovuto pagare è stato molto "salato". Porca malora mi ha invitato a colazione, e già che c’era ha invitato pure i suoi amici!

Morale della favola mi trovo alle 9 del mattino (per me le 5), seduto su un tappeto a mangiare bistecca, patate fritte, verdure varie e una melma di frutta lasciata a macerare in non so che cosa. Provo a rifiutare garbatamente, ma proprio non c’è verso.

Era tutto pessimo e devo ancora digerirlo… comunque ho risparmiato i soldi del taxi, mettiamola così.

Arrivo ruttando alla guesthouse dove trovo Alberto risorto dalle sue ceneri. Partiamo subito per le incombenze urgenti: cambio dei soldi, cambio dei biglietti e ritiro della moto. Domani vorremmo infatti partire.

Nel frattempo giriamo per la città che conferma tutta la sua bruttura.

Però qui hanno la mania degli aerei, che piazzano nei parchi giochi…




… e se li portano pure in giro sul portapacchi.



Troviamo l’agenzia della S7 Airlines e cambiamo i biglietti. Quelli nuovi ci vengono rilasciati praticamente scritti con la biro. Mah, si vede che qua usano così…

Poi prendiamo un taxi e finalmente, guidando noi il tassista ignaro di dove deve andare, arriviamo da Muztoo.

La sede non è proprio il massimo: un cortile, un portico e una stanza destinati ad officina, e un ufficio. Non c’è nessuno, solo un motociclista cecoslovacco in giro in moto in solitaria da tre anni che sta facendo manutenzione alla sua moto.






Ma in compenso c’è un frigo self-service pieno di birre e così ne approfittiamo per ingannare l’attesa.



Arriva Oybek, il responsabile, e due meccanici sfaccendati e svogliati in ciabatte.



Mentre preparano il contratto e i documenti necessari a svalicare in Tagikistan, noi ci dedichiamo al meticoloso controllo dei mezzi, che sono lì già belli che pronti per essere accesi… solo che non si accendono. Cominciamo bene!

Così controlliamo tutto il controllabile, cerchi, cuscinetti, catena, freni, carburazione, sospensioni. Cambiano pure la batteria ad Alberto e collegano le nostre prese di bordo. Durante l’operazione cade a terra la batteria della mia moto. Suggerisco e poi chiedo di sostituirla, ma mi rispondono “no problem” e mi garantiscono che non è necessario. Sarà…






Dopo due ore di smonta e monta, regola e registra, le moto si accendono.

Si passa quindi al pagamento anticipato e alle firme.

Otteniamo di prelevarle oggi, anche se il noleggio parte domani e leviamo le ancore. Torniamo quindi da Zhukov, dove si sta davvero bene e lui è una splendida persona.






E poi la sua guesthouse è un punto di riferimento per i motociclisti che vengono qui da tutto il mondo per fare il Pamir. Aggiustano le moto, ti prestano attrezzi, ma soprattutto sono una fonte inesauribile e attendibile di informazioni fresche fresche. Straconsigliato e molto utile direi.

Collego il GPS alla presa di bordo e non funziona. Controllo il charger e risulta morto. Strano, funzionava quando sono partito. Rismonto tutto e scopro che quel genio del meccanico inciabattato ha invertito i cavi bruciando il fusibile del caricatore. E sì che erano segnati con più o meno! La matematica non deve essere stata il suo forte alle elementari… ammesso che le abbia fatte.

Il fusibile (che è di quelli piccoli in vetro) non si trova, ma Stas ci salda un filo e tutto riprende a funzionare.

Alla sera cena fuori. Si mangia italiano, nell’unico ristorante italiano di Osh, che raggiungiamo in taxi. Nessun italiano in cucina, ma penne all’arrabbiata buone e pizza pure. E per stasera l’abbiamo portata fuori.

Domani si parte…
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Massimo Adami
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Vecchio 28-08-2018, 13:31   #28
Smart
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complimenti, gran bel report

io l'ho fatto a luglio con "moto spedita" a Biskek ma seguo con interesse per confrontare le esperienze e punti di vista
Smart non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 28-08-2018, 16:35   #29
Kunken
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Certo che se il buongiorno si vede dal mattino...ne leggeremo delle belle
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GS 1250 Rallye
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Vecchio 28-08-2018, 17:01   #30
sibilo
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Una vera avventura....complimenti per il report di viaggio e in bocca al lupo
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Formaggiaio pazzo su GS 1250 ADV Trophy
sibilo non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 28-08-2018, 17:08   #31
samarcanda
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grande Massimo ben fatto hai ammazzato un'altra bella
ti seguo con molto piacere
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go la moto che no la s'empisa mia par meno de 300 km... e alora seito nar come 'n semo
samarcanda non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 28-08-2018, 17:15   #32
Unknown
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Prima di fare giri in "quota" nel senso di fare strade o gite sopra i 4000 consiglio di fare qualche dormita in rifugio sui 3500- 4000 m slm in patrio suolo per testare come si reagisce. Non tutti reggono la quota. Complimenti per il giro!!!

Inviato dal mio SM-A310F utilizzando Tapatalk
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Vecchio 28-08-2018, 20:07   #33
Massimo
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Rispondo a Smart

Davvero grazie Smart per i complimenti. Fatti poi da te, che sei viaggiatore navigato, contano il doppio. Dove hai messo le ruote tu, io non riesco nemmeno a pensarci. Se trovi inesattezze nel racconto, fammi sapere, mi raccomando.

Rispondo a samarcanda

Giuliano, che dire? Sei stato la mia fonte di ispirazione. E ho ammirato molto il tuo tentativo di due anni fa.

Rispondo a geo650

Concordo con te. Ad esempio, sulle nostre Alpi, il test più alto è alla Capanna Regina Margherita, sul Monte Rosa, che si piazza a 4.554 metri. Salirci e restarci un paio di giorni sarebbe la prova del nove, giusto per testare la reazione del nostro fisico.

Io tuttavia non sono mai riuscito a fare questa prova preventiva. Per la mia scarsa esperienza, ho imparato che quel che frega maggiormente, almeno per il mio fisico, è la velocità di ascensione.

Bisognerebbe salire il più lentamente possibile e farsi un paio di giorni di acclimatamento in fondo valle (che in Pamir si trova già altino di suo, diciamo 3.200 metri). La lezione, come ho scritto, l’ho imparata a mie spese in Ladakh l’anno scorso, dove però si saliva ben più alti, fino a 5.360 metri.

Di solito prendo sempre il “diamox”, che è un blando diuretico, per allontanare i rischi dell’edema. Non so se funziona, però so che in quota mi ha sempre fatto un butto effetto: mani informicolate dal polso in giù. Per cui, dopo pochi giorni, ho sempre smesso di prenderlo.

Comunque il Pamir, a meno che non si soffra di malattie cardiovascolari o altre patologie particolari, non dovrebbe impensierire più di tanto: pian pianino, e con un po’ di giudizio, è alla portata direi di quasi tutti
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Massimo Adami
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Vecchio 28-08-2018, 20:17   #34
essemme
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impossibile non farti i complimenti
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c'è troppa democrazia.
tutti froci col culo degli altri.

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Vecchio 29-08-2018, 10:03   #35
Massimo
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predefinito PAMIR CON MOTO A NOLEGGIO (report, foto e video)

GIORNO 02 – 4 AGOSTO 2018
Osh – Sary-Tash (199 km in moto)



Ce la prendiamo comoda perché tanto sappiamo che la strada è breve e ottima. Quindi partiamo verso le dieci del mattino e sbagliamo subito direzione. In pratica imbocchiamo in senso contrario quella che avremmo dovuto fare al ritorno.

Sono proprio rimbambito!



Anzi, molto rimbambito perché me ne accorgo a 90 km a ovest di Osh. Quindi dietro front e ritorno al punto di partenza. La nostra tappa, quella giusta, inizia dunque alle 2 del pomeriggio.

La strada per Sary-Tash è davvero ottima come ce l’avevano descritta: asfalto perfetto e pochissimo traffico. Mano a mano che proseguiamo verso sud, la piatta steppa comincia gradualmente a farsi ondulata e a salire progressivamente di quota.



Il paesaggio è quello tipico asiatico: montagne di terra secche incendiate, zero alberi e ciuffi di vegetazione sparsa buona solo per asini e capre.



Siamo contenti e rilassati, e inizia il cazzeggio…







Dopo un buon tratto di ambientamento al contesto asiatico di queste terre, il nastro d’asfalto sempre ottimo, inizia a guadagnare quota, con le prime curve, fino a raggiungere il Passo Taldy Ashuu a 3615 metri. In cielo è luminoso e terso. Meglio così…








Le motorette vanno perfettamente e sul passo ci facciamo due foto, felici come le pasque.





Il collegamento con il vicino passo successivo è anch’esso piacevole e curvoso. In pratica si scende di poco per poi risalire. Il paesaggio ci piace assai, ma ancor di più ad Alberto che, per non so quale deviazione mentale, ha una limitata autonomia su strada e quindi ha bisogno ogni tanto di deviare sulla terra nuda e cruda.

Ormai lo conosco e non mi stupisco più di niente.





Proprio sul passo 40 Let Kyrgyzstan (3.550 m) si trova una yurta circondata dalle pecore, dalle quali emergono due bimbe che vogliono farsi fotografare. Le accontentiamo volentieri anche perché non abbiamo il coraggio di contrariare la più piccola, vista la faccia inquietante con cui ci esamina.







Provo a fare il serio…



… ma non ci riesco.



Salutiamo le nostre piccole amiche e iniziamo la discesa verso Sary-Tash. Sta per calare la sera, le ombre si allungano e ‘ste montagne pelate si colorano di giallo. Alberto ha un altro attacco dei suoi, vede un campo e ci si infila dentro.



Poi all’improvviso appare la catena del Pamir, o meglio la cresta di confine tra Kirghizistan e Tajikistan, dove si trova il Peak Lenin e che, dopo domani, dovremo oltrepassare per raggiungere il famoso altopiano. Mica son collinette appenniniche, le cime innevate raggiungono i 7000 metri!



A Sary-Tash la strada si biforca e nel mezzo ci sta l’unico distributore. Sulla destra vicino ad un minimarket specializzato in biscotti e ferramenta varia, ci avvicina un vecchio con un pastrano che peserà più di lui. Ci dice che ha un hotel, con doccia calda e cena abbondante.

Non ci convince e così decidiamo di sondare quel che offre il mercato. Ma la musica è su per giù quella, dato che le alternative grosso modo si equivalgono per charme, comfort ed amenities. Alla fine della fiera cediamo e ci accomodiamo nel lussuoso Hotel Tatina, senza nemmeno averlo visto all’interno.



Scopro poi che il lavandino sta in cortile, che il cesso (un casotto di fango con un buco sul pavimento) si trova nel recinto delle capre, mentre “the shower” (ospitata a fianco della stalla delle mucche) è costituita da un fusto di birra con dentro una resistenza da lavatrice, da cui esce l’acqua calda per caduta. La capienza è limitata per cui il sollazzo è breve.



In compenso il parco veicoli, nuovo di stecca, è assai variegato e il contesto non è poi così male.





La stanza è tutta intappetata, con tassi e volpi appese ai muri, ma i letti ci sono.



Ci raggiunge anche il cecoslovacco che abbiamo incontrato da Muztoo e che domani proverà la Bartang Valley. Per cena ci arriva un pastone per cani a base di riso, mi dicono che si chiama plof. Altro non c’è, per cui con cautela lo affronto.

Lo stomaco sembra reggere e quindi vado a dormire soddisfatto ed eccitato: domani finalmente mettiamo le ruote sullo sterro…
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Massimo Adami
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Ultima modifica di Massimo; 29-08-2018 a 10:41
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Vecchio 29-08-2018, 12:08   #36
rombodituono
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Bravo Massimo, mi piacciono i racconti ricchi di dettagli :-)
Sono stato in quelle zone 3 volte, una sola con moto a noleggio nel 2014 e per una serie di sfortunati eventi (vedi 3 moto su 3 k.o. dopo pochi giorni) mi sono ritrovato ad Osh a noleggiare una moto da Patrick Muztoo.
Premesso che lui è stato super-iper gentile (gli ho lasciato una moto di un suo concorrente e si è preoccupato a gratis di portarla a Bishkek al primo giro possibile, mi ha noleggiato una sua moto a fronte di un bonifico online fatto li su due piedi senza pretendere alcuna caparra aggiuntiva e in più mi ha permesso di lasciargliela a Bishkek senza costi di drop off), come hai scritto tu ad inizio post la moto che mi ha dato era una vera merda.
Una XT600 vecchia di almeno 10 anni, spompa di motore seppur regolarissima anche ad alta quota, TERRIBILE DI SOSPENSIONI tanto che su quei 20 km di brutto tole ondulè tra la frontiera kirgiza ed il passo Ak Baital ho temuto più volte di rimetterci i polsi. Per non parlare delle camere d'aria tipo carta velina inserite nelle gomme. E come dici tu, il tutto ad un prezzo non certo regalato.
Considerando che con 1200€ advfactory ti spedisce a/r la tua moto, mai più nella vita noleggerò una moto da quelle parti (perchè tanto ci tornerò sicuramente...mi è rimasta incompiuta la Bartang Valley)
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Vecchio 29-08-2018, 15:41   #37
ixus
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Ho noleggiato anche io da Mutztoo , un tenere 660 la moto andava bene e anche le sospensioni erano decenti ( hyperpro ) , peccato per le camere d aria scandalose, ho bucato non so quante volte l anteriore senza aver preso alcun chiodo o altro , mi sembra di capire che elemosina sulle camere d aria già da tempo .
Ma Patrich (ora non credo collabori ancora con questo gruppo ) , mi aveva fatto degli enormi favori in un momento di difficoltà in loco .
Rombo di tuono , la Bartang e' restata da completare anche a me , la faremo in sieme
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Vecchio 29-08-2018, 16:02   #38
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Volentieri! Nella Bartang l'unione fa la forza!
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Vecchio 29-08-2018, 16:43   #39
charlyno
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WOW !!! Non aggiungo altro
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Vecchio 29-08-2018, 20:30   #40
Massimo
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Rispondo a rombodituono e ixus

Ora Patrick non c’è più. Si occupano di tutto George e Oybek, entrambi molto gentili, non c’è dubbio. Tuttavia le moto son quelle che sono, come anche da voi sperimentato.

Avessi avuto un XT, l’avrei sicuramente spedito, visto che come prezzo siamo lì. E concordo con voi che guidare moto di altri, soprattutto da queste parti, non si sa mai dove si va a parare.

Rombodituono, avevo letto le tue richieste di informazioni sulla Bartang (ne parlerò più avanti). A sentire i russi che ho incontrato, mi hanno detto che quest’anno si dovrebbe passare senza particolari difficoltà, ma – si sa - loro vanno dappertutto anche quando la strada non c’è, e bisogna prenderli con le pinze.

Le condizioni sono in ogni caso mutevoli. Indubbiamente si tratta di un percorso incerto. Credo per me troppo difficile.

Se andate, vi seguirò con il drone…
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Massimo Adami
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Vecchio 30-08-2018, 09:58   #41
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GIORNO 03 – 5 AGOSTO 2018
Sary-Tash – Sary-Tash (173 km in moto)




Non è ancora l’alba che mi sveglio improvvisamente con forti dolori di pancia. Cerco una pila e corro, nei pochi secondi a mia disposizione, nel recinto delle capre.

Sarà tutto un andirivieni fino al mattino. Non sto per nulla bene e cerco di capirne la causa. Ad un certo punto mi casca l’occhio sulla cisterna in plastica da cui lo chef attinge l’acqua per cucinare e preparare il the. Butto uno sguardo dentro e capisco tutto.

L’acqua è praticamente torbida e piena di insetti e mi ricordo che a queste altitudini (siamo a 3200 metri) i liquidi non bollono a cento gradi. La soddisfazione di aver individuato la causa, non sistema però il mio intestino. Quindi salto la colazione senza pensarci due volte.

Ci mettiamo in marcia in direzione ovest. Il nastro d’asfalto è perfetto e alla nostra sinistra, oltre la steppa, ci accompagna la cresta di confine con il Tagikistan.







I cinquanta chilometri che ci separano dalla deviazione per il campo base del Peak Lenin scorrono velocemente.

Presso un ponte sul fiume, inizia finalmente lo sterrato.



L’indicazione ci sembra a prova di rimbambito, per cui siamo sulla strada giusta.



Il tracciato da qui al campo - 70 km tra salita e discesa - è una strada ben marcata e facile, ma ai lati è possibile seguire delle piste, giusto per sollevare un po’ di polvere.



Mentre Alberto è nel suo mondo, io mi barcameno con il mio intestino e guido quasi per inerzia.





Il paesaggio è davvero splendido. La cresta di confine di avvicina sempre più, si vede pure il Peak Lenin che con i suoi 7.134 metri primeggia su ogni altra elevazione.









Seguiamo il tracciato principale, il quale risulta, verso la sua fine, interrotto proprio in prossimità di un torrente.

Alberto scende e sonda a piedi la profondità e il fondo del guado, incurante di bagnarsi. Il fiume è bello incazzato, l’acqua arriva alle ginocchia e sotto ci sono sassi tondi grossi anche come i meloni. Saranno una ventina di metri, troppi per le mie totali incapacità guadististiche. Così chiedo a un tizio con una bimba in braccio se c’è un altro modo per passare.

Questo chiama la moglie, che chiama la sorella, che chiama lo zio, che chiama la cugina del cognato, che infine chiama la figlia tredicenne, la quale, utilizzando tutto il vocabolario inglese a sua disposizione, mi spiega che nella notte ha fatto caldo, che i fiumi si sono ingrossati e che non c’è altra via più facile per raggiungere il campo.

Non mi convince, anche perché, in lontananza, intravedo un altro passaggio che sembra più facile.



Ci dirigiamo verso quest’ultimo e con meno fatica riusciamo a passare. Oltre non c’è la strada, ma solo pascoli per yak e cavalli. Meglio direi: meno polvere.

Superiamo il primo campo e ci dirigiamo al secondo più grande e organizzato con tanto di cucina, negozio di generi misti (con prezzi assurdi) e tende giallo fastidio.

Ci troviamo a 3.600 metri. Il cielo è limpidissimo e il posto è davvero fantastico.





Restiamo un po’, ma è già ora di tornare indietro per lo stesso percorso o, a seconda dell’estro del momento, per le varie piste che lo intersecano.





Quindi, di nuovo asfalto fino a Sary-Tash.

Ci hanno detto che la Guesthouse Pamirextreme è la più lussuosa del paese, solo che non si riesce a capire dove è. Alla fine la troviamo e ci sistemiamo. Il lusso è costituito unicamente da un bagno degno di questo nome: lavandino e doccia calda con scaldabagno elettrico; il cesso sta fuori ed è il solito buco per terra.

Sto ancora male, quindi mi infilo nel letto e mi sveglierò solo domani mattina. Alberto invece tenta di affrontare una cena inaffrontabile, e poi si fionda anche lui sotto le coperte.

Domani inizia la Pamir Highway…
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Massimo Adami
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Vecchio 30-08-2018, 10:42   #42
Toto4
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Non sono luoghi che mi attirano , ma grandissima stima per come li avete fatti e li state raccontando.Vi seguo.
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Vecchio 30-08-2018, 11:04   #43
GS3NO
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quanto te vojo bene!!
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Un viaggio raccontato diventa la bussola per altri viaggiatori
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Vecchio 30-08-2018, 11:20   #44
Carroarmato
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Stupendo, grandissima esperienza! Aspettiamo il seguito...
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Vecchio 31-08-2018, 11:44   #45
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GIORNO 04 – 6 AGOSTO 2018
Sary-Tash – Murghab (232 km in moto)



Va sensibilmente meglio. Il digiuno forzato ha giovato evidentemente. Partiamo di buon mattino perché sappiamo che i tempi alla frontiera tagika sono piuttosto lunghi.

Lungo la strada, qui ben asfaltata, verso il punto di controllo kirghizo, ci supera un gruppo di spagnoli, tutti con F800GS rosse (anch’esse spagnole) e pulmino al seguito con guida e bagagli. Ci sembrano gasati e ben lanciati.

Poco dopo intravediamo una yurta isolata, da cui escono a turno e di corsa quattro bambini in ordine di grandezza. Ci corrono incontro avendo evidentemente sentito il rombo dei nostri potenti mezzi spaziali da lontano.

Il primo ad avvicinarsi è il più piccoletto a cui facciamo accendere la moto. Poi tutti insieme chiedono di farsi fotografare. La più grande, seppur con qualche timore, sale dietro.





La strada prosegue asfalta, ancora per qualche chilometro, fino al posto di frontiera kirghizo, sorvegliato da soldatini con mimetica e mitra.



Qui ritroviamo gli spagnoli, che sono arrivati, vista la rincorsa, già da un’ora buona, ma sono ancora fermi.

Ci chiedono i passaporti e provo ad allungarli al primo omino in divisa che trovo, senza nemmeno disturbarmi di scendere dalla moto e tanto meno di spegnerla. Troppa fatica per lui. Bisogna scendere ed entrare nell’ufficio, che sta sopraelevato sopra le scale e consegnare il tutto all’ufficiale.

Bene. Obbedisco ed entro, ma vengo immediatamente respinto con una mitragliata di improperi incomprensibili. Capisco che il capoccia vuole che mi tolga gli stivali. Lo accontento e, dato che fuori dall’uscio ci sono svariate ciabatte con il pelo, ne indosso un paio ed entro. Seconda raffica. Quelle sono sue e dei suoi uomini. Devo entrare scalzo. Ma porca malora, dirlo subito no ?!

Il boss sta seduto dietro un banco di scuola con un quaderno a quadretti davanti. Se la tira a bomba e io comincio ad infastidirmi. Consegno diligentemente tutte le carte che mi chiede: in realtà gliele passo una alla volta a caso perché non capisco una fava di quel che vuole.

Alza lo sguardo al cielo e mi fa capire che la cosa è complicata e difficile. E ti pareva!

In queste situazioni, per mio carattere, cerco di mettere ansia e al contempo provo ad essere simpatico. Metto cioè in piedi una sorta di teatrino tra il fastidioso e lo scocciato, con slanci di benevolenza. Ho imparato che questo genere di atteggiamento, fuori dall’Europa, tende a spiazzare chi ha il coltello dalla parte del manico.

In pratica comincio io a fare le domande, a chiedere se tutto è a posto, a farmi spiegare il contenuto dei documenti in russo che ho in mano, a farmi illustrare le procedure che devono seguire… insomma, rompo ben le balle. Il soldatino ovviamente non sa rispondere perché non capisce un mazza di quel che gli sto chiedendo e entra in difficoltà, talvolta nel panico. A questo punto, tiro fuori Celentano e Cutugno, che sono il miglior lasciapassare mondiale.

Il metodo funziona anche stavolta, e in 45 minuti (mentre gli spagnoli sono ancora là ad aspettare) siamo liberi di proseguire. Si aprono le sbarre e altri soldatini mitragliati (nel senso di muniti di mitra) ci salutano più rilassati.

Il rompi zebedei finalmente se ne va…

La strada per il Kizil-Art Pass (4280 m), che segna il confine geografico tra le due nazioni, sale subito sterrata nella terra di nessuno per una ventina di chilometri. Direi che ci vuole una fotografia, anzi tre…







Poco dopo il passo, a 4.200 metri, arriviamo alla sbarra del posto di controllo Tagiko. E qua bisogna giungere carichi di tanta pazienza.

La procedura è infatti lunga e complicata, perché tutti i vari uffici da passare non si trovano nel grande fabbricato nuovo di pacca costruito apposta per agevolare controllori e controllati, ma sono dislocati in una serie distanziata di baracche, da cui bisogna obbligatoriamente passare come nel gioco dell’oca.

E allora giochiamo!

Fase uno: un soldato in ciabatte ci alza la sbarra, ci dice dove parcheggiare e soprattutto come parcheggiare (ovviamente avevo parcheggiato in tripla fila sulle strisce pedonali, sotto il semaforo, ma non gli andava bene). Quindi ci dice di metterci in coda e si siede su una sedia in mezzo al piazzale a guardarci.

Cominciano a spazientirmi perché la fila procede a rilento e quindi inizio a chiedere al pampalugo quanto ci vuole, come è mai possibile che siano così lenti, che insomma mica possiamo star qui a perdere tempo… Al che, scatta la solita agitazione e gli viene in mente che, per guadagnare tempo, può consegnarci la carta di immigrazione, così possiamo arrivare allo sportello con questa già compilata, anziché ritirala per poi rifare la fila. Espletiamo l’incombenza senza scucire un dollaro. Ma dai! Sta a vedere che sono pure unbribable!

Fase due: saliamo in moto e passiamo al secondo check poco distante. Qui esce, da un'altra baracca con branda e stufa a carbone, un altro soldatino in ciabatte, che ci chiede un po’ di carte e ce ne dà delle altre. Costo 12 dollari a testa. Sapevamo che questo era il dazio ufficiale da pagare, per cui non facciamo una piega.

Fase tre: accendiamo di nuovo i motori e arriviamo alla sbarra d’uscita, illusi di essercela cavata. E invece no. Altra coda e altra baracca, questa volta di sassi, dove entriamo rigorosamente scalzi, per passare sotto i ferri dell’ennesimo soldatino che maneggia altre scartoffie e ci chiede, senza ricevuta, 10 dollari, per non so che cosa.

Fase quattro: poco distante un’altra casina. Dentro diretti, questa volta con gli stivali. Altra carta e altro regalo. ‘Sto giro 5 dollari a testa, ovviamente senza ricevuta.

Fase cinque: altro tugurio e altro soldatino. Altra filippica incomprensibile e altra elargizione benefica: 10 dollari a testa. Chiedo spiegazioni, faccio domande. L’omino mi fa capire che deve compilare un sacco di registri (che però non compila) e che è sommerso dal lavoro, ma gli metto fretta e quindi si sbriga, appuntando i nostri dati su un foglio di carta volante per fare prima.

Alla fine della fiera the unbribables ci hanno scucito 37 dollari a testa. Ma abbiamo visto che funziona così per tutti. In realtà, l’unica somma da pagare sono i famosi 12 dollari, il resto è pura invenzione, tuttavia inevitabile se si vuole sfangarla il più velocemente possibile.

L’impressione è che ‘sti morti di fame d’alta quota si spartiscano poi il bottino e arrotondino così il loro magro stipendio. Con le balle parecchio girate saluto tutti con un gran vaffanculo in dialetto afgano e oltrepasso la sbarra.

Tre ore abbiamo perso, ma c’è a chi è andata peggio. A quest’altitudine, comunque, non si vede l’ora di levare le ancore, perché in effetti stare così alti per così tanto tempo logora la mente, lo spirito e il portafogli.

La strada prosegue ora sterrata in discesa. Gli spazi si allargano e dimentichiamo presto quella manica di sanguisughe in mimetica.



Compare il grande lago di Kara-Kul



… e poco dopo sulla destra si stacca l’incerta e difficile strada lungo la Bartang Valley (che sarebbe, o meglio potrebbe essere, l’unica ipotesi B per raggiungere Khorugh se la M41 risultasse malauguratamente interrotta più a valle).

Si tratta però di un percorso raramente praticato dai motociclisti, e ancor di meno dalle jeep, perché la strada non è sempre transitabile. Per menti smaliziate insomma e pronte a far marcia indietro.

Ques’estate c’è chi per esempio l'ha trovata
COSI’

Più avanti la nostra strada, sempre sterrata, raggiunge la massima elevazione di tutto il viaggio: 4.655 metri sull’Ak-Baytal Pass, che piazza la Pamir Highway al secondo posto della classifica delle strade internazionali più alte del pianeta.

La discesa ora alterna lunghi tratti sterrati ad altri asfaltati in discrete condizioni. Procediamo rilassati e felici. Alla nostra sinistra per quasi tutto il tragitto, ci affianca la recinzione che separa il Tagikistan dalla Cina.



Ci vien voglia di curiosare, dopotutto non capita proprio tutti i giorni di vedere la Cina così da vicino. Intendiamoci, non è che sia poi così diversa da dove stiamo. Anzi il paesaggio quello è, sia di qua che di là dalla linea.

Però ci fermiamo e andiamo in perlustrazione. Almeno un braccio dall’altra parte possiamo anche mettercelo.







I cinesi, non si sono però limitati a tirar su il filo spinato, hanno anche realizzato una pista per poterlo pattugliare. Metti mai che si annoino! Fatto sta che in alcuni punti il filo è sparito e ci sono ampi varchi, da cui in teoria si potrebbe anche svalicare illegalmente per pochi metri, ma non so quanto convenga.

I tagiki ciulano il cavo per rivenderselo, e i cinesi, da bravi omini diligenti, lo rimettono. E avanti così…

Ritroviamo l’asfalto che ci porterà ditti dritti a Murghab. Un semplice guado, stacca però la marmitta a questa Panda impegnata nel Mongol Rally, ma il proprietario non ci sembra preoccupato più di tanto.



Poco prima del villaggio troviamo, fortunatamente asciutto, un ampio torrente che, qualche anno fa, ha seriamente impegnato chi passava da queste parti, perché il ponte era crollato, e lo è tuttora.



A Murghab ci fiondiamo nell’unico albergo, gestito da un efficiente staff dotato di radio trasmittenti. Primeggia su tutti una bella, gentile e disponibile puledra takiga, di notevole caratura…

Ci viene assegnata una camera executive, dotata di bagno privato. Non sto scherzando. Così ce l’hanno dipinta. Lusso dello stralusso, insomma. Beh… voliamo bassi: il bagno c’era in effetti ma cadeva a pezzi, la doccia sparava fuori acqua alla mastodontica pressione di un bicchiere al minuto, però si è cenato bene, devo ammetterlo.

Tripla scelta di zuppe e di portate principali. Il mal di panza è passato. Comunque di meglio non c’è quindi… ci siamo capiti.

Fuori una moltitudine di moto e di jeep: evidentemente tutti si fermano qua. Ritroviamo gli spagnoli, che ci siamo persi lungo la strada, e anche tanti italiani.

Domani si prosegue. Che sia anche un’altra giornata fortunata?
__________________
Massimo Adami
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YAMAHA XT600E

Ultima modifica di Massimo; 31-08-2018 a 12:29
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Vecchio 31-08-2018, 15:30   #46
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maddò!!! che panorami e strade! che spettacolo, spero di andarci presto
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Vecchio 31-08-2018, 16:04   #47
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Ci stai facendo sognare ad occhi aperti...
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Vecchio 31-08-2018, 16:49   #48
chribu
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Bellissimo
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Vecchio 31-08-2018, 17:37   #49
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Grande Massimo, per quello che avete fatto e per come lo sai raccontare!!
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Vecchio 31-08-2018, 19:48   #50
robi_pal
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F A N T A S T I C O

Grazie Massimo
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F 800 GS
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