Visto che Bumoto vuole
evidenziare questo thread, credo che sia opportuno aggiungere un paio di commenti. Approfittando del fatto che ho l'influenza...
HO CERCATO DI ESSERE PIU' CHIARO POSSIBILE, SEMPLIFICANDO AL MASSIMO E USANDO UN LINGUAGGIO SEMPLICE.
QUESTO HA ALLUNGATO IL BRODO, MA NON CI VUOLE MOLTO PER ARRIVARE ALLA FINE.
BISOGNA PERO' LEGGERE PASSO PER PASSO, COME SEMPRE QUANDO SI VUOLE CAPIRE QUALCOSA.
SPERO DI AIUTARE A CHIARIRE LE IDEE SU QUESTA BENEDETTA ASTA DEL PARALEVER SU CUI CI SONO STATE SENZ'ALTRO TROPPE POLEMICHE...
Chiedo scusa per gli strafalcioni e le ineleganze...
Ricordiamo che l'
asta paralever (geniale nella sua concezione) ha ben
tre funzioni principali:
1) Configura gli angoli (abbinati) di lavoro del cardano
2) Funge da elemento portante (come la forcella)
3) Limita l'innalzamento del retrotreno (momento cardanico)
Sui punti 1) e 2) abbiamo, credo, ampiamente discusso. Chi non l'ha fatto può riprendere i post precedenti di questo thread. Sul punto
3) non abbiamo però detto molto qui...
Credo che tutti sappiano cosa sia il
momento torcente cardanico e quali siano i suoi effetti negativi. Stiamo parlando dell'
innalzamento del sedere della moto quando si accelera o comunque sotto carico del motore. E' un fenomeno che si vede bene nei vecchi GS, nelle vecchie Guzzi e, ancor oggi, in moto come certe Harley oppure nella Triumph Rocket III...
Prendo spunto da un thread parallelo a questo dove si parlava di un
fulcro ideale (evitando di fare cross-posting). Il fulcro ideale è quel punto, posto a circa 140 cm dal mozzo posteriore e collocato sotto il serbatoio, che si trova all'incrocio dell'asse cardanico e dell'asta di reazione (schema qui sotto). Molti fanno riferimento a quel punto immaginario, ma cosa rappresenta? Vediamo...
Teniamo intanto presente che il
mozzo della ruota posteriore non ruota attorno al nostro punto ideale, come invece molti credono. Il mozzo ruota invece, molto più semplicemente, attorno alla
cerniera sul carter cardano che si ha circa sotto la sella, insomma dove il cardano esce dal cambio. Il fulcro ideale sotto il serbatoio riguarda altre cose e, nello specifico, riguarda la rotazione della ruota, mentre la stessa oscilla su e giù. Ma che vuol dire? Detta così, sembra una cosa confusa...
Per essere più chiaro rimando intanto a questa immagine:
Come dicevo,
il mozzo oscilla intorno alla cerniera raffigurata dal dischetto blu. E qui non si scappa, perché
c'è un collegamento mozzo-cerniera. Questo mi sembra inoppugnabile, no? Che fa allora l'asta blu di reazione? Beh, l'asta vincola il modo in cui il mozzo stesso ruota su di sé,
mentre oscilla intorno al dischetto blu della foto. Questo lo si intuisce dal fatto che
il mozzo è snodato rispetto al cardano (giunto in corrispondenza del soffietto) e dal fatto che l'asta è
incernierata alla protuberanza triangolare inferiore del mozzo stesso (dove in figura si nota l'etichetta). In altre parole, mentre il mozzo va su e giù quel triangolo, e dunque il mozzo intero, deve seguire un movimento pilotato dall'asta. E qual'è questo movimento?
Per capirlo prendiamo una
forcella monolever tradizionale. In pratica, è come se il cardano (con la scritta "metisse.de") fosse
rigido, ossia privo del giunto presso il soffietto, e fosse l'unico elemento oscillante: resta infatti la cerniera blu senza la quale il retrotreno non potrebbe nemmeno oscillare. Immaginiamo che resti anche il triangolo inferiore del mozzo, anche se sembra un'inutile protuberanza. Ovviamente, l'asta di reazione viene meno. Che succede dunque in queste condizioni classiche?
Ebbene, un mozzo in quelle condizioni semplicemente seguirebbe la forcella. Per essere ancora più esplicito: l'angolo tra il triangolo inferiore del mozzo e la forcella (scritta "metisse.de") sarebbe rigorosamente costante. In modo ancor più semplice: tutto il gruppo mozzo-triangolo-forcella sarebbe
monolitico. Fa parte delle nostre stesse supposizioni: è appunto lo schema tradizionale. Ok?
Ora, siccome il gruppo è monolitico, il mozzo col suo triangolo inferiore si trova a ruotare un poco, mentre la forcella oscilla. Ad esempio, mentre la forcella scende il mozzo ruota in senso antiorario, così che la punta della nostra appendice triangolare guarda sempre più verso la ruota anteriore. Insomma, è un po' come essere seduti tangenzialmente su una
giostra, tipo quelle per bambini: si ruota intorno al centro e gli occhi guardano ogni istante in un punto differente del mondo: ruotano anch'essi. Tutto qui.
Immaginiamo ora di essere ancora su una giostra, ma di tenere lo sguardo sempre nella
stessa posizione, verso un punto di riferimento ideale. In questo modo ruotiamo, ma teniamo la testa parallela a sé stessa. Ovviamente, non possiamo farlo sempre per l'intera rotazione della giostra, perché ci slogheremmo l'osso del collo. Però, per piccole rotazioni od oscillazioni lo possiamo senz'altro fare. Ok? Ebbene, quel punto ideale verso cui guardiamo corrisponde al fulcro ideale di cui sopra. Infatti, il mozzo (noi sulla giostra) compie piccole oscillazioni, non certo rotazioni complete.
Il
paralever assolve proprio a questa funzione:
tiene il mozzo (quasi) parallelo a sé stesso, mentre esso oscilla intorno alla cerniera blu dell'immagine. Questo significa che tutta la ruota (trascinata dal mozzo) resta quasi parallela a sé stessa, mentre compie archi di cerchio intorno a quella cerniera. Proprio parallela non resta: diciamo che ruota poco, cioè ruota intorno a un punto più lontano del disco blu, un punto che va fuori dalla nostra fotografia: il nostro punto virtuale sotto il serbatoio. Non ruoterebbe per nulla (perfetto parallelismo) solo se quel punto fosse infinitamente lontano...
Qui sotto un'oscillazione tradizionale e una con parallelgramma perfetto. Nel primo caso si ha una oscillazione attorno a un fulcro con contestuale rotazione. Nel secondo caso il piccolo arco di cerchio coperto non comporta la rotazione e la ruota resta parallela a sé stessa. Le due aste incernierate non sono convergenti o, è lo stesso, s'incontrano in un punto infinitamente lontano.
Nell'immagine successiva si passa dalla situazione del parallelogramma perfetto al paralever reale. Si vede come il paralever, oscillando, determina una piccola rotazione; non si ha cioè un perfetto parallelismo. Ma la rotazione del mozzo è comunque molto minore (meno della metà) rispetto a un tradizionale monolever:
Ovviamente, quando diciamo tutto questo dobbiamo immaginare che la moto sia ferma. A veicolo in movimento, infatti, le ruote girano comunque. Possiamo fare il ragionamento anche per questa condizione dinamica. Abbiamo che con il paralever (diversamente dal forcellone classico) l'oscillazione della ruota non aggiunge o sottrae velocità di rotazione a quella che essa già possiede mentre rotola sulla strada.
Queste affermazioni possono apparire strane, giacché la ruota è comunque libera rispetto al mozzo. Già, ma nel mozzo c'è il cardano... Diciamo che quando la ruota sale o scende la trasmissione si trova a spingere
con la rotazione del mozzo o contro la rotazione del mozzo. Ma lo scopo del paralever non riguarda tanto l'omogeneizzazione delle resistenze di moto... Allora, perché è importante che il mozzo (o la ruota) resti quasi parallelo a sé stesso durante l'oscillazione? Per capirlo possiamo ragionare in modo semplice, invertendo il punto di vista. Vediamo.
Mentre il mozzo oscilla nulla puà forzarlo a ruotare su sé stesso, dal momento che la sua rotazione è appunto vincolata dal paralever. Questo è cruciale se pensiamo alla
coppia torcente trasmessa dal cardano. Questa tenderebbe infatti a ogni sgasata a far ruotare il mozzo nel verso opposto al cardano-coppia conica (principio di azione e reazione). Non potendolo però fare del tutto quando la gomma è appoggiata a terra, ecco che sussiste una componente che si scarica sul monolever e la relativa sospensione:
il sedere della moto sale come un ascensore.
Come dicevo all'inizio, questo fenomeno è ben noto sulle moto a cardano sotto carico. Il paralever impedisce questo fenomeno, dato che obbliga il mozzo a una cinematica rigorosa, come se esso scorresse su guide apposite. Questo vuol dire che il momento che si scaricherebbe sul mozzo e da qui sul monolever finisce invece per scaricarsi nel (quasi-) parallelogramma del paralever. In pratica, è
come se la moto avesse una forcella tradizionale, ma molto più lunga, una forcella incernierata appunto nel fulcro ideale sotto il serbatoio. Lo sforzo richiesto per alzare il sedere è molto superiore (maggiore braccio di leva). L'innalzamento del posteriore viene dunque in gran parte assorbito dal sistema. Ecco perché le mucche col paralever non si alzano.
Possiamo vedere la cosa anche in questo modo. Quando la coppia conica trasmette potenza la ruota gira da una parte e il mozzo collegato al cardano tende a ruotare nel verso opposto. In sostanza il mozzo tende a ruotare in senso antiorario, così che l'appendice triangolare tende a puntare sempre più verso la ruota anteriore. Giusto? E' il solito principio di azione e reazione di Newton.
Questo fa sì che il cardano (snodato) s'ingobbisca e spinga sul mono (in giallo nella foto sopra). Se potesse realmente farlo avremmo l'ascensione del retrotreno. Perché non può farlo? Perché al movimento si oppone l'asta di reazione (blu) del paralever. Mentre la punta triangolare del mozzo spinge verso la ruota anteriore l'asta oppone resistenza, fungendo da
puntone. La nostra asta lavora quindi sia in
trazione (peso della moto a velocità di regime) che in
compressione (carichi intensi provenienti dalla trasmissione).
Quando l'asta si oppone al movimento del mozzo scarica tutto lo sforzo assunto lungo il suo asse principale, appunto in direzione del punto virtuale sotto il serbatoio. Il suo lavoro strutturale impedisce dunque l'innalzamento del retrotreno.
Nota: Le moto con cardano e monolever hanno però di solito un solo giunto (manca lo snodo del soffietto). In tal caso non si può avere l'"ingobbamento" del cardano appena descritto. Allora, l'intero tratto cardanico rigido (dal cambio alla coppia conica) tende a ruotare in senso antiorario. Questo provoca un allontanamento del monolever dalle sovrastrutture superiori della moto: la sospensione si distende e il sedere si alza.
La morale di tutto quanto appena visto è pertanto che
un'asta paralever accorciata può anche determinare un minor assorbimento del momento torcente del cardano con conseguente indesiderato innalzamento del retrotreno nelle accelerate...
Questo effetto negativo va naturalmente ad
aggiungersi a quelli già discussi in questo thread e che ricordo ancora:
a) allontanamento dalla condizione
omocinetica del cardano con conseguente calo del
rendimento di trasmissione, accompagnato da strappi e vibrazioni.
b) possibile
danno alla trasmissione cardanica (barre più corte di 2-3 cm).
c) eventuale
problema strutturale dell'asta paralever di terze parti (l'asta sostituisce infatti la forcella dei modelli tradizionali) con riferimento tanto alla trazione quanto alla compressione.
-- L'asta del paralever non assicura un moto perfettamento omocinetico (approfondimento):
Ho ripetuto fino alla noia che gli
angoli del cardano devono essere tra loro in un certo rapporto durante l'oscillazione, al fine di assicurare una trasmissione omocinetica. In buona sostanza (semplificando), devono essere uguali per tutto il tempo dell'oscillazione e per ogni escursione della sospensione. Ricordo all'uopo che gli angoli non sono semplicemente quelli visti di profilo, ma quelli considerati nelle tre dimensioni dello spazio... Guardate la trasmissione anche dall'alto, non solo di fianco.
Questo fattore angolare è della massima importanza, relativamente all'asta del paralever. La sua lunghezza e il suo posizionamento determinano infatti
il modo in cui quegli angoli variano con le oscillazioni. Dobbiamo allora pensare che BMW abbia scelto l'asta in modo tale da garantire quella situazione al 100%? Non è proprio così, perché BMW è dovuta scendere a
compromessi.
In sostanza, l'asta di reazione
non garantisce sempre una trasmissione perfettamente omocinetica (comunque vi si avvicina), perché il discorso appena fatto sull'assorbimento della coppia torcente ha condotto il costruttore ad allontanarsi un po' da quella condizione ideale. La coppia torcente non viene del tutto assorbita e il mozzo (come mostra l'immagine dell'angolazione di 7,5 gradi del paralever sopra) un po' finisce comunque per ruotare. Giusto?
Infatti, il paralever
non costituisce un parallelogramma perfetto, laddove il fulcro virtuale non sarebbe sotto il serbatoio, bensì all'infinito.
Un po' di rotazione la si vuole per compensare i trasferimenti di carico nelle accelerazioni/decelerazioni. Così, l'asta è convergente rispetto al cardano, non proprio parallela. E così, gli angoli cardanici non sono sempre uguali durante l'oscillazione. Lo sono però a riposo, cioè in assetto, quando la moto non sobbalza sugli ondulamenti o asperità del fondo stradale.
Ora, è piuttosto chiaro che se si mette una barra più corta, la convergenza è ancora più marcata e il distacco dalla condizione omocinetica ancora più pronunciato. Ricordiamo d'altronde che un
cardano con monolever, tipo il vecchio K75, ha
un solo giunto (non due come nel sistema paralever). In questo caso la
variazione ciclica di velocità (vedere post precedenti) è inevitabile e quindi comunque maggiore del sistema con due giunti che, pure, non è perfettamente omocinetico.
Con quel vecchio sistema bisogna provvedere a un
posizionamento tale del cardano per cui l'uscita (in più e in meno) dalla condizione omocinetica durante le oscillazioni non finisse per generare fluttuazioni di velocità eccessive con conseguenti
strappi e
vibrazioni durante i sobbalzi del retrotreno. Ci sono in effetti sistemi di assorbimento delle pulsazioni cinetiche. Una trasmissione con paralever sarà comunque sempre più omogenea e fluida. Se si mette un'asta di differente lunghezza si rischia di far uscire la trasmissione dalla condizione omocinetica anche per le
posizioni di riposo, cioè quando il retrotreno non oscilla, in assetto...
Spero di essere stato chiaro. Non è facile con i post...
Se conoscete l'inglese guardate anche questo vecchio sito dall'esposizione eccellente per razionalità e chiarezza (purtroppo, è talora un po' lento a caricare). Da esso ho tratto alcune immagini illustrative. Vi consiglio di salvare la pagina:
http://www.largiader.com/paralever/
P.S.
Mi pare quasi inutile precisarlo, ma a scanso di equivoci... Ci sono due sistemi paralever in BMW. Uno vecchio e uno nuovo. Quello vecchio ha l'asta di reazione
sotto il cardano, mentre quello nuovo ce l'ha
sopra. Ora, per tutto quanto discusso in questo thread,
accorciare la barra vecchia equivale ad allungare quella nel nuovo modello.