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Vecchio 30-08-2018, 08:58   #41
Massimo
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GIORNO 03 – 5 AGOSTO 2018
Sary-Tash – Sary-Tash (173 km in moto)




Non è ancora l’alba che mi sveglio improvvisamente con forti dolori di pancia. Cerco una pila e corro, nei pochi secondi a mia disposizione, nel recinto delle capre.

Sarà tutto un andirivieni fino al mattino. Non sto per nulla bene e cerco di capirne la causa. Ad un certo punto mi casca l’occhio sulla cisterna in plastica da cui lo chef attinge l’acqua per cucinare e preparare il the. Butto uno sguardo dentro e capisco tutto.

L’acqua è praticamente torbida e piena di insetti e mi ricordo che a queste altitudini (siamo a 3200 metri) i liquidi non bollono a cento gradi. La soddisfazione di aver individuato la causa, non sistema però il mio intestino. Quindi salto la colazione senza pensarci due volte.

Ci mettiamo in marcia in direzione ovest. Il nastro d’asfalto è perfetto e alla nostra sinistra, oltre la steppa, ci accompagna la cresta di confine con il Tagikistan.







I cinquanta chilometri che ci separano dalla deviazione per il campo base del Peak Lenin scorrono velocemente.

Presso un ponte sul fiume, inizia finalmente lo sterrato.



L’indicazione ci sembra a prova di rimbambito, per cui siamo sulla strada giusta.



Il tracciato da qui al campo - 70 km tra salita e discesa - è una strada ben marcata e facile, ma ai lati è possibile seguire delle piste, giusto per sollevare un po’ di polvere.



Mentre Alberto è nel suo mondo, io mi barcameno con il mio intestino e guido quasi per inerzia.





Il paesaggio è davvero splendido. La cresta di confine di avvicina sempre più, si vede pure il Peak Lenin che con i suoi 7.134 metri primeggia su ogni altra elevazione.









Seguiamo il tracciato principale, il quale risulta, verso la sua fine, interrotto proprio in prossimità di un torrente.

Alberto scende e sonda a piedi la profondità e il fondo del guado, incurante di bagnarsi. Il fiume è bello incazzato, l’acqua arriva alle ginocchia e sotto ci sono sassi tondi grossi anche come i meloni. Saranno una ventina di metri, troppi per le mie totali incapacità guadististiche. Così chiedo a un tizio con una bimba in braccio se c’è un altro modo per passare.

Questo chiama la moglie, che chiama la sorella, che chiama lo zio, che chiama la cugina del cognato, che infine chiama la figlia tredicenne, la quale, utilizzando tutto il vocabolario inglese a sua disposizione, mi spiega che nella notte ha fatto caldo, che i fiumi si sono ingrossati e che non c’è altra via più facile per raggiungere il campo.

Non mi convince, anche perché, in lontananza, intravedo un altro passaggio che sembra più facile.



Ci dirigiamo verso quest’ultimo e con meno fatica riusciamo a passare. Oltre non c’è la strada, ma solo pascoli per yak e cavalli. Meglio direi: meno polvere.

Superiamo il primo campo e ci dirigiamo al secondo più grande e organizzato con tanto di cucina, negozio di generi misti (con prezzi assurdi) e tende giallo fastidio.

Ci troviamo a 3.600 metri. Il cielo è limpidissimo e il posto è davvero fantastico.





Restiamo un po’, ma è già ora di tornare indietro per lo stesso percorso o, a seconda dell’estro del momento, per le varie piste che lo intersecano.





Quindi, di nuovo asfalto fino a Sary-Tash.

Ci hanno detto che la Guesthouse Pamirextreme è la più lussuosa del paese, solo che non si riesce a capire dove è. Alla fine la troviamo e ci sistemiamo. Il lusso è costituito unicamente da un bagno degno di questo nome: lavandino e doccia calda con scaldabagno elettrico; il cesso sta fuori ed è il solito buco per terra.

Sto ancora male, quindi mi infilo nel letto e mi sveglierò solo domani mattina. Alberto invece tenta di affrontare una cena inaffrontabile, e poi si fionda anche lui sotto le coperte.

Domani inizia la Pamir Highway…
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Massimo Adami
BMW F800GS Adventure
YAMAHA XT600E
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