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Vecchio 05-01-2012, 15:27   #26
Enri&Co
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SBARCO SULLA TERRA DI FUOCO E GHIACCIO
parte prima

Mi tremavano le mani, lo confesso. Inserire la chiave dell’accensione nel blocchetto della moto è stata un impresa. Tutto mi è sembrato faticosissimo, slegare la moto, indossare il casco, infilare i guanti, scendere dal cavalletto.

L’attesa dell’invito ad accendere i motori mi è parsa infinita.. illuminato dalle luci dei neon del ponte 4 aspettavo un segno. Aspettavo lo sparo dello starter come un centometrista sui blocchi di partenza, ansioso di lanciarsi in avanti, con la tensione nei muscoli, che, apparentemente fermi, ma tirati allo spasimo, accumulavano acido lattico. E’ lo stesso gigante buono che mi ha aiutato a rialzare la moto alla partenza a darci il via. Senza una parola, senza gesti, ci sorride e fa un impercettibile cenno col capo. Capiamo tutti che è il momento. Solo questo stavamo aspettando. Giro di chiave. Rombo di motore. La rampa in discesa, umida e oleosa, sembra più lunga di tutta la strada che ho fatto per arrivare fin qui, ma sono fuori. L’aria è fresca, c’è il sole. Respiro una nuova vita che comincia in questo preciso istante.

Come guidati da un unico istinto, ci fermiamo tutti al primo incrocio, subito fuori dall’area doganale. Sui nostri parabrezza splende l’adesivo violetto del permesso d’importazione temporanea della moto, che una biondissima, sbrigativa, agente di frontiera, ci ha appiccicato dopo poche domande rituali.



Oramai siamo tutti amici, ci scambiamo mail e cellulari. Con Patric fisso un nuovo appuntamento per due giorni dopo, ad Akureyri. Anziché fare un poco di strada assieme, come concordato inizialmente durante la navigazione, vista la bella giornata, decide di avviarsi immediatamente nell’interno, verso un vulcano minore, dal nome impronunciabile e che sulla mia carta non è nemmeno segnato, mentre sulle sue, sembra enorme. Ad Akureyri non è venuto e non l’ho ancora sentito, ma ha la mia mail, mi ha promesso le foto dei posti che attraverserà. Sono sicuro che tra un mese, non appena sarà rientrato a Parigi, avrò sue notizie.

Ci salutiamo allegramente, indugiando tutti ancora un poco, come se nessuno avesse il coraggio di partire per primo. Salutiamo i due di Torino. Salutiamo la coppia fresca di matrimonio, lei pimpante e radiosa come fosse appena scesa dall’altare, lui con il viso dello stesso colore giallo del Gs 1150 dell’altra coppia. Salutiamo anche loro. Non vedo i K spaziali, ma non mi importa. Marco, Pietro, Emanuele ed io ci immettiamo sulla n°1, l’unica strada completamente asfaltata di tutta l’Islanda, ma per poco, leggendo e studiando le carte e gli itinerari nelle ore di attesa sul traghetto, avevamo individuato un percorso che ne tagliava via un gran pezzo, una specie di scorciatoia, così già dopo pochi chilometri ci buttiamo sulla 901 e, come Alice attraverso lo specchio, entriamo in un'altra dimensione.

Il mare blu e verde, che ci ha cullato per due giorni, scompare, come se non fosse mai esistito. Ne appare un altro, coi toni di marrone e ocra, Il paesaggio è davvero sconfinato. Monti innevati all’orizzonte. La strada, attraverso una piana immensa, svanisce nel nulla, laggiù in fondo, sul bordo superiore di colline scure, che segnano il confine tra il cielo e la terra.

Nuvole bianche brillanti, bordate di grigio, si distendono di fronte a noi, poco sopra il bordo superiore del parabrezza, sospese a mezza altezza, non alte nel cielo, vicine, e, al tempo stesso, lontane, sentinelle di luoghi che scopriremo pian piano, ma che ora non possiamo, non riusciamo, neppure ad immaginare.
Sono preso da una eccitazione e da una euforia incontenibili, e con me i miei tre compagni di viaggio. Corriamo su questa pista di terra battuta e sassi giallastri, a velocità folle, sollevando una scia di polvere che il vento leggero allunga lateralmente e disperde nella pianura. Emanuele, incontenibile, rallenta e accelera in continuazione, facendo scodare la ruota posteriore come una bandiera garrisce al vento.



Pietro e Marco, più incerti, entrambi per la prima volta con gomme tassellate, montate apposta per l’Islanda e con cui non hanno ancora sufficiente confidenza, seguono. Io chiudo la carovana, incantato dal paesaggio, accompagnato, in sottofondo, dalla musica del boxer. Corriamo, ebbri di gioia, scaricando sulla manopola del gas il desiderio di moto, compresso e trattenuto nei giorni di nave. Corriamo lungo la 901, di cui non si vede fine, nulla tutto intorno. Non una casa, non un albero, nessun segno di civiltà. Voliamo tra pietre e polvere, salendo e scendendo colline, attraversando altre pianure, per una quarantina di km, fino ad immetterci di nuovo sulla n°1.

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Vecchio 05-01-2012, 15:32   #27
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LA NUMERO 1

La n°1 è la strada asfaltata che segue per gran parte del periplo dell’isola. E’ lunga circa 1600 km. Dovrebbe essere tutta pavimentata, ma per la verità ho incontrato diversi tratti interrotti. Il motivo è semplice. E’ sufficiente che uno qualsiasi dei ventidue vulcani attivi e perennemente ricoperti di neve e ghiaccio, o qualcuna delle centinaia di bocche minori, presenti sull’isola, dia un “colpo di tosse” per vaporizzare all’istante centinaia o migliaia di metri cubi di ghiaccio e neve, provocando una inondazione che spazza via, in pochi minuti, tutto quello che trova sul suo percorso.

Esattamente tre settimane prima della mia partenza, uno scherzetto del genere da parte del vulcano Hekla ha trascinato via, in pochi istanti, un lungo ponte e 800 metri di strada nei pressi di Vik, bloccando per 10 giorni, il tempo necessario al ripristino di un passaggio di emergenza, il transito alle auto normali. Percorrendo la n°1, la settimana scorsa, Marco ed io, in quel punto, siamo transitati su un ponte, ancora provvisorio, di ghiaia e assi di legno. Ma per gli abitanti del luogo è normale, sono abituati a convivere con i capricci dei loro “amici” vulcani.

Questa strada principale, che per la maggior parte del suo percorso, segue la costa, è obbligata a snodarsi lungo tutto il contorno dei fiordi che sono stretti e lunghissimi, quindi due cittadine situate sulla riva opposta dello stesso fiordo, che distano in linea d’aria magari poche centinaia di metri, su asfalto distano in realtà 100/200 km. Nascono così le piste interne, che nel caso dei fiordi, si arrampicano sul ripido versante di una parete per ridiscendere dall’altro, nel caso dell’isola, la attraversano da nord a sud o da est ad ovest, ovviamente, con innumerevoli varianti.

Se si desidera spostarsi da uno qualsiasi dei piccoli centri del versante nord dell’isola, ad uno di quelli della costa a sud, diametralmente opposti, lungo la n°1 si percorrono 8/900 km, in alternativa si può tagliare l’isola in diagonale lungo una delle diverse piste interne. La differenza sostanziale, oltre al notevole risparmio di chilometri, consiste nel fatto che le piste, denominate con la lettera F, davanti al numero che le contraddistingue, sono percorribili esclusivamente da mezzi a 4 ruote motrici, sono spesso completamente sprovviste di ponti e di conseguenza il grande numero di fiumi, torrenti e corsi d’acqua generati dall’abbondante disgelo estivo, devono essere attraversati a guado; inoltre sono del tutto sprovviste di punti di rifornimento di carburante.



Questa foto parla chiaro: state per inoltrarvi lungo una pista consentita esclusivamente alle auto a trazione integrale, con un numero non meglio precisato di guadi da superare ed il rifornimento successivo lo trovate soltanto dopo aver percorso 268 km, generalmente di lava, distese di pietra pomice, traversato fiumi di acqua gelida, deserti di sabbia lavica, dune di fuliggine ammassate dal vento.

La n°1 è anche la catena di distributori di benzina più diffusa in Islanda, anche se il termine diffusa, già dopo il primo giorno, mi è sembrato decisamente esagerato. Anche su asfalto, i rifornimenti distano tra loro sempre qualche centinaio di km. Ad ogni pieno o rabbocco del serbatoio, era buona consuetudine calcolare la percorrenza residua e memorizzare il “ punto di non ritorno”. Punto in cui, anziché proseguire, senza la certezza di distributori nel raggio dei km previsti, era meglio tornare sui proprio passi, rifornirsi e cercare percorsi alternativi. Marco portava sempre con sé, piena fino all’orlo, una tanica da 5 litri legata sul portapacchi, e come lui moltissimi altri motociclisti. A me è capitato solo una volta di arrivare al punto di rifornimento che la mia carta stradale indicava chiaramente, con il trip computer che segnava una autonomia residua di soli sette chilometri.

Infine, a parer mio, la n°1 è la strada dei turisti delusi, quelli che, in un pacchetto tutto compreso, ricevono, appena usciti dall’aeroporto, le chiavi di una Yaris rossa o grigio metallizzato a noleggio, li riconoscevamo subito. Trascorrono la loro vacanza vagando su questo nastro d’asfalto, spesso senza nemmeno rendersi conto di trovarsi a pochi metri dalla porta di accesso di un mondo meraviglioso e stupefacente, senza trovare l’istinto o il coraggio di varcarne la soglia ed entrare nell’incanto che questa terra nasconde.

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Vecchio 05-01-2012, 15:36   #28
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SBARCO SULLA TERRA DI FUOCO E GHIACCIO
parte seconda

Siamo fermi, nuovamente sulla strada principale, togliamo i caschi, senza parole. Incapaci di descriverci a vicenda le emozioni. I primi chilometri sulla terra d’Islanda ci hanno dato una scarica di adrenalina incontenibile, ridiamo, e scherziamo, dicendo frasi apparentemente prive di senso, nella speranza inutile di esprimere l’euforia che trabocca dal petto, brilla negli occhi. Pochi istanti e si riparte, la fretta di scoprire i tesori di questa terra incredibile, ci aggredisce..

Per tutti e due i giorni di navigazione ci siamo confrontati, carte alla mano, sui nostri rispettivi itinerari. Ognuno di noi, durante i mesi invernali, in fase di preparazione del viaggio, aveva stilato il suo. Nel mio, per il primo giorno, avevo previsto di dirigermi subito verso i fiordi del nord. Sulla carta mi ero già segnato il campeggio nei pressi di Husavik, dove avrei trascorso la prima notte. L’itinerario di Pietro ed Emanuele, puntava a sud, verso l’interno, in direzione delle grotte di ghiaccio di Kverkfjoll, raggiungibili attraverso il deserto di sabbia della F 88, per poi tornare indietro, imboccare la 910 e salire all’Askia. Marco era intenzionato a dirigersi immediatamente all’Askia, seguendo un primo tratto di F 88 e deviando subito per la F 910. Per Marco è stato facile, dovendo percorrere la prima parte di 88 assieme agli altri due, decidere di posticipare di un giorno la salita all’Askia e unirsi, quindi, al programma di Pietro ed Emanuele. Io invece ho mantenuto immutate le scelte previste, volevo fare la 864 e poi la 85 che prima attraversa e poi costeggia tutto il promontorio di Tjiornes, e così ho fatto.

Ci salutiamo con grandi pacche sulle spalle. Fisso un appuntamento con Marco di lì a due giorni ad Akureyri, dove entrambi secondo i rispettivi programmi abbiamo fissato il pernottamento, tappa quasi obbligata, unico posto urbanizzato e ovviamente unico distributore di benzina, prima dell’imbocco della pista 35 che entrambi abbiamo sul nostro ruolino di marcia. Pista che, da nord a sud, attraversa il deserto del Kjolur, passando in mezzo a due vulcani, il Langjokull, e l’Hofsjokull, per ricongiungersi, dopo 160 km, con la n°1, nei pressi di Gullfoss.

Non sono ancora le dieci di mattina, siamo sbarcati da poco più di due ore, abbiamo percorso una parte infinitesimale dei chilometri che ci troveremo ad aver percorso alla fine della nostra permanenza sull’isola, eppure ci sentiamo già completamente immersi nell’avventura, quella vera, che questa terra, unica nel suo genere, ci offre. Il fascino incantevole di quest’isola ci ha stregati, come il canto delle sirene a cui non si può resistere. Siamo immersi in un territorio con colori, luci, orizzonti, cieli, mai visti prima. Tutto è nuovo, diverso. Tutto è da scoprire.. e così sarà..

Aspetto Marco, Pietro ed Emanuele mentre si riforniscono di viveri, riempiono serbatoi e taniche, li saluto di nuovo con un abbraccio; da parte loro un ultimo vano tentativo di convincermi a seguirli, metto in moto e parto. Mentre vado li vedo nello specchietto che indugiano ancora un poco sulle mappe, poi spariscono, sparisce lo spaccio, il distributore. Pochi minuti di asfalto e imbocco la 864. Riduco la velocità, quasi mi fermo, sono completamente solo, su di una terra che mi sembra senza fine, il silenzio è così intenso che sovrasta il rumore del motore.



Non si ode davvero nulla, solo un sibilo leggero di vento. Laggiù davanti a me, invisibile, oltre la terra scura, oltre decine di cascate, oltre i monti imbiancati, c’è la destinazione del mio primo giorno in Islanda. Scalo una marcia, giro dolcemente la manopola dell’acceleratore e volo via..

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Vecchio 05-01-2012, 18:34   #29
Karim
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Pensa che i due sposini di Biella, si son capottati in un guado ed han dovuto fare un cambio olio lì per lì, grazie anche a degli islandesi che avevano un paio di tanichette d'olio dietro

Al ritorno, come se non bastasse, gli si è pure smagnetizzato il bancomat, e quindi eran senza soldi: lei non ha perso il sorriso manco per un secondo, lui un po' meno
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VÃ* dove ti porta il pieno.....magari anche più lontano, considerando il mio pieno.
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Vecchio 05-01-2012, 18:55   #30
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Del ribaltamento in mezzo ad un guado e seguente svuotamento dell’acqua dai cilindri dell’adv dei due sposini ero a conoscenza. Una paio di mesi fa ci siamo ritrovati tutti i presenti sul traghetto del 26 luglio, dalle parti di Fidenza, per un pranzo memorabile a base di specialità emiliane e fiumi di lambrusco, dove ognuno di noi ha raccontato le sue avventure/disavventure. E’ stato fantastico.

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Vecchio 05-01-2012, 19:22   #31
Karim
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Erano sul traghetto di ritorno con noi: sistemato lo sposino nel punto mediano della nave ( deck dello Sky Bar nel corridoio tra i due lati ) dove l'ondeggiamento non si sentiva, è sopravvissuto per quasi tutto il ritorno. Ha pure mangiato ad un certo punto!

Molto spavaldo
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Vecchio 06-01-2012, 07:54   #32
piva
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Andare in Islanda è un'esperienza senza fine: rileggendo il tuo racconto sembra di essere ancora li, tra la voglia di vedere cosa c'è avanti e la soggezione nei confronti di una natura maestosa.

Gran bel report Enrico
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Vecchio 06-01-2012, 09:56   #33
McMarco
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Il ritrovo di Quelli della Norrona e' stato fantastico, gli sposini ci hanno mostrato un album che era una meraviglia, e' stata una gran bella tavolata!
Piva al prossimo incontro in primavera devi venire!!

Non sapevo della coppia tedesca , ai miei occhi sembravano unstoppable!! A sentire queste cose alla fine realizzo di aver avuto culo ad essere tornato a casa senza troppi intoppi

Enri&co non ci lascerai mica cosi....continua continua
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BMW F800GsINA
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Vecchio 06-01-2012, 18:40   #34
Enri&Co
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LA PISTA 35

Siamo entrambi in anticipo. Dieci, quindici minuti buoni prima dell’ora stabilita. Marco ed io ci ritroviamo al distributore individuato sulle carte e concordato per l’appuntamento, due giorni prima. In Islanda non c’è l’ora legale, a che servirebbe del resto..in questo periodo, di fine luglio, inizio agosto, ci sono 21/22 ore di luce. L’ora è quella del meridiano di Greenwich, due ore in meno rispetto l’Italia. Con Marco abbiamo trascorso insieme e in moto molte ore. Nei giorni seguenti ci scherzavamo su, dicendo che andavamo a dormire col fuso islandese a ci alzavamo col fuso europeo. Sono le 07e30 “local time” che, riempiti fino all’orlo i serbatoi, ci mettiamo in marcia.
La pista 35 non si è dimostrata è particolarmente impegnativa, lunga, poiché taglia l’isola quasi per traverso, ma agevole. Inizia a nord, nei pressi di Varmhalid per arrivare a sud ad una quarantina di km da Reykjavik. La caratteristica che la contraddistingue però è che nel suo snodarsi tra le distese di lava e pomice del deserto del Kjolur, attraversa un altipiano che passa proprio in mezzo a due vulcani ricoperti di ghiaccio.



Piovaschi improvvisi e schiarite si alternano per tutta la mattinata lungo il percorso, trasformando di volta in volta la polvere in fanghiglia viscida e viceversa fin quando ci ritroviamo, come per magia, ai piedi dei due vulcani. Da una parte, imponente, il Langjokull, illuminato dal sole, dall’altra l’Hofsjokull, di cui non si intravede la cima, immersa come è nelle nuvole, ma alla base, sui suoi enormi piedi di ghiaccio, nevica. Per alcuni minuti, nevica talmente intenso che si distinguono con facilità i grossi fiocchi, scendere copiosi, lì davanti a noi a poche centinaia di metri, talmente vicini che sembra di stare ad una finestra a guardar fuori come nevica in una giornata d’inverno, mentre dalla parte opposta il sole che fa risplendere il ghiaccio bianco e celeste del vulcano gemello crea un effetto di luce da caleidoscopio. Siamo ammutoliti. E’ impossibile descrivere lo spettacolo, i colori, dipinti da una tonalità di luce che esiste soltanto a queste latitudini, sono unici, la maestosità dei due vulcani, e la strada scura, senza fine, che si dirige verso l’orizzonte lontano sono da farti rimanere senza fiato. Proseguiamo, per molte ore ancora, mentre il paesaggio, degradando verso la pianura, si fa sempre più verde, lambendo distese di acqua cristallina. Ogni avvallamento, ogni depressione del terreno, ogni conca, viene riempita dall’abbondante acqua che fluisce dallo scioglimento estivo dei due ghiacciai, dando vita a distese immense di laghi che si intersecano l’uno con l’altro, seguendo la bizzarra altimetria del territorio. Ancora pochi chilometri ed arriviamo in quello che sugli opuscoli turistici viene chiamato comunemente il circolo d’oro. Gullfoss, Geysir e Thingvellir. Gullfoss è probabilmente la cascata più famosa d’Islanda. Geysir è una vasta area ad alta concentrazione di caldere attive, specie di enormi pentoloni, a livello del terreno, in cui l’acqua ribolle. In quelle più estese, l’acqua in superficie si raffredda a contatto con l’aria fresca facendo come da tappo a quella che, in profondità, continua a scaldarsi per la vicinanza di camere magmatiche, fino a raggiungere il punto di ebollizione che provoca, ad intervalli regolari, l’esplosione e la fuoriuscita di una colonna di acqua e vapore, alta dai trenta ai quaranta metri. Questo fenomeno della natura, presente in altre parti della terra, conosciuto col nome di geyser prende il nome proprio da questa località. Thingvellir, oltre ad essere il sito storico più caro agli islandesi, essendo stato il luogo dove i vichinghi, primi colonizzatori del territorio, istituirono il più vecchio parlamento democratico del mondo; è anche il luogo dove è possibile vedere dal vero, con i propri occhi, messe in pratica, le prime nozioni di geografia continentale, studiate sui banchi di scuola. A Thingvellir una enorme spaccatura nel terreno, lunga una decina di chilometri segna il confine tra il continente nord americano e quello europeo. Qui la deriva dei continenti è in atto e i due “bordi” della spaccatura si allontanano progressivamente di uno/due centimetri all’anno. Sotto scrosci di pioggia battente, provocati da nuvole nere che rendono il giorno ben più buio della notte islandese, ci dirigiamo verso Reykjavik che invece ci accoglie col sereno. Ceniamo assieme, dopo aver scaricato i bagagli, Marco in un ostello, io in un albergo appena fuori città.

Dopo cena, seduti su di una panchina nel centro di una Reykjavik, che si appresta a vivere la lunga notte festiva, illuminata da un sole che non ne vuole sapere di tramontare, Marco mi racconta nei particolari di come lui, Pietro ed Emanuele, nei giorni precedenti, siano stati respinti dalla 88, senza riuscire a raggiungere le grotte di ghiaccio, sopraffatti da una sabbia finissima in cui le moto si rifiutavano di avanzare, da bufere improvvise di vento che sollevavano nuvole impenetrabili di fuliggine rendendo invisibile la pista, di come, nonostante il casco, avessero pieni gli occhi, le orecchie, la bocca, di una polvere impalpabile e irritante, delle innumerevoli cadute e degli sforzi sovrumani per risollevare le moto stracariche che sembravano pesare ogni volta un po’ di più, fino a decidere di dirigersi subito verso l’Askia, e rinunciando alla grotte di ghiaccio.

Guardiamo le due bmw parcheggiate accanto a noi, sembrano due sorelle, una un po’ più grande, l’altra un poco più piccola. La pioggia degli ultimi chilometri ha lavato gran parte della fanghiglia raccolta sugli stivali e sulle moto attraversando il deserto del Kiolur, sono le 11 e mezza di sera, ora locale, l’una e trenta di notte in Italia. La luce nel cielo è la stessa che a inizio giornata, ci aveva visti partire, potrebbe essere che tutto stia lì, lì, per cominciare e invece siamo sul finire di una giornata in cui abbiamo fatto 14/15 ore di guida, attraversato l’isola da nord a sud, solcato paesaggi e orizzonti che non dimenticheremo mai.

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Vecchio 06-01-2012, 18:55   #35
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LA PENISOLA DI SNAEFELLS

La strada sulla mia carta è di colore rosso, quindi dovrebbe essere asfaltata, ci accorgeremo coi fatti, che l’asfalto è presente si e no per un paio di chilometri nell’attraversamento delle minuscole località, spesso composte di appena tre, quattro case e, quando va bene, da una pompa di benzina. Per il resto terra battuta, molto ben tenuta, su cui è possibile condurre le moto mantenendo una media elevata, anche 100/110 km/h. In verità, al di fuori dei centri abitati, sulle strade di terra, il limite imposto dalle norme che regolano la circolazione, è di 80 km/h, mentre su quelle in asfalto di 90 km/h. Questa differenza minima, di per sé, già la dice lunga sul modo di guidare della popolazione locale. Così, mentre su asfalto i limiti vengono da tutti rigorosamente rispettati, sulle “gravel road”, vige la legge del più forte, o per meglio dire, di chi va più forte. Ho imparato presto a mie spese che, allo scorgere negli specchietti dell’avvicinarsi di uno di quei mostri a trazione integrale con gli pneumatici delle dimensioni di una panda, gonfiati a bassa pressione, è meglio, se si tiene alla propria pelle, rallentare, accostare sul ciglio della strada e lasciarli passare. Viaggiano a velocità forsennate, sparando sassi e graniglia come fossero delle mitragliatrici. Più che automobili, sembrano degli hovercraft, che galleggiano sul manto stradale di polvere e ghiaia, ti sorpassano con un sibilo e scompaiono in una nuvola di polvere.



La fortuna è che sono pochissimi, il traffico praticamente non esiste, si può viaggiare per ore intere senza incrociare nemmeno un veicolo. Anche sui ponti, presenti su queste strade, che sono per la stragrande maggioranza, ad un’unica corsia, vince chi va più forte: il primo che arriva ad impegnare l’unico, stretto, corridoio delimitato da paletti di legno, ha diritto di precedenza, lo dice la legge. Da quelle parti, stranamente, viene posta davvero poca cura allo stato dei ponti, che del resto vengono spazzati via con frequenza. Devo dire che sono stati proprio i ponti delle gravel road, i tratti di strada che mi hanno sempre messo più apprensione, quando ne incontravi uno, bagnato di pioggia, con le assi di legno umide o su quelli in vicinanza della costa, con la superficie resa scivolosa dalla salsedine, arrivare dall’altra parte dava un bel senso di sollievo.

La guida, che ho consultato spesso per arricchire l’itinerario di punti di interesse, descrive la penisola di Snaefells come un luogo isolato, inospitale e sferzato dal vento. Noi abbiamo avuto la fortuna di essere accolti da una giornata soleggiata, con una temperatura piacevole e l’assenza assoluta di vento. La punta che più si protende verso il mare aperto, è sovrastata dallo Snaefellsjokull, piccolo, si fa per dire, vulcano ricoperto di neve perenne, sulle cui pendici ci sono i crepacci attraverso i quali, i protagonisti del romanzo di Giulio Verne, “viaggio al centro della terra”, intraprendono l’inizio della loro fantastica avventura. Il luogo, orlato da alte scogliere a picco sul mare, è popolato di una quantità innumerevole di specie di uccelli, apparentemente tutti uguali, ma, nella realtà, con la livrea di tantissime sfumature e contrasti diversi a differenziarne le sottospecie di appartenenza; infine, è territorio di dominio incontrastato delle sterne artiche, che in questo periodo dell’anno, su prati pianeggianti di queste coste che finiscono a strapiombo sul mare, viene a deporre e covare le uova. La sterna artica, riporto dalla guida: “migra ogni anno, dall’artide all’antartide e si calcola che, ogni individuo, nel corso della vita media, percorra all’incirca due milioni e mezzo di chilometri .. nel periodo della cova si raduna in colonie, deponendo le uova sui prati antistanti il mare, scacciando con veemenza e coraggio qualsiasi intruso”.

Ormai non ci stupisce più arrivare ad Olafsvik ed accorgerci che chiamarlo paese è una esagerazione bella e buona, ma il distributore almeno c’è, solito rabbocco e via. C’è il sole quando imbocchiamo la pista che porta verso la cima dello Snaefellsjokull. Procediamo su di uno sterrato che diventa sempre più impegnativo, le pietre che spuntano dalla superficie della mulattiera diventano sempre più grosse e la strada sempre più ripida, io che viaggio con gomme stradali accuso il colpo e procedo sempre più lentamente fino a che proprio non riesco più ad avanzare. La ruota posteriore gira, grattando i sassi, ma l’anteriore non si sposta che di pochi centimetri. Mi fermo. Marco, gommato meglio di me, riesce a salire ancora e scompare nelle nuvole che si stanno abbassando rapide su di noi. Tornerà dopo poco per comunicarmi che non si va oltre, ad un paio di chilometri la strada è invasa dalla neve. Ci giriamo. Abbiamo da poco iniziata le discesa che incrociamo un uomo che, scarponi da montagna e zaino, sta salendo a piedi. Questo è un altro dei giochi di prestigio che questa terra è capace di fare: percorri decine, se non centinaia, di chilometri senza incontrare anima viva e poi all’improvviso ti appare, come sbucato dal nulla, qualcuno che vaga, attraversa, esplora, la magia di quest’isola, spesso nella più completa solitudine. Mi torna in mente Patric, il parigino compagno di cabina. Chissà dove avrà abbandonato la moto ora. Chissà su quale vulcano ghiacciato si starà arrampicando in questo momento..

Torniamo sulla costa e ci dirigiamo verso le scogliere. Sulla carta è segnato un faro, individuiamo ed imbocchiamo la pista che, attraverso creste di lava che paiono appena sputate fuori dal vulcano che le sovrasta e spianate di erba verdissima a strapiombo sul mare, si snoda sul confine estremo della penisola.



Su di una piana, in mezzo all’erba, centinaia di sterne artiche, pare si stiano godendo il tepore del sole. Mi fermo ed avvicino per scattare qualche foto, ma basta un passo in più perché queste si alzino improvvisamente tutte quante in volo. Il cielo si riempie di uccelli bianchissimi, con la piccola testa nera ed il becco e le zampe rosso vivo. Uno spettacolo. Torno alla moto per prendere la videocamera, mentre le sterne tornano a terra tutte assieme. Di nuovo mi avvicino, di nuovo queste si levano in volo, ma questa volta si piazzano, svolazzando, proprio pochi metri sulla mia verticale, emettendo versi striduli, in un attimo si stringono tra loro, serrano la formazione e comincia un attacco vero e proprio. Dallo stormo si staccano in sequenza singoli individui che con una rapida picchiata mi puntano addosso. Continuo a filmare, fino a che non sento distintamente i colpi dei loro becchi sul casco. Scappo, con la telecamera che continua a registrare il mio correre in affanno sull’erba. Le sterne si posano ancora tutte assieme, in sincronia perfetta. Missione compiuta. Intruso messo in fuga. Marco che ha visto tutta la scena da lontano è esterrefatto, non credeva ai suoi occhi, ti avevano circondato e venivano giù da tutte le parti, mi dice. Incredibile.

Ai piedi del faro, un cartello illustra le varie specie di uccelli che vengono in estate a nidificare su questo promontorio. Sotto la foto della sterna artica una didascalia in grassetto consiglia di non avvicinarle troppo perché possono diventare particolarmente aggressive, ma io di questo me ne ero già reso conto.

Proseguendo il giro del promontorio scorgiamo un cartello, di quelli che ormai conosciamo bene, quelli che indicano le strade contrassegnate dalla lettera F. Basta uno sguardo per intenderci, la direzione è giusta. Si sale di nuovo e questa volta riusciamo ad arrivare fin quasi alla cima dello Snaefellsjokull, sul versante esposto a sud, dove la neve è rimasta solo a chiazze.


Foto © McMarco

Le nuvole sono scomparse. Tutto il contorno della penisola è ai nostri piedi, l’aria è limpidissima, lontano, in mezzo al mare, si scorge un profilo di terra, consultiamo la carta, probabilmente la Groenlandia, che da questo punto dista poche centinaia di miglia..

Conquistato anche lo Snaefellsjokul rientriamo rapidamente alla base, l’indomani ci attende una giornata che si rivelerà memorabile..

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Vecchio 06-01-2012, 19:50   #36
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LA 208
parte prima

Nel solito breefing serale in cui si stilava un percorso di massima per il giorno seguente, ed annotavamo i punti di maggior interesse, non avevamo avuto dubbi. Le opzioni erano due: o arrivare a Vik, seguendo la costa per la n°1, lungo le scogliere di Dyrholaey, oppure, con un percorso a semicerchio, girare attorno alla zona del vulcano Ekla, (quello che tre settimane prima si era portato via ponte e un pezzo di n°1) e costeggiare le pendici del Myrdalsjokull lungo le piste 26, 228 e infine la 208. La prima opzione è stata scartata subito.

Si arriva al rifugio di Landmannalaugar agevolmente, dopo di che inizia il tratto della 208 che scende verso Vik, ed è la parte più impegnativa di tutto il tracciato. Sono molti i turisti che raggiungono il rifugio, che è edificato sulla riva di una grande vasca di acqua termale riscaldata dalle camere magmatiche dell’Ekla, proprio per fare il bagno in questo piccolo lago fumante, la maggior parte però se ne torna indietro, percorrendo a ritroso la strada fatta a salire. L’ultimo tratto della 208 è infatti famoso per i numerosi corsi d’acqua che si incrociano sul suo percorso, tanto che sulle guide viene comunemente indicata come la pista dei 22 guadi.

Negli uffici del turismo è in distribuzione gratuita un piccolissimo opuscolo con le istruzioni per l’attraversamento dei guadi, le stesse istruzioni in più lingue, sono presenti anche su dei cartelli posti sulle sponde dei corsi d’acqua più estesi. La prima raccomandazione è di attraversarli, se possibile, la mattina presto, quando il freddo della notte ha rallentato lo scioglimento del ghiaccio e della neve, riducendo quindi la portata d’acqua. Questo consiglio me lo diede anche Patric, sul traghetto all’andata. Nella sua prima esperienza con la 208, dopo aver superato alcuni guadi, si fermò per mangiare e fare foto in una valle senza rendersi conto dello scorrere del tempo. Quando ripartì, al primo guado successivo, si trovò davanti ad un torrente impetuoso, impossibile da attraversare in moto. Decise così di tornare indietro, ma anche uno dei corsi d’acqua, attraversati agevolmente la mattina si era trasformato, a sua volta, in un torrente impetuoso, sbarrandogli la strada. Fu costretto a piantare la tenda e trascorrere la notte sul posto, e solo la mattina seguente, di buon’ora, riuscì a proseguire.
La seconda raccomandazione è di attraversarli compiendo un arco immaginario subito a valle del punto di maggior passaggio della auto 4x4. Questo perché in quella parte del letto del torrente si raccolgono la terra ed i sassi più piccoli, smossi dai mezzi più pesanti, creando una zona in cui il livello dell’acqua, generalmente, è più basso e meno accidentato.
Ancora: in alcuni attraversamenti, in particolare quelli più estesi, è possibile trovare, legato a due paletti piantati sulle rive opposte, un filo di nylon celeste. In questi casi la raccomandazione è di seguire da vicino il cavo, poiché, a monte o a valle, potrebbero esserci buche profonde, e la corrente particolarmente forte potrebbe, senza che tu te ne renda conto, spostarti anche di molti metri. Nella foto qui sotto, il mio amico Marco, dà una dimostrazione da manuale di come si procede diligentemente accanto al filo. Bravo Marco.


Foto © McMarco

L’ultima informazione, in calce sia all’opuscolo che ai cartelli, è il numero di telefono, attivo 24 ore su 24 della Iceland Rescue. Efficiente, certo, ma ben poco incoraggiante.

Partiamo prestissimo, riproponendoci di visitare le scogliere di Dyrholaey tornando indietro sulla costa solo dopo aver percorso fino in fondo la 208. Prestissimo arriviamo al rifugio di Landmannalaugar, affollato di turisti che fanno il bagno, dove non ci fermiamo nemmeno per un caffè, siamo decisi, si prosegue!

Ad essere sinceri, un attimo di indecisione ci prende, davanti a questo cartello..



..qualche sciocco ha cancellato la “c”, ma il messaggio è chiaro, “deep canals whit strong current” – “canali profondi con corrente forte”.
Come dire: noi vi abbiamo avvisato, mo so’ c.. vostri..

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Vecchio 06-01-2012, 20:19   #37
Bagno
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Davvero da leggere tutto di un fiato, attendo con ansia la giornata memorabile :-)


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Vecchio 07-01-2012, 14:46   #38
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LA 208
parte seconda

Le moto sono, come al solito, stracariche, le mie Anakee2 sono gomme praticamente stradali, ma lo spirito d’avventura che ci ha rapiti fin dal primo istante in cui abbiamo messo piede sull’isola ci carica come delle molle. Indosso le soprascarpe antipioggia che mi arrivano fino al ginocchio e sopra ancora i pantaloni della cerata. Andiamo. Sulla nostra destra il Myrdalsjokull ci sovrasta sornione.
Sappiamo che una volta iniziata la discesa, tornare indietro potrebbe essere impossibile.

Prendiamo confidenza con i primi attraversamenti, siamo ancora abbastanza in quota, l’acqua è appena all’inizio del suo percorso, è più a valle che corsi si allargano e prendono maggior forza, raccogliendo tutta l’acqua che scende dal ghiacciaio. Già nell’affondare le ruote nelle prime riviere, sento le pulsazioni del cuore arrivare a premere fino al sottogola del casco.
Nei giorni scorsi già ci era capitato di attraversare rivoli d’acqua, anche abbastanza profondi, ma roba di due, tre metri, che si passavano di slancio.


Foto © McMarco

Questi, invece, larghi anche venti, trenta metri, mettono soggezione, quando ti fermi un attimo, prima di affondare le ruote nell’acqua, l’altra sponda sembra lontanissima. Marco, con delle Heidenau K60 che si sono dimostrate un buon compromesso, mi precede. Le valli che percorriamo hanno dei colori sorprendenti, il terreno è prima rosso e poi nero, man mano che si scende; e l’abbondanza di acqua e di sali minerali allo stato puro, provenienti direttamente dalle viscere della terra, fanno crescere erba e muschio dal colore talmente intenso che sembra fosforescente.



Telecamera alla mano ci riprendiamo a vicenda, quelli che prima erano piccoli torrenti diventano fiumi, la valle si espande ed allarga sempre di più, ma ormai è quasi un gioco, non ci fermiamo nemmeno più sulle rive, come abbiamo fatto le prime volte, per cercare di intravedere il fondo, tentare di stimare la profondità, capire se ci siano sassi o sabbia, ci tuffiamo e basta. In lontananza già si scorge il mare e la costa.

Potrà sembrare impossibile, ma è andata esattamente così: è proprio nell’ultimo guado, quando ormai ci sentiamo gli eroi della 208, che affronto con eccessiva disinvoltura l’acqua increspata. Eppure nelle istruzioni, che ho letto e riletto, questa era un’altra delle raccomandazioni da seguire: cercate di passare dove la superficie dell’acqua è più liscia che sta ad indicare un fondale più compatto. Le increspature sono il segnale di terreno più insidioso, spesso composto da sassi e pietre anche di grandi dimensioni, ma ormai sono giunto all’appuntamento con la mia terza caduta di questo viaggio. La moto rimbalza sui sassi, le gomme fanno quello che possono ma non spingono abbastanza, mi fermo, il motore si spegne, ed è in questo preciso istante che la corrente, non più contrastata dal movimento a procedere, ha il sopravvento e mi spinge giù la moto.

Se qualcuno me lo stesse raccontando, io stesso farei fatica a credergli, eppure, in una frazione di secondo, sono giù dalla sella, tiro su la moto, riaccendo il motore e, con l’acqua a metà coscia, la spingo fuori dal guado. Marco che mi aspettava dall’altra parte non ha nemmeno il tempo di scendere dalla sella per venire ad aiutarmi. Tutto quello che riuscirà a dire correndomi incontro per aiutarmi, mentre ormai sono praticamente già sull’altra sponda è: ma come hai fatto?
Già, come ho fatto? La verità è che non lo so nemmeno io! Sollevare controcorrente la moto carica di tutto punto, con le mie braccine che sembrano dei grissini e con i muscoli da ricamatrice di merletto che mi ritrovo. Eppure l’ho tirata su, eccome se l’ho tirata su, in pochi secondi ero già dall’altra parte a scherzare con Marco che mi filma mentre mi sto strizzando i calzini e svuoto gli stivali.

Nessun danno alla moto, una fortuna che il motore si sia spento, senza quindi aspirare liquidi. L’acqua non ha invaso lo scarico ne il filtro dell’aria, che pure mi ero portato di ricambio. Le Ortlieb, manco a parlarne, sono incredibili, tengono botta a tutto, le uso da anni, mai che sia entrata una goccia d’acqua o un granello di polvere. Ho allagato parzialmente la borsa vario laterale sinistra, quella dal lato dove la moto si è coricata e dove tenevo le cose meno importanti: la giacca della cerata, i guanti di riserva, il kit per la foratura e quello di pronto soccorso, le lampadine di ricambio. Temevo per l’altra valigia, dove invece avevo stivato, in una borsa, tutta l’attrezzatura fotografica: corpo macchina, obbiettivi e teleobbiettivi, la telecamera. Sembra che non sia entrata nemmeno un goccia, ma per sicurezza tiro fuori tutto, e controllando in tutte le tasche, assieme alle schede di memoria che mi ero portato di riserva, ritrovo un piccolo astuccio quadrato, color celeste, di cui mi ero completamente dimenticato. Mi ritrovo, tra le dita, come per magia, il piccolo dono di un grande amico, motociclista marchigiano, ricevuto proprio pochi giorni prima della partenza e di cui mi ero assolutamente scordato. Lo apro un istante e lo richiudo subito, come a voler proteggere un segreto. L’immagine della Madonna Nera di Loreto mi luccica tra le mani per una frazione di secondo. Proprio non ricordavo minimamente di averlo messo lì, tra le cose di cui avrei dovuto avere più cura. Sarà stata l’acqua gelata, o l’emozione del momento, ma un brivido leggero mi corre lungo la schiena mentre mi domando:.. chissà che non ci sia stata la mano di qualcuno ben più grande di noi ad aiutarmi a spingere la moto in mezzo alla corrente..


In serata troviamo alloggio in una guest house sperduta nel nulla di una campagna battuta da un vento che sibila impetuoso, ma la signora che ci ospita prepara una cena a base di zuppa di verdure e brodo di montone che ci fa ringiovanire di dieci anni.


Foto © McMarco

Mi corico in una stanzetta rivestita di legno chiaro, sotto un piumino spesso venti centimetri. E’ stata la notte, tra quelle trascorse in viaggio, in cui ho dormito meglio di tutte.

Prima di addormentarmi, invio un sms a casa: “Oggi bagno nel fiume. Tutto bellissimo”.
Mi risponderanno: “Beato te, qui fa un caldo insopportabile”.

La verità su cosa intendessi per “bagno nel fiume” la conosceranno a voce, solo dopo il mio ritorno..

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Vecchio 07-01-2012, 15:13   #39
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LA COSTA SUD
parte prima

La costa rivolta a sud dell’isola è quella che generalmente subisce le condizioni meteo peggiori. La temperatura non è mitigata, come invece accade alla costa del nord, dalla calda massa d’acqua della corrente del golfo, che si sposta dal golfo del Messico ed arriva fino al circolo polare artico, dove, raffreddandosi, si inabissa nuovamente. Il vento freddo che arriva direttamente dai ghiacci del nord, si rafforza proprio in prossimità della costa, per finire, proprio questa parte dell’isola è sovrastata dal Vatnajokull, che con i suoi 8100 km² di superficie, è, dopo l’Antartide, la Groenlandia ed il Perito Moreno, la quarta calotta glaciale in ordine di grandezza al mondo; estesa più o meno quanto l’Umbria (8400 km²), giusto per avere un’idea.

Lo spessore medio del ghiaccio è di 400 metri, ma in alcune aree può arrivare ad essere spesso ben oltre un chilometro. Percorrendo in moto la n°1, ancor prima di riuscire a scorgerlo, ti rendi conto che ti stai avvicinando al Vatnajokull perché l’aria diventa frizzante e la temperatura indicata sul cruscotto comincia ad abbassarsi rapidamente. Sotto la calotta di ghiaccio ci sono diversi vulcani attivi, ultimamente il più famoso è stato il Grimsvotn, che in una delle eruzioni più recenti, ha fuso, in pochi minuti, 45.000 metri cubi di ghiaccio, dando origine ad uno jokulhlaup di proporzioni disastrose, oltre ad avere bloccato i cieli di mezza Europa per diversi giorni.

La fortuna però ci è amica anche oggi, il sole ci accompagnerà per quasi tutta la giornata. Ed anche il vento! ci accompagnerà per quasi tutta la giornata.

Abbiamo incontrato un po’ del vento d’Islanda praticamente ogni giorno. Un vento teso, sferzante, spesso improvviso. Andava e veniva, ci ha fatto compagnia, sollevando polvere, spostando nuvole, sventolando le bandiere blu con la croce rossa bordata di bianco, sbatacchiando le piccole teste candide delle piantine di cotone selvatico.



Ma il vento incontrato lungo la costa sud mi ha impressionato davvero.
Mi ha impressionato vedere Marco, davanti a me, percorrere tratti lunghissimi di strada perfettamente rettilinea, con la moto inclinata come se stesse piegato in curva, e che curva!
Mi ha impressionato percorrere alcuni tornanti ed essere costretto a tenere la moto inclinata dalla parte opposta al senso logico della strada, proprio per contrastare la forza del vento.
Mi ha impressionato vedere i ciclisti filare come delle motorette quando lo avevano a favore, oppure essere costretti a scendere e, a piedi, spingere a fatica i loro piccoli mezzi, spesso anch’essi stracarichi, quando lo avevano contro. Ma alla fine mi sono abituato anche al vento, come mi sono abituato ad entrare, sui ponti di assi di legno sdrucciolevoli, tutto sulla destra ed uscirne completamente a sinistra, dall’altra, pur avendo mantenuto una traiettoria perfettamente rettilinea. Era il vento stesso, tanto era forte, a farti scivolare di lato senza che tu te ne rendessi nemmeno conto.

La prima tappa è Kirkjubaejarklaustur. Non potevamo non passarci. Non che ci sia niente di particolare, è il nome stesso del paese a renderlo unico. Sulle indicazioni stradali è riportato abbreviato, e persino gli islandesi, che in quanto a nomi strani delle località, non scherzano per niente, non lo pronunciano per intero, ma usano un soprannome. Il nome significa: paese della chiesa, della fattoria e del convento. La chiesa e la fattoria ci sono, il convento, no. Questo è tutto. E’ più grande il segnale di località che il paese stesso. Una foto e si prosegue. La laguna glaciale di Jakullsarlon, ed il Vatnajokul ci aspettano.

La laguna glaciale di Jakullsarlon, è formata dallo scioglimento di una delle lingue di ghiaccio più estese del Vatnajokull, in un punto in cui si protende fino al mare. Dal fronte del ghiacciaio, che sembra una alta scogliera,



si staccano e crollano, con un fragore di tuono, enormi iceberg che lentamente, sciogliendosi, si dirigono verso il mare. Tutta la laguna è piena di questi blocchi, dalle mille sfumature. I colori che vanno dal celeste intenso al bianco candido, sono indescrivibili, ma non solo, alcuni blocchi presentato diversi strati di striature scure.



Le striature sono il segno di eruzioni, qualcuna nemmeno troppo lontana nel tempo, che hanno depositato sul bianco manto nevoso, uno strato di fuliggine, che poi a sua volta è stato ricoperto da nuove nevicate. Questa meraviglia della natura è però soltanto il preludio di immagini ancora più spettacolari.

E’ spostandosi proprio sulla riva del mare, dove i blocchi si accalcano, spinti indietro dalla marea, che ci si trova davanti a centinaia di sculture di ghiaccio, modellate da mani invisibili e dalle forme più inverosimili. Rimangono, gocciolanti, allineate sulla riva, come in un museo all’aperto, ed è davanti a queste opere d’arte uniche, che ti rendi conto che mai esisterà uomo, dall’estro così grande, capace di modellare forme, come il mare, il vento o l’acqua, sanno fare. Sopra e sotto gli iceberg più grandi, giocano e pescano decine di foche, incuranti del flusso dei turisti che fanno di tutto per attirare la loro attenzione.

Davvero a malincuore si riparte da un luogo del genere, dove il lento sciogliersi del ghiaccio fa mutare continuamente le forme e il paesaggio. Un luogo dove ogni istante è unico e, probabilmente, non si ripeterà mai più.

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Vecchio 07-01-2012, 15:38   #40
aletambu
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Originariamente inviata da Bagno Visualizza il messaggio
Bene, allora speriamo in un po' di fortuna, mi pare di capire che tu Brontolo sei riuscito senza mai farla cadere in acqua, bastano un po' di prudenza, occhio esperienza e fortuna.
Come si dice volgarmente da noi oc e bus de cul

In agosto le ore di luce mi pare di capire siano molte, qualcuno mi sa dire come funziona la luce solare in quel periodo?
Ciao Bagno,
fino a metà agosto c'è luce fino a verso le 22, a fine agosto invece, le giornate iniziano ad accorciarsi e la notte arriva verso le 21/22

Visto che hai la regina, io ci andrei con quella più che con il GS anche perchè desideri anche andare nei deserti e l'africa è la moto ideale per quei terreni. Comunque, dato che sei zavorrato, non potrai pretendere di fare i traversi di manetta se no rischi di perdere la morosa e quindi, tutto sommmato te la puoi anche godere col GS.
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Vecchio 07-01-2012, 15:46   #41
aletambu
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Per farvi un'idea di dove andrete, guardate il mio film
http://www.youtube.com/playlist?list...5474F5DB&hl=it
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Vecchio 09-01-2012, 10:14   #42
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LA COSTA SUD
parte seconda


Ormai sono diversi giorni che siamo in Islanda; non voglio dire che siamo diventati degli esperti, però abbiamo preso maggior confidenza con l’orografia del terreno, maneggiamo le carte con più disinvoltura, e così riusciamo ad individuare con facilità le “F” più interessanti.

La ciliegina sulla torta della giornata infatti è la F 985, cerchiata a pennarello sulla mappa, già dalla sera prima. Si imbocca qualche decina di chilometri a sud della laguna e arriva nel punto più alto del Vatnajokull, raggiungibile con mezzi a motore dotati di ruote. Oltre si sale solo a piedi o con le motoslitte. La guida, che ormai è diventata la nostra bibbia, ci avvisa che la strada è: spesso interrotta per frane, spesso ghiacciata anche in estate, spesso soggetta a bufere di neve, insomma, un elenco di spesso da far sorgere più di un dubbio se valga la pena di proseguire o meno, ma noi ce ne freghiamo, ci mettiamo tre minuti a depositare le valige in una fattoria in zona che fa B&B e che ci era stata indicata dalla signora della zuppa di verdure e montone, la sera prima. Altri tre minuti e siamo all’imbocco della pista. Del resto uno non viene in Islanda mica tanto spesso, quindi meglio approfittarne finche ci siamo.

La 985 si presenta subito dandoci del tu, con degli strappi belli ripidi cosparsi di pietroni acuminati. Il fondo è viscido. Insomma: state risalendo le pendici di sua maestà Vatnajokull, pare ci voglia avvisare, potevate pensare che fosse una passeggiata? Il pensiero che poi dovremo rifarla a scendere ci preoccupa non poco, ma salire costeggiando una delle lingue di ghiaccio più estese al mondo è un’esperienza che non ha eguali.



Da una parte si alternano pietraie e strapiombi, dall’altra ghiaccio a perdita d’occhio.
Una quindicina di chilometri di montagne russe e la strada d’improvviso si spiana, il fondo migliora, la salita diventa dolce, stiamo camminando su di uno dei crinali che dividono ed incanalano le enormi masse di ghiaccio che scivolano lentamente a valle.


Foto © McMarco

Peccato che le nuvole basse coprano quasi del tutto “sua maestà”, riusciamo soltanto ad intravvedere la sagoma imponente davanti a noi che al contrario di tutti gli avvertimenti negativi, ci riceve con benevolenza e qualche timido raggio di sole che filtra tra le coltri di nubi. Il termometro segna 5 gradi, ma non fa freddo, l’assenza quasi assoluta di umidità rende anche le temperature più rigide quasi normali.

Ci fermiamo incantati ad ammirare il ghiaccio che ormai è sotto di noi e si estende a perdita d’occhio.

Laggiù in fondo una piccola cordata di escursionisti con piccozze e ramponi si inoltra su di una distesa di onde celesti sbavate di spruzzi marrone scuro.



Sono i resti dell’ultima spennellata di fuliggine, avvenuta non più tardi di quattro settimane prima. Impossibile non fermarsi un attimo a riflettere su quanto piccola cosa siamo noi, genere umano, ospiti, spesso ingrati, di questo mondo meraviglioso ed imponente.

La pista finisce a poche centinaia di metri da un piccolo rifugio, che raggiungiamo a piedi per un caffè. Il caffè in Islanda meriterebbe un capitolo tutto suo, ma per farla breve, basta sapere che per il controvalore di circa due euro, ti viene consegnato un bicchiere di carta dimensioni “coca media” e indicato un bidone con rubinetto da cui puoi attingere quanto e quante volte vuoi. E’ una bevanda calda, piacevole, da condire con crema di latte o yogurt, che abbiamo apprezzato in diverse occasioni, ma che nulla ha a che vedere col caffè come lo intendiamo noi.

Proprio accanto al distributore del caffè, attaccata al muro, una carta topografica mostra la calotta di ghiaccio in tutta la sua estensione. Nella parte bassa della carta, sulla destra, al bordo di una sottile striscia dal colore bianco/azzurro del ghiaccio, una minuscola freccia rossa, indica: voi siete qui.
Resto a bocca aperta dalla meraviglia e dallo stupore. Perché si fa presto a dire 8100 km², ma come si fa a spiegare quanto sia davvero imponente una estensione del genere?
La lingua che abbiamo costeggiato durante la salita e che a noi è parsa una distesa infinita di ghiaccio, con le persone che la stavano attraversando, piccole come delle formiche, non è altro che una infinitesima parte di tutto il Vatnajokull.
Desidero acquistare quella carta, ma il gestore le ha finite. E’ evidente che chiunque entri nel rifugio rimanga colpito dall’enormità delle proporzioni, come è accaduto a me. L’ho cercata anche il giorno seguente senza trovarla, finite ovunque. E’ la carta topografica più venduta in assoluto, non fanno in tempo a stamparla che va esaurita. Peccato, anche perché la mia carta stradale, che riporto qui sotto, non è fedele nelle proporzioni.

Questo è il particolare ingrandito, dove con la freccia rossa ho indicato la F985, e la X segna il punto dove la strada finisce in prossimità del rifugio:



E questo invece è il ghiacciaio in tutta la sua estensione.
Il quadrato rosso indica la porzione ingrandita in precedenza.



Noi, le nostre moto, il rifugio, non siamo altro che un puntino microscopico al bordo di una mare infinito di ghiaccio e neve perenne. Davvero impossibile da descrivere, difficile da immaginare.

Restiamo a parlare col ragazzo del bar, che racconta di come, ad inizio luglio, quando sono arrivati ad aprire il rifugio, siano dovuti salire con la motoslitta e scavare un tunnel attraverso i metri di neve che ancora coprivano la costruzione fino al primo piano, per arrivare alla porta di ingresso.

La discesa ci da un bel po’ da fare, ma il freno motore del boxer fa miracoli, in prima o seconda, senza toccare gas, arriviamo rapidamente di nuovo sulla n°1. Sappiamo esattamente dove andare: Hofn, capitale della pesca dei gamberi. Le dimensioni di questi crostacei, pescati nelle gelide acque antistanti la costa sud dell’isola, sono coerenti con quelle del Vatnajokull. Dai carapaci, aperti a metà e fatti alla brace, escono pezzi di polpa grandi quanto una coscia di pollo. La carne ha un profumo sensuale, un gusto intenso e delicato allo stesso tempo. Squisita! Sulla guida, una sosta ad Hofn ed una cena a base di gamberi erano caldamente consigliate. Io aggiungo che, se passando da quelle parti non ci si ferma a gustare queste prelibatezze, si commette peccato mortale e la giusta pena è finire all’inferno per l’eternità.

La laguna glaciale, il Vatnajokull, i gamberi, il volo maestoso delle oche artiche che ci accompagna sulla strada del rientro, è tardi, ma con il sole che, come sospeso nel cielo, non vuole scendere.. come si fa ad andare a dormire? E poi ci stiamo avvicinando inesorabilmente al giorno della partenza. La Norrona, in queste ore, ha già intrapreso il primo dei due giorni di viaggio. Ha già lasciato la Danimarca, carica di camper, fuoristrada, moto, biciclette, che prenderanno il nostro posto sulle strade e le piste di quest’isola meravigliosa. Impossibile tenere a freno la tristezza. Impossibile fermare il tempo. Prima di addormentarmi scorro qualcuna delle foto scattate nei giorni precedenti, ma mi fermo subito, un senso di nostalgia già mi prende il cuore. Sono bastati pochi giorni di permanenza in Islanda e già comprendo meglio il senso di tanti dei racconti di Patric e del suo amore infinito per questa terra affascinante che ha già cominciato a stregare anche me..

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Vecchio 09-01-2012, 10:23   #43
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ARRIVEDERCI ISLANDA

Probabilmente potrei scrivere un libro, se solo ne fossi capace, tante e tanto intense sono state le emozioni vissute in questo viaggio. Ogni istante è stato unico, sorprendente, entusiasmante, commovente, irripetibile, emozionante. Centinaia i piccoli episodi che meriterebbero di essere raccontati.

Ho trascorso giornate percorrendo chilometri e chilometri di piste nella più completa solitudine. Altre volte, ho incontrato persone meravigliose, anche a piedi o in bicicletta, persino nei posti più incredibili ed isolati, con cui ho provato il piacere intenso di condividere l’emozione di uno scorcio di panorama, scambiare poche semplici parole, dividere un pezzo di cioccolato o un caffè.

Ho conosciuto prima e viaggiato poi, su alcune delle piste più impegnative, con Marco. Grande uomo, persona vera e semplice. Motociclista di razza. Rispettoso di se e degli altri. Capace di emozionarsi e stupirsi, come me, al cospetto dei luoghi che attraversavamo, delle meraviglie che incontravamo.

Ho lottato col vento sferzante della costa sud, che mi costringeva a viaggiare con la moto inclinata come se stessi in curva. Ho corso come un pazzo sulle “gravel road”, sollevando nuvole di polvere che guardavo negli specchietti disperdersi al vento.

Ho attraversato deserti, torrenti, valli, paesaggi, scalato montagne fin dove io e la mia moto, stracarica, ce la facevamo. Raggiunto orizzonti che parevano lontanissimi. Tutti posti che, soltanto un mese prima, mai sarei stato capace neppure di immaginare.

Ho percorso tratti di strada affiancato dal volo maestoso delle oche, ho visto il mare imbiancato da migliaia di cigni, sono stato aggredito e scacciato dal loro territorio dalle sterne artiche.

Ho visto l’infinità di colori di questa terra, unica nel suo genere, dipinti dall’intensità di una luce che solo a queste latitudini esiste.

Ho girato quasi 6 ore di video, scattato un numero esagerato di foto, eppure non c’è un’ immagine, una sola, capace di restituirmi per intero le impressioni vissute, le emozioni provate.

L’Islanda è una terra difficile da raccontare. Le parole e le immagini non basteranno mai a descrivere le sensazioni. E’ una terra priva di confini logici, che si fa burla dei limiti della fisica. Una terra in cui l’acqua bollente sgorga dal terreno ghiacciato.

Una terra dove le parti si invertono: sovente la notte è chiara ed il giorno è scuro, così che la luce pare non avere fine, ne inizio. Una terra dove le nuvole che scendono dal cielo si uniscono a quelle di vapore che salgono dal suolo, a confondere la linea dell’orizzonte.

Una terra perennemente in conflitto con sé stessa.. Fuoco ed Acqua si affrontano incessantemente. Batterie di vulcani fanno esplodere ghiacciai, aprono varchi e ferite nelle corazze gelate, pronte a richiudersi non appena il rombo si acquieta..

Mi sembra ieri che son partito. Ieri che, dopo tre giorni di terra attraverso l’Europa, e due giorni di navigazione nel Mare del Nord, per approdare nel minuscolo porto di Seydisfjordur, sono sbarcato sulla terra di fuoco e ghiaccio..

ARRIVEDERCI ISLANDA..


Foto © McMarco

FINE
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Vecchio 09-01-2012, 10:33   #44
Enri&Co
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Questo 3d era nato come richiesta di info utili per affrontare un viaggio in Islanda ed io ne ho abusato per riempirlo con le mie chiacchiere. Il minimo che possa fare per sdebitarmi dell’ospitalità è cercare di dare, a questo punto, qualche informazione utile. Sono considerazioni personali, condivisibili o meno, non questioni pratiche del tipo quali documenti servono o a quanto corrisponde il cambio, quelle ve le trovate da soli, sono cose che farei o non rifarei se dovessi tornare in Islanda, ma mi auguro che possano comunque servire.

PRIMA DI PARTIRE

Comincerei dal sito della compagnia che effettua la traversata dalla Danimarca all’isola: la Smiril Line. Le informazioni sono tante ed esaurienti. La prima cosa su cui occorre ragionare è se optare per il viaggio con sosta alle isole FaerOer oppure no. Per gli alloggi, la catena degli Edda Hotel è una garanzia, ma se vi portate un sacco letto ed avete un po’ di spirito di adattamento, le alternative, anche senza prenotazione, sono innumerevoli.

Altre info le trovate digitando sul vostro motore di ricerca preferito “visit iceland” oppure curiosità, notizie varie, qualche gossip, e belle foto, su “iceland rewiew”.

Prenotando i pasti contestualmente al biglietto della traversata si gode di un piccolo sconto. Io li avevo prenotati tutti; bene, scartate il pranzo, il “today meal” di mezzogiorno non vale quello che costa. Mentre il buffet serale e quello della colazione li consiglio caldamente, soprattutto il secondo. La mattina cominciavo alle 8 con frutta fresca, poi affettati e formaggi, poi dolci e frutta sciroppata, poi pane, burro e marmellate, poi ricominciavo dalla frutta fresca e andavo avanti fino alle 10/10e30, ora di chiusura del buffet. Insomma la mattina mangiavo veramente come un porco.. e stavo bene fino a sera.

Delle cabine ho già detto, credo che la differenza di prezzo tra le cuccette da 9 e la cabina da 4 meriti il sovraprezzo.

Procuratevi una cartina stradale dettagliata dell’Islanda. Nelle nostre librerie non è facile ma si può sempre cercarla su Internet. In alternativa potete richiederla qui:

http://www.bigmap.is/

Un paio copie ve le spediscono gratuitamente, vi arriveranno in pochi giorni. Non è dettagliatissima, ma per cominciare va più che bene, quella più fedele ve la comprate appena sbarcati. Non contate troppo su Google maps poiché sono molte la strade e le piste che non individua. Io per scelta personale non possiedo un gps, mi piace lavorare all’antica, con le carte “di carta” ed il pennarello, ma qualche traccia su Internet si trova. La guida a cui mi riferisco spesso nel mio diario è la diffusissima Lonely Planet.

Dedicate qualche minuto a questo sito:

http://www.us.is/page/english

e guardate i videoclip. Spiega meglio di quanto ho fatto io le regole di precedenza sui ponti e descrive quanto insidiosi possano essere i cigli delle Gravel Road dove generalmente si accumula il pietrisco spostato dalle auto.

Qui trovate, aggiornate in tempo reale, tutte le info sulle condizioni delle strade e delle piste interne.

http://www.vegagerdin.is/

Cliccate sui quadranti dell’immagine dell’isola in alto a destra per la viabilità ed a metà pagina a sinistra per le webcam, temperatura ed intensità e direzione del vento.

Qui altre webcam.

http://live.mila.is/lonid/

Per quanto riguarda la moto, ognuno se la sistemi come meglio crede. Solo una nota sulle gomme (diatriba infinita!). Ho fatto tutto il viaggio con le Anakee2 e mi sono trovato benissimo. Il GS, parlo per me, non è una moto da cross, soprattutto se stracarica di bagagli, riconosciamole i suoi limiti o i limiti del nostro manico ed apprezziamo invece le sue capacità di viaggiatrice instancabile.

IN ISLANDA

Dimenticate il denaro contante!! In Islanda si paga tutto con la carta di credito, anche il francobollo per una cartolina. Nella stragrande maggioranza delle pompe di benzina il pagamento per contanti non è proprio previsto. Niente carta di credito, niente benza. La procedura è semplice: si inserisce la carta, si digita l’importo da erogare, si digita il Pin, si ritira la carta e si procede col rifornimento. N.B. nel digitare l’importo state abbondanti, potrete riempire il serbatoio fino all’orlo e tranquilli, vi verrà addebitato solo l’importo effettivamente erogato. Io, oltre alla carta di credito standard, che non ho praticamente usato, mi sono fatto due prepagate di due circuiti diversi, Visa e Mastercard, mai avuto problemi.

Non vi fermate! Il tempo in Islanda è estremamente variabile. Indossate la cerata e proseguite col vostro programma di viaggio, dietro la curva successiva potreste trovare un sole che soltanto pochi minuti prima mai avreste potuto immaginare. Sempre come conseguenza delle mutevoli condizioni meteo considerate che lo stesso guado può essere profondo poche decine di centimetri o impossibile da superare anche a distanza di poche ore, lo stesso vale per le strade, insidiose con pioggia o vento, una piacevole, rilassante passeggiata, col sole e il caldo.

Non dite io non lo farò mai, perché invece lo farete anche voi. Dopo qualche giorno, presa confidenza, vi lancerete come pazzi a 140/150/160 km/h su di una Gravel Road deserta ed apparentemente infinita a volare tra polvere e pietrisco. Adrenalina pura. Niente di male, solo tenete sempre d’occhio le capre che pascolano nei campi a bordo strada, se decideranno di scappare, spaventate dal rumore della vostra moto, state pur certi che lo faranno attraversando la strada, anziché allontanarsi dalla parte dove si trovano. Occhio quindi.

Abbiate il coraggio di osare ed improvvisare. Non rischiate di fare la fine dei turisti delusi del mio racconto, se vedete uno stradello che si infila da qualche parte, e ve la sentite, provate a seguirlo, è possibile che siate costretti a tornare sui vostri passi perché non conduce da nessuna parte o termina in una pianura allagata dall’abbondante disgelo estivo.


Foto © McMarco

Oppure potreste ritrovarvi, come per magia, in un luogo come questo dove ci siete voi, la vostra moto, il vento, il sole, il ghiaccio e null’altro.

Buon Viaggio.

.
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Vecchio 09-01-2012, 15:27   #45
teo11
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Probabilmente potrei scrivere un libro, se solo ne fossi capace...
Io dico che ne saresti capace!!!
Complimenti, per le parole e le foto.....davvero complimenti...e grazie per aver condiviso il tuo racconto!!
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Vecchio 09-01-2012, 19:43   #46
black
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bella li Enry....appena posso me lo rileggo
ciao
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....andatura turistica...ndè piano ch'è pericoloso
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Vecchio 09-01-2012, 19:51   #47
Bububiri
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Beh senza parole...............dopo Capo Nord questo sarà il mio viaggio.............
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Vecchio 09-01-2012, 20:16   #48
pavi.
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F A N T A S T I C O: ogni giorno una scimmia diversa!!! metto nella lista anche l'islanda!!
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Vecchio 10-01-2012, 09:25   #49
McMarco
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Grazie Enri&co mi hai fatto ritornare con la testa a quella settimana indimendicabile!
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Vecchio 10-01-2012, 11:18   #50
Rephab
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Bene, mi aggiungo anche io agli islandesi 2012!



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