Visualizza un messaggio singolo
Vecchio 23-06-2017, 21:24   #41
Fagòt
Mukkista doc
 
L'avatar di Fagòt
 
Registrato dal: 06 Feb 2008
ubicazione: Bergamo - A zonzo in Africa
predefinito

6° giorno: Wahiba Sands 114 km.

Non c’è bisogno di sveglia visto che il sole batte sulle tende appena sbuca dal cordone di fronte a noi. Rapida colazione e partenza cercando di approfittare della temperatura ancora mite e di quel poco di umidità che rende la sabbia compatta.



Cerco il più possibile di star fuori dalla pista, che seppur larga qualche metro, nasconde le insidie della sabbia molle che si trova nei solchi lasciati dai pick-up dei beduini.
A tratti, sulle creste delle dunette, il vento ha lavorato spazzando la sabbia più fine e così anche con il bicilindrico e tutti i bagagli che ci portiamo dietro è una goduria dare manate di gas e sentire che il posteriore spinge e tiene dritta la moto, malgrado i 280 kg.

Video Creste Wahiba





50 km. scivolano velocemente sotto le ruote e verso le undici facciamo sosta sotto un tamerice per fare il punto.





Ci siam ripromessi di arrivare fino ai 110 km., ossia a metà del percorso preparato, e di valutare cosa fare: qui o si torna indietro, causa autonomia benzina, oppure si prosegue fino alla fine. Ho trovato solo un report di una coppia di motociclisti che avevano affrontato la traversata completa con dei monocilindrici pesanti e alla fine le foto e il resoconto parlavano di sabbia molle. “Quando il gioco si fa duro i duri cominciano a giocare” e noi abbiamo ancora tanta voglia di fare le sabbiature, che le nostre articolazioni son corrose dal tempo e la sabbia calda aiuta ad alleviare i reumatismi. Si va avanti.


Un’ora dopo, scompare il pistone e arriviamo ad una costruzione bianca che avevo notato anche su Earth nella preparazione della traccia: è una piccola moschea che probabilmente serve i beduini che vivono nel raggio di qualche chilometro.







La sabbia comincia a cambiare colore e dall’ocra rossastro si tinge ora in beige chiaro… il che vuol dire solo una cosa: poca umidità, granelli sempre più fini e fech fech, l’impalpabile borotalco in cui le ruote affondano e faticosamente avanzano.
La pista ormai è ridotta ai segni profondi lasciati dalle ruote dei 4x4… due linee parallele con ai lati cunette e bordi ricoperti di erba e cespugli. Starci dentro è un’impresa visto che i 20/25 cm. di sabbia molle impediscono di prendere la velocità per galleggiare con l’anteriore, per cui occorre procedere in prima o seconda con un filo di gas, zampettando a volte, nel tentativo di non far chiudere lo sterzo e quindi cadere. Che ogni volta rialzare una moto ci va l’anima intera: fermi la tua, cerchi di farla stare in piedi, scendi e vai dal compagno, rimetti dritta quella, spingi per farla ripartire, torni sulla tua, ti siedi che vorresti avere una bombola di ossigeno per almeno 10 minuti unitamente ad almeno due litri di roba fresca da bere, accendi e buttando la seconda speri di non restare insabbiato.
Provo a portarmi fuori dalla pista e finchè l’erba rimane bassa la cosa migliora notevolmente, solo che spesso le cunette crescono a dismisura nel volger di pochi metri e così si passa da innocui saltini da 20 cm ad altri da 70/80, ravvicinati tra di loro che non puoi cambiar traiettoria con il culo pesante che hai dietro la sella, e ti prendi certe insaccate o botte al paramotore… che se togli il gas rimani appeso la sopra e poi ci vuole un argano per far scollinare la Fotty.
Urge una sosta, mezzogiorno è passato da un bel po’ e come sempre a quest’ora non ci si muove in moto, a meno che il suicidio sia la tua prossima scelta.





Ripartiamo con la speranza che migliori ed infatti dopo poco troviamo un tratto duro con alcune capanne e dei ragazzi beduini che giocano con biciclette e un Hilux.





Di nuovo la pista torna a stringersi e prende a salire su un piccolo altopiano. Porto su la Fotty e mi metto in vista per far vedere la via migliore a Roby, giacché le due curve sono in sabbia. E lo vedo che come al solito gioca 100 mt prima a fare montagnole di rena. Torno giù a piedi e lo incalzo: “Te la porto su io giocherellone, che sopra c’è un bar:”. Sotto un albero ci stendiamo di nuovo per mezzora prima di lasciare il piccolo e rassicurante terreno compatto che avevamo trovato. Dura poco e verso le 15.30 siamo di nuovo fermi a fare sollevamento pesi con la mia, quando all’improvviso dal senso opposto un fulgido Toy 120 si palesa davanti a noi. Il conducente scende insieme al figlio che avrà 10 forse 11 anni e ci chiede se abbiamo bisogno di aiuto e al contempo ci invita a fermarci al suo accampamento per rinfrescarci e rilassarci un pochino. Non ci pensiamo un solo attimo e così dopo aver girato la moto di 90° punto sull’altura dove spunta un albero ed un carrozzone bianco.
Guadagno la cima tra le cunette ricoperte di erba e le tracce della sua auto e tolto il casco noto che lui sta tornando indietro a prendere Roby, che abdica la sua cavalcatura in favore del comodo sedile e dell’aria condizionata del 120 bianco.

Ho avuto modo di fermarmi in molte oasi o tende in passato e la cosa che esprime al meglio il concetto stesso di “oasi” è una sola: ombra e roba fresca. Il carrozzone di Seif non è da meno e si presenta con un grosso pianale ricoperto da tappeti, cuscini, materassi posti in un angolo e al centro un vassoio in argento con bottigliette di acqua, frutta fresca, un thermos con il caffè, datteri e un altro thermos con latte di dromedario.
I due lati più lunghi hanno delle paratie che si sollevano e lasciano così filtrare il vento del deserto che crea quindi una sorta di aria forzata all’interno. Togliamo gli stivali e ci accomodiamo poggiandoci di lato sui grossi cuscini, mentre Seif comincia a tagliare arance, versare caffè, offrirci melograni di Ibra dai chicchi freschi e succosi. E’ un ingegnere che lavora ai pozzi petroliferi verso ovest, risiede poco distante da Ghabbi e appena può viene con la famiglia, moglie e 3 figli, a fare campeggio qui al suo accampamento. Due Expat pakistani gli tengono una ventina di dromedari e una cinquantina di pecore. Oggi è venerdì, per cui siam capitati nel suo weekend di relax, già perché viene qui per rilassarsi e godere del deserto, a volte anche durante la settimana per una semplice grigliata con gli amici.
Riceviamo anche la visita di un suo vicino, il quale sceso dal 70 rimasto acceso per mantenere l’abitacolo fresco, si accomoda con noi ed inizia a conversare con Seif.
Resto rapito dalla bellezza di questo sessantino omanita avvolto nella tunica bianca con il viso scuro cotto dal sole e la barba bianca ben curata. Con eleganza e distacco, mentre parla, passa la mano destra nella bacinella d’acqua per pulirla e poi afferra 3 grossi datteri, iniziando a schiacciarli ripetutamente per far uscire i noccioli e farli cadere sul vassoio d’argento, ed infine ridotti ad una polpetta rotonda li infila in bocca. La mano torna poi con un gesto morbido a lavarsi nella bacinella e ad afferrare la tazzina di caffè versata dal padrone di casa. Sarei rimasto ore a contemplarlo, ma poco dopo se ne va e il motivo di tanta solerzia ce lo spiegherà Seif appena l’ospite avrà innestato la prima e si sarà allontanato: ha perso una femmina di dromedario e il suo piccolo. Qui il prezzo medio sta intorno ai 2500 euro per capo, le femmine molto di più perché la gestazione è lunga e non tutte sono buone fattrici.
Visto che sta ormai per calare la sera Seif ci chiede se vogliano restare per la notte e conveniamo che non c’è posto migliore. Resta solo da recuperare la moto di Roby, 7/800 mt. più in là. Così saliamo tutti sul 120 e raggiungiamo comodamente il punto dove si trova. Tolte le valigie e la borsa mi offro di portarla su al campo e godere sulla sabbia con una moto scarica. Roby cede senza alcun ritegno l’onere e l’onore.
Montate le tende apprestiamo la cucina e mettiamo a cuocere una cremina di asparagi scatenando l’intervento di Seif: “ Ma cosa fate? Adesso facciamo il barbecue! Alle 20.00 cala il vento e potremo mangiare.”
Puntuale e quasi programmato da un invisibile timer meteo il vento alle 20.01 cala, mentre i due pakistani stendono un grosso tappeto vicino all’albero con la piccola tenda che fa da cucina e accendono un fuoco. Ci accovacciamo a terra cercando di trovare una posizione che non faccia troppo male alle ginocchia indolenzite e aspettando che la brace sia pronta per ricevere la griglia con pezzi di pollo Seif ci offre una pentola fumante: “ Questo è agnello, macellato ieri. Tanto per cominciare.”
Così sotto un cielo stellato alla luce di una piccola lampada prendiamo ad intingere il piatto pane cotto nella sabbia nell’intingolo speziato. Poi verrà il tempo di cosce, petti, frutta, datteri e un caffè omanita.
Valeva davvero la pena di arrivare fin qui e godere in questo modo dell’ospitalità infinita di Seif e della sua famiglia mi dico, mentre accendo un sigarillo prima di entrare nella tenda e dormire un sonno profondo.



__________________
Abbi cura del tuo ospite che dio veglierà su di te nel deserto.

F 800 GS - Fotty
T700 - Tenery

Ultima modifica di Fagòt; 23-06-2017 a 21:29
Fagòt non è in linea   Rispondi quotando