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Vecchio 07-08-2019, 23:24   #1
framax
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predefinito Report. Balcani: Croazia e Bosnia Erzegovina

Aperitivo balcanico.

Dopo un lustro di pausa, quest’anno sono tornato a fare un (breve) viaggio internazionale in moto.
Ma non è stato come nelle occasioni precedenti.
In primis, non ho avuto a farmi compagnia mia moglie, rimasta a casa con i nostri due splendidi bambini, avuti uno in fila all’altro dopo il viaggio di nozze a Caponord.
Poi, ovviamente, c’è stata la consapevolezza di avere loro tre che mi aspettavano a casa, il che ha conferito un aspetto più sofferto alla preparazione e qualche pentimento al momento della partenza; ma, come sempre, percorso il primo metro di strada, le preoccupazioni sono svanite.
E poi c’era la meta: Croazia e, soprattutto, Bosnia Erzegovina.
La prima l’avevo già visitata nel 2005 in occasione di una spensierata vacanza estiva in Istria con annesso viaggio in macchina verso una deserta Zagabria ferragostana.
La seconda era invece rimasta tragicamente fissata nella mia mente di bambino degli anni ’90 esattamente come i pozzi di petrolio in fiamme nel Kuwait, la Croma di Falcone saltata in aria e il palazzo di giustizia di Milano… ricorrenti immagini dei TG Rai dell’epoca, che vedevo mal volentieri aspettando che mi fosse concesso un più spensierato Lupin su Italia 1.
Infine, stavolta avrei viaggiato insieme ad un caro amico in sella a KTM 1290 Superadventure; ottima cosa la compagnia, ma abituato in solitaria sarebbe stata una novità.


Spalato - Mostar - Sarajevo
Il traghetto Jadrolnjia, stracarico di vacanzieri, attracca al porto di Spalato alle 6.30, in anticipo rispetto al previsto, nonostante la sera prima sia salpato con due ore di ritardo.
Siamo provati dalla notte “alla barbona”, trascorsa bevendo pivo e cercando di dormire su una panchina del ponte esterno, ma l’entusiasmo è alle stelle.
Alle 7.00 ci siamo già lasciati alle spalle il porto e ci possiamo concedere una lauta colazione in una panetteria/pasticceria lungo la strada.
Presto il traffico inizia ad intensificarsi, ma prima che diventi davvero sostenuto, all’altezza di Omiš, abbandoniamo la costa e ci addentriamo in una stretta stradina che segue la gola scavata da un fiume fino alla centrale idroelettrica di Kraljevac per poi confluire in strade di maggior percorrenza, poco trafficate e molto guidabili.
Superato velocemente e senza formalità il confine Croato – Bosniaco (non mi è stato chiesto nessun documento ne’ in entrata, ne’ in uscita), raggiungiamo Mostar a metà mattina, quando il caldo inizia davvero a farsi sentire.
Giunti in città appare subito netto il contrasto tra alcuni edifici modernissimi, proprio accanto a palazzi abbandonati, che portano ancora ben visibili i segni segni della barbarie della guerra.
Raggiungiamo il centro e per 5 euro (caro, ma speriamo serva alla ricostruzione) parcheggiamo le moto proprio vicino allo Stari Most, il ponte ottomano danneggiato dai Serbi, distrutto dai Croati e poi ricostruito.
Viste le temperature non perdo l’occasione di togliere stivali e calzini per bagnare i piedi nelle gelide acque della Narenta, assistendo al coraggioso gesto di una ragazza che si tuffa dal ponte osservata, tra gli altri, da tre signore con il burqa.
Mostar è bella, non può essere saltata in un viaggio in Bosnia, ma, per quanto mi riguarda, dopo un’ora è meglio andarsene: troppo affollata e turistica (almeno a luglio/agosto).
Ci fermiamo per pranzo a Jablanica, capitale balcanica dell’agnello allo spiedo, che avrei preferito mangiare accompagnato da pivo, ma senza accorgercene (poi scopriremo di non essere stati i soli) ci siamo fermati in un locale mussulmano, quindi tocca accontentarci di una coca-cola.
Continuiamo il nostro percorso nel cuore della Bosnia, lungo strade che attraversano valli verdissime popolate di piccoli paesini alle cui estremità, ma a volte anche proprio lungo la carreggiata, si ergono decine di lapidi a triste memoria di quello che è stato.
Raggiungiamo Sarajevo nel pomeriggio e percorriamo al ritmo singhiozzante dei semafori gli 8 km del viale divenuto tristemente famoso durante la guerra per la presenza di cecchini appostati sui palazzoni di venti piani, tuttora abitati, seppur spesso portano ancora visibili sulle pareti perimetrali i buchi dell’artiglieria richiusi alla meglio.
La sera visitiamo la città che si offre a noi con tutta la sua vitalità e multiculturalità: minigonne e burqa si incrociano per le vie del centro e le pivo vengono spinate all’ombra dei minareti, mentre al tavolo accanto si consuma il classico caffè bosniaco servito nelle džezva.
Ceniamo in un caratteristico locale di Baščaršija per poi assistere brevemente al concerto di un gruppo locale che canta canzoni, di cui ignoro il significato, ma la cui melodia, mi pare che non riesca ad essere del tutto allegra.
Breve passeggiata e poi a letto, per recuperare le ore di sonno perse la sera prima.


Sarajevo – Zagabria
Partiamo abbastanza presto e appena fuori la prima periferia parcheggiamo le moto in uno spiazzo che funge da fermata dei bus e da punto di riferimento dei taxi, così, sotto lo sguardo non proprio indifferente degli anziani che attendono i mezzi, consumiamo la nostra colazione.
Percorriamo velocemente un tratto autostradale fino Zenica per poi percorrere strade statali, prima di pianura poi montane, a tratti anche molto trafficate.
Infine la strada inizia a costeggiare le rive del fiume Vrbas srotolandosi lungo i canyon che questo ha prodotto in secoli di lenta erosione, molto bella.
Proprio lungo le rive del fiume attraversiamo il confine tra la confederazione di Bosnia-Erzegovina e la Republika Srpska, l’altra entità che, a seguito degli accordi di Dayton, costituisce il complesso sistema politico dello stato.
Qui cambiano le indicazioni stradali, infatti predomina il cirillico a discapito dell’alfabeto latino, i minareti diventano mosche bianche, la polizia veste altre divise ed è spessissimo a bordo strada armata di telelaser.
Cambia anche la pubblicità della birra! Infatti scopriamo che anche questa gioca un carattere identitario nella complessa società post bellica: i croati hanno insegne delle birre Ozujsko e Karlovacko, i bosniaci non mussulmani della Sarajevsko, i serbi delle Nektar e Jelen. Non si può sbagliare. Rarissima la Lasko, che infatti è slovena, solo sporadicamente ci imbattiamo incuriositi in insegne della catalana Estrella Damm, che fa affiorare i ricordi dell’erasmus all’ombra della Sagrada Familia …ma questa è un’altra storia.
La frontiera con la Croazia è un casino, imballatissima di auto e camion in entrambi i sensi di marcia. Sorpassiamo quello che possiamo ma il confine è segnato dal fiume Sava e il ponte in ferro che lo attraversa non ci consente di passare in mezzo alle due file di veicoli pesanti.
La mia vecchia ghisa, come tutti i boxer aria-olio, soffre il caldo da ferma e vedo presto apparire ben otto tacche, che secondo le vaq corrispondono ad una temperatura dell’olio pari a 158,57°C… per fortuna riesco a ripartire in fretta e subito i valori si abbassano su livelli normali.
In Croazia imbocchiamo l’autostrada che attraversa i vasti campi di mais a est della capitale.
Zagabria, come detto, l’avevo già visitata nel 2005 e già allora aveva fatto un’ottima impressione; ora si presenta in tutta la sua eleganza asburgica come la capitale di uno stato marcatamente mitteleuropeo e recentemente entrato nella UE; non presenta alcun segno della tragica storia recente e, a dirla tutta, mi pare abbia anche perso quel poco di grigiore post comunista che aveva conservato agli inizi del millennio.
Ceniamo in quella che pare essere una sorta di piccola rassegna street-food mentre un gruppo, che pare essere noto tra gli abitanti locali, suona musica pop-rock in lingua croata che mi ricorda tantissimo i Roxette.
Breve passeggiata in centro per vedere la piazza principale attraversata dai tram, la statua bronzea di Josip Jelačić illuminata dai riflessi di due maxischermi e la piccola fontana circolare infossata sotto al piano stradale; oltre alla cattedrale gotica e le altre attrazioni, poi inizia a piovere e torniamo in albergo.


Zagabria – Zara
Il tempo si è rimesso e l’aria è frizzante, partiamo sempre di buon’ora e facciamo colazione rigorosamente in una panetteria a bordo strada.
Lasciamo alle spalle Zagabria e ci dirigiamo verso Samobor, che troviamo invasa da Citroen 2cv e derivati in occasione di un raduno internazionale, da qui imbocchiamo la Strada del vino della Plešivica, una stretta stradina che, come recita il sito della Lonely Planet, attraversa minuscoli borghi dai tetti rossi, vigneti e verdi colline.
Raggiungiamo Jastrebarsko e da qui la bella Karlovac percorrendo una trafficatissima strada n. 1.
Fortunatamente le cose cambiano quando imbocchiamo la strada n. 23 e le altre strade minori che attraverso le campagne ci porteranno fino a Plitvička Jezera. Purtroppo non avremo tempo di visitare i laghi e dopo una breve sosta pranzo ripartiamo in direzione di Korenica e poi di Gospić. Qui imbocchiamo la strada n. 25 che ci lascerà a bocca a perta quando, sopra Karlobag ci offrirà una vista mozzafiato sull’isola di Pag e il resto dell’arcipelago, per poi scendere con una serie di entusiasmanti tornanti al livello del mare.
Non ci resta che percorrere tutto il bellissimo tratto di strada n. 65 che ci separa da Zara.
Qui a tarda notte ci imbarchiamo e tra una birra e l’altra facciamo le 4.00 senza essercene accorti.


L’indomani mattina siamo ad Ancona e ben prima di pranzo già a casa.
Riabbraccio i miei bimbi e mia moglie.
Sono l’uomo più fortunato e felice del globo terracqueo!

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Ultima modifica di framax; 07-08-2019 a 23:30
framax non è in linea   Rispondi quotando
Vecchio 08-08-2019, 09:21   #2
GS3NO
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Registrato dal: 27 Apr 2010
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Spero che Sarajevo sia stata un seme per nuovi ritorni nel mondo balcanico e magari più esteso all'ottomanità...
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GS3NO non è in linea   Rispondi quotando
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