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matteo10 11-07-2017 18:34

Per qualche giorno non mi ero collegato e avevo smarrito la discussione; pur sapendo dell'accaduto leggerne il resoconto mi ha fatto venire la pelle d'oca. :rolleyes:

Son felice di leggere e vedere le foto di Roberto e per fortuna erano insieme, nello stesso momento, la prontezza ed esperienza di Fagòt con la gentilezza e professionalità dei locali. :!:

PS. uno come te non può smettere di viaggiare.

Animal 11-07-2017 18:48

al limite...una badante..... ;-)


Diega....ci sentiamo asap......

Fagòt 11-07-2017 20:40

Matteo, credi forse non abbia già pronto qualcosa? Ho una lista di sogni da qui fino all'ultimo secondo in cui riuscirò a salire su una sella e girare una manopola del gas. Ma dove inizia la mia libertà finisce quella di coloro mi stanno accanto... Franca s'è dovuta inventare mille scuse diverse per giustificare il ritardo ai miei genitori ottantini... che tutto andava bene... e al tempo stesso continuare a credere nelle mie assicurazioni... che tanto stavolta siamo in due, è un girello facile da zie... e attendere insieme ai ragazzi che facessi gli ultimi 5000 e rotti fino a casa.
In tutta franchezza, ognuno di noi è disposto a pagare il prezzo di un incidente che può capitare perchè in cuor suo sa che ogni km. passato sulla moto sarà fonte di ricordi e non di rimpianti, ma egoisticamente possiamo permetterci ogni volta di accollare questo peso anche a chi ci vuole bene e ci aspetta a casa? Che il signor dio di Hesam mi sembra un tipo abbastanza indaffarato e basta solo che schiacci un pisolino nel momento sbagliato.

ZAGOR 11-07-2017 22:10

Non c'è bisogno del libro Fagot, ci godiamo questo bel racconto :)

Ps ogni viaggio ci auguriamo sempre il meglio, ma ogni tanto abbiamo l'obbligo di ricordarci che siamo uomini in terra fatti di carne..

Fagòt 11-07-2017 23:06

23° giorno: Kerman – Yazd 368 km.

L’abbraccio è stato lungo e intenso, quasi avessimo paura a lasciarci come vecchi amici che sanno toccherà aspettare parecchio tempo prima di rivedersi. Sale sulla Saipa dove lo aspettano la moglie e figli e mi saluta un’ultima volta dal finestrino. Nei giorni a seguire tutte le sere mi scriverà per sincerarsi che stia bene. E mi torna in mente Bouba che per dieci giorni mi scrisse finchè non salii sul traghetto in partenza da Tangeri. Bamako era lontana 5000 km… no affatto, erano solo 50 centimetri… che potevo sentire ancora l’affetto del piccolo pastore puel, così come ora sento quello di Hesam.

Questa notte ha piovuto a dirotto e la sabbia portata ieri dal vento è ora uno strato di fanghiglia marrone. Il cielo è di un grigio scuro, come il mio umore, ed il vento soffia raffiche altalenanti. Fumo qualche sigaretta sul marciapiede fino a quando il taxi scarica Federico di fronte all’hotel. Il tempo di fargli vedere le camere e andiamo a prenderci un caffè vicino al bazar, che l’altro giorno ho scoperto una caffetteria con macchina e miscele italiane. Poi parcheggio di fronte all’ospedale e andiamo in reparto. Roby sta molto meglio e forse in giornata lo dimettono nuovamente. Ora posso partire tranquillo sapendolo con suo figlio e così a mezzogiorno ci abbracciamo: appuntamento per il solito tè con biscotti in Italia, che quando ci vedremo tocca a lui pagare per il mio compleanno.

Da qui restano ancora 5500 km. Ho tagliato Shiraz e Persepoli, che volevano dire almeno 2 giorni e altri 800/900 km, così come il Kurdistan iraniano che avevo preparato… Kermashan, Paveh, Urmie e il suo lago… pazienza tanto in Iran ci tornerò di sicuro che abbiamo un conto aperto. Metto la traccia per Yazd e attraverso la città semideserta con le nubi che minacciose avanzano da ovest. 10 gradi e il vento continua a soffiare di lato costringendomi a viaggiare con la moto piegata. Lo sguardo continua a poggiarsi sullo specchietto alla ricerca delle luci di Roberto e ancora non riesco ad abituarmi alla cosa, dopo 100 km, ho bisogno di un chai e una sigaretta per cui mi fermo appena vedo un negozio col bollitore.

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Ricomincia a piovere e il deserto a fianco della statale a due corsie prende ad animarsi. Lunghi rivoli d’acqua convergono in oued sempre più ampi finchè uno di questi scavalca l’asfalto per almeno 30 metri con la corrente che cresce sempre di più. Perfetto ci mancava solo di mettere i piedi a mollo questo pomeriggio... indugio un attimo mentre dall’altra parte i passeggeri di alcune auto appena passate mi incitano a guadare che non vedono l’ora di fare le foto. Passo sfanculandoli allegramente per il mancato divertimento di una caduta nell’acqua e alla successiva stazione di servizio mi fermo che non posso continuare così.

C’è una grossa moschea nel mezzo ed un sacco di gente ferma per prendere un chai: quando ne chiedo uno subito una signora si affretta a pagare i pochi Rial necessari e poi corre a mettere altre monete in una grossa cassaforte sul marciapiede. E’ una sorta di libera donazione per anziani e bisognosi, anche a Kerman si trovano altre piccole cassette per tale uso.

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Guardo l’orologio e noto che il Nowruz è finalmente arrivato e passato strada facendo… era alle 14.00 e qualche minuto. Festa della primavera, della rinascita, del nuovo anno… in essere da oltre 3000 anni in tutto l’impero persiano… 15000 se si considerano le sue origini zoroastriane.

“Nuovo Giorno” e “Nulla sarà più come prima”…. Resetto mentalmente la mappa impostata e seleziono dall’elenco “Viaggiatore solitario”… modifico il Defcom da 3 a 1, “Massima allerta” e do tre vigorose ruotate alla manopola del gas per salvare la scelta appena fatta. Sulla Trity ha sempre funzionato quando il Tps o la centralina andavano in tilt.

Fumo un’ultima sigaretta facendo due chiacchiere con un uomo che mi offre un altro chai, poi gli strappo un sorriso con il mio “Nowruz Mubarak!” “Buon nuovo giorno!” e salgo in moto. Il tachimetro sale ora sopra i 100 km\h. tanto temuti e la paura scivola via insieme alle gocce d’acqua sulla lente della maschera. Roby viaggerà ancora con me: tutti i giorni gli invierò una foto, non importa quale o da dove, sarà un attimo condiviso… che siamo partiti insieme ed insieme torneremo a casa.


Nel tardo pomeriggio la città tra i due deserti mi accoglie con 18 gradi e il cielo azzurro. Le case di fango ricoperte da argilla e paglia mi riportano in un baleno a quelle africane e lo squisito stufato di cammello risveglia antichi sapori che non gustavo da oltre due anni. Quanto mi manca Fort Bou Jerif e la Plage Blanche.

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In un piccolo cortile trovo anche la commemorazione dei caduti nella guerra con l’Iraq: i parenti seduti sui divanetti rendono loro omaggio in questo giorno di festa. Per il caffè salgo sui tetti a cupola di un bar da cui si vede tutta la città vecchia e il sottostante bazar.

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Avevo un disperato bisogno di tornare a viaggiare, anche se il mio cuore si è fermato a Kerman.

robi_pal 13-07-2017 21:38

Dopo la partenza di Diego, Federico ed io abbiamo iniziato subito a pianificare la spedizione della moto.
In diversi si sono offerti di organizzarla ma purtroppo nessuno è realmente al corrente della documentazione necessaria per effettuare la spedizione e, conoscendo ormai la burocrazia irachena, sono certo ce ci sarà da penare parecchio per arrivare a capire tutta la procedura.
Il fatto che ci troviamo durante il Nowruz complica ulteriormente le cose visto che l'Iran è in questo periodo praticamente come l'Italia durante il Ferragosto.
Ad allietare le nostre sofferenze ci pensa la straordinaria ospitalità degli Iraniani che, visto che sono in ferie, si danno da fare per aiutarci.
Il 21 Maryon mi scrive dicendomi di non avermi trovato in ospedale e felice che mi hanno dimesso mi chiede se possiamo reincontrarci, ci accordiamo per trovarci nella lobby dell'hotel a mezzogiorno.
Si presenta con una sua amica che studia architettura a Milano e ci porta: una torta, le candeline, le bibite, le posate, i bicchieri.... insomma tutto il necessario per un piccolo party che organizziamo velocemente su un tavolino e le poltroncine, dobbiamo festeggiare tre compleanni : il mio( già passato) il 16, quello di Federico il 24, quello di Maryon il 26 e scopriamo che la ragazza dell'hotel li compie priprio il 21 e quindi si unisce a noi.
Finiti i festeggiamenti ci salutiamo con la promessa di risentirci presto.
Esco ad accompagnare le ragazze e ne approfitto per salutare la moto, dopo di che vado in camera a riposare un po' .
Federico va invece a cercare una farmacia vicina, ho ripreso a mangiare e devo riequilibrare le entrate/uscite ....
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Fagòt 13-07-2017 21:55

24° giorno: Yazd – Esfahan 328 km.

Adoro girare per le città vuote alle prime luci del giorno. Le strade deserte e la luce nitida del mattino cambiano completamente la prospettiva di quello che ti sta intorno. Yazd è famosa, oltre che per le case del centro storico costruite in fango, anche per i suoi Bagdir “Torri del vento” un complesso sistema di climatizzazione che cattura il vento da 2, 3 o in alcuni casi 4 lati, incanala l’aria calda fino alle cisterne piene d’acqua fresca e la reindirizza poi in tutta la casa, garantendo così un clima interno ottimale. L’aria vien poi espulsa all’esterno. Le cisterne sono alimentate dai Qanat, canali sotterranei dove l’acqua scorre in leggera pendenza. E’ sufficiente che la sorgente sia solo un pochino più in alto del punto finale di arrivo, al resto ci pensano gli artigiani di Yazd che sono i più qualificati e meglio retribuiti per la manutenzione di questi canali che si snodano anche sotto il deserto per moltissimi chilometri. A tratti vengono scavati dei pozzi verticali di aerazione per impedire che i canali collassino e l’ultimo censimento parlava di oltre 50000 Qanat regolarmente funzionanti in tutto l’Iran, anche per l’approvvigionamento di acqua potabile. 3000 anni di storia e prima ancora che ai romani venisse in mente di avere una città, qui già distribuivano l’acqua.

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Alle 8.00 son già per strada che la giornata è troppo bella per restare fermi. A metà strada le solite montagne con un passo a 2.000 mt. e un’aria frizzantina da 6°. Tocca coprirsi per una ventina di km. malgrado il sole alto.

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Eppoi prima di mezzogiorno Esfahan “L’altra metà del mondo” come amano definirla, la città dei mercanti sulla via della seta, la capitale dell’impero persiano. Trovo un alberghetto nel centro e mi incammino a piedi verso piazza Naqsh-e jahān , la seconda piazza più grande al mondo dopo Tien An Men e capisco perché la città sia mezza deserta: tutti gli abitanti sono qui.

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Non può mancare anche un giro nel bazar di Boozor che parte proprio dall’angolo nord della piazza, ma in questi giorni di Nowruz molti venditori son chiusi e quando giungo alla moschea maggiore è ormai troppo tardi per la visita. Non resta che crogiolarsi al sole del tardo pomeriggio in una delle tante piazze della città.

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Unknown 14-07-2017 16:18

I giri nei bazar sono la cosa più bella.....
Contrattare negli acquisti poi è stupendo ...


e non mi hai portato lo zafferano cavolo! 😊

Che bei posti Diego, complimenti!


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Fagòt 14-07-2017 18:32

In realtà ne avevo qualche bustina... proviamolo un attimo ed è sparito in un batter d'occhio. Ti farò avere lo Safron da mettere nel camel bag.

Fagòt 14-07-2017 21:35

25° giorno: Esfahan – Savez 528 km.

Nel parcheggio custodito dell’albergo mentre riprendo la Fotty scopro un Klx con targa italiana che ieri a mezzogiorno non c’era. Allora non sono l’unico che ha deciso di affrontare la traversata in questo mese primaverile… un altro motociclista è qui per cui la cosa mi conforta un pochino, anche se sarà l’unica moto che troverò lungo la strada fino a casa.
Prima di uscire dalla città faccio un salto sul fiume Zayende per una foto al ponte più vecchio.

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La traccia punta inesorabilmente verso nord ma prima di piegare verso il confine c’è ancora un deserto che voglio vedere: il Dusht-e Kavir e l’enorme Namak Lake che si trova al suo interno.
Solita strada che prende a salire sui rilievi tanto per cambiare, dopo un paio d’ore il chai mattutino è d’obbligo che le ossa si devono scaldare. L’area di sosta è piena di Saipa e per i più danarosi di auto francesi cariche di bagagli, che in questo periodo è un andirivieni unico tra una città e l’altra a salutare i parenti.

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Lascio perdere il percorso che avevo preparato per arrivare al lago in off, lambendo le dune da sud e prendo la strada che da Kashan piega verso nord-est. Gli ultimi 40 km sono di pista in toulè con tanto di cartelli che indicano i residui fino al caravanserraglio di Maranjab, adagiato sulle rive ancora umide del lago salato e con un piccolo ristorante ed area picnic.

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Oltre alle famiglie venute per una gita in giornata ci sono anche alcuni giovani che hanno piantato le tende, cosa che in effetti volevo fare nel programma originale, ma la strada per il rientro è ancora lunga, per cui dopo una scorpacciata di spiedini di pollo e riso torno a Kashan e riprendo la statale che sale verso Qom. Saluto le dune di sabbia grossa e scura vicino a cui sarei dovuto passare e mi fumo una paglia guardano gli iraniani che si divertono a scendere da un grosso crinale in terra.

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Di entrare nella grossa città non ne ho voglia per cui faccio altri 100 km. e prima che venga il buio mi fermo a Savez, anonima cittadina rurale.

Fagòt 15-07-2017 21:44

26° giorno: Savez – Tabriz 584 km.

Cielo grigio con pioggerellina fitta fitta. Parto bardato di tutto punto per affrontare l’acqua ma quello che è peggio sono i 3 gradi di temperatura esterna e l’altopiano che mi aspetta prima delle ultime montagne dell’Iran. Dopo cento km. sono già fermo con il freddo e l’umidità che mi è arrivata nelle ossa. In un distributore i gestori mi offrono chai bollente e una stufetta dove fare asciugare un pochino la giacca che pesa ormai una tonnellata. Per sicurezza ci aggiungono anche pane, formaggio e marmellata. Ringrazio di cuore e riparto con la pancia calda, altri 200 km. così con la temperatura che però prende a salire leggermente quando scendo verso l’autostrada. A mezzogiorno il peggio sembra passato, sono in terra armena ed anche se i tratti somatici sono cambiati, l’ospitalità e la cordialità sono sempre gli stessi. Recupero energie con un pasto caldo e faccio quattro chiacchiere con il ragazzo dell’autogrill. Fuori mentre fumo una sigaretta è il solito concorso di selfie e foto alla moto… Possiamo? Da dove vieni? Quali città hai visto? Ti piace il nostro paese? Servirebbe un taccuino enorme per raccogliere tutti i numeri di telefono che vorrebbero darti in caso ti possa servire qualcosa.
7, 9, a 12° ho quasi caldo e il timido sole che cerca di forare le nuvole sembra averla vinta, ma dura poco solo una 50a di km. poi la pioggia ricomincia mentre l’altimetro prende a salire. In poco tempo la pioggia diventa ghiacciata e si trasforma in una nevicata man mano che salgo verso il passo: la maschera si copre così velocemente che devo continuamente pulirla con il guanto sinistro, dentro ovviamente non vedo quasi più nulla per la condensa poi, di fronte a me, una macchia azzurra che avanza lentamente ai 60/70 orari. Mi metto dietro il pick-up sgangherato mentre arriviamo ai 2.100 mt del punto più alto con la neve che si trasforma in migliaia di aghi pronti a colpire gli unici centimetri liberi della mia pelle. Il naso.
Affronto la discesa cercando di non perdere la mia guida, quella macchia indefinita di azzurro, finchè sulla destra dopo parecchi km. compaiono delle costruzioni dall'aspetto invitante. Un ristorante con una stufa in legna che caccia un calore fantastico: due chai e oltre mezzora prima di tornare a sentire il sangue defluire nelle estremità più remote del mio corpo.

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Alla fine della discesa la strada torna a salire fino ad una galleria dove riprendo fiato dalla pioggia che è tornata a tratti, poi in uscita, come spesso accade su taluni valichi il sole spunta ormai prossimo al tramonto verso la città di Tabriz che con i suoi 7° mi sembra un enorme isola di calore.
Il bazar è già in chiusura e non ci provo nemmeno a vedere se qualcuno dei negozianti ha ancora la bottega aperta. Ho solo voglia di togliermi gli indumenti fradici e di una lunghissima doccia bollente. Fuori tira un vento gelido, forse domani troverò tutto il cielo spazzato dalle nuvole.

barney 1 15-07-2017 22:13

E' davvero fantastico leggere le tue avventure
Mi ricordi il Grande gioco, La via per l'Oxiana e Caravan man
Complimenti!
E grazie

Fagòt 16-07-2017 16:56

27° giorno: Tabriz – Erzurum 593 km.

Le mie speranze sono state esaudite e questa mattina il cielo si presenta terso con un bel sole invitante. Alle 8.00 ci son solo 4° e non resta che mettersi tranquillo ai 100 in attesa che l’aria si scaldi. Mancano solo 300 km. al confine e a Bazargan dove giungo verso mezzogiorno. Il tempo di fare l’ultimo pieno in Iran e poi la salita alla dogana, dove in mezzora sbrigo le formalità. Good bye Iran.

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Dopo 4 settimane ritrovo i caratteri occidentali… continuo a non capire una fava di quello che c’è scritto ma riconoscere almeno lettere e numeri ti fa sembrare un po’ più vicino a casa.
Già negli ultimi km. in Iran la vetta dell’Ararat spiccava verso nord… ho atteso a lungo che la nuvoletta si diradasse dalla cima e alla fine, visto che il vento in quota era nullo, mi devo accontentare del panorama visibile.

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Nel primo pomeriggio sono ad Agri e approfitto del centro cittadino per procurarmi una sim e cambiare un po’ di euro. Ben prima di arrivare nella vallata in cui la cittadina è adagiata le montagne circostanti e l’enorme piana si son fatte bianche di neve e fa una certa impressione correre sulla striscia grigia di asfalto in questo candore. 7 gradi… sta andando di lusso che per mesi abbiamo tenuto d’occhio le temperature di Tabriz, Agri ed Erzurum sempre abbondantemente sotto lo zero di almeno una decina di gradi.

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Ho guadagnato un’ora e mezza di luce con il confine per cui quando arrivo ad Erzurum ho tutto il tempo di trovare un albergo prima che cali il sole. Oggi è venerdì e la piazza principale con le vie limitrofe son piene di persone in giro per fare shopping o prendersi un caffè in scintillanti pasticcerie. Davvero un altro mondo rispetto a quello visto fino a metà giornata.

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Fagòt 17-07-2017 21:50

28° giorno: Erzurum – Goreme 707 km.

I caloriferi sono rimasti accesi tutta la notte e tuttavia ho apprezzato il caldo piumone del letto. Caccio fuori il muso dalla finestra e malgrado il cielo sereno e il sole, l’aria secca e pungente mi fan capire che sarà il caso di prendersela con calma. Molta calma.
Non ho mai visto la Turchia per cui ogni strada sarebbe stata nuova per me e con questi presupposti avevo valutato la via sul Mediterraneo scendendo dal lago di Van, scartata a priori per via del fatto che mi era venuta anche l’insana idea di vedere i territori kurdi , e quella sul mar Nero, scartata pure quella perché soggetta a temperature più basse.
Di Istanbul in questo rientro non mi fregava nulla, in 3 gg. dall’Italia ci puoi arrivare, per cui non mi rimaneva che la via centrale. Guarda caso non volevo perdermi la Cappadocia e Pamukkale. Per cui via centrale sia, anche se non è proprio la più corta di tutte.
Alle nove giro il quadro e la moto segna un idilliaco +1. Proviamo. Inutile dire che appena uscito dalla città il termometro crolla… -1 -2 -3 -4 e da lì non si muove. Zio pork siamo a circa 1700 metri di altezza in una valle lunga una 30a di km., circondata da montagne innevate! Dovremo pur scendere prima o poi? Le lucertole non amano queste temperature, preferiscono crogiolarsi sotto i raggi solari solo quando questi sono già alti nel cielo. 90 km così, con la certezza che la mia igiene mentale sia profondamente corrotta nell’insistere a proseguire. Giuro adesso mi fermo: cerco di togliere le mani congelate dalle manopole, arranco con le gambe piegate in due dalla mancanza di sangue che cerca ostinatamente di arrivare al cervello bacato e mi sdraio su una roccia. Che quello è il mio posto.
Ci pensa invece l’ennesimo controllo di polizia e militari a fermarmi. Han cominciato a rompere i cabbasisi già ieri da Dogubayazit, la prima cittadina dopo il confine. Dall’autoblindo il militare con la mitragliatrice non mi perde d’occhio, mentre lentamente scendo e passo i documenti ad un tipo in borghese circondato da altri militari pesantemente armati. Offro una sigaretta mentre perquisiscono le borse piene di ciarpame e con enorme sorpresa riescono a rompere due miti in un colpo solo: i turchi e i militari dei check non fumano più come turchi e militari dei check. Ha sempre funzionato, è un modo come un altro per rompere la tensione, familiarizzare chiamatelo come volete. Qui no. Tutto quello avvenuto lo scorso anno a luglio ha cambiato radicalmente le cose e di conseguenza questi in servizio devono mantenere un certo rigore ed una certa distanza se non vogliono fare la fine di tutti quegli altri epurati. Me lo ripeto con insistenza ed è l’unico modo per giustificare la simpatia pari a quella di un gatto attaccato ai maroni. Congelati per altro.
150 mt. dopo una stazione di servizio. Finalmente un chai bollente, anzi più d’uno che qui appena vedono il bicchiere vuoto te ne portano un altro. Fumo qualche sigaretta in compagnia di due camionisti che mi chiedono da dove arrivi. Ecco quelli non ti deludono mai… compagni di strada ovunque ti trovi appena ti vedono nello specchietto si spostano di lato oppure mettono la freccia a sinistra per indicarti di aspettare che sta arrivando qualcuno e quando li passi alzando la mano a ringraziare ti rispondono con le loro trombe, come a dire “Vai, buona strada! Ci vediamo da qualche parte su una statale per bere una cosa insieme.” Smetto di tremare dopo mezzora.

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La quota comincia ad abbassarsi lentamente con la neve che lascia il posto a cime brulle. Di primavera manco a parlarne e l’Anatolia fino a Sivas m’è già venuta a noia. Piccoli centri rurali che si riconosco o si definiscono tali solo perché una piccola moschea dalla cupola sbiadita con a fianco due minareti si erge nel centro, per il resto decine e decine di km. di strada ben tenuta che si snoda lungo valli tutte uguali, con piccole catene montuose senza velleità alcuna. In compenso la temperatura è tornata decente e stare a 10/12° mi consente di alzare un pochino il ritmo.
Così proprio mentre cala il sole mi affaccio sulla Cappadocia e i suoi venti gradi. Valeva davvero la pena di battere i denti questa mattina per vedere questo spettacolo. Gironzolo tra i sentieri per trovare un posto decente in cui scattare qualche foto e basta veramente spostarsi di pochi metri per avere l’imbarazzo della scelta. Poi faccio una ricerca con booking e scelgo una guest house tra le oltre 230 offerte. 5 minuti dopo squilla il telefono. Arrivo! Sono a duecento metri. Neanche il tempo di cercare la via… volevano prepararmi un chai.

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Fagòt 18-07-2017 21:56

29° giorno: Goreme – Pamukkale 680 km.

Questa mattina colazione in terrazza con vista sulla cittadina. Pochi turisti in giro per cui nessuna mongolfiera pronta a salpare.

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Dopo aver girato per una mezzoretta prendo la strada che sale al villaggio di Uchisar e alle sue case scavate nella roccia. Tutto quanto meriterebbe di restare almeno una giornata, ma mancano ancora oltre 1800 km. al traghetto e a casa mi aspettano.

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Fino a Konya la D300 è di una noia mortale, lunga e dritta in mezzo a piatti terreni coltivati da enormi trattori che ogni tanto sbucano dalle sterrate laterali. L’altra faccia della Turchia che avanza… un mondo ancora legato all’agricoltura, con la gente che fatica da mattina a sera per portare a casa poche lire. Istanbul, Smirne, Ankara sono lontane mille miglia da tutto ciò eppure da qui arriverà forse il sostegno maggiore alla politica del sultano Erdogan.

Dalla città la strada prende a salire regalando curve e guida divertente fino al lago di Beysehir dove mi faccio attrarre da un’insegna che promette pesce.

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Dopo pranzo, ormai entrato in un’Antalia almeno in questa parte molto più suggestiva dell’Anatolia, è un susseguirsi di laghi fino a quello salato di Acigol.

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Poi, superata la cresta e affrontando la discesa verso Denizli, già da oltre una ventina di km. di distanza si vede il bianco delle vasche di Pamukkale.

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Mi godo una Efes ghiacciata sotto il sole e in riva al laghetto: a 24 gradi le lucertole cominciano a star bene e non han più voglia di muoversi. Per cui rimando la visita a domani mattina che tra mezzora il parco chiude.

Fagòt 19-07-2017 21:54

30° giorno: Pamukkale – Feres 636 km.

Alle 8.00 timbro il biglietto di entrata. Sono aperti dalle 6.30 ma ho atteso che preparassero la colazione prima di salire e in ogni caso il sito è completamente deserto, come piace a me. Per conservare al meglio le vasche l’acqua viene fatta defluire con una turnazione precisa e da molti anni ormai non è più concesso farsi il bagno o girovagare liberi. Pochi metri più sopra le rovine di Hieropolis con lo splendido teatro conservato grazie anche ad una missione archeologica italiana. Certo che i vecchi sapevano bene dove costruire per avere la vista migliore su tutta la valle.


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Me ne vado giusto in tempo prima che arrivi una comitiva composta da giovani liceali russi. Torno giù verso la statale e punto verso nordovest sulla D565. Poco prima del lago di Marmara mi fermo per la solita sosta benzina\chai \sigaretta e una gradita chiacchierata con il gestore del distributore, un trentacinquino motociclista armato di una fiammante Tiger Explorer 1200. Le solite domande.. da dove vieni, che giro hai fatto…poi mi chiede cosa ne pensiamo della Turchia di oggi in Europa. Rispondo con una domanda secca: cosa ne pensate voi di Erdy? E qui si scatena il libero sfogo… lui voterà no come la maggior parte dei giovani ed istruiti ma teme che purtroppo non sarà sufficiente, che la maggior parte del popolo turco vive lontano dalle città e dalle informazioni, radicato con i cicli del sole e della terra, con la schiena piegata a raccogliere i frutti del duro lavoro e ritrovarsi poi poco o nulla in banca. Se è vero che da una parte industrie, commercio e sviluppo viaggiano a ritmo sostenuto dall’altra non tutte le remote periferie rurali conoscono questi fenomeni ed avere un “sultano” che, oscurando l’informazione non governativa e epurando tutti quelli che non la pensano come lui, promette una nazione forte e radicata nell’islam più convinto, è fonte di utopiche speranze di vita migliore. A tratti mi sembra di poter, senza difficoltà alcuna, sostituire la sua faccia che impera sui cartelloni in ogni città con quella di un altro visionario e fanatico libico che ebbi modo di vedere. Allora era il suo 38° anno. Chissà quanti ne avrà il nuovo sultano.

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Saluto il compagno motociclista che ovviamente ha voluto offrire i numerosi chai e prendo a salire verso la montagna. Il cielo si fa carico di nuvole e soprattutto aria fredda, così passo da un oltre 20° a 5/6 in cima al passo che scende poi verso Bandima. Speriamo che il mare mi porti temperature più miti ed invece il freddo mi perseguita fino a Lapseki, anche la Polis che mi rifila una multa per eccesso di velocità in rettilineo: 103 anziché 90. Mi schiaffano in mano il verbale e quando chiedo dove pagare evasivi mi rispondono “Bank o PTT”. Ah ok tutto chiaro.. spetta che mi cerco anche una banca prima di attraversare il confine… affangala.
Il traghettino che porta a Gallipoli attraversando lo stretto dei Dardanelli effettua corse senza soste al prezzo di poche lire. Mi calo nel salone passeggeri con una cioccolata calda e mi godo lo sbarco nel continente europeo dietro i vetri che bloccano il vento gelido.

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Leggendo il retro del verbale scopro che per i turisti stranieri è concesso il pagamento della multa in dogana. Perfetto mancano solo un centinaio di km. e da questa parte le temperature sono tornate decisamente gradevoli, con il sole che mi ferisce gli occhi visto che ora punto decisamente a ovest.
Un’ora dopo sono in dogana e timbrato il passaporto trovo l’ufficio preposto.. sconto del 50%, non ricordo nemmeno il motivo e me la cavo con 20 euro. Poi passo il ponte che segna ufficialmente il confine con la Grecia e alla prima uscita dell’autostrada verso Alexandroupoli esco per cercare un hotel. Il buio è già calato da un pezzo. Welcome back to Europe.

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Fagòt 20-07-2017 21:21

31° giorno: Feres – Igoumenitsa 672 km.

Mancavo da 26 anni dalla Grecia in moto e l’autostrada che dal confine porta fino all’Adriatico è la meno indicata per vedere come è passato il tempo qui. Allora io e Franca arrivammo fino a Salonicco, oggi ci passo velocemente intorno in cerca di un distributore che i greci son sempre originali e per fare benzina tocca uscire. Meno male che almeno per il caffè si sono ingegnati con i baracchini oltre la rete, sennò tocca farsi passare la voglia.

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A Iannina sulle montagne la solita botta di freddo, poi finalmente arrivato al porto nel pomeriggio un’esplosione di estate anticipata da sedare con gelato e caffè freddo greco, in attesa del traghetto che partirà solo dopo la mezzanotte.
Fotty riposerà per 17 ore ininterrotte nella stiva aspettando di coprire domani gli ultimi 450 km da Ancona fino a casa. Domani ci sarebbe anche il mio compleanno e un mezzo appuntamento con Roby in qualche autogrill della Lombardia per festeggiare il rientro e il mio genetliaco, che ora son diventato grande come lui. Ma la zia, pur di non offrire il tè con biscotti, arriverà solo due giorni dopo accampando le scuse più assurde su una fantomatica festa iraniana che lo ha trattenuto a Teheran: Nowruz, pare sia il nome.

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paradisosal 24-07-2017 23:58

questi report val la pena leggerli tutti di un fiato. Attendo pazientemente la conclusione.



(era un modo come un altro per dire: Dajeeeeeee Fagooooot!)

Fagòt 25-07-2017 12:39

Cioè.. vorrai mica che ti racconti l'autostrada da Ancona a Bergamo?:rolleyes:
Mi sembra già fin troppo lungo, ad ogni modo ti metto qualcosa Stefano ;):

THE END.

paradisosal 25-07-2017 12:50

Considerazioni finali... Riflessioni... Comunque grazie per avere condiviso con noi le tue esperienze. Grazie a te e a Roby!

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